Data: 
Martedì, 16 Dicembre, 2014
Nome: 
Matteo Renzi

Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, la ringrazio e ringrazio i deputati che hanno partecipato a questo incontro importante di valutazione e discussione. Ho visto che da parte dei colleghi della Lega è venuta un'amarezza per la mancanza di presenze al tavolo del Governo: proporzionalmente, lo dico, è decisamente superiore rispetto alla presenza che hanno avuto i signori parlamentari. Quindi, sotto questo profilo, siamo disponibili a prendere lezioni soltanto da chi dimostra, con la propria presenza, un concreto interesse a questi temi. 
Certo, se uno sta al Parlamento europeo cercando di risolvere le questioni, sta al Parlamento europeo; magari, se ci sta da quindici anni, da tre legislature, può tentare di risolvere le questioni che deve in questo momento indicare agli altri, ma è la caratteristica tipica della discussione che noi abbiamo. Arrivano – lo ha detto, credo, molto bene Mazziotti Di Celso alla fine – in quest'Aula discussioni interessantissime su quello che bisognerebbe fare, che si sarebbe dovuto fare e che, però, non si è fatto. 
C’è una divisione profonda in quest'Aula, anche rispetto alle tematiche europee. Molti dicono cose anche interessanti, giuste e, talvolta, persino coincidenti e convergenti: penso, ad esempio, alla necessità di strappare l'Europa dal rigore tecnocratico dei vincoli e dei parametri. Però, noi siamo quelli che dobbiamo farlo e dobbiamo rimediare agli errori che sono stati fatti in un passato nel quale troppo scarsa è stata l'autorevolezza del nostro Paese. 
E, allora, entro nel merito, punto per punto, singolo argomento per singolo argomento, degli interventi che ho sentito, partendo da Marco Causi, che ha svolto una riflessione sui risultati del semestre persino più incoraggiante e significativa di quella che io ho fatto. Lo dico a Fava: noi non abbiamo fatto una verifica del semestre. Io ancora non so se il semestre si possa considerare chiuso, anzi, so che non si può considerare chiuso, perché fino all'ultimo giorno, fino all'ultimo Consiglio, il Consiglio Affari generali è ora in corso e sta discutendo dell'ipotesi della scuola di diplomazia unitaria, che l'Italia ha proposto da anni. È un tema importante, fondamentale, perché va nella dimensione di una diplomazia europea, che significa impostare quell'idea di Europa e quell'ideale europeo basato sulla comunità e non basato sul contratto, sul patto, sul vincolo e sul parametro. Io non so se si possa definire come negativo o fallimentare il semestre europeo sulle politiche agricole: in questo momento, lo dico perché è arrivato dal collega di SEL un passaggio molto, molto interessante anche, che ho seguito con attenzione. Ora non vedo il collega, ma gli replico ...eccolo là, si è spostato però, lei. Non ci si può spostare in questo modo, poi io non ho una frequentazione così ampia del Parlamento per vedere «scopri la differenza». Questo non va bene ! Dicevo che abbiamo sventato – mi scriveva il Ministro Martina, che sta anche lui in questo momento a Bruxelles – un taglio di 400 milioni di aiuti diretti per gli agricoltori europei proposto dalla Commissione Barroso, l'ultimo cadeau, uscendo. Abbiamo approvato il nuovo regolamento per la promozione agroalimentare, abbiamo riattivato il lavoro sul regolamento dell'agricoltura biologica che, anche per noi, come lei ricordava prima, è importantissimo, assolutamente centrale. 
E abbiamo presentato quel piano di sostegno ai giovani in agricoltura con l'accesso ai finanziamenti BEI e l'Erasmus per la formazione. Dopo dieci anni di assenza, abbiamo ripreso il forum per la cooperazione agricola euromediterranea e sappiamo che sarà ragionevolmente l'Expo la grande occasione in cui smettere di parlare di appalti e iniziare a parlare di uno stile di vita per i prossimi anni. Quindi, possiamo avere delle opinioni diverse, ma le cose che Causi ci ha detto nel suo intervento, sono cose che mi sento di condividere totalmente, perché in realtà, oggi, noi abbiamo imposto, più che proposto, al dibattito politico europeo la necessità di un cambio di passo che naturalmente non si è ancora realizzato e definito come era fisiologico e naturale. Lo dico con affetto e rispetto all'onorevole Palese, che è intervenuto con un vibrante intervento rispetto alle difficoltà che il nostro Paese vive a partire dal 1o luglio del 2014 con il lavoro che abbiamo svolto fino ad oggi. Sono difficoltà che ci sono presenti, onorevole Palese, noi siamo assolutamente convinti del fatto che questo sia un momento delicato. 
