Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 4 Marzo, 2020
Nome: 
Laura Boldrini

Vai alla scheda della mozione

 

Sì, grazie, signora Presidente, signora Ministra, colleghe e colleghi deputati, l'8 marzo del 1908, in una fabbrica di New York occupata in occasione di uno sciopero, divampò un incendio nel quale 129 operaie tessili morirono bruciate vive. Questa data divenne da allora il simbolo della lotta delle donne di tutto il mondo per affermare i loro diritti e la loro spinta alla liberazione dalle vecchie catene patriarcali. Tre anni dopo, signora Presidente, nel marzo del 1911, sempre a New York, altre 123 donne morirono nell'incidente di un'altra fabbrica, la Triangle; 39 erano italiane, immigrate dalle regioni più povere del nostro Paese. Ecco, vede, il richiamo alla morte orrenda di quelle operaie a New York fa sì che il tema del lavoro, della dignità del lavoro, e della equa retribuzione come principale strumento di liberazione della donna, sia sempre stato centrale, centrale nelle battaglie dei movimenti femminili, ma anche di quelli femministi.

Non è un caso che subito dopo il ventennio fascista, che aveva proibito queste celebrazioni, nel 1946 l'UDI, l'Unione Donne Italiane, preparò il primo 8 marzo nell'Italia libera, proponendo di farne una giornata per il riconoscimento appunto, signora Ministra, dei diritti economici, sociali e politici delle donne, quindi scegliendo anche la mimosa, fiore di primavera, come simbolo della giornata. Ecco, anche nelle mozioni approvate in quest'Aula il 12 novembre scorso, in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, tra i diversi impegni rivolti al Governo, che quindi l'Esecutivo è tenuto ad attuare, era presente anche quello del lavoro come strumento di autonomia, che consente alla donna di liberarsi dal contesto violento e anche dal ricatto di quella che abbiamo chiamato violenza economica. Dunque, avendo già approvato, nel novembre scorso, mozioni sul tema del contrasto alla violenza di genere, in questa mozione di oggi, 45 deputate dell'Intergruppo per le donne, i diritti e le pari opportunità, a cui si sono uniti altri colleghi, si sono volute concentrare soprattutto sulla condizione lavorativa e sociale delle donne in Italia; una condizione di discriminazione contro oltre la metà della popolazione italiana e che colpisce e frena tutta la società. Di un'ingiustizia si tratta: perché e sulla base di quale logica per le donne deve essere più difficile trovare lavoro e mantenerlo, quando fanno un figlio? Perché devono subire più degli uomini il ricatto del part-time involontario, devono guadagnare meno, a parità di mansioni? Perché devono faticare di più nell'accesso al credito, per avviare un'impresa commerciale o produttiva? E perché le donne devono continuare a sbattere la testa contro quel soffitto di cristallo che le limita nella carriera e nell'affermazione professionale, anche quando vediamo che eccellono nel conseguire una laurea, una specializzazione o nel vincere i concorsi? Perché mai? La Costituzione non dice questo, anzi, afferma l'esatto contrario: l'articolo 3 e l'articolo 51 sono molto chiari su questo punto. Il nostro pensiero va in queste ore, come è stato già detto in quest'Aula, alle ricercatrici italiane che hanno isolato il Coronavirus, primo passo indispensabile per ottenere il vaccino, alla loro professionalità, alla loro dedizione, così come a quelle scienziati ricercatrici, mediche, che lavorano h24 nelle zone colpite dal virus, insieme a tutti coloro che stanno fronteggiando l'emergenza. Ma, signora Presidente, la mancanza di lavoro per le donne, il suo carattere precario e sottopagato, il loro dover scegliere ancora, nel terzo millennio, tra professione e genitorialità, oltre a essere un'ingiustizia, è uno spreco di risorse per l'intera società; è un freno, sì, è un freno alla sua crescita sostenibile. È dimostrato che i Paesi che sono più avanti sul piano economico e sociale sono quelli che riconoscono un ruolo avanzato alle donne, dove più donne lavorano e dove una rete diffusa di servizi e lunghi congedi di paternità obbligatori non le costringono a scegliere tra occupazione e maternità. In Commissione lavoro si sta facendo un'intensa attività di audizioni, con esperti, esperte e forze sociali, attorno a proposte di legge per l'effettiva parità salariale - e ringrazio la collega Gribaudo, qui accanto, che ha una sua proposta di legge - per sostenere l'occupazione e l'imprenditoria femminile. Chiediamo al Governo un pieno sostegno, signora Ministra, per la conclusione di questi lavori, con leggi che segnino una svolta nella condizione lavorativa delle donne italiane. Ne va anche del prestigio internazionale del nostro Paese, signora Presidente, perché, come ricordiamo nella nostra mozione, il Censis ha dimostrato che le donne che lavorano in Italia sono appena il 42,1 per cento degli occupati complessivi e che il tasso di attività femminile è del 56,2 per cento, mentre per gli uomini è del 75,1. Con queste percentuali ci siamo guadagnati l'ultimo posto tra i Paesi europei, una situazione della quale vergognarsi - io non trovo un'altra parola che questa, vergognarsi - e dalla quale è indispensabile uscire prima possibile.

Allo stesso modo, signora Ministra, chiediamo che il Governo sostenga pienamente la ratifica della Convenzione dell'ILO, l'Organismo internazionale del lavoro, contro la violenza e le discriminazioni nei luoghi di lavoro, una Convenzione per molti definita storica, che mi auguro che il Parlamento possa approvare con voto unanime, come facemmo all'inizio della scorsa legislatura, con la Convenzione di Istanbul, perché troppo spesso il posto dove si lavora da occasione di autorealizzazione si trasforma, invece, in un luogo di molestie, in un luogo di incubo.

Ma i problemi di cui ci stiamo occupando hanno anche, come sappiamo, una radice culturale, fatta di stereotipi, di approcci, di misoginia, che sono la vera culla di un patriarcato che è duro a morire. E il patriarcato, signora Presidente, nega la parità fra uomo e donna.

Sono importanti, quindi, un'educazione scolastica e libri di testo che trasmettano il valore del rispetto tra sessi. Ed è almeno altrettanto fondamentale il ruolo dei media, specialmente del servizio pubblico, nel trasmettere un'immagine contemporanea della donna, che non sia stereotipata e confinata ai vecchi ruoli di oggetto del desiderio maschile o angelo del focolare. Perché? Perché questo Parlamento si è molto impegnato, negli ultimi anni, sui temi che riguardano la condizione delle donne e, come ho ricordato, sta continuando a farlo. Lei stessa, signora Ministro, ha annunciato provvedimenti dell'Esecutivo nel campo delle politiche per la famiglia. Considero importante una politica del Governo a sostegno delle famiglie. Io preferisco usare il plurale, perché le famiglie rappresentano una rete di protezione e di supporto fondamentale, soprattutto in una fase come questa, di perdurante disagio sociale.

Ma raccoglierei, in questo ambito, le osservazioni del Grevio, l'organo del Consiglio d'Europa, che valuta come gli Stati stanno attuando la Convenzione di Istanbul. Nel rapporto redatto a novembre 2019 - e che, quindi, riguarda il pregresso - questo organo esprime nei confronti dell'Italia, signora Presidente, la sua preoccupazione, per l'emergere di una tendenza a interpretare le politiche di uguaglianza fra i sessi come politiche della famiglia e della maternità, trascurando la sfera della parità nel lavoro e nella società.

Il ruolo della donna nella società va affermato a prescindere dal contesto familiare, che, come ho detto, è comunque importante. Va affermato e valorizzato il rapporto della donna, quando è moglie e madre, ma anche quando non lo è, perché non può o perché non vuole, decide di non volerlo. Va valorizzato anche nelle istituzioni, signora Presidente. Con misure che garantiscano una rappresentanza non discriminatoria, sia per quanto riguarda le leggi elettorali, ma anche per quanto riguarda le nomine parlamentari e governative, presso autorità di garanzia o al vertice di aziende pubbliche e partecipate, perché, guardi, di talenti femminili ne abbiamo tantissimi. Non ci si può più nascondere dietro la scusa che non abbiamo donne qualificate. Ecco, allora, signora Presidente, il senso di questa mozione ed ecco le ragioni per le quali annuncio il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico. Grazie, signora Presidente a lei, per avermi concesso di terminare.