Data: 
Lunedì, 18 Settembre, 2017
Nome: 
Laura Venittelli

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Discussione generale

Pregiatissimo Presidente, pregiatissimi colleghi e colleghe, volendo subito individuare i principi cui si è ispirato il lavoro parlamentare sul testo unificato e volendo comunicare lo spirito che ha animato il legislatore nella stesura di esso, i verbi della lingua italiana più adatti alla sintesi, a mio giudizio, sono semplificare, garantire, rilanciare, tutelare e credere. Semplificare perché il testo unificato nasce dalla necessità di riordinare e quindi semplificare tutte le leggi vigenti che, frutto di interventi a macchia di leopardo e mai organici negli ultimi trent'anni, hanno creato, rimanendovi imprigionati, un vero e proprio labirinto normativo entro il quale è ormai complicato districarsi, con la presenza di disposizioni talvolta ripetute, antinomiche e contrastanti e che hanno dato vita a casi di abrogazioni tacite mai di fatto eliminate e frutto del lavoro di un legislatore che, mi dispiace dirlo, in verità è stato disattento.

Con la delega contenuta nell'articolo 2 il Governo entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del testo dovrà quindi adottare un decreto che diventi il testo unico della pesca la cui funzione è riordinare, aggiornare, adeguare e coordinare la normativa nazionale con quella internazionale ed europea per avere finalmente le basi legislative per un settore che vuole guardare al proprio futuro e che ha bisogno di strumenti chiari e funzionali allo scopo. Garantire questo settore - quindi sottolineo il secondo verbo che ho ricordato: “garantire” - impegnato su 8.000 chilometri di coste italiane e che ha visto negli ultimi trent'anni la riduzione del 33 per cento delle imbarcazioni con rimanenti 12.000 scafi attestati su una età media di 34 anni e con la perdita di oltre 18.000 posti di lavoro ma che comunque, nonostante i dati poco edificanti, rappresenta ancora un'eccellenza italiana non soltanto perché depositario di tradizioni ma anche perché continua a garantire la qualità del pescato sulle nostre tavole nella impari battaglia contro la contraffazione e la merce proveniente dall'estero. Quindi finalità del testo è garantire a tale importante settore e a quello sempre in crescita dell'acquacoltura gli strumenti che possano consentire in autonomia - ribadisco: in autonomia - di programmare il proprio futuro. Per programmare il futuro in autonomia anche per gli imbarcati, in questo testo sono previste forme di sostegno al reddito per tutti i casi di sospensione dell'attività di pesca stabiliti con provvedimento dell'autorità competente a causa di crisi di mercato - tale previsione rappresenta una grande novità - di avversità atmosferiche, di circostanze connesse alla gestione delle risorse marine. Ed ancora, nel solco della novità e della garanzia, sono previste la conservazione e la tutela dei livelli occupazionali in casi di sospensione dell'attività di pesca per fenomeni di inquinamento ambientale e anche la individuazione di forme alternative di impiego dei medesimi operatori nei progetti pubblici partecipati che prevedono la valorizzazione delle risorse ittiche e della loro gestione sostenibile. Con questi strumenti di welfare per la prima volta introdotti nel settore si fa quindi un grande passo in avanti che dà fiducia e ci consente di dire basta alle incertezze di un sistema normativo che sino ad ora ha considerato i pescatori figli di un dio minore. Terzo verbo è rilanciare l'economia del mare depositaria di culture e tradizioni tipiche della mediterraneità, preservando le identità storiche e le vocazioni territoriali legate all'economia ittica. Il testo interviene sulla disciplina dell'ittiturismo, definendo le attività di ospitalità, le attività ricreative, didattiche, culturali, di servizi valorizzando quindi gli aspetti socio-culturali di questo istituto.

Interviene nuovamente normando i distretti ittici, che rappresentano la vera sfida da raccogliere e vincere, perché creano il sistema per difendere, anche in ambito comunitario, le vere radici, l'identità culturale marinara, con pratiche di pesca sostenibile in aree marine omogenee dal punto di vista ecosistemico, anche attraverso l'individuazione di attrezzi alternativi di pesca, caratterizzati da un basso impatto ambientale; quindi, conciliare la sostenibilità ambientale con la sostenibilità economica e sociale.