È un momento delicato a livello economico perché, lei pensi, dal 2008 ad oggi abbiamo perso 927 mila posti di lavoro. Poco serve dire qui, in quest'Aula, che, negli ultimi 12 mesi, si sono recuperate circa 120 mila unità. Il milione di posti di lavoro, in meno, che abbiamo avuto in questi anni è un milione di posti di lavoro che pesa come un macigno sulla nostra economia, ma possiamo essere disponibili, lo ha detto molto bene Carlo Dell'Aringa nel suo intervento, a riflettere, ragionare, discutere di come modificare le regole del gioco in Europa. Ci rimane un principio di amarezza per il fatto che questo tipo di dibattito non si è fatto prima. 
Aggiungo, lo dico con rispetto all'onorevole Prataviera, che trovo davvero singolare che si incolpi l'Europa di mancanza di attenzione sul tema dell'emigrazione, quando – spiace tornare a ridire le stesse cose, ma probabilmente repetita davvero possono aiutare – questo tipo di approccio, in particolar modo sugli accordi Dublino, nasce da un desiderio del Governo italiano che voleva impedire all'Unione europea di sindacare la Bossi-Fini. Io non so, gentile onorevole, se ella ricorda a quale partito apparteneva l'onorevole Bossi, credo sia lo stesso al quale appartiene lei oggi, ma se c’è un motivo per cui l'Europa è stata invitata dai nostri governi in passato a non mettere il naso nelle questioni di immigrazione italiana era per difendere un provvedimento di legge sul cui contenuto non mi intrometto, perché non è oggi questo l'argomento di discussione, che però la parte politica alla quale lei appartiene difendeva e, credo, difenda ancora oggi a spada tratta. Ecco che, in questo semestre, il fatto di arrivare all'operazione «Tritone» – che può essere più o meno convincente, nessuno di noi ha la presunzione di avere la verità in tasca – è però un passo in avanti nel metodo. Metodo è una parola che viene del greco, come sanno quelli bravi, meta ton odon, attraverso la strada; metodo significa che, attraverso la strada, verificheremo, nei prossimi mesi, nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, nei prossimi anni, se questa inversione avrà l'effetto di provocare un cambiamento. 
Io penso che, di fronte al dolore, alla tragedia, al disastro che interi popoli vivono, sia molto difficile immaginare che queste popolazioni, appresa la notizia di una fondamentale legge chiamata Bossi-Fini, decidano di non cercare di mettersi in salvo, perché temono il valore di minaccia che può derivare da un provvedimento legislativo italiano. È in corso un esodo di 150 mila persone dalla Libia e, direi, di due milioni di persone che arrivano in Turchia; poi spenderò mezza parola, con il suo consenso, e probabilmente anche senza il suo consenso, sulla politica energetica che l'Italia sta facendo e che riguarda l'Africa; mi spiace non avere una cartina, ma le significo che la Turchia, non so se entrerà in Europa, ma sicuramente non entrerà in Africa, perché la politica energetica italiana è in questo periodo decisamente concentrata sulle questioni africane, ma mi faccia finire su questo passaggio.
Noi stiamo di fronte ad un mondo globale e questo mondo globale oggi è un mondo che vede alcuni Paesi privi di politica essere i Paesi più complicati da gestire in termini di immigrazione. 
Non eravamo noi al Governo quando le organizzazioni internazionali, segnatamente la NATO, intervenivano in Libia; intervenivano in Libia per sostituire un dittatore che aveva fatto del male al suo popolo, quel dittatore che è stato eliminato in quel Paese; ma quando tu intervieni in un Paese senza immaginare il dopo, cioè se tu intervieni in un Paese senza avere la minima idea di cosa farai dopo aver bombardato, è naturale che poi accada quello che accade. 
