Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 25 Ottobre, 2023
Nome: 
Elly Schlein

Grazie, Presidente. Signora Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo davanti ad una di quelle anse della storia nella quale nulla è scontato e la posta in gioco è altissima. In queste ore, ciascuno di noi e ciascuna di noi, in base alle proprie responsabilità, è chiamato, siamo tutti chiamati a dare il nostro contributo perché il mondo non si infiammi senza più rimedio né controllo. Le nuove generazioni stanno crescendo tra crisi finanziarie, incertezze, pandemie, diseguaglianze, emergenza climatica, il ritorno delle guerre e nuove paure. Dobbiamo tutti avere chiaro che anche dai nostri sforzi dipenderà se prevarrà nel mondo la guerra o la pace, se la distruzione e la morte dilagheranno o se riusciremo a far tornare forte la voce della diplomazia e del dialogo. Le sfide di questo nostro tempo sono enormi e riguardano le stesse fondamenta su cui si basano la convivenza pacifica tra i popoli e il diritto internazionale, che nascono dalle ceneri di precedenti, devastanti conflitti mondiali, non dimentichiamolo. Dobbiamo tutti impegnarci affinché prevalga il rispetto della vita, dei diritti umani, contro le stragi terroristiche, affinché prevalgano la libertà e l'autodeterminazione dei popoli contro la violenza e la legge militare del più forte, affinché prevalga il dialogo e non l'odio. Noi tutti dobbiamo impegnarci per la fine di questi conflitti e per la pace. Le forze che alimentano il terrore e l'orrore e che di quel terrore si nutrono, con l'ambizione di guidarlo, faranno di tutto per incendiare gli animi e per alimentare gli odi, per spargere morte e distruzione. Non è un caso che il Presidente Mattarella abbia parlato di un'umanità irresponsabile, che innesca una spirale di violenza.

Allo stesso tempo, proprio perché siamo davanti a una situazione così critica, abbiamo il dovere di farci carico della complessità della situazione nel suo insieme. Non è accettabile una divisione sul modello del tifo calcistico, noi dobbiamo ripudiare la guerra ma ripudiare pure la polarizzazione che le guerre portano con sé. Torniamo, quindi, a chiedere, con ogni sforzo, la liberazione degli ostaggi rapiti da Hamas, senza condizioni. Ci uniamo al cordoglio delle famiglie delle vittime italo-israeliane. Non ci può essere alcuna ambiguità nella condanna ferma e assoluta dell'azione terroristica di Hamas del 7 ottobre e della sua brutale ed efferata violenza, che ha portato a 1.400 vittime tra i civili israeliani. Al contempo, è nostro dovere insistere che il diritto di Israele a difendersi dagli attacchi di Hamas rispetti pienamente il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario. Si deve continuare a combattere l'antisemitismo, in ogni sua forma, come quella degli inaccettabili cori sentiti qualche giorno fa a Milano, contrastare chi soffia sulla retorica pericolosa di uno scontro di civiltà, e rifiutare anche l'islamofobia e opporre a tutto ciò la ragionevolezza del dialogo e del reciproco rispetto. Allo stesso tempo, ci si deve battere affinché non passi l'equazione tra Hamas e il popolo palestinese, che sarebbe un errore oltre che un favore ad Hamas che, con i suoi atti, ha dimostrato di essere nemica delle legittime aspirazioni dei palestinesi a vedersi riconoscere uno Stato e a vivere in pace e in sicurezza. Hamas va, invece, isolata nel popolo palestinese e in tutto il mondo arabo, con ogni canale diplomatico. Bisogna evitare in ogni modo l'escalation e l'allargamento di questo conflitto. Insistiamo dall'inizio affinché arrivino aiuti umanitari alla popolazione civile palestinese, affinché non vi sia un disastro umanitario nella Striscia di Gaza come quello che stiamo vedendo, e quella popolazione già viveva da anni una situazione umanitaria devastante. Non è possibile - lo voglio ribadire - che si colpiscano ospedali, scuole, che si colpiscano chiese, non è accettabile che stiano finendo l'acqua e il carburante.

