Relatore
Data: 
Mercoledì, 5 Agosto, 2020
Nome: 
Alfredo Bazoli

Doc. IV, n. 7-A

Grazie, Presidente. Come lei ricordava, la Giunta riferisce su una domanda di autorizzazione all'esecuzione della perquisizione domiciliare, anche informatica, presso tutti gli uffici e sedi riferibili a Boniardi Grafiche Srl di cui l'onorevole Boniardi è indicato quale amministratore, con conseguente sequestro di quanto ritenuto pertinente alle indagini, condotte dai pubblici ministeri di Genova, relativamente a una vicenda che coinvolge Stefano Bruno Galli, consigliere della regione Lombardia indagato in relazione al reato previsto dall'articolo 648-bis del codice penale, cioè il reato di riciclaggio. Si tratta di un rivolo di un'inchiesta che trae origine dal sequestro della somma di euro 48.969.617 corrispondente al profitto e dei reati per cui è stata affermata la responsabilità degli imputati Bossi Umberto e Belsito Francesco in ordine ai reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Tali reati in gran parte poi sono stati dichiarati prescritti ma, in relazione ad essi, la Cassazione con la sentenza del 6 agosto 2019, ha confermato la confisca della predetta somma provento del reato, appunto di euro 48.900.000 e rotti. In sede di esecuzione di quel decreto, ricordo che la Polizia giudiziaria delegata, cioè la Guardia di finanza di Genova, aveva rintracciato sui conti nella disponibilità della Lega Nord per l'Indipendenza della Padania solo la somma di euro 3.150.000 e in relazione a ciò si sono aperti dei procedimenti per accertare dove siano finite le altre somme appunto oggetto di confisca, in relazione ai reati di riciclaggio e la prospettazione della procura di Genova è che una parte di queste somme siano affluite sul conto corrente dell'associazione Maroni Presidente, di cui era appunto legale rappresentante il consigliere regionale Galli e poi, da questa, siano diciamo uscite per operazioni e fatturazioni relative a operazioni inesistenti, di cui una appunto coinvolgerebbe la società Boniardi grafiche Srl.

Nel corso della perquisizione – che, ripeto, riguardava la società Boniardi grafiche Srl, di cui il collega Boniardi è socio e amministratore - la Guardia di finanza ha eseguito le operazioni di perquisizione e di sequestro di materiale fisico ritrovato anche con la collaborazione del collega Boniardi, che era presente sul posto, il quale poi però ha opposto l'immunità parlamentare e quindi chiesto l'intervento della Camera per l'autorizzazione a procedere, nel momento in cui la Guardia di finanza ha provveduto ad accedere ai server della società per acquisirne i file, come da ordinanza e decreto di sequestro.

In quel momento, il collega Boniardi ha eccepito l'immunità, sostenendo che nei server della società giacevano anche file di pertinenza esclusiva appunto del collega Boniardi, che lui non era in grado di separare gli uni dagli altri e che quindi appunto la Guardia di finanza non poteva procedere, in quanto avrebbe acquisito dati di esclusiva pertinenza del collega.

A questo proposito, io penso che sia utile dare conto nella mia relazione - peraltro quella depositata è molto più esaustiva, ma non credo che sia necessario leggerla tutta - del verbale delle operazioni di sequestro, in modo da far capire anche all'Aula come si sono svolte le operazioni.

Prima di iniziare le operazioni di perquisizione - questo è il verbale della Polizia giudiziaria del 10 dicembre del 2019, quindi un verbale ovviamente che fa fede fino a prova di falso - gli operanti hanno invitato la parte a mettere a disposizione gli apparati informatici contenenti dati aziendali dai quali poter rilevare eventuali elementi attinenti i reati per cui si procede, così come dettagliatamente esplicitato nel provvedimento dell'autorità giudiziaria. Gli operanti, rilevato che gli apparati informatici e/o telematici presenti all'interno dell'azienda non presentavano simboli e/o contrassegni identificativi riconducibili all'attività politica e/o carica rivestita dal signor Boniardi Fabio Massimo - non presentavano simboli e/o contrassegni - rendevano edotto lo stesso di voler procedere comunque alla perquisizione dei sistemi informatici e/o telematici dell'azienda. Il signor Boniardi Fabio Massimo, rappresentando di ricoprire la carica di deputato della Repubblica italiana, rappresentava di opporsi all'esecuzione della predetta perquisizione informatica e/o telematica, appellandosi all'articolo 68, commi 2 e 3, della Costituzione, precisando che sui dispositivi di memorizzazione dell'azienda - NAS - sono allocati file di natura riservata riguardanti l'attività politica connessa alla carica rivestita di deputato della Repubblica italiana. Lo stesso rappresentava di non opporsi alla perquisizione locale negli spazi aziendali e negli arredi della Boniardi grafiche Srl, in quanto non connessi all'attività parlamentare, che pertanto veniva regolarmente eseguita, come dettagliatamente riportato nel separato verbale.

