Dichiarazioni di voto
Data: 
Mercoledì, 18 Giugno, 2014
Nome: 
Laura Garavini

Doc. XXIII, n. 1

Signor Presidente, le mafie non esistono in natura, sono un prodotto malefico dell'uomo. E proprio perché sono un prodotto dell'uomo, possono essere sconfitte. È l'importante eredità che ci ha lasciato Falcone, un obiettivo che noi condividiamo e che cerchiamo di perseguire. E proprio per questo oggi portiamo all'attenzione del Parlamento, portiamo all'attenzione delle Camere e del Governo la Relazione della Commissione antimafia. Una prima relazione con la quale individuiamo proposte concrete su cui legiferare al fine di affinare gli strumenti di contrasto al crimine organizzato. Anch'io, a nome del mio gruppo, a nome del Partito Democratico – e fa piacere che questo apprezzamento sia stato espresso anche da parti consistenti dell'opposizione, penso a SEL, penso al MoVimento 5 Stelle – vorrei esprimere grande apprezzamento alla presidente, Rosy Bindi, che ha scelto di dare priorità alla tematica della confisca dei beni come prima Relazione della propria Commissione e ha scelto di portarla nell'Aula del Parlamento. Le mafie si combattono soprattutto nella misura in cui si riesce a sottrarre le ricchezze, i soldi, i beni, la roba, alle mafie stesse, confiscandoglieli. Confiscare i beni è peggio che mandarli in galera. Ce l'ha insegnato la geniale intuizione di Pio La Torre e tutta l'esperienza antimafia di questi decenni ha confermato questa tesi: il sequestro e la confisca dei beni sono il migliore strumento nel contrasto alla criminalità organizzata. La legge che li prevede, la legge che è riuscita dopo la mobilitazione popolare nel 1996 da parte di Libera, ad introdurre le confische, anche in assenza di condanna penale, continua ad essere di grande attualità ed efficacia, ma lo stesso non si può dire per le modifiche normative introdotte, invece, con il Codice antimafia nel 2011 in materia di prevenzione patrimoniale. Attraverso i nostri lavori abbiamo individuato tutta una serie di criticità, alle quali riteniamo sia opportuno porre urgente rimedio. Ed è proprio questo l'oggetto della Relazione all'ordine del giorno quest'oggi. In particolare, riteniamo che si debba ripensare il funzionamento dell'Agenzia dei beni sequestrati perché, è inutile negarlo, nei pochi anni trascorsi dalla sua fondazione, dalla sua istituzione, non è riuscita a realizzare i compiti che le sono stati assegnati per legge. Uno degli obiettivi principali dell'Agenzia, per esempio, sarebbe quello di rendere fruibile e trasparente il numero e soprattutto lo stato dell'arte dei beni confiscati in Italia. Non solo questi dati non sono fruibili sul sito dell'Agenzia, ma lo stesso direttore uscente, il prefetto Caruso, nel corso della sua audizione presso la Commissione, non è stato in grado di fornirci dati in materia. Soprattutto, però, i limiti dell'Agenzia si avvertono nel fatto che se, da un lato, sarebbe immediatamente destinabile gran parte dei beni immobili – ben 15.400 secondo i dati fornitaci dal Ministro della giustizia, che sarebbero già pronti per essere assegnati ad enti locali ed associazioni sulla base di convenzioni – l'Agenzia, invece, stenta ad agire.
  Allora, quali sono le cause ? Dipende forse dal cambio al vertice ? E ne approfittiamo per rivolgere gli auguri di buon insediamento e soprattutto di buon lavoro al neoeletto prefetto Postiglione. Oppure le difficoltà incontrate dipendono invece da vizi strutturali, anche normativi, dell'Agenzia ? In generale, noi riteniamo che l'Agenzia dei beni confiscati sia uno strumento troppo importante per essere lasciata andare alla deriva. Noi riteniamo che non si possa tollerare che funzioni male o a singhiozzo. C’è bisogno di un tagliando. Va ripensata l'organizzazione dell'Agenzia ma anche la strategia di fondo perché oggi l'Agenzia dei beni confiscati sembra più finalizzata a gestire il fallimento dei beni piuttosto che la loro valorizzazione. Bisogna, invece, puntare alla redditività sociale: beni e soprattutto aziende confiscate vanno gestite con l'ambizione di promuovere profitto, sviluppo, occupazione. Lo scopo non può essere una gestione al ribasso, per limitare al massimo situazioni in rosso di bilancio, bensì ci vuole una gestione che punti a generare reddito e soprattutto posti di lavoro. Infatti, bisogna infrangere il motto secondo cui le mafie danno lavoro e, invece, quando arriva lo Stato, porta con sé solo fallimenti, disoccupazione, miseria. Al contrario, è la legalità quella che fa vivere e lavorare. Tutto il resto soffoca, mette in ginocchio l'economia legale, strozza chi produce, uccide la libertà. Allora, noi ci auguriamo che il Governo possa pervenire ad un organico intervento di riforma nel giro di breve tempo dell'Agenzia dei beni confiscati ed è auspicabile che tenga conto delle indicazioni proposte dalla Commissione. Dal lavoro specifico della Commissione, i problemi maggiori emersi in materia di confisca riguardano proprio la gestione delle aziende confiscate e sono pochissime quelle che, una volta sequestrate, riescono a sopravvivere e non cadono, invece, in fallimento. Infatti, senza la forza economica del potere mafioso, queste aziende si trovano ad essere imbrigliate in tutta una serie di cavilli burocratici: banche, che prima finanziavano, chiudono di punto in bianco i cordoni della borsa; fornitori che timorosi di non venire pagati cessano le forniture; utenze che, al primo ritardo nei pagamenti, smettono di fornire gas, luce e telefono. Ecco che, proprio in materia di aziende confiscate, con riferimento alla Relazione, che ci auguriamo venga votata all'unanimità, mi auguro che i colleghi di Forza Italia, forse, abbiano ancora un ultimo ripensamento perché è davvero un peccato che non si giunga invece all'espressione di un voto unanime che dia ancora più forte il senso di come le azioni di contrasto alla criminalità organizzata debbano andare nel senso di una compatta, forte, chiara unanimità.
  Allora, Presidente, a nome del gruppo del Partito Democratico dichiaro il voto favorevole alla nostra Relazione.