Data: 
Mercoledì, 11 Dicembre, 2019
Nome: 
Barbara Pollastrini

Grazie signor Presidente. Per me, è umanamente complicato scegliere, in due minuti, le parole da dire e farlo a nome del mio gruppo, il Partito Democratico. Per chi c'era, l'immagine di quella piazza del Duomo - io c'ero - il giorno dei funerali rimane scolpita, buia, solenne, silenziosa, drammatica. L'obiettivo - l'ha detto lei, Presidente, l'han detto altri colleghi - l'obiettivo eversivo era bloccare una stagione di fiducia, di ricostruzione, si chiamava il miracolo economico, di cui Milano era simbolo, di movimenti di studenti, donne, lavoratori, stroncare la spinta di una conquista di diritti e nuove libertà. Questo si voleva colpire con la strategia della tensione e a noi oggi spetta trasmettere il senso di un Paese ancora oggi tanto bello, tanto bello quanto vulnerabile, perché è come se un filo nero agisse sempre nel sottosuolo e continuasse ad ardere. Appunto veniva ricordato un più ampio terrorismo globale che ci colpisce, ma io voglio rammentare Brescia, Bologna, l'Italicus e poi Capaci e via D'Amelio: c'è qualcosa di irrisolto nella democrazia del nostro Paese, un Paese - lei lo diceva, Presidente - dove sete e diritto alla verità sono sempre una conquista faticosa, faticosa. La strage, la bomba, come viene chiamata, l'inizio della strategia della tensione, di quella sete di verità, in qualche modo sono state, e sono, simbolo, per i depistaggi sulla pista anarchica, lo shock dello spostamento del processo a Catanzaro. Il punto è che solo nel 2005 la Cassazione ha stabilito che la bomba fu opera del gruppo neofascista Ordine Nuovo, di Freda e Ventura (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva), però entrambi non più perseguibili, perché già assolti. Ma, vedete, la verità si proietta ben oltre la sfera dei tribunali, su quella strage e sempre, perché la verità attiene alla responsabilità – e ho chiuso Presidente, mi permetta un'ultima cosa - della storia, dell'inchiesta e alla responsabilità e all'etica della politica. Ieri, lo ricordava un collega, a Milano, la verità sono state le pietre d'inciampo depositate per ricordare le vittime (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva), ma anche per restituire onore e dignità a Giuseppe Pinelli; a Giuseppe Pinelli, condannato da un attentato di chiara matrice fascista, condannato dei fatti, tenuto senza avere la possibilità, di fianco a lui, di un avvocato, cioè senza avere la possibilità di quei diritti e di quelle garanzie che la nostra Costituzione garantisce (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva)! E questo mi ricorda un dramma che è avvenuto in questo Paese: Cucchi. Quando dico un filo nero che arde e che ci riguarda tutti, riguarda queste istituzioni, penso ai valori della nostra Costituzione.

E, allora, per chiudere, siccome a me piace sempre chiudere con un messaggio di fiducia, mi faccia dire queste cose: io ricordo l'immagine di due donne, Gemma Calabresi e Licia Pinelli, quando furono convocate, poco tempo fa, dal Presidente della Repubblica Napolitano. In quella circostanza, la signora Calabresi disse: “È assurdo che questo incontro non sia avvenuto prima”. E la signora Pinelli rispose: “Anch'io l'ho pensato spesso”.

Io credo che la verità sia frutto, sì, di quello che dicono i tribunali, ma di una costante ricerca democratica, partecipata, trasparente e di un costante dialogo e quindi, davvero, quella verità che si può fare con un'etica della responsabilità, che per la politica è un mestiere faticoso e infinito.