Dichirarazione di voto finale
Data: 
Mercoledì, 13 Settembre, 2017
Nome: 
Susanna Cenni

 

Grazie, Presidente. Presidente e colleghi, la relazione che abbiamo discusso e che stiamo approvando è la conclusione di un intenso e ottimo lavoro svolto dalla Commissione d'inchiesta, e dal suo relatore Baruffi, dagli uffici che voglio davvero ringraziare, che credo ci consentirà un'approvazione con un voto davvero molto, molto largo. È una conclusione che già oggi potrebbe significare ulteriori approfondimenti e aggiornamenti, tanto è veloce l'evoluzione del fenomeno. Secondo Indicam la contraffazione on line cresce ogni anno a livello mondiale del 15,6 per cento, con un costo per l'economia stimato in 1.800 miliardi di dollari. Quindi, figuriamoci quanto ancora potremmo scrivere su questa materia, quanti soggetti ancora potremmo ascoltare.

Una delle prime cose che noi abbiamo avuto chiare avviando i lavori delle numerosissime indagini svolte in questi anni sul fenomeno della contraffazione, è indubbiamente la capacità dell'industria della contraffazione - chiamiamola così - di innovare la propria attività criminale, aggirare norme e regolamenti, infilarsi nelle pieghe del commercio, della produzione, delle filiere, ovunque, in modo trasversale, con flessibilità, conoscenza, abilità e velocità. Questo accade in ogni ambito: accade per il diritto d'autore, per i prodotti della creatività. E se questo è vero, la dimensione e il luogo del commercio on line è per sua natura, per le sue peculiarità, il contesto più difficile in cui individuare il reato, intervenire, stoppare, perseguire e soprattutto impedire che l'attività criminale ricominci il giorno dopo con un nuovo volto e un nuovo nome. Così come è assai complesso regolare e individuare la dimensione, la collocazione più utile, tecnicamente e istituzionalmente, dell'attività normativa, per la fisionomia del luogo in cui avviene la truffa appunto la rete, il web. Già nei mesi passati, nelle tante indagini, quella sull'olio d'oliva, quella sul calzaturiero, lo vedremo ancora in quella sui farmaci in modo particolare, in moltissime audizioni delle forze dell'ordine e dei magistrati, si chiariva quanto la rete e le vendite on line rappresentassero uno strumento formidabile per veicolare, spesso in modo insospettabile, merci contraffatte. E durante le tante audizioni dei soggetti impegnati nell'attività di contrasto, di studio, e anche degli operatori e gestori di piattaforme on line, dei tecnici, degli accademici, delle impresse, abbiamo compreso e ascoltato il racconto dei tanti sforzi che già vengono posti in essere per restringere e annullare quegli spazi della truffa e dell'aggiramento, ma contemporaneamente c'è stato reso anche molto più chiaro quanto grande ancora sia lo spazio, invisibile ai più, per aggirare nuovamente regole, norme, buonsenso, cittadini inconsapevoli, dal giorno dopo, dal giorno dopo in cui si è intervenuti per bloccare. Un ambito davvero troppo vasto affinché le sole norme nazionali possano produrre efficacia. Un ambito intangibile per combattere con gli strumenti tradizionali.

Sulla dimensione del fenomeno sono già stati ripresi anche dai colleghi numeri, cifre, io stessa ho già detto sopra, vale però la pena di ricordare come per il nostro Paese questo tema sia un tema di grande interesse. Sicuramente in primo luogo perché - anche se qui in Italia meno che altrove si ha l'abitudine di fare shopping on line, solo il 3 per cento del totale dell'e-commerce europeo ci riguarda - il fenomeno è comunque in evoluzione. Si tratta di un volume di affari in beni e servizi di circa 16 miliardi di euro con diciannove milioni di consumatori. In secondo luogo, non dobbiamo mai dimenticarci che l'Italia è il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per numero di prodotti che vengono contraffatti. Dove c'è qualità, dove ci sono eccellenze, peculiarità, lì si concentra l'attività di contraffazione. Quel sogno, quel desiderio che giunge da luoghi del mondo più remoti di poter acquistare un prodotto made in Italy, una borsa, un capo di abbigliamento di uno stilista italiano, un grande vino, magari a prezzi incredibili appunto, diventa possibile attraverso i siti più strani, con declinazioni accattivanti, nomi che richiamano l'Italian Style e in qualche caso con prodotti così ben fatti che la truffa diventa difficile da individuare anche dai produttori veri delle nostre produzioni di qualità.

