“Sto lavorando per arrivare con urgenza alla revisione di tutto l’impianto della nuova normativa che prevede le dimissioni on-line e tornare alla convalida delle dimissioni come dice la legge Fornero”. Così la deputata Pd Gessica Rostellato, della commissione Lavoro, che spiega: “ Il decreto che prevede le dimissioni on-line entrerà in vigore il 12 marzo 2016 e da quella data i lavoratori che intendono dimettersi dovranno comunicare la loro intenzione tramite l’apposito modulo on line, a pena di inefficacia della lettera ordinaria e il diritto alla prosecuzione del rapporto. Si tratta di una norma contraria alla semplificazione che graverà sul lavoratore, sullo Stato e sulle aziende”.
“Prima di tutto – prosegue Rostellato - va sottolineato che ogni anno in Italia si dimettono circa 1,4 milioni di lavoratori . Come hanno sottolineato in audizione i Consulenti del lavoro, come ho fatto anche io, con l’avvio della nuova disciplina on line, scatta un pericolo che potrebbe essere molto costoso sia per dipendenti, sia per lo Stato che per le stesse aziende: qualora il lavoratore volesse attivare la procedura autonomamente, deve dapprima richiedere il pin, il cui rilascio avviene dopo diverse settimane: questi tempi sono incompatibili con la natura dell’istituto. Se un lavoratore vuole dimettersi lo vuole fare sul momento, non può aspettare venti, trenta giorni. Inoltre, qualora il lavoratore volesse avvalersi degli intermediari , patronati, enti bilaterali, organizzazioni sindacali etc, non è escluso che sia richiesto un onere economico per il servizio reso. Altra dinamica diffusa, specialmente tra i lavoratori extracomunitari, è l’abbandono improvviso del posto di lavoro. Le stime di questo fenomeno oscillano attorno al 5% , quindi parliamo di circa 70 mila rapporti di lavoro che la legge lascia nella completa incertezza, poiché senza la compilazione del modulo on-line le dimissioni non sono valide. Per queste situazioni il datore