Grazie Presidente. Il Veneto nel panorama nazionale rappresenta già da alcuni anni un'eccellenza, sia per i risultati ottenuti con la raccolta differenziata, che si assesta oltre il 64 per cento, il recupero e il riciclaggio, sia per i valori di produzione pro capite di rifiuti urbani. Così si apre la relazione della Bicamerale sulla regione Veneto e così ogni cittadino veneto vorrebbe venisse descritta la sua regione quando si parla di tutto il ciclo dei rifiuti. Purtroppo, però, la realtà mostra un quadro in cui non vi sono solo eccellenze nel trattamento dei rifiuti e lo fa in una relazione che, mi permetto di dire, ha tenuto un comportamento come sempre imparziale e come sempre non ha tenuto conto delle appartenenze politiche quando si è trattato di rilevare manchevolezze e problemi. Spiace, quindi, Presidente, ma fa sicuramente pensare, che Forza Italia e Lega, proprio per una regione che li vede protagonisti istituzionali, si discostino dalla usuale condivisione del testo e attacchino la relazione con argomenti pretestuosi. Infatti, audizioni, missioni, sopralluoghi sul campo e il prezioso contributo dei nostri consulenti, dalle forze dell'ordine al dottor Castellano, ci hanno permesso di delineare un quadro esaustivo della situazione e di mettere nero su bianco uno di quegli argomenti che è difficile affrontare o che altrimenti si preferisce non affrontare, ma di cui è necessario parlare. Ed è necessario parlarne in maniera completa perché la gestione dei rifiuti non è un tema che riguarda solo la nostra salute, ma riguarda anche la nostra economia, il nostro oggi ed il nostro futuro. Accanto, quindi, alle eccellenze che citavo in apertura sono diversi i punti critici emersi in particolare nella gestione dei rifiuti speciali e che vado qui velocemente a ricordare: il cosiddetto giro bolla e la miscelazione illecita di rifiuti, soprattutto pericolosi, che in un territorio con 1.500 impianti di trattamento di rifiuti speciali, il cui puntuale controllo risulta effettivamente difficile da realizzare malgrado l'impegno dell'ARPA Veneto, permettono che vengano comunque conferiti e smaltiti materiali in maniera illecita mediante la falsificazione dei documenti di accompagnamento; la presenza, poi, emersa dagli atti giudiziari e dalle affermazioni della DDA di Venezia, di una diffusa omertà da parte degli operatori economici in grado di sostenere, pur senza una presenza diffusa della criminalità organizzata, un sistema illecito di smaltimento, preoccupante alternativa a quello legale. Un sistema che ha permesso che miscele di rifiuti pericolosi siano state ampiamente immesse sul mercato come materia prima secondaria e diffusamente utilizzate, anche in opere pubbliche, come i sottofondi stradali e ferroviari (vedi il caso emblematico della Valdastico Sud). Un sistema che ha come unico scopo il profitto, nella totale noncuranza delle conseguenze sull'ambiente e sulla salute umana. Poi la pesante eredità, rimasta a carico dei cittadini, di molti dei 485 siti contaminati in cui hanno operato società che per lunghi anni hanno gestito illecitamente i rifiuti speciali, anche pericolosi, e che dopo il sequestro degli impianti sono state dichiarate fallite. Qual è il meccanismo in questo caso ? È quello per cui i costi, anche molte decine di milioni di euro, per l'allontanamento dei rifiuti pericolosi, la messa in sicurezza e il ripristino e la bonifica dei siti contaminati sono rimasti a carico degli enti territoriali, sprovvisti delle risorse necessarie per coprire tali spese.
C’è poi la questione dei fanghi di depurazione, la cui quantità in eccesso rispetto alle effettive esigenze di mercato spesso non è trattata adeguatamente e viene distribuita sui terreni agricoli. Questo è il contesto in cui si inserisce la vicenda della Coimpo in Adria, ad esempio. Ci sono, poi, numerose vicende giudiziarie che hanno interessato la centrale termoelettrica di Polesine Camerini, che oggi ha necessità di procedere alle bonifiche in tempi rapidi. Il tema PFAS, le sostanze perfluoroalchiliche, composti molto pericolosi che interagiscono fortemente con il metabolismo animale ed umano. È un problema che interessa la Valle del Chiampo, ma che si estende alle province di Vicenza, Verona e Padova, la cui origine è stata individuata dall'ARPA Veneto negli scarichi dell'azienda chimica Miteni. È una questione complessa, su cui abbiamo predisposto un supplemento di indagine di prossima pubblicazione.