Non dimentichiamo che si tratta per il 40 per cento di minori in quella popolazione e che delle oltre 5.000 vittime moltissimi sono bambini e bambine; le vittime palestinesi non valgono di meno e colpire Hamas non può significare punire collettivamente la popolazione palestinese, perché in una democrazia c'è un confine netto tra la giustizia e la vendetta, che non va superato, mai!

Dobbiamo spingere per riaprire il processo di pace e per la soluzione di “due popoli, due Stati”; l'unica soluzione è quella che riconosce uno Stato israeliano, che già esiste, che deve esistere in sicurezza e uno Stato palestinese, che ancora manca, che va pienamente riconosciuto nel suo analogo diritto a esistere in sicurezza e in pace. Questa soluzione è stata colpevolmente abbandonata, negli ultimi anni, dalla comunità internazionale; dobbiamo riprenderla. L'allargamento degli insediamenti dei coloni israeliani, in violazione del diritto internazionale, in Cisgiordania, e il continuo lancio di missili su Israele hanno allontanato, negli anni, la prospettiva di pace per quei due popoli e per quei due Stati; oggi la dobbiamo rilanciare con maggior forza e senza doppi standard, ma con uno solo: il rispetto del diritto internazionale da parte di tutti , perché -guardi - niente, in nessun caso, giustifica atti di terrorismo, su questo siamo stati molto chiari. Anche di fronte alla brutalità non dobbiamo perdere il faro del diritto internazionale e non dobbiamo nemmeno dimenticare che, in questi decenni, il diritto internazionale per il popolo palestinese è stato poco più che un miraggio e che è stato molto spesso violato, quel diritto, comprese le tante risoluzioni delle Nazioni Unite. Dire questo non giustifica alcun atto di violenza, anzi dire questo serve esattamente - cito le sue parole, Presidente - a sottrarre la causa palestinese al ricatto e al bluff di Hamas, e a riconoscere la sofferenza e le ingiustizie subite, in questi decenni, dai palestinesi. Ora mentre lavoriamo in questa direzione, chiediamo al Governo di proseguire ogni sforzo diplomatico per giungere alla liberazione degli ostaggi, per proteggere le popolazioni civili, per aprire corridoi umanitari, garantire gli aiuti umanitari, prevedere delle safe zone, incluse le scuole e gli ospedali, dove i civili possano ripararsi in sicurezza, per garantire - lo dicevamo - che Israele si difenda dalle minacce e dagli attacchi di Hamas nel rispetto del diritto internazionale, per evitare l'escalation militare e l'allargamento del conflitto. In questi giorni, abbiamo chiesto anche noi un cessate il fuoco umanitario e il Parlamento europeo si è espresso per una pausa umanitaria, ed è positivo e importante che se ne discuta anche nel Consiglio europeo, che speriamo possa giungere alla medesima soluzione, per garantire gli aiuti umanitari necessari alla popolazione di Gaza e per far riprendere questo processo di pace.

Ma sappiamo, Presidente, che si parlerà anche di altre guerre in questo Consiglio; si parlerà anche dell'Ucraina e il Consiglio europeo ha costantemente ribadito la ferma condanna dell'invasione criminale di Putin e di proseguire nel sostegno al popolo ucraino, ingiustamente invaso, con tutte le forme di assistenza necessaria. Anche qui chiediamo, accanto a questo, di aumentare gli sforzi diplomatici e politici dell'Unione europea per creare le condizioni per raggiungere una pace giusta e duratura, alle condizioni che saranno gli ucraini a stabilire, nel pieno rispetto della loro integrità territoriale e indipendenza.

Certo, sarà un Consiglio in cui non ci sfugge che si discuterà anche di quali strumenti abbiamo per arrivare a questi obiettivi, e lo strumento, per il Partito Democratico, è chiaro: il compimento dell'Unione europea è il compimento di una vera Unione, federale, consapevole che alla portata di sfide globali si risponde con soluzioni almeno europee e con un rilancio forte del multilateralismo, che da troppo tempo è in crisi.