E, allora, lo dico perché dev'essere chiaro: la questione immigrazione in questi mesi è stata gestita con il principio di buonsenso. Noi vogliamo allargare la gestione della politica migratoria all'Europa facendo il contrario di quello che avete fatto voi, ma per farlo abbiamo la necessità di avere un significato della politica estera che non sia – lo dico con rispetto all'onorevole Benedetti – quella che lei ha espresso oggi in questa Aula. Lo dico pensando, onorevole Benedetti, che definire la politica estera un qualcosa che non conta niente in Europa, definire la figura del Mr. PESC o Mrs. PESC qualcosa che non conta niente, non è contro il Governo. Credo che nessuno di noi si scandalizzi se abbiamo delle opinioni divergenti su tanti argomenti. 
Però, il mondo di oggi vede, in queste ore, in una scuola del Pakistan centinaia di bambini che vengono uccisi – e già questo è, credo, un qualcosa che unisce nell'indignazione tutti – a scuola, e che vengono uccisi a scuola perché i talebani dicono: questo è il nostro obiettivo, la scuola. Figli in molti casi di militari. Quando accade questo il sentimento che può caratterizzare tutti noi si sintetizza in sei sole lettere: orrore. E la risposta a questo non può essere che la politica e la politica estera non può essere considerata un giocattolino per diplomatici in carriera o finti diplomatici frustrati. La politica estera è il senso di una comunità, se giochiamo la partita con questa ambizione. 
Certo – lo dico a Rocco Buttiglione – deve affrontare il tema delle minoranze religiose come noi abbiamo fatto fin dal discorso a Strasburgo. Io sarò felice, intervenendo il 13 gennaio in Aula, di sottolineare ed evidenziare come uno dei riferimenti di quel discorso, mi riferisco a Miriam, la ragazza tenuta in carcere in Sudan, è stata non soltanto liberata ma liberata e consegnata al Governo italiano che ha provveduto a farsi carico di quella vicenda, perché il suo riferimento ai martiri, ai martiri cristiani, alle minoranze religiose è un riferimento che noi avvertiamo importante per noi anche nella logica di protagonismo sul Mediterraneo cui Paolo Alli ha fatto riferimento in un intervento che ho condiviso interamente. 
Ma questo è il punto centrale. Noi abbiamo bisogno in Europa di avere il coraggio di non essere superficiali. Lasciatemelo dire, con grande rispetto, all'onorevole Cariello, all'onorevole Vacca. L'onorevole Vacca ha chiamato con senso dell'innovazione alcune battute che proprio non mi aspettavo, tipo la Ruota della fortuna, o l'accostamento con i predecessori, cioè con uno sforzo di fantasia e di innovazione rispetto ai testi scritti in questi 18 mesi da tanti dei deputati del MoVimento 5 Stelle che mi lascia perplesso per la qualità degli interventi.
Ma vi rendete conto che non siete più a discutere nelle trasmissioni o nei presunti meetup ma siete oggi chiamati a governare, a fare opposizione, a governare città, a fare opposizione in Parlamento? 
Recuperate quel sentimento di passione che ha caratterizzato i vostri elettori ! Vi hanno eletto non per insultare.
Vi hanno eletto – ve lo dico con il cuore in mano, nel rispetto delle posizioni – vi hanno eletto, ve lo dico con il cuore in mano...
Vi hanno eletto non per farvi urlare in Parlamento. Tutte le volte che urlate in Parlamento io dovrei essere contento perché rappresento oggi un partito, anche se forse non ve ne siete accorti, che ha preso il maggior numero di voti a livello europeo, ha preso 11 milioni e 200 mila voti, che neanche se mettete insieme tutti gli utenti unici di sette mesi riuscite a fare. 
Il punto non è questo. Il punto è che questa discussione richiede qualcosa di più di un semplice desiderio di urlare o di buttarla in caciara. Allora, ecco perché, in un momento come quello che noi stiamo vivendo, in un momento nel quale il nostro Paese sta scrivendo delle pagine straordinarie di riforme interne, uno può essere d'accordo o no, ma in nove mesi questo Parlamento sta discutendo in seconda lettura della riforma costituzionale, sta discutendo in seconda lettura della riforma della legge elettorale, sta affrontando una delega sulla pubblica amministrazione dopo aver votato una legge di ratifica di un decreto sulla stessa materia, sta affrontando una grande questione di serietà nella riforma della giustizia, sta intervenendo nel mercato del lavoro, perché il mercato del lavoro è cruciale per il futuro del nostro Paese, e si accinge a discutere finalmente anche in queste aule, dopo una grande campagna di partecipazione per le strade e nelle scuole, del futuro del nostro sistema educativo. 
