Data: 
Mercoledì, 10 Febbraio, 2016
Nome: 
Giorgio Brandolin

Grazie, Presidente. Sessantanove anni fa, con la conferenza e il relativo trattato di pace, si concludeva una delle tante tragedie vissute sul confine orientale d'Italia. Le conseguenze furono tragiche per gli italiani abitanti le terre dell'Istria, Fiume, Dalmazia e Venezia-Giulia. La data del 10 febbraio, 13 anni fa, fu volutamente scelta, a grande maggioranza, dal Parlamento italiano per «conservare e rimuovere – cito testualmente – la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle Foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale». 
Vicenda, questa, dimenticata e oscurata per molti lustri per ragioni geopolitiche complesse e complicate che hanno, per l'appunto, rimosso la memoria della tragedia degli esuli e degli infoibati. Tragedie che hanno colpito migliaia di italiani, uccisi barbaramente nelle foibe, e circa 250 mila connazionali che hanno dovuto lasciare le loro case con grande difficoltà, trovando accoglienza in Italia, in Friuli-Venezia Giulia e nel mondo. 
Ma la storia e le sofferenze di tanti italiani, che oggi onoriamo e ricordiamo, si interseca con quella più complessa delle popolazioni che vivevano e vivono nel territorio oggi tra il Friuli-Venezia Giulia, parte della Slovenia e della Croazia. Sono popoli di origine latina, slava e tedesca, che hanno vissuto nel reciproco rispetto e che hanno visto cambiare il confine negli ultimi 200 anni per più di dieci volte. Sono popolazioni che hanno vissuto sulla loro pelle, nella prima metà del secolo breve, due guerre mondiali e il regime totalitario fascista prima, con la deslavizzazione e le relative tragedie delle popolazioni slovene, croate e degli antifascisti, e il regime nazista del Terzo Reich dal 1943 al 1945, con l'unico campo di concentramento e sterminio in Italia, la Risiera di San Sabba, e, appunto, i 45 giorni di terrore e morte di occupazione titina a Trieste e Gorizia. 
Alcuni grandi uomini, a cominciare dal Presidente Giorgio Napolitano, hanno aiutato a superare, almeno in parte, le reciproche diffidenze, ogni reticenza ideologica e ogni rimozione della complessa storia del confine orientale, con un discorso di verità sulla sofferenza degli italiani e sulle brutalità delle forze titine, raggiungendo il traguardo della riconciliazione, che vuol dire reciproco riconoscimento tra le autorità e le opinioni pubbliche di Italia, Slovenia e Croazia, col comune impegno per un Mare adriatico di pace in un'Europa di pace. 
Ai ragazzi di Favara e Agrigento, ai quali ho rivolto venerdì scorso alcune considerazione durante la ricorrenza del Giorno del ricordo, mi sono permesso di ricordare come queste tragedie siano nate proprio dalla presenza di quel confine mutato tante volte, creando così le motivazioni e le cause che hanno generato i reciproci torti, odi, sofferenze e brutalità inumane. Anche per questo penso che onorare e ricordare oggi i martiri della tragedia delle foibe e dell'esodo significhi aiutare i nostri popoli, in particolare i nostri giovani nelle scuole, a eliminare qualsiasi motivo e ipotesi per ricostruire quel confine orientale, così come qualsiasi altro muro. Ma, anzi, dobbiamo impegnarci ogni giorno, non soltanto il 10 febbraio, per collaborare e vivere pacificamente in un'Europa democratica e, finalmente, sinceramente solidale.