Preso atto della circostanza rappresentata, i militari verbalizzanti, avvertite le superiori gerarchie e l'autorità giudiziaria procedente, su disposizione di quest'ultima rappresentavano al signor Boniardi Fabio Massimo la possibilità di procedere alla perquisizione informatica e/o telematica, nonché alla correlata acquisizione forense dei dati aziendali, ad esclusione dei dati inerenti all'attività politica e la carica rivestita indicati dallo stesso, eventualmente effettuando l'acquisizione dei dati fino alla data di elezione a deputato della Repubblica italiana fissata il 4 marzo 2018. Il signor Boniardi Fabio Massimo, preso atto della sopra menzionata possibilità, dichiarava di essere impossibilitato a scindere a priori i dati aziendali, compresi quelli di natura contabile, da quelli personali riguardanti la propria attività politica e carica rivestita, per cui rappresentava ai militari verbalizzanti che le operazioni di perquisizione informatica e/o telematica, con conseguente acquisizione dei dati aziendali, poteva aver seguito solo previa concessione di autorizzazione da parte della Camera dei deputati, su precisa richiesta formulata dall'autorità giudiziaria procedente.

In relazione appunto all'esito di queste operazioni e alla decisione della autorità giudiziaria di formulare la richiesta, noi abbiamo appunto istruito la questione. La richiesta della procura di Genova riguarda un atto di indagine di cui è destinataria una società, e tuttavia non ha potuto eseguire appunto l'atto, perché il deputato Boniardi ha opposto l'immunità parlamentare. La domanda di autorizzazione alla Camera nei confronti del deputato Boniardi deve pertanto intendersi come volta ad accertare la sussistenza di un elemento ostativo all'esecuzione della perquisizione nei confronti della società, consistente nella indicazione da parte del deputato di avervi domicilio, in relazione all'accesso ad una rete informatica di proprietà di terzi. Rispetto a ciò, le valutazioni di competenza della Giunta attengono all'accertamento della sussistenza di un eventuale intento persecutorio nei confronti del parlamentare, che i procuratori genovesi indicano come allo stato non indagato, in relazione al mezzo di ricerca della prova che non è stato possibile esperire per l'opposizione appunto del deputato, all'interno di un procedimento giudiziario contro ulteriori e diversi soggetti.

A tale proposito, occorre anzitutto richiamare la nozione di domicilio rilevante ai fini in esame: l'articolo 68, secondo comma, della Costituzione, prevede, come è noto, che, senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione domiciliare. La ratio del divieto sta nel garantire ai membri delle Camere uno spazio di libertà individuale entro cui poter svolgere le attività connesse al mandato, senza interferenze indebite da parte di altri poteri dello Stato. È per questo che, in generale, si ritiene che, in presenza di richieste di autorizzazione a eseguire perquisizioni domiciliari, la Camera competente debba valutare la concessione o meno dell'autorizzazione sulla base del riscontro di un intento persecutorio volto a limitare la libertà e la riservatezza del parlamentare.

Ai fini delle competenze della Giunta, in un'ottica costituzionale, il domicilio può essere inteso come una proiezione della libertà del deputato all'interno di tutti i luoghi di cui la persona dispone, in modo privato, per sviluppare la sua personalità. Vi sarebbe, cioè, una sfera riservata e personale, come tale delimitata e intima, connotata da una sorta di esclusività anche definita come ius excludendi alios; dovrebbe trattarsi cioè di un ambito circoscritto o circoscrivibile, come tale anche preventivamente riconoscibile ex ante, attraverso appositi segni identificativi che lo riconducano al soggetto che ne è titolare esclusivo. È pacifico, infatti, che la tutela costituzionale si estende soltanto a quanto, luoghi fisici e non, sia esattamente riconducibile al parlamentare: si veda al riguardo una sentenza, la sentenza n. 58 del 2004 della Corte costituzionale.

