Data: 
Martedì, 9 Aprile, 2019
Nome: 
Stefania Pezzopane

Presidente, i nomi scanditi alle 3,32, mentre la campana suona a morto, scuotono sempre un pianto dirotto, ma non è solo pianto di dolore: nella mia città si piange anche per la vita che faticosamente abbiamo riconquistato. Sembra assurdo, ma dieci anni fa, quando tutto accadde, pensavo fosse finita. Pensai che la mia città e la nostra storia fossero ormai sepolte per sempre. Quando penso a quei pochi secondi, a quel rumore, alla mia casa, dove tutto cadeva, mi scorre ancora il brivido di gelo. Fu allora, però, alle 3,32, che tutto cambiò;. Fu allora, però, che, alle 3,32, 309 vite furono spezzate per sempre. Ero presidente della provincia, tra le macerie di Onna assistevo al dramma del recupero di corpi di persone che amavo. Nulla ci è stato risparmiato, nemmeno quei maledetti sciacalli, che, intercettati, si fregavano le mani alla sola idea di fare affari sul terremoto, perché “mica fa tutti i giorni un terremoto!”, e allora bisogna correre a L'Aquila a fare appunto gli sciacalli. Sempre tosti, però, noi aquilani, con le bandiere nero-verdi - nero del lutto e verde della speranza - a combattere la nostra battaglia. Ma il mio pensiero fisso è sempre lì, ai volti dei 309 angeli che non vedremo più: Alessandra sarebbe davvero diventata una grande cantante, come meritava? E Susanna, avrebbe fatto davvero la musicista? E quella piccina che doveva nascere proprio quel giorno lì, era tutto pronto nella valigia della mamma, c'era il camioncino, il fiocco rosa, la prima tutina, ma quella bimba non è nata. Ricordiamoli, allora, ricordiamoli tutti insieme, con umiltà e umanità, e chiediamo scusa a quelle persone: non dovevano morire così. Magari approviamo una legge - il Partito Democratico l'ha presentata - con misure per le famiglie delle vittime del terremoto de L'Aquila e di Amatrice, perché il miglior ricordo, la migliore nostalgia è quella di fare, fare qualcosa, per loro, per noi, per L'Aquila nuova.