A.C. 2607-A ed abbinate
L'Assemblea avvia oggi l'esame del testo unificato delle proposte di legge C. 2607 (Braga ed altri), C. 2907 (Segoni ed altri) e C. 3099 (Zaratti ed altri), che delega il Governo al riordino e all'integrazione delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile.
È opportuno in premessa sottolineare il contesto istituzionale di profonda ridefinizione degli assetti e dell'organizzazione dello Stato, delle regioni e degli Enti Locali in cui si inserisce la modifica e l'integrazione della normativa in materia di protezione civile attraverso lo strumento della legge delega al Governo con l'obiettivo di mantenere la priorità assoluta della sicurezza dei cittadini e delle imprese, rendere omogenea l'applicazione delle norme nella gestione e nel superamento delle emergenze, indicare con certezza le misure applicabili per favorire il ritorno alla normalità dopo gravi calamità, coordinare al meglio responsabilità centrali e territoriali nell'intero Paese, recuperare i ritardi verificatisi, nonché costruire le condizioni per ridurre preventivamente l'effetto di rischi rilevanti.
La scelta dello strumento della legge delega in cui il Parlamento definisce ambiti ampi di intervento e principi e criteri entro i quali riordinare, semplificare, ed attualizzare la normativa di supporto al sistema nazionale della protezione civile, persegue l'obiettivo di coniugare il necessario coordinamento dell'attività del Governo e del Parlamento con l'approvazione in tempi rapidi del riordino tenuto conto peraltro dell'evoluzione normativa che ha caratterizzato in questi anni il settore della protezione civile.
Dal 1992, anno della pubblicazione della legge n. 225 che ha avuto il grandissimo pregio di costruire il primo quadro organico ed omogeneo di riferimento ancora molto attuale, il nostro Paese è stato soggetto a decine di calamità naturali e causate dall'azione umana, per le quali lo Stato ha attivato procedure di emergenza e misure di sostegno e che hanno costituito occasione per un proliferare eccessivo di norme primarie e ordinanze conseguenti, la cui somma oggi appare parcellizzata e disomogenea.
L'effetto più eclatante è infatti l'inapplicabilità e la non trasferibilità di alcune misure costruite per specifiche situazioni nel contesto generale con giustificabili dubbi sull'efficacia e sull'equità per i cittadini.
La discussione politico-istituzionale nel corso degli anni si è molto concentrata nel definire le opzioni da privilegiare nel caso di eventi calamitosi che hanno compromesso la vita dei cittadini, i loro beni primari e il sistema economico-sociale di importanti regioni, città storiche, territori minori e disagiati. Il confronto si è sviluppato in maniera altalenante sull'opportunità di destinare alla singola peculiarità una legge di riferimento o piuttosto su quella di operare direttamente con schemi più semplici attraverso l'utilizzo di ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Commissari delegati.
Hanno senz'altro influenzato il legislatore fattori emotivi conseguenti agli effetti gravissimi di calamità devastanti, e non sono mancate forti motivazioni collegate al troppo abusato potere derogatorio tipico della gestione emergenziale e i fenomeni corruttivi connessi dei quali le cronache italiane hanno ampiamente reso conto e per i quali i cittadini e le istituzioni hanno richiesto rigore e controllo più incisivo.
Appare oggi quanto mai opportuno quindi riordinare il quadro di riferimento, semplificandolo e rendendolo più chiaro ed efficace, ricercando la maggior coerenza possibile tra gli strumenti nazionali e regionali, garantendo certezza e omogeneità nelle risposte concrete date alle comunità colpite, valorizzando l'indispensabile apporto del volontariato organizzato e del sistema pubblico della protezione civile dai livelli territoriali al Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, mantenendo lo standard di eccellenza riconosciuto al nostro Paese in tutta Europa.
L'Italia è un paese molto fragile sotto il profilo geologico; ai rischi naturali aggravati da sempre più frequenti fenomeni indotti da cambiamenti climatici in atto, si sommano purtroppo incuria, abbandono, abusivismo, consumo irrazionale di suolo. Sempre più frequentemente si verificano calamità naturali e disastri aggravati dalla mancanza di prevenzione e di corretta gestione dell'emergenza.
Ai costi elevatissimi in termine di vite umane si sommano perdite economiche e sociali insostenibili cui occorre corrispondere, oltre che con misure finanziarie adeguate e programmabili, anche con organizzazione e pianificazione della prevenzione.
Basti pensare che il costo complessivo dei danni provocati in Italia da calamità naturali è pari a circa 3,5 miliardi di euro all'anno e le risorse necessarie per fronteggiare gli effetti causati da questi eventi tendono ad aumentare di anno in anno, superando di gran lunga i costi che sarebbero necessari a prevenire i danni.
Risulta indispensabile creare una più forte e diffusa cultura della prevenzione e della mitigazione del rischio, una maggiore consapevolezza nei cittadini.
Preservare dai rischi naturali vite umane, attività economiche, il nostro patrimonio artistico-culturale, richiede una cultura della prevenzione e della mitigazione del rischio supportata da risorse, scelte amministrative ed una normativa strutturale appropriata, ma separare la organizzazione dell'emergenza e del primo soccorso dalla indispensabile prospettiva della riduzione del rischio sarebbe insufficiente e un inutile spreco.