Di fronte all'ampiezza di queste sfide, come è possibile, lasciatemelo dire, che si perda l'occasione di una riflessione sull'Europa ? Capisco possa essere una discussione difficile per una parte di voi, lo capisco; lo capisco perché è difficile fare gli accordi con Farage e pensare che la politica ambientale sia quella per la quale voi avete tentato di mantenere una coerenza che viene mandata via dall'appartenenza a quel gruppo ma, e vado a chiudere, noi abbiamo bisogno anche di voi. 
So che ci state rimanendo male, ma abbiamo bisogno anche di voi. Ne ha bisogno questo Parlamento, perché questo Parlamento non può vedere costantemente buttata via l'occasione di una forza politica importante che ha preso milioni di voti degli italiani in una discussione tutta interna e sterile. E credo che sarà fisiologico e naturale che, se questa discussione non iniziate a farla al vostro interno, continuerete a perdere deputati e senatori e continuerete a fare le liste di proscrizione che non andranno da nessuna parte. Vedo che...Mancano ancora due passaggi.
Sì, sì, io sono tranquillissimo. Credo che sia importante cercare di verificare che le corde vocali dei deputati grillini siano ancora in condizione di esprimere qualche concetto quando si assoceranno anche alla possibilità dell'intervento.
Volevo chiudere sull'intervento a Prataviera perché non posso, avendo anche ricevuto un gentile cadeau dal deputato Giorgetti, avendo contribuito a quel cadeau, non posso non toccare infine il passaggio sulla politica energetica, viste le considerazioni che il deputato Prataviera ha offerto alla nostra attenzione. 
Non vorrei parlare della politica energetica del passato, di quando cioè la Lega stava al Governo, non perché non la condivida o meno, ma perché lo riterrei un atto discutibile. Siamo a parlare della politica energetica di oggi. 
Che cosa ha fatto l'Italia in questi mesi ? L'Italia non ha festeggiato o contestato la fine di South Stream. South Stream, per chi di voi frequenta le istituzioni europee, e sono certo che a partire da chi ha responsabilità dirigenti nel vostro partito siete assidui frequentatori di quelle aule, è da mesi che sta in una procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea, la Commissione guidata dal Presidente Barroso, quello al quale per due volte voi avete consegnato la guida dell'Europa, con un voto unanime del vostro Governo e anche dei Ministri che ne facevano parte. 
In questo scenario la decisione di bloccare South Stream ha sicuramente delle evidenti ripercussioni, ha sicuramente dei chiari elementi di valutazione, anche complicata, da fare in un'Aula parlamentare (ci vogliono i tecnici, gli studi), ma è, a nostro avviso, non decisiva per il futuro dell'Italia e della politica energetica e non perché, come ha sostenuto il deputato leghista, con uno scatto di fantasia davvero emblematico e, direi, anche encomiabile, noi abbiamo come alternativa la Turchia, perché la Turchia è attraversata dal TANAP, che noi chiamiamo TAP perché facciamo la versione sintetica, che ha una quota di necessità, diciamo, e un'occasione di risorse energetiche davvero insignificante rispetto al fabbisogno che noi abbiamo. Cioè, chi pensasse che attraverso il TAP l'Italia riesce ad avere il fabbisogno energetico necessario dovrebbe semplicemente rifare i conti. 
Perché noi pensiamo che il TAP vada fatto ? Perché è giusto, perché non costituisce un problema, perché noi abbiamo firmato il via libera al TAP. Ma il TAP può aprire delle occasioni interessanti, anche eventualmente all'ENI, se si realizzeranno le intese tra Turkmenistan e Azerbaigian, due Paesi – in questo caso lo dico a Prataviera – asiatici, che potremo avere modo di verificare. 