Ci sono poi le preoccupanti, anche se comunque sporadiche, manifestazioni di presenza mafiosa e i rapporti con la ’ndrangheta delle società del gruppo Rossato che agisce su Padova e Venezia, l'interramento dei rifiuti di Ronco all'Adige con il ruolo di un'azienda crotonese, la presenza della camorra nei traffici di Enerambiente SpA di Venezia. Infine, ricordo la vicenda giudiziaria di notevole rilevanza dell'ingegner Fabio Fior, ora ex dirigente regionale, che ha portato avanti, anche con coperture politiche, una serie ininterrotta di abusi d'ufficio e falsi.
Questo, quindi, il non certo roseo quadro attuale, che ci mostra molti problemi e molti colpevoli e soprattutto ci deve mettere in guardia per evitare di commettere degli sbagli: lo sbaglio innanzitutto di considerare il tema della gestione illecita dei rifiuti, delle mancate bonifiche e delle colpe amministrative e politiche come un tema che riguarda solo una parte del Paese. È scorretto ed illusorio pensare ad un'Italia divisa in due, soprattutto quando si deve poi passare all'elaborazione delle azioni necessarie per porre rimedio e prevenire quello che è un danno gravissimo anche per la nostra economia... ..per quell'imprenditoria sana che agisce secondo le regole e che è giusto che venga sostenuta.
C’è, poi, lo sbaglio della sottovalutazione del problema, ma ancora di più lo sbaglio di credere questo un problema insormontabile, di mettere in campo una narrazione che vuole descrivere un Paese che non è in grado, di fatto, di affrontare i propri mostri. Ebbene, non è così e ne abbiamo le prove.
La stesura della relazione ha coinciso con l'approvazione della «legge sugli ecoreati», un provvedimento atteso da anni che punisce – è vero – ma che soprattutto vuole essere un valido strumento per chi agisce nella legalità e arrivare allo scopo principale: il ripristino dei luoghi, che sta dando dei frutti concreti, come testimoniato da Legambiente, che ha raccolto i primi dati relativi all'applicazione della legge e che dimostra come fra i reati contestati, le persone denunciate e i sequestri si arriva ad un risparmio di legalità di quasi 24 milioni di euro. Sono numeri che dimostrano quanto questa legge sia efficace, mentre rimane impossibile stabilire quanti potenziali ecocriminali siano stati messi in fuga da queste norme più stringenti con la forza deterrente del nuovo codice penale.
Sicuramente bisogna perseverare, soprattutto in un territorio come quello veneto in cui va interrotta sul nascere la presenza – per ora come ricordavo sporadica – della criminalità organizzata. Così come durante il lavoro sul Veneto è stata approvata la legge sul riordino delle agenzie ambientali che oggi, messe a sistema e coordinate da ISPRA, possono agire meglio e più efficacemente con quell'azione di controllo che è la via principale per affrontare il problema.
C’è ancora molto da fare a livello legislativo su questo tema e le due urgenze normative sono riscritte nella risoluzione e sono urgenze per la regione Veneto ma non solo; la prima è per evitare nuovi casi, come quello emblematico di Pescantina, in provincia di Verona, gestita da Daneco Impianti, che dopo aver operato in maniera dissennata nella discarica ha lasciato al piccolo comune e alla regione gli oneri connessi alla messa in sicurezza della discarica. Bisogna evitare questi casi, quindi, prevedendo non solo il rilascio di adeguate polizze fideiussorie da parte delle società o degli enti che gestiscono impianti e discariche, ma soprattutto l'accantonamento obbligatorio di un fondo di riserva per affrontare le successive operazioni di messa in sicurezza e bonifica dei siti. La seconda urgenza è favorire gli operatori che investono in tecnologie più elevate e contrastare il proliferare di impianti a bassa tecnologia, fornendo un riferimento normativo puntuale che dia il giusto confine tra trattamento di recupero e trattamento di smaltimento e fissando una percentuale minima di recupero al di sotto della quale il trattamento non può più dirsi recupero, appunto. Concludendo, Presidente e colleghi, quando era una bambina la raccolta differenziata non esisteva, ma i miei genitori mi hanno insegnato non solo a non buttare i rifiuti a terra ma a raccogliere anche ciò che buttavano i compagni di classe più distratti. Questo per dire che le cose cambiano, ma cambiano sulle nostre gambe, con il nostro lavoro, e noi dobbiamo e possiamo consegnare un Paese migliore alle future generazioni. Questo ci conferma questa relazione e questo è l'impegno che ci prendiamo con il nostro voto favorevole sulla risoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Dichiarazione di voto
Data:
Mercoledì, 14 Settembre, 2016
Nome:
Miriam Cominelli