Un moderno sistema della protezione civile costituisce oggi per il nostro Paese, come verificato in occasione degli ultimi eventi calamitosi di grande entità (cito ad esempio il sisma che ha colpito La regione Emilia Romagna-Lombardia-Veneto del 20-29 maggio 2012), la garanzia di una presenza insostituibile nella gestione dell'emergenza e nella definizione delle misure utili al rientro nella normalità.
Il sistema ha acquisito negli anni competenze scientifiche e professionali che hanno arricchito un patrimonio umano e tecnico rinomato e riconosciuto come eccellenza, cui le responsabilità politiche ed istituzionali hanno fatto riferimento con tempi e normative non sempre adeguati e soprattutto in maniera disorganica.
È tuttavia innegabile, riferendoci all'esperienza dei più rilevanti fenomeni che hanno colpito il Paese negli ultimi 10 anni, la reale disomogeneità tra una regione ed un'altra nelle azioni di aiuto, nella quantificazione delle garanzie economiche destinate alla ricostruzione, nei tempi di risposta per l'avvio della ripresa delle normali condizioni di vita.
Ricordo a tale proposito che il sistema nazionale di protezione civile è stato istituito dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, che è stata modificata nel corso della XVI legislatura dal decreto-legge n. 225 del 2010 – il cui articolo 2, comma 2-quater è stato dichiarato incostituzionale con sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012 – e successivamente dal decreto-legge n. 59 del 2012, convertito dalla legge n. 100 del 2012, il quale, operando un riordino della disciplina della materia e abrogando le norme che consentivano al Dipartimento della protezione civile di operare anche con riferimento ai grandi eventi, ha ricondotto l'operatività della Protezione civile al nucleo originario di competenze attribuite dalla legge istitutiva del 1992, dirette prevalentemente a fronteggiare gli eventi calamitosi e a rendere più incisivi gli interventi nella gestione delle emergenze.
Nell'attuale legislatura, inoltre, sono stati effettuati ulteriori interventi correttivi, in particolare con l'articolo 10 del decreto-legge n. 93 del 2013, convertito, con modificazioni dalla legge n. 119 del 2013. Le modifiche introdotte dalla richiamata disposizione attengono al contenuto della deliberazione dello stato di emergenza e delle ordinanze di protezione civile, alla durata dello stato di emergenza, nonché al finanziamento degli interventi, in particolare attraverso l'istituzione di un Fondo per le emergenze nazionali.
Il testo unificato delle proposte di legge all'esame dell'Assemblea è il frutto di un lavoro condiviso svolto in Commissione nell'ambito di un'istruttoria approfondita, che si è avvalsa anche del contributo indispensabile delle numerose audizioni svolte che hanno rafforzato e condiviso lo spirito delle proposte supportando la necessità di rafforzare il valore della prevenzione nel sistema di protezione civile.
Reputo importante sottolineare tale aspetto proprio in quanto l'esame in prima lettura del testo unificato avviene al di fuori di contingenze legate ad emergenze, che troppo spesso hanno dettato in passato le misure di protezione civile.
Il testo unificato delle proposte di legge, al comma 1, stabilisce che la delega deve essere esercitata entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con l'adozione di uno o più decreti legislativi di ricognizione, riordino, coordinamento, modifica e integrazione delle disposizioni legislative vigenti che disciplinano il Servizio nazionale della protezione civile e le relative funzioni nel rispetto dei princìpi e delle regole costituzionali, delle norme dell'Unione Europea e in base al principio di leale collaborazione, nei seguenti ambiti:
definizione delle attività di protezione civile, articolate in attività di previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi connessi con i medesimi eventi calamitosi, di pianificazione e gestione delle emergenze, nonché di coordinamento delle misure da attuare;
organizzazione di un sistema policentrico (centrale, regionale e locale), che consenta la definizione dei livelli di coordinamento intermedi tra il livello comunale e regionale e l'integrazione dell'elenco delle strutture operative per le finalità di protezione civile;
attribuzione delle funzioni di protezione civile allo Stato, alle regioni, ai comuni, alle unioni dei comuni, alle città metropolitane, agli enti di area vasta e alle diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile a partire dal Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, attribuendo funzioni di indirizzo e coordinamento al Presidente del Consiglio dei ministri, che si avvale del Dipartimento della protezione civile;
partecipazione e responsabilità dei cittadini singoli e associati alle attività di protezione civile per finalità riguardanti la pianificazione dell'emergenza, le esercitazioni, nonché la diffusione della conoscenza e della cultura di protezione civile;
partecipazione e collaborazione delle università e degli enti ed istituti di ricerca alle attività di protezione civile;
istituzione di meccanismi e procedure di revisione e valutazione periodica dei piani di emergenza comunali;
disciplina dello stato di emergenza e previsione del potere di ordinanza in deroga all'ordinamento giuridico vigente, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e della normativa europea;
previsione di modalità di intervento del Servizio nazionale di protezione civile volte a garantire l'effettività delle misure adottate nel corso della emergenza, la cui durata deve essere limitata, in relazione alle procedure di acquisizione di lavori, servizi e forniture, alla gestione dei rifiuti, delle macerie e delle terre e rocce da scavo prodotte in condizioni di emergenza, nonché alle forniture di beni di prima necessità;
disciplina del finanziamento delle funzioni di protezione civile attraverso il Fondo della protezione civile, il Fondo per le emergenze nazionali e il Fondo regionale di protezione civile, nonché dell'eventuale integrazione delle predette dotazioni, qualora fosse necessario;
disciplina delle procedure finanziarie e contabili che devono rispettare i commissari delegati titolari di contabilità speciale;
disciplina delle misure per rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita nelle aree colpite dagli eventi citati;
ruolo e responsabilità del sistema e degli operatori di protezione civile, anche con riferimento alle attività di presidio delle sale operative e della rete dei centri funzionali;
modalità di partecipazione del Dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei ministri all'elaborazione delle linee di indirizzo per la definizione delle politiche di prevenzione strutturale dei rischi naturali e di origine antropica e per la loro attuazione.
