“L'impegno da parte del Governo per garantire l'accesso di tutti i malati di epatite C al nuovo farmaco salvavita è una buona notizia. Le nostre preoccupazioni riguardano però i tempi di applicazione di questo Piano nazionale, i numeri e soprattutto le modalità con cui sarà attuato”. Lo ha dichiarato oggi nell’Aula di Montecitorio Federico Gelli, deputato del Pd e membro della Commissione Affari Sociali, durante la sua replica in merito all’interrogazione a risposta immediata, rivolta da un gruppo di deputati PD prima firma Miotto, al ministro della Salute Beatrice Lorenzin sul tema dell’introduzione anche in Italia del nuovo farmaco salvavita contro l’epatite C.
“Il tema delle risorse – ha aggiunto Gelli - lo sappiamo bene, è l'elemento fondamentale, ma non può essere l'unico argomento per il quale blocchiamo la nostra azione e la nostra risposta rispetto alle centinaia di migliaia di persone malate. Si tratta di spendere diverse centinaia di milioni ma i risparmi si possono misurare in miliardi, visto che l’epatite C in Italia uccide ogni giorno 20 – 25 persone mentre sono circa 400 mila i casi conclamati con costi sociali e sanitari altissimi perché è una malattia che può sfociare in patologie gravissime. Basti pensare ai costi per la cirrosi, per i tumori al fegato, soprattutto per il trapianto. Oggi abbiamo un intervento salvavita, l'unico disponibile, che è quello del trapianto di fegato che costa alla collettività più di 80 mila euro. Risorse che potrebbero essere tranquillamente risparmiate, se usate verso una sana e corretta prevenzione”.
“Ora è importante - ha concluso Gelli - che il ministero prosegua la trattativa con la casa farmaceutica americana che produce il principio attivo ‘sofosbuvir’ perché, a causa del suo costo altissimo, solo con l’intervento del Fondo Sanitario Nazionale si può assicurare la concreta possibilità a tutti i pazienti di accedere a queste terapie”.