Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 13 Marzo, 2017
Nome: 
Giovanni Burtone

A.C. 1142-A ed abbinate

 

Presidente, arriva in Aula un provvedimento che in Commissione è stato ampiamente dibattuto. Ci sono stati anche momenti duri nel confronto, siamo andati avanti e stasera continua questo dialogo. L’auspicio, che facciamo come Partito Democratico, è che si voti alla Camera questa legge, poi vada al Senato e che continui il dibattito, ma si arrivi a definire una legge. Una legge tanto attesa nell’opinione pubblica, una legge che eviterà le decisioni della magistratura, una legge che eviterà che nel fine vita si vada avanti soltanto per azioni caritatevoli, conosciute non soltanto nelle strutture sanitarie. Noi abbiamo lavorato in Commissione con spirito d’apertura, e per questo non abbiamo fatto prevalere uno dei due diritti, il diritto alla vita sul diritto all’autodeterminazione. C’è stato un equilibrio, che ha dato la possibilità di definire una a legge dal diritto lieve, non infiltrante nella parte finale della vita.

E, per fare questo, abbiamo tentato di armonizzare la norma partendo dal primo pilastro, il consenso informato; non più uno step burocratico, la possibilità di dare il consenso o meno ad un esame strumentale invasivo, ma l’avvio di un percorso terapeutico, di un percorso di cura. Al medico è affidato, quando avvia l’analisi anamnestica dell’ammalato, la funzione di comunicare qual è la malattia, quali possono essere le evoluzioni, quali terapie vengono indicate; e, costituzionalmente, al paziente spetta la possibilità di decidere di accettare alcune terapie o meno.

Il secondo pilastro è determinato dalla disposizione anticipata di trattamento, che noi abbiamo voluto strettamente legato al primo, perché la DAT non è altro che una definizione di consenso informato quando si è nella capacità di intendere e di volere, da utilizzare quando non ci sono queste condizioni. Tutto ciò è affidato ad un fiduciario, una persona di fiducia. Si deve avere rispetto di coloro i quali vogliono poter definire un impegno, un consenso per il futuro. È un atto emotivamente forte quello di chiedere questo, perché probabilmente si conosce la prognosi della propria malattia, l’evoluzione, e si hanno esempi di vita che toccano profondamente. Quindi la legge va avanti tenendo conto di tutto ciò, e per noi la DAT è impegnativa. Noi non facciamo un atto di ipocrisia: nel momento in cui si va verso la legge, deve essere piena, deve essere nelle condizioni di dare risposte alle comunità che la richiedono.

Certo, qualcuno avanza delle perplessità, noi le rispettiamo; però nella disposizione anticipata di trattamento noi riteniamo che si debbano comprendere tutte le decisioni che il cittadino prende quando è capace di intendere e di volere: quindi compresa l’idratazione e l’alimentazione artificiale. È stato detto: non abbiamo da dare cibo e acqua, ma prodotti che vengono forniti dall’industria farmaceutica, che vengono somministrati dietro prescrizione medica, con cautela, con un dosaggio che deve essere particolarmente controllato; e sappiamo tutti che attuare questa terapia significa invadere, a volte in maniera significativa, sul corpo, e quindi ci dev’essere una disponibilità di chi deve ricevere questa cura.

Vado verso due considerazioni finali. Una prima: non c’è dubbio, la scienza, la medicina hanno fatto tanti passi in avanti; oggi attraverso alcune terapie, ma anche l’utilizzazione di strumentazione biomedicale, è possibile allungare questa fase di trapasso finale dalla vita alla morte. Ora, ci sono tanti cittadini che chiedono al sistema sanitario di avere l’opportunità di poter utilizzare alcune terapie mediche, strumentali, anche strumenti biomedicali invasivi, e vanno rispettati, vanno aiutati. Però ci sono cittadini che questo non voglio, che sentono una sofferenza ad avere queste macchine, e chiedono di non utilizzarle quando sono in condizioni di intendere e di volere, e lo possono esprimere, ma anche quando, scrivendolo, non saranno più in queste condizioni. Questi non saranno abbandonati, perché c’è il terzo pilastro della legge, che stabilisce che vanno seguiti anche quando rifiutano l’intervento delle terapie, con, è stato detto, le cure palliative, ma anche con altre terapie per gli opportuni interventi predisposti secondo linee guida di alcune attività scientifiche. È questa la cosa che noi riteniamo di voler sottolineare!

E concludo dicendo che non c’è una sola norma che fa pensare a pratiche eutananasiche. Nessuna norma che dice che si può determinare la morte, nessuna norma per l’eutanasia; ma ci sono alcune norme che abbiamo voluto comporre con umiltà, cercando di porre alcune norme che dovranno permettere di morire con dignità.