Lo dico anche a lei, Presidente del Consiglio, rivolgendomi naturalmente alla Presidenza della Camera: il nazionalismo nel nostro continente ha sempre prodotto solo una cosa, le guerre. Attenzione a scegliere imbarazzanti alleati, che hanno fatto dell'egoismo nazionale la loro bandiera e dell'Unione europea il capro espiatorio più semplice per coprire le proprie incapacità . Davanti alle sfide epocali di cui ha parlato nel suo discorso di oggi serve un'Europa unita, coesa, in grado di esercitare il ruolo che le spetta anche in politica estera. Abbiamo bisogno di una sfida grande, quella della difesa comune e abbiamo bisogno di un sistema rapido e democratico di decisioni comuni, superando l'unanimità su materie fondamentali e serve rafforzare il bilancio europeo, affinché sia all'altezza di queste sfide, perché, guardi, è poco più dell'1 per cento del PIL europeo, e non basta per tutto questo. Ma per fare questo serve la volontà politica di creare un'Europa che sia in grado di mettere in comune più competenze e più risorse. Questa volontà, vi chiedo, è presente in questa maggioranza? Perché non ci può essere a giorni alterni e non potete assumere atteggiamenti vittimistici o arroganti con i nostri alleati, per poi chiedere solidarietà sull'accoglienza o sugli investimenti comuni. Non funziona così, semplicemente. Serve un'Unione in grado di avere una voce unitaria e forte in politica estera e di sicurezza, di non avere paradisi fiscali nei suoi confini, un'Europa sociale, un'Europa che guidi le trasformazioni, per evitare di farne subire gli effetti alle fasce più fragili. Lei ha parlato di Chips Act, di Critical Raw Materials Act, di iniziative strategiche, ma sa di cosa non ha parlato? Di un nuovo piano industriale per l'Italia, che sia all'altezza di queste sfide e che, in un anno, ancora, non abbiamo visto, per le filiere sulle batterie, per le filiere sui sistemi di accumulo, sull'indipendenza energetica, perché non riuscite a staccarvi dalla dipendenza dalle fonti fossili e, in un anno, non avete fatto nulla per sostenere quelle imprese che vogliono produrre nuova energia rinnovabile, contribuendo a metterci al riparo dall'oscillazione di questi prezzi.

Un'Europa in grado, come chiedono i trattati europei, di condividere le responsabilità sull'accoglienza, perché, nel 2022, 5 Stati membri su 27 hanno affrontato da soli l'esame del 75 per cento delle richieste d'asilo presentate in tutta l'Unione europea, l'Italia è la quinta. Allora, invece che aprire fronti con la Germania e la Francia, che sono anch'esse tra quei 5, perché il Governo non chiede dove sono gli altri 22 Paesi europei, dov'è la solidarietà europea? E quando incontra il suo alleato Orbán può farci la cortesia di segnalargli che non si possono volere solo i benefici di far parte di un'Unione se non si condividono anche le responsabilità che ne derivano? Perché le politiche su cui la destra ha messo la firma sono quelle che in questi anni hanno lasciato l'Italia più sola e, invece, bisogna cambiare Dublino….

 Bisogna cambiare la Bossi-Fini e le dico questo: se vogliamo seriamente contrastare i trafficanti di esseri umani, come lei ha detto, togliamo loro ogni terreno, con vie legali e sicure per l'accesso in tutti i Paesi europei, per sapere chi arriva e non abbandonarli alla ricattabilità.

Concludo, Presidente. Non voglio deludere i sogni di gloria della Presidente del Consiglio, ma che i Governi europei non trovino un accordo sulla solidarietà interna e si spingano soltanto a cercare di fermare gli arrivi ai confini esterni non è un'innovazione del suo Governo, sono vent'anni che fanno così e sono vent'anni che non funziona.