Data: 
Martedì, 20 Febbraio, 2024
Nome: 
Federico Gianassi

Alle 8,52 della mattina di venerdì 16 febbraio, un boato terribile ha colpito la città di Firenze nel cantiere di Esselunga, in via Mariti: una trave enorme è crollata, cadendo sul pilone e sui solai sottostanti, che, a loro volta, sono franati al suolo. Sotto tonnellate di macerie sono rimasti cinque operai: tre feriti in ospedale, quattro morti e un disperso, Luigi Coclite, Mohamed Toukabri, Taoufik Haidar, Bouzekri Rahimi e Mohamed El Ferhane. Una strage si è verificata a Firenze pochi giorni fa. Si erano alzati nel buio della mattina per andare a lavorare, un lavoro duro, faticoso, difficile, per assicurarsi uno stipendio e per assicurare un tenore di vita accettabile per sé e per le proprie famiglie. Ho provato in questi giorni, in quelle ore, quando ero lì sul cantiere, a immaginare i loro sogni e le loro speranze di uomini normali, che credevano nel lavoro come strumento di emancipazione. Ho pensato alle carezze rivolte ai figli, alle mogli, ai parenti, gli ultimi sorrisi, gli ultimi abbracci, le ultime risate, senza sapere che sarebbero state le ultime, perché poi è finito tutto in un secondo. Sogni spezzati, famiglie distrutte, vite cancellate, una strage. Uccisi sul lavoro in quel secondo, in quel maledetto secondo. Un cantiere che brulicava di vita è stato trasformato in uno scenario apocalittico: distruzione, macerie, morti, un silenzio irreale. Il silenzio che perforava i timpani, bucava lo stomaco, travolgeva il cuore. Il silenzio di centinaia di soccorritori, Vigili del fuoco, Protezione civile, personale del 118, Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di finanza, Polizia municipale, Polizia giudiziaria, la procura, tutti lì. Il silenzio dei tanti colleghi, gli altri operai, rimasti polverosi, immobili, attoniti, senza parole per ore, in attesa di ricevere qualche buona notizia, quando era evidente a tutti che le notizie sarebbero state terribili e peggiori. Era uno scenario di guerra, quello che noi vediamo fuori dai nostri confini nazionali molto spesso in questi giorni, ma non una guerra di Stati contro Stati, di eserciti contro eserciti, di eserciti contro popolazioni civili. Era la guerra dell'indegnità contro la dignità, della morte contro la vita, della sopraffazione e dello sfruttamento contro il lavoro. Inaccettabile per il nostro Paese e per una democrazia evoluta.

Via Mariti è una lunga via, che si trova nel mezzo, tra il Parco delle Cascine e l'ospedale di Careggi, nel mezzo la piazza Dalmazia, centro di Rifredi, il liceo Leonardo da Vinci, il teatro di Puccini, parco, cultura, scuola, ospedale, piazza, una città, una vita.

Lì da anni, da decenni, c'è un buco nero, l'ex panificio militare; per alcuni anni, negli anni Venti del secolo scorso, è stato utilizzato come panificio, poi, per alcuni decenni, è stato utilizzato dal Ministero della Difesa, ma dagli anni Settanta abbandonato e, come tutte le strutture militari, impermeabile al resto della cittadinanza: mura alte che impedivano l'abbraccio della città e del quartiere.

Dopo decenni, anche di grande discussione, è iniziato un progetto che, sì, prevedeva il supermercato dell'Esselunga, ma anche opere pubbliche: il giardino, la piazza, la pista pedo-ciclabile, che rappresentavano una ricucitura con il resto della città. Ecco, erano quegli operai lì, nella Firenze nota a tutti per la cultura, per i monumenti, per i musei e, spesso, però non conosciuta nel resto del mondo come la Firenze degli operai e dei lavoratori. Erano quegli operatori, come i sarti migliori che ricuciono i vestiti, come i medici che ricuciono le ferite, che lavoravano con fatica ogni giorno per ricucire quel pezzo di quartiere al resto della città. E sono morti lì, schiacciati sotto le macerie.

C'è un'indagine in corso, già il capo della Procura ha evidenziato evidenti criticità. Vedremo quale sarà l'esito delle indagini, ma si è denunciato l'utilizzo del contratto metalmeccanico al posto di quello edile, si è denunciato che due lavoratori non fossero regolari, si è denunciato che solo due degli otto, tra morti e feriti, fossero iscritti alla cassa edile. Vedremo l'esito delle indagini, ma se questa commemorazione ha un senso, abbiamo vissuto alcuni mesi fa la commemorazione di Brandizzo, non può limitarsi a un sincero cordoglio per i morti e vicinanza alle famiglie. Se ha un senso per noi, che siamo in quest'Aula, l'unico senso possibile è realizzare una rivoluzione copernicana dei nostri modelli, come ha detto ieri il sindaco di Firenze nell'aula del consiglio comunale: o sarà cambiamento o sarà sommossa. Non è tollerabile piangere migliaia di morti sul lavoro, che si alzano la mattina per andare a lavorare e restano sepolti sotto le macerie. Basta subappalti a cascata, basta prevedere regole diverse tra cantieri pubblici e privati, prevediamo la patente per le imprese. Ci sono regole che devono essere cambiate, tutta l'Italia può piangere e rimpiangere, noi, oltre a piangere, dobbiamo cambiare questo Paese. Combatteremo per questo in memoria dei morti e dei caduti sul lavoro, come vicinanza ai feriti e come segno vero di solidarietà verso le famiglie.