Diverso è il ragionamento che, invece, l'Italia ha fatto. L'Italia ha cercato, in particolar modo attraverso il lavoro di ENI, di investire in una diversa relazione con l'Africa e il mio, nostro Governo è il primo Governo che ha scelto di fare viaggi ufficiali anche sotto il Sahara. Non ci siamo, cioè, limitati ai Paesi del nord-Africa, ma abbiamo scelto di stare in Congo, abbiamo scelto di stare in Angola, abbiamo scelto di stare in Mozambico, perché riteniamo – so che questo passaggio può essere ardito per voi – che in realtà come il Mozambico, dove c’è una delle principali occasioni di sviluppo energetico in questo momento in mano italiana, ci sia qualcosa di più che il semplice sguardo energetico. 
Allora, concludo su questo. Il Mozambico è il Paese in cui, grazie al lavoro di donne e uomini della società civile che stanno dentro la comunità di Sant'Egidio, 25 anni fa furono firmati degli accordi di pace, dopo una terribile, disastrosa, devastante guerra civile. Il Mozambico è il Paese nel quale la cooperazione internazionale, questa occasione importante di sviluppo per il nostro Paese e per gli altri Paesi, ha investito in questi anni, garantendo il processo di democratizzazione. Il Mozambico è il Paese in cui, con una delegazione ufficiale, siamo andati a presentare le nostre aziende, perché è uno dei Paesi potenzialmente più ricchi per il futuro. Ma il Mozambico è anche il Paese in cui, quando il Viceministro dello sviluppo economico era lì per fare un tour e guidare una delegazione di imprenditori, richiesto dal Governo del Mozambico, ha preso un elicottero, una motocicletta, è andato a prendere il capo dei ribelli e lo ha portato a Maputo, nella capitale, per fargli firmare gli accordi di pace. Il Mozambico è il Paese nel quale l'Italia potrà investire nei prossimi anni, ma c’è un investimento, che è l'investimento più grande che fa il nostro Paese, che è quello in valori, in ideali, nelle occasioni di costruire possibilità di pace concreta. 
Allora, lo voglio dire qui, in questa sede, concludendo il mio intervento di replica e scusandomi se non sono intervenuto punto per punto su tutto, ma cercando di toccare alcuni degli interventi che ho sentito, dimostrando di avere ascoltato un dibattito che, per alcuni aspetti, è stato anche particolarmente interessante. Noi dobbiamo uscire da un racconto di noi stessi banale, superficiale e mediocre. L'Italia è molto di più di quello che talvolta dite. È molto di più nella quotidianità perché, certo, ci sono gli episodi di malaffare e di corruzione, certo che ci sono, ma nessun Paese civile metterà mai sullo stesso piano coloro i quali rubano, e rubano sulle disgrazie, dallo straordinario mondo del terzo settore, della società civile, delle associazioni, delle cooperative, che si impegnano per dare un futuro ai nostri anziani, delle cooperative che danno un valore ai nostri bambini.
Non ci sarà mai in Italia l'idea di considerare la politica estera come qualcosa di serie B, come qualcosa che non va considerato, e non ci sarà mai nell'Italia di quell'ideale comune, a cui Luigi Einaudi faceva riferimento e che ho utilizzato comefil rouge dell'intervento, non ci sarà mai nell'Italia degli ideali belli, profondi e alti la possibilità di far diventare un dibattito sull'Europa, che è casa nostra da sempre, un insieme di ovvietà, di banalità e di mediocrità, perché, se l'Italia farà il suo mestiere noi saremo credibili e l'Europa sarà forte; se cederemo a una cultura antieuropea, antieuropeista, populista, come quella che talvolta molti di voi sono costretti, ahiloro, a rappresentare a Strasburgo e a Bruxelles quando ci vanno, ebbene, quella sarà la dimostrazione che avremo perso la nostra occasione. 
Il semestre è la dimostrazione che noi l'occasione non l'abbiamo persa, ma sarà il 2015 a dirci se la politica economica dell'Europa unita finalmente sarà davvero centrata sulla crescita o continuerà ad essere una via di mezzo spuria. Spero, penso e credo che, con il lavoro di tutti, anche con il lavoro dei parlamentari italiani, potremo finalmente tornare a guardare all'Europa della crescita e non solo all'Europa dell’austerity.