Data: 
Martedì, 23 Maggio, 2017
Nome: 
Rosy Bindi

Grazie, Presidente, grazie per avere scelto di dedicare questo tempo al ricordo di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Non sono passati invano questi 25 anni che ci separano dalla strage di Capaci e di via D'Amelio; non sono passati invano perché, con le parole di Giovanni Falcone, possiamo dire che alla loro scuola abbiamo imparato a guardare dentro, ci siamo affacciati sull'orlo del precipizio, dove nessuno si era voluto avventurare, perché ogni scusa era buona per rifiutare di vedere, per minimizzare, per spaccare il cappello e le indagini in quattro, per negare il carattere unitario di Cosa Nostra. In questi 25 anni alla loro scuola abbiamo imparato a conoscere la mafia, e nessuno oggi può negare che la mafia esista, anche quando cambia luoghi di insediamento, anche quando cambia ambienti dove corrompe, anche quando si sposta geograficamente fuori dall'Italia.

Nessuno può più negarlo grazie a loro, e, grazie a loro, noi ci siamo dotati di una struttura unitaria altrettanto organizzata per combatterla. Lo ha fatto la magistratura, le forze di Polizia, lo hanno fatto la coscienza dei cittadini. Per questo, il dolore di questi anni non è stato vano, così come credo che, a 25 anni dalla loro morte, bene abbiamo fatto anche a rompere il velo di una certa ipocrisia con la quale, con difficoltà, abbiamo ammesso che sono morti anche perché erano stati lasciati soli e perché erano circondati da grande incomprensione, soprattutto sul tema che riguarda il rapporto tra giustizia e politica. Uso le parole di Borsellino: il giudice accerta i reati, ma, se non li trova, non li può trasformare in immoralità o scorrettezza politica. Questo spetta alla politica, spetta ai partiti, che devono fare pulizia al loro interno, e, anche quando non ci sono i reati, non sottovalutare episodi e fatti inquietanti di cui i loro esponenti si sono macchiati.

Ed infine, Presidente, ci hanno lasciato quella grande eredità che oggi era scritta, portata dai ragazzi nell'aula bunker. Adesso siamo fortificati dalle esperienze del bene e del male, diceva Falcone. È tempo di andare avanti, non con le sterili declamazioni e non confidando sull'impegno straordinario di pochi, ma con il doveroso impegno ordinario di tutti in una battaglia che è innanzitutto di civiltà e che può e deve essere vinta. Questo, Presidente, è il nostro impegno (Applausi).