È quindi evidente in che misura il fenomeno ci riguardi, sappiamo quanto pesi sulla nostra economia, con perdite per tante decine di miliardi e oltre 100.000 unità lavorative perse, sappiamo che i prodotti più contraffatti sono nella moda, nell'elettronica, nei farmaci, nell'agroalimentare. Ma se nella contraffazione materiale, quella che arriva nei nostri porti con container o nasce in qualche laboratorio territoriale nei sottoscala, le tecniche di contrasto vengono affinate, nascono da indagini, dalla collaborazione fra le forze dell'ordine, da sequestri di materiale, in questo campo la immaterialità dei mercati, della loro dimensione, delle transazioni, la transnazionalità dei traffici di merci e un quadro normativo davvero poco omogeneo complicano moltissimo la possibilità di intervento e la sua efficacia in un contesto già molto difficile per la complessità del fenomeno stesso.

La relazione che i colleghi avranno potuto leggere, insomma, fa una sintesi di un insieme di casistiche, complesso che va dalle semplici pagine di vendita di prodotti contraffatti ai falsi domini che evocano prodotti noti - ricorderete tutti la battaglia contro i domini che evocavano i vini italiani - ed ancora all'uso illegittimo di marchi inseriti in messaggi pubblicitari che appaiono in piattaforme di larga consultazione, per giungere alle dark web, che operano fuori dalla rete tradizionale con valori di scambio alternativi alla moneta e alle quali è complicatissimo arrivare con strumenti di indagine tradizionali.

Allora, quindi, cosa si può fare? C'era un invito, che anche alcuni colleghi facevano, a non fermarsi a raccontare il fatto, ma legiferare, eccetera. La relazione prova a farlo, prova ad individuare delle cose che sia il Parlamento che il Governo dovrebbero a nostro parere fare, a partire dalle sedi europea ed internazionale, che sono quelle nelle quali agire.

La prima dimensione dell'impegno che serve non può, infatti, che essere una revisione delle normative sull'e-commerce in sede europea, in grado di accrescere il livello di responsabilizzazione dei fornitori di servizi sulla rete. Noi siamo consapevoli che questo tema, quello della responsabilizzazione da un lato, la possibilità quindi di intervenire, e la libertà di espressione dall'altro viaggiano su un confine sottile, sul quale non è semplice normare, agire. Sappiamo che tutto ciò può generare limiti nello sviluppo dell'economia digitale, limiti che nessuno desidera in una fase nella quale fare acquisti da casa, prenotare una vacanza, scaricare musica, valutare il prezzo di un capo di abbigliamento fa parte del nostro comportamento, ma sappiamo anche che il tema della responsabilizzazione, soprattutto dei grandi protagonisti del web, è un tema serissimo, già affrontato da queste Aule sulle norme del cyberbullismo.

Io sono convinta che solo con un salto di qualità possiamo dare qualche garanzia in più ai consumatori, produttori e agli stessi gestori di siti, piattaforme, e di fronte a modifiche così velocissime è evidente che una direttiva europea che risale al 2000 è difficilmente adeguata ai temi che stiamo discutendo. Si può intervenire con tanti strumenti, occorrono cittadini, consumatori capaci di muoversi con consapevolezza sulla rete, servono procedure e programmi in grado di intercettare e prevenire la circolazione di beni e servizi contraffatti - notice and stay down -, non solo intervenire dopo. È possibile ottenere risultati importanti con l'uso di algoritmi, con sistemi di filtraggio capaci di individuare l'ingresso di prodotti contraffatti, è possibile creare black-list utili a bloccare la riapertura di nuovi profili ed ancora sono importanti le certificazioni di qualità di siti e piattaforme di vendita on line sulla base di accordi, protocolli, come quelli che il nostro Governo ha già stipulato, producendo risultati positivi.

Ci sono quindi cose importanti. Concludo, Presidente. Io credo che qualche anno fa, quando abbiamo iniziato ad interrogarci sulla possibilità di avere un contributo fiscale, anche nel nostro Paese, che gravasse sui giganti del web, ci siamo misurati con tante difficoltà, poi abbiamo provato a normare, lo abbiamo fatto nella manovrina ed oggi quel tema è nuovamente aperto anche a livello comunitario grazie all'Italia. Ecco, io penso che per alcuni aspetti dobbiamo muoverci nello stesso modo. Noi abbiamo ascoltato tutti, abbiamo apprezzato le cose che già si fanno, crediamo che sia possibile fare ancora di meglio e auspichiamo che si possa inaugurare una stagione di globalizzazione forse più equa di quella dei soli mercati importanti, come quelli della conoscenza, dell'informazione eccetera. Ecco, diciamo che vorremmo contribuire a inaugurare una stagione che immagini una estensione anche delle responsabilità e della responsabilizzazione di chi nella globalizzazione opera e fa reddito. Anche per queste ragioni esprimo il parere positivo del Partito Democratico sulla relazione. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).