Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 27 Maggio, 2019
Nome: 
Alberto Pagani

A.C. 875-A

Grazie, signora Presidente. Sono passati oltre quarant'anni dall'istituzione degli organismi di rappresentanza del personale militare a carattere elettivo, realizzate con la legge 11 luglio 1978, n. 322, Norme di principio sulla disciplina militare, oggi codificata dal decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, e dal decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90. In quella stessa fase, nel 1981, fu approvata la riforma della Polizia di Stato, che modificò radicalmente il modello preesistente, aprendo alla smilitarizzazione del Corpo, al riconoscimento del diritto al sindacato e al reclutamento femminile. Sono state scelte legislative che hanno formato un quadro di norme progressiste e riformatrici e hanno consentito, sia al mondo militare che a quello della polizia, di evolversi in efficienza e democraticità, facendo compiere un decisivo passo in avanti al nostro sistema di difesa e sicurezza, e al Paese.

Durante tutti questi anni, è stata sempre presente nel Partito Democratico l'esigenza di aggiornare, in ragione dell'evoluzione della situazione con il trascorrere del tempo, la normativa sulla rappresentanza militare e più volte siamo intervenuti con misure migliorative e integrative. In particolare, il quadro giuridico relativo alle tutele rappresentative del personale militare si era concretizzato nelle due ultime legislature in due proposte di legge presentate dal Partito Democratico, proposte che, comunque, risentivano di un divieto esplicito nei confronti dell'associazionismo sindacale, confermato anche da precedenti pronunciamenti della Corte; e comunque, per tali proposte non è stato concluso l'iter legislativo.

A seguito dell'intervento della Corte Costituzionale, con sentenza n. 120 del 2018, siamo di fronte a un quadro del tutto nuovo, che rende oggi ineludibile un intervento legislativo che aggiorni gli strumenti di tutela rappresentativa, introducendo il diritto di associazione sindacale e un più compiuto quadro di tutele, allineandoci così ai principali Paesi europei e consentendo al nostro ordinamento militare di compiere un ulteriore passo in avanti.

Forze armate, Carabinieri e Guardia di finanza annoverano oggi circa 350 mila operatori, rappresentano un segmento di particolare rilievo nell'ambito della pubblica amministrazione, sono uomini e donne ai quali affidiamo la nostra sicurezza, la tutela della legalità, gli impegni per il mantenimento della pace, il concorso alle attività di protezione civile e parte significativa del prestigio del nostro Paese. Si tratta di una componente sociale fondamentale per il Paese, di cui oggi viene riconosciuto il diritto di concorrere e definire i contenuti del rapporto di impiego e più in generale le proprie condizioni di lavoro e di vita.

Spetta, quindi, a questo Parlamento, seguendo le indicazioni della Corte costituzionale, il compito storico di definire le nuove tutele rappresentative, a carattere sindacale, nel rispetto della specifica condizione militare.

Sul punto va, peraltro, sottolineato come la Corte, nel riconoscere la legittimità di associazioni professionali a carattere sindacale, abbia altresì evidenziato la necessità di una puntuale regolamentazione della materia, in considerazione della specificità dell'ordinamento militare e della sussistenza di particolari esigenze di coesione interna e neutralità che distinguono le Forze armate dalle altre strutture statali.

Il provvedimento, che arriva oggi all'esame dell'Aula, a nostro avviso non è ancora all'altezza delle esigenze delle moderne Forze armate, né delle aspettative dei militari italiani. Il Partito Democratico ha presentato una sua proposta di legge, dopo aver ascoltato attentamente tutte le audizioni in IV Commissione, cercando di tenere conto dei suggerimenti e delle proposte che sono venute dagli interlocutori che sono stati auditi.

È nostra intenzione portare un contributo utile alla discussione e all'obiettivo, che deve essere comune alla maggioranza e all'opposizione, di scrivere una buona legge. Avremmo ritenuto utile cercare nel Comitato ristretto, a cui ha fatto riferimento la relatrice nel suo precedente intervento, nella relazione, le convergenze necessarie al raggiungimento di un testo unificato, partendo dalle tre proposte di legge presentate. Purtroppo, non c'è stata la volontà politica della maggioranza di farlo e si è preferito adottare il testo base della relatrice. Riconosciamo certamente, però, ed apprezziamo la disponibilità ad accogliere alcuni dei nostri suggerimenti, ma restano importanti criticità che non ci permettono ancora di esprimere un giudizio positivo.