Nel caso de quo, ciò va messo in relazione sia con il fatto che il destinatario della perquisizione è un soggetto giuridico diverso, e cioè la società a responsabilità limitata Boniardi grafiche, sia con l'individuazione del domicilio all'interno non di un luogo fisico, ma di uno spazio informatico, collocato non direttamente presso il parlamentare, bensì presso terzi, all'interno della rete informatica aziendale, definita nei verbali come Network Attached Storage.

Al riguardo occorre dunque ricordare - e mi avvio a fare le conclusioni, diciamo i ragionamenti conclusivi - occorre ricordare che l'immunità parlamentare di cui all'articolo 68 costituisce motivata deroga al principio di uguaglianza. È pacifico che si tratti di una norma di stretta interpretazione e soprattutto si tratti di una prerogativa personalissima, non suscettibile di essere trasferita ad altri soggetti, persone fisiche o addirittura persone giuridiche. Nulla vietava al parlamentare di collocare i documenti attinenti alla sua sfera politica e personale all'interno di più vasti contenitori digitali di pertinenza altrui, ma la collocazione da parte del deputato di propri documenti personali al di fuori di un ambito a lui riservato in via esclusiva non può produrre un effetto paradossale, ed evidentemente in contrasto con la norma costituzionale, di trasferimento della prerogativa personale del parlamentare ad altri soggetti, a cui tale prerogativa non compete. La prospettazione del deputato, dell'impossibilità di distinguere i documenti, era palesemente opinabile, in assenza di una verifica, seppure ab externo e senza apertura dei file, della struttura e dei contenuti della rete informatica della società. A fronte di ciò, la polizia giudiziaria, d'intesa con la procura, ha preso atto della circostanza, senza procedere oltre in alcun modo, né compiere altre operazioni e ha quindi prudentemente - e io dico anche in modo apprezzabile - ritenuto di dover rivolgere domanda di autorizzazione alla Camera, pur essendo la violazione della sfera personale del deputato soltanto potenziale, nell'ambito di un procedimento diretto contro terzi, e all'interno di un luogo altrui. Ciò è di per sé indice sufficiente a dimostrare l'assenza di intenti persecutori nei confronti del deputato, che non è in alcun modo destinatario di altri atti d'indagine; ad esempio, non risulta che sia stato sottoposto a perquisizione alcun altro luogo a lui riconducibile. Nonostante alcune carenze e imprecisioni, non può pertanto essere messo in dubbio il rispetto da parte degli inquirenti delle norme dell'articolo 68 della Costituzione e della legge n. 140 del 2003 e la correttezza dei rapporti istituzionali. Accertata l'assenza di fumus persecutionis, occorre tuttavia, per la peculiarità del caso di specie, svolgere ulteriori precisazioni in merito all'oggetto dell'autorizzazione che si propone alla Camera di concedere, conseguentemente alle premesse sopra illustrate, e qui penso che sia importante precisarlo. La perquisizione nei confronti del deputato Boniardi - così come richiesta dalla Procura – va cioè intesa come autorizzata esclusivamente nei termini della ricerca disposta nel decreto emanato dall'autorità giudiziaria genovese il 9 dicembre 2019, cioè concessa nei confronti del deputato Boniardi esclusivamente nella misura in cui l'esecuzione alla perquisizione, di cui destinataria è solamente la società, presuppone, in base a quanto dichiarato dallo stesso Boniardi, un acceso di tipo strumentale anche a un ambito informatico del deputato non circoscrivibile a priori, ma ricompreso in modo indistinto nella rete informatica aziendale, di modo che, per svolgere le ricerche nella seconda, non si può non perquisire anche il primo. In altri termini, ove autorizzata dalla Camera dei deputati, la perquisizione richiesta andrà eseguita in concreto, avendo sempre presente che la destinataria del mezzo di ricerca della prova è soltanto la società “Boniardi grafiche srl” e che l'ambito della ricerca è esclusivamente quello minuziosamente descritto nel citato decreto. Tanto premesso, sulla base delle predette argomentazioni, la Giunta ha deliberato a maggioranza di proporre all'Assemblea di concedere l'autorizzazione alla perquisizione richiesta nei confronti del collega.