A.C. 4108
Presidente, colleghi, rappresentante del Governo, siamo chiamati ad esaminare un disegno di legge di particolare rilievo, perché «finalizza» l'ingresso del Montenegro nell'Alleanza Atlantica. La firma del Protocollo di adesione di Podgorica al Trattato istitutivo della NATO rappresenta il passo conseguente alla manifestazione di volontà politica degli Stati membri ad accogliere il Paese balcanico nell'Alleanza, formalizzata in occasione della riunione dei Ministri degli affari esteri della NATO del dicembre 2015. Il Protocollo di adesione è stato firmato dai ventotto alleati in occasione di un'altra «ministeriale» degli esteri, il 19 maggio 2016.
Divenuto indipendente nel 2006, il Montenegro, forte di un progressivo miglioramento delle condizioni di vita dei suoi abitanti e delle prospettive di ulteriore sviluppo economico che sarebbero potute derivare, si è risolutamente avviato sulla via dell'integrazione europea ed atlantica. Il percorso di avvicinamento all'Unione europea, dopo l'adozione unilaterale dell'euro come propria moneta, ha ufficialmente preso inizio nel 2008, con la presentazione della domanda di adesione, cui hanno fatto seguito l'avvio dei relativi negoziati nel 2012. Ad oggi Podgorica, come ha riconosciuto la Commissione europea nel suo country report del 2015, ha compiuto progressi significativi in numerosi capitoli negoziali, fra cui quelli relativi al sistema giudiziario, ai diritti fondamentali della giustizia, libertà e sicurezza, sebbene debba ancora perfezionarsi sul fronte della lotta al crimine organizzato e anche alla corruzione.
Altrettanto risoluto, per quanto segnato da controversie in sede domestica e non improntato ad interessi anti-russi, è stato l'impegno di Podgorica in direzione dell'Alleanza atlantica, nel solco peraltro di quanto già deciso da altri Paesi dell'area. Alla decisione del Montenegro di aderire al programma denominato «Partenariato per la pace» con la NATO, avanzata sin dal dicembre 2006, hanno fatto seguito l'avvio di esercitazioni militari congiunte nell'Adriatico, l'invito ufficiale di aderire all'organizzazione formulato nel dicembre 2015 dai ventotto Ministri degli esteri dei Paesi membri e, da ultimo, la firma a Bruxelles lo scorso 19 maggio del Protocollo sull'adesione già approvato dal Senato il 18 ottobre scorso.
Il Protocollo, che si compone di un preambolo e di tre articoli, stabilisce i tempi e modalità dell'adesione del Montenegro all'Alleanza atlantica. Una volta concluso il percorso di ratifica da parte di tutti i Paesi alleati, infatti, il Montenegro, che dallo scorso maggio siede nell'Alleanza atlantica in qualità di osservatore e partecipa già ad alcune missioni internazionali, ne diverrà ufficialmente il ventinovesimo Stato membro. Si tratta evidentemente di un evento di grande rilievo geopolitico, che ha l'obiettivo di garantire maggiore sicurezza e stabilità all'intera regione dei Balcani occidentali e alla zona adriatica, consolidando il processo di integrazione nelle organizzazioni europee ed atlantiche del Montenegro.
Non si può negare che la crisi dell'Unione europea si è inevitabilmente riverberata sui Paesi dell'area balcanica, per i quali la prospettiva dell'adesione all'Unione europea ha per molti anni costituito uno stimolo essenziale per la riforme interne ed un preciso punto di riferimento in politica estera. La situazione è molto delicata, sia in Bosnia-Erzegovina che in Kosovo, in Macedonia, oltre che nei rapporti tra Croazia e Serbia. È proprio in questa prospettiva che il nostro Paese, che può vantare ottime relazioni in quell'area, può svolgere un importante ruolo di cerniera e di orientamento, tenendo aperta la prospettiva dell'integrazione europea.
Fare aderire il Montenegro alla NATO non è e non deve essere un atto aggressivo verso nessuno: deve essere invece un modo per porre la vicenda dei Balcani, che è così legata anche al nostro interesse nazionale, al centro della ricerca di un nuovo ordine; e anzi, come una prospettiva di dialogo che per i Balcani – che in questo momento sono percorsi da molte vicissitudini, anche quelle del terrorismo, che purtroppo in quelle sedi sta crescendo molto, in alcuni Paesi – possa diventare davvero una prospettiva positiva che riguarda direttamente non soltanto l'interesse della NATO, ma anche l'interesse diretto del nostro Paese.