“Tutelare” è il quarto verbo: tutelare, perché il legislatore del nuovo testo unificato non ha abbassato gli occhi di fronte all'esigenza di tutelare la risorsa ittica con un sistema sanzionatorio pronto a colpire la pesca illegale in tutte le forme esercitate.

Il concetto di tutela evoca immediatamente quello di sanzione.

Con questo testo si è provveduto, all'articolo 17, a modificare gli articoli 9, 11 e 12 del decreto legislativo n. 4 del 2012, procedendo ad una complessiva rivisitazione delle sanzioni che erano state fissate dall'articolo 39 della legge n. 154 del 2016.

L'intervento di rivisitazione, quindi, e di modifica si è reso necessario dopo un anno, in quanto l'impianto sanzionatorio introdotto con la legge n. 154 del 2016, non essendo omogeneo con quello degli altri Paesi dell'Unione, nel passaggio dalla qualificazione penale che c'era prima, con la legge n. 4 del 2012, a quella di tipo amministrativo introdotta dalla legge n. 154 del 2016, ha provocato l'inasprimento delle sanzioni e ha determinato una penalizzazione evidente, nell'ultimo anno, del comparto italiano, a vantaggio delle imprese provenienti dagli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, con l'immissione massiva sul mercato nazionale di pescato estero oltre alla crescita esponenziale del mercato nero.

Si è finito così, con la legge n. 154 del 2016, per colpire i nostri pescatori anche per mere irregolarità formali, favorendo la concorrenza di mari lontani e, si ribadisce, la pesca illegale non riconosciuta e non regolamentata.

Richiamando un vecchio ed antico brocardo caro ai più, la legge n. 154 del 2016 si è rivelata come la tela del ragno, che cattura gli uccelli piccoli e lascia scappare quelli grandi.

E l'ultimo verbo è “credere”: noi ci abbiamo creduto tanto, ci crediamo al verbo “credere”, perché in questi anni di questa legislatura noi abbiamo creduto tanto nella necessità di intervenire in questo settore.

Il mondo della pesca infatti, in questi anni della presente legislatura ha potuto vedere, soprattutto dal gruppo PD, una serie di interventi sintomatici della volontà del Parlamento italiano – e dicevo, soprattutto del gruppo del Partito Democratico - di sostenere le imprese di pesca.

Non a caso, è proprio di questa legislatura l'intervento tanto atteso a sostegno delle imprese di Chioggia e Venezia, che rischiavano il fallimento, escluso di fatto con l'intervento legislativo n. 226 del 2016, a nostra firma e di numerosi altri deputati, intervento che ha definito contestualmente una grave infrazione comunitaria e che ha contribuito a lanciare un messaggio chiaro di una politica del fare, attenta alle esigenze del territorio e che si inserisce sulla scia dei tanti provvedimenti e delle tante riforme del Governo Renzi.

Così ed ancora, il riconoscimento dell'indennità giornaliera dei 30 euro a favore dei lavoratori dipendenti da imprese adibite alla pesca marittima nei periodi di sospensione ed, ancora, il rifinanziamento del fondo per il sostegno alle impresa di acquacoltura, che hanno subito nel 2015 molti danni; senza dimenticare, sempre nella scia di quelli che sono stati gli interventi a tutela di questo settore e soprattutto della risorsa ittica, tornando sempre al verbo “tutelare”, la norma di contrasto al bracconaggio nelle acque interne, norma del gruppo PD, che per la prima volta ha consentito di dare una fattiva risposta a tutte quelle drammatiche ipotesi di bracconaggio esercitato senza licenze e senza attrezzi regolamentari, la cui unica finalità è quella di distruggere i nostri fiumi e i nostri laghi, depositari di patrimonio ambientale, storico e culturale.

Tutto ciò per riassumere, sempre col verbo “credere”, che l'iter parlamentare è stato caratterizzato da quella forza di volontà - oso dire una voluntas legis rafforzata - di credere nelle grandi opportunità che hanno la pesca italiana professionale, sportiva e l'acquacoltura, che non sono seconde a nessuna produzione all'interno del più ampio settore dell'economia blu del nostro Mediterraneo.

Nella pesca e nell'acquacoltura - e concludo - ci crediamo fortemente, tanto da aver messo in campo questa riforma, che è una vera riforma, l'unica ad oggi che, con strumenti chiari e duraturi, potrà consentire di programmare il nostro futuro, il futuro di questo settore in maniera autonoma e lungimirante.