Il comma 2 dispone che i decreti legislativi provvedono ad assicurare il coordinamento e la coerenza terminologica in materia di protezione civile nel rispetto:
a) dell'identificazione delle tipologie dei rischi per i quali si esplica l'azione di protezione civile;
b) dell'individuazione, sistematizzazione e riassetto in forma organica e coordinata degli ambiti di intervento di cui al comma 1;
c) del raccordo delle attività di pianificazione in materia di protezione civile svolte ai diversi livelli con quelle di valutazione ambientale e di pianificazione territoriale nei diversi ambiti e di pianificazione strategica;
d) dell'omogeneizzazione, su base nazionale, delle terminologie e dei codici convenzionali adottati dal Servizio nazionale della protezione civile per classificare e per gestire le diverse attività di protezione civile, anche in relazione alla redazione dei piani di protezione civile nel rispetto dell'autonomia organizzativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;
e) dell'individuazione dei livelli degli effetti determinati dagli eventi calamitosi per parametrare le diverse misure e forme di agevolazioni e di ristoro per i soggetti interessati;
f) della ricognizione delle fonti normative primarie vigenti che regolano le materie già incluse nella legge 225/1992, oltre che negli ulteriori provvedimenti normativi, anche relativi a specifici eventi calamitosi, contenenti disposizioni che producono effetti a regime nell'ambito della materia oggetto della legge, per garantire coerenza giuridica, logica e sistematica;
g) dell'introduzione di appositi strumenti di semplificazione volti alla riduzione degli adempimenti amministrativi;
h) dell'integrazione del Servizio nazionale della protezione civile con la disciplina in materia di protezione civile dell'Unione Europea;
i) dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica.
Il comma 3 dispone che i decreti legislativi provvedono altresì alla semplificazione normativa delle materie che ne sono oggetto, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) indicazione, dopo la rubrica di ogni articolo, degli estremi della disposizione della fonte normativa originaria oggetto di riassetto, della disposizione dell'Unione europea, della giurisprudenza dell'Unione europea o costituzionale, o, in alternativa o in aggiunta, redazione di una tabella di raffronto da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale in concomitanza con la pubblicazione del decreto legislativo delegato;
b) coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;
c) verifica del rispetto dei principi contenuti nelle direttive dell'UE in materia;
d) adeguamento alla giurisprudenza costituzionale, dell'Unione europea e delle giurisdizioni superiori;
e) indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.
Il comma 4 stabilisce che i decreti legislativi, nel disciplinare i settori e le materie ivi indicati, devono provvedere alla definizione dei criteri da seguire per l'adozione, entro due anni dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti delegati, di eventuali modifiche e integrazioni dei provvedimenti di attuazione, con particolare riferimento alle direttive del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 2 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 343 del 2001, e all'individuazione degli ambiti nei quali le regioni esercitano la potestà legislativa e regolamentare fatte salve le prerogative riconosciute alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano.
Il comma 5 disciplina le modalità per l'adozione dei decreti legislativi prevedendo che tali decreti sono emanati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, che si avvale, a tal fine, del Dipartimento della protezione civile, previa intesa da sancire in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 281 del 1997, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e con i Ministri interessati, nonché con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione dei pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari competenti, resi entro 60 giorni dal ricevimento della richiesta decorsi i quali decreti legislativi sono comunque adottati.
Il comma 6 stabilisce, infine, che entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e dei criteri direttivi stabiliti dalla presente legge, il Governo può emanare disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del comma 1. A tale fine, il comma 6 dispone la presentazione di una relazione motivata alle Camere dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del capo del Dipartimento della protezione civile, che individua le disposizioni dei decreti legislativi su cui si intende intervenire e le ragioni dell'intervento normativo proposto.
Con il lavoro in aula avremo modo di raccogliere gli ulteriori contributi che mi auguro permetteranno di giungere ad una rapida approvazione del provvedimento così come auspicato da molte parti.
Mi riservo infine di svolgere un supplemento di istruttoria con riguardo ai rilievi formulati da talune Commissioni in sede consultiva ai fini del loro recepimento.