Data: 
Mercoledì, 9 Ottobre, 2019
Nome: 
Roger De Menech

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, prendo la parola oggi, a nome mio e di tutto il gruppo del Partito Democratico, per onorare la memoria delle vittime della catastrofe del Vajont.

Pochi mesi fa, le comunità colpite dal disastro hanno avuto l'onore di avere la visita del Presidente Mattarella, che, riconoscendo le colpe dello Stato, ha portato le scuse della comunità nazionale e ha voluto incontrare i superstiti e le scuole come simbolo, da una parte, della memoria del disastro e, dall'altra, della rinascita dei nostri territori, affidata alle nuove generazioni.

Il 9 ottobre è diventata, come sappiamo, la Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali, causati da un incosciente sfruttamento della natura da parte dell'uomo.

Possiamo dire oggi che dalle operazioni di soccorso in quel mare di fango - affidate in principio ai militari e ai Corpi pubblici, a cui si affiancarono successivamente centinaia di cittadini - si è avviato il percorso che consente, oggi, al nostro Paese di avere un sistema di Protezione civile all'avanguardia.

Tragedie come il Vajont sono per il Paese, quindi, una grande lezione per continuare a coltivare la cultura della prevenzione. Chi oggi fa parte della classe dirigente di questo Paese ha il dovere di imparare dagli errori e dagli orrori e di pianificare la presenza dell'uomo in armonia con la natura.

Il tema del dissesto deve essere centrale nelle politiche del nostro Paese, la prevenzione il faro di tutte le azioni. Questo è anche il modo concreto per rispondere alle sollecitazioni positive dei tanti ragazzi scesi in piazza nei giorni scorsi.

Il mio territorio ha toccato con mano gli effetti dei cambiamenti climatici un anno fa, con la tempesta “Vaia”, che ha drammaticamente devastato le valli dolomitiche. Le istituzioni tutte facciano in quei luoghi un laboratorio per costruire politiche ed azioni che garantiscano la sostenibilità del nostro futuro.

Ricordare il Vajont vuol dire anche ricordare le lentezze dei procedimenti della giustizia: in questo caso come in altri simili, ha trascinato troppo nel tempo l'accertamento delle responsabilità, mortificando ancora una volta quelle comunità.

Doveroso ricordare, per questo, chi ha combattuto per la verità e la giustizia e che pochi mesi fa ci ha lasciato: il giudice Mario Fabbri, che mezzo secolo fa si occupò per primo del caso della strage del Vajont e che riuscì a provare le responsabilità del disastro che provocò quasi 2 mila vittime. Fabbri faceva parte di una classe dirigente raffinata, colta e capace di mettere gli interessi della collettività davanti ai propri. La tragedia del Vajont ci insegna che il Paese, ancora oggi, ha bisogno di una classe dirigente capace di mettere gli interessi della collettività davanti ai propri, sempre.