Le moderne Forze armate ragionano ed operano sempre di più in una logica interforze e molte problematiche che interessano i militari sono trasversali alle diverse forze. Riteniamo che respingere la nostra proposta di consentire la nascita di associazioni militari a carattere sindacale anche su base associativa interforze sia stato un errore della maggioranza. Come sarebbe sbagliato, a nostro avviso, l'obbligo di avere sindacati rappresentativi di militari appartenenti a forze diverse, riteniamo che sia sbagliato anche impedirlo per legge. Non si tratta solamente di tutelare la libertà sindacale, ma anche di offrire un'adeguata rappresentanza e potere contrattuale a quei militari che operano con specificità professionali particolari e simili tra di loro in Forze armate diverse. Penso, per fare un esempio pratico, potrei citarne altri, ai medici militari, che sono presenti in tutte le Forze armate, svolgono funzioni che hanno problematiche professionali comuni e non potranno aderire ad un sindacato che li rappresenti unitariamente, perché costretti nei confini della propria Forza di appartenenza. Non c'è ragione di impedire ciò che può aiutare a risolvere meglio i problemi e non crea danno ad alcuno. Per cui non comprendiamo questa rigidità della maggioranza.

Allo stesso modo, riteniamo che sia sbagliato impedire all'associazione militare a carattere sindacale di intrattenere rapporti stabili di collaborazione con i sindacati confederali senza aderirvi, come prevede la sentenza della Corte costituzionale. Il corporativismo dei militari non è affatto positivo ed una maggiore apertura al confronto con le problematiche generali della società italiana, che il dialogo con le rappresentanze degli altri lavoratori e dei pensionati potrebbe favorire, sarebbe, a nostro parere, utile e positivo.

Vi sono, poi, altre questioni pratiche, che la maggioranza non ha voluto considerare. Cito, ad esempio, la non disponibilità ad includere, nella parte di Governo che siederà al tavolo di trattativa per il contratto di lavoro, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Si tratta di una decisione, a nostro parere, irrazionale, se si considera che la responsabilità di spesa relativa al Corpo delle capitanerie di porto è funzionalmente attribuita proprio a questo Ministero e che i rappresentanti dei marinai della Guardia costiera non potranno interloquire con il Ministero preposto a gestire le risorse economiche e a definire quegli elementi contrattuali che hanno a che fare con la loro salute e la sicurezza sul lavoro.

La controparte di quei militari che saranno chiamati a dedicare una parte della loro vita professionale ad attività sindacali non è il loro comandante, ma sono proprio questi problemi, spesso comuni e trasversali, sono problemi che hanno i graduati, i sottufficiali e gli ufficiali. Per questa ragione, riteniamo che anche il dibattito che si è sviluppato sulla giurisdizione del contenzioso, nel quale i due partiti della maggioranza si sono divisi su due proposte contrapposte, sia ancora inadeguato.

Dopo l'approvazione del provvedimento alla Camera il percorso parlamentare proseguirà al Senato e ci auguriamo che in quella sede la maggioranza sappia trovare una migliore sintesi al proprio interno e non costringa l'opposizione a scegliere tra proposte certamente entrambe migliorabili. Non è compito dell'opposizione ricomporre le divergenze interne alla maggioranza ma, quando vi è una volontà ed una posizione chiara di chi ha la responsabilità di guidare il Paese, non facciamo venir meno il nostro contributo propositivo e costruttivo per migliorare il provvedimento. Abbiamo, quindi, ripresentato anche per la discussione in Aula le proposte emendative che riguardano gli aspetti ritenuti da noi più deboli e contraddittori della proposta di legge, perché si tratta di una proposta che ha lo scopo di estendere e garantire i diritti dei lavoratori e, se ci fossero le condizioni per farlo, ci piacerebbe poterla votare favorevolmente e poterla approvare. Al momento non è così: a nostro avviso al momento condizioni tali non ci sono. Non abbiamo comunque ancora deciso quale sarà la nostra posizione di voto finale sul provvedimento che dipenderà anche dalla disponibilità all'ascolto delle nostre proposte da parte della maggioranza. Auspichiamo che la discussione in Aula sia tale che permetta a noi di maturare un'opinione migliore sul provvedimento che verrà votato alla fine e anche di poter maturare un voto diverso dal voto che al momento con ogni probabilità abbiamo intenzione di esprimere.