Grazie, signora Presidente. In queste ore ci troviamo ad aver buttato il tempo, ad aver gestito un teatrino inutile su una proposta di legge inutile, quando, invece, fuori viviamo una fase storica ben diversa e viviamo esigenze dei cittadini e delle imprese molto diverse. Questa è una fase di grandi contraddizioni, ma, soprattutto, di grandi opportunità, ed è necessario che il legislatore riesca a cogliere il dibattito culturale e sociale che spinge i cittadini a chiedere trasparenza, conoscenza e informazione in tutti gli ambiti del vivere. Per questo sono nate in questi anni normative, grazie in particolare ai Governi del Partito Democratico, i Governi Renzi e Gentiloni, che hanno intercettato temi che oggi più che in passato si stanno muovendo in modo sottile, in modo continuo nella nostra società, mettendoli a sistema.
Il tema dell'alimentazione, e questo credo sia anche grazie all'esperienza positiva di Expo 2015, finalmente è tornato sul tavolo del dibattito pubblico, ma, soprattutto, è rientrato a pieno titolo all'interno delle norme, all'interno della buona legislazione, riconoscendone la complessità, però, non soltanto indicazioni di intento vane e fini a se stesse. Nella scorsa legislatura abbiamo approvato, nei Governi Renzi e Gentiloni, e lo ribadisco, leggi importanti che riguardavano la tracciabilità e l'origine dei prodotti, la trasparenza sulle caratteristiche nutrizionali del cibo e altre leggi importanti, come la legge sulla biodiversità e sul biologico, che, rispetto al passato, non sono più da considerarsi dei temi residuali anche dal punto di vista economico, ma che entrano a pieno titolo anche nelle scelte di tanti imprenditori che stanno riconvertendo le loro produzioni.
E la legge sui piccoli comuni, ne abbiamo tanto parlato durante il corso di questo dibattito questa mattina: quella legge andava a costruire un impianto molto serio di misure strutturate e articolate per limitare l'abbandono delle aree fragili del nostro Paese, delle aree interne, dei piccoli comuni, perché non è tutto bellezza, non è tutto marketing. La nostra Italia, la nostra penisola ha ancora tante difficoltà, e servono norme di sistema, norme articolate, che oggi, anche con questo provvedimento, andiamo a smantellare; norme a cui doveva essere dato seguito attraverso decreti attuativi, che questo Governo ancora, dopo diversi mesi, non è riuscito a fare.
Questo vale per la legge sull'agricoltura sociale, vale per la legge sui piccoli comuni, e potrei continuare in questo elenco. E poi ci sono altri temi, che fanno parte del dibattito pubblico tra i cittadini e le imprese, che le imprese, ancora prima del Parlamento, hanno saputo cogliere, facendone leva e fonte di vantaggio competitivo. Mi riferisco ad altre norme importanti approvate nella scorsa legislatura: la legge sull'agricoltura sociale, la legge sul welfare aziendale, la legge sul recupero delle eccedenze alimentari. Leggi, come la legge sul caporalato, che portavano a garantire la dignità del lavoro e la dignità della persona. Queste buone pratiche, queste buone pratiche messe in atto nel Paese, la politica, la buona politica, nella scorsa legislatura ha saputo metterle a sistema con buone norme. A queste esigenze dei cittadini di trasparenza, di informazione, ma, soprattutto, di conoscenza e consapevolezza, se ne aggiungono altre. In un'epoca di grandi divisioni e incertezze, dove la competizione globale è aggressiva e si aprono nuovi mercati, declinare la tipicità diventa un valore aggiunto. Diventa un valore aggiunto per il consumo interno, grazie a una maggiore consapevolezza dei cittadini, ma anche per il valore che il nostro export ha nel mondo. Export non è una parola di cui ci si riempie la bocca. L'export e le produzioni italiane tipiche e di grande qualità devono essere accompagnate da politiche serie di Governo. Quindi, alla politica spetta il compito di valorizzare la qualità e la credibilità sul mercato anche degli anelli più fragili della filiera agroalimentare. E l'agricoltura, soprattutto la piccola agricoltura dei piccoli imprenditori agricoli, è ancora un anello fragile della filiera agroalimentare.
Questo Governo racconta le eccellenze, ma spesso trascura, appunto, le fragilità del nostro comparto agricolo. L'agricoltura non è solo marketing, non è solo turismo enogastronomico. È ovviamente anche questo, ma all'agricoltura e alla nostra economia servono altre politiche, servono altre cose, servono altre modalità, servono politiche serie e mirate di filiera. Vi faccio un solo esempio. Il testo unico sul vino è un esempio in questo senso, perché è il frutto di un lavoro di anni sistematico sulla semplificazione e sulla razionalizzazione. Questo serve a chi produce.
Poi servono leggi quadro, in grado di coordinare e di rendere coerenti materie che sono concorrenti tra Stato, regioni, enti locali e province autonome. E il commercio e l'agricoltura sono materie concorrenti. Già questi temi, i temi della proposta di legge che stiamo valutando oggi, sono stati oggetto di numerose legislazioni regionali e il percorso in Commissione e in quest'Aula non ne ha tenuto conto. Abbiamo leggi regionali, che nascono con una finalità comune, ma con declinazioni diverse e questo non va bene. Intercettare in questa fase gli obiettivi comuni che l'Europa si è data è la chiave di volta per il successo, obiettivi comuni che riguardano la concorrenza, la libera circolazione delle persone e delle merci e soprattutto obiettivi che coniugano la necessità di ridurre l'impronta ambientale del nostro produrre e coniugare quell'esigenza delle comunità di sinergia, partendo dalle fragilità delle persone. Si tratta di riconnettere appunto le comunità, a partire dalle persone e dalle imprese più fragili. Questo è il pacchetto Agenda 2030, questo è la direttiva pratiche commerciali sleali in agricoltura, questo è il modo corretto di legiferare, questo è il modo corretto di tutelare chi è più debole.
Poi c'è il tema della complessità. Come è stato detto molte volte questa mattina, questa proposta di legge sulla filiera corta, a chilometro zero, chilometro utile… - sto facendo confusione anch'io sui termini, perché credo che di confusione se ne sia aggiunta parecchia - questa proposta di legge non considera la complessità. La complessità è a diverso titolo e a diverso grado. Ci sono esigenze e caratteristiche diverse degli anelli della filiera. Non si considera l'effettiva disponibilità di questi prodotti all'interno della filiera e, quindi, si genera un cortocircuito tra chi dovrebbe approvvigionarsene e tra chi ancora non è in grado di produrli.
Si considera il cibo. Onorevoli colleghi, il cibo non è tutto uguale. Il cibo viene prodotto in modo differente. Non siamo più in un'economia di 500 anni fa. Viviamo in un mondo veloce, che produce, che coltiva e che trasforma in un modo diverso. L'Italia, onorevoli colleghi, oltre che produttore, è un Paese trasformatore. E questa esigenza non si è colta. Non si è colta perché non si sono colte alcune differenze tra le produzioni agricole a terra e le esigenze molto diverse che il comparto della pesca ha, ad esempio. I prodotti trasformati non sono la stessa cosa delle materie prime. Questa proposta di legge meritava, insomma, una maggiore cura.
Soprattutto non si considera un'altra complessità, che invece la legge n. 158 sui piccoli comuni considerava: le grandi aree urbane non sono la stessa cosa dei piccoli comuni. Ancora non si è attuata la legge sui piccoli comuni e ci troviamo a smantellarla. Non è una buona pratica legislativa. Non si fa così, perché le leggi si fanno, devono essere attuate ed eventualmente si fanno dei passaggi in avanti.
Come è stato detto, ci sarà, con questa norma, un cortocircuito, una norma che si intersecherà con un altro provvedimento simile, a firma della Lega, al Senato. E si farà confusione per i cittadini, per gli imprenditori, tra loghi, marchi, competenze, materie concorrenti, norme sull'etichettatura, collegato ambientale, collegato agricolo, norma sui piccoli comuni e potrei andare avanti ancora. Vi faccio una domanda: le imprese davvero vi hanno queste chiesto questo? In Commissione, tutte le associazioni dell'intera filiera agroalimentare, dalle associazione agricole fino al commercio, grande distribuzione e ristorazione collettiva, vi hanno detto che questa legge non s'ha da fare, perché questa legge include costi, incertezza, burocrazia e, soprattutto, non risponde all'obiettivo di rispondere all'esigenza dei cittadini di maggiore informazione e conoscenza sul valore del cibo, perché per noi cibo ha un valore.
Certo, vi riempite la bocca di parole accattivanti. “Chilometro zero” è una parola che va di moda, ma questa legge è una legge vuota, priva di contenuto, che non ha senso. E, guardate, il nuovo non è sempre meglio di quello che è stato fatto. Voi non avete una visione e un progetto per questo Paese e questa legge superficiale ne è la riprova. Vi interessa trasformare questo Parlamento in un grande e piccolo teatro. Probabilmente non è la cosa giusta.
Per questi motivi annuncio il voto contrario del Partito Democratico e ringrazio i miei colleghi della Commissione agricoltura, la vicepresidente Cenni, e poi i colleghi Incerti, Francesco Critelli, D'Alessandro, Portas, che hanno lavorato a questa proposta di legge in modo serio, per provare a migliorarla, nel silenzio e nell'arroganza di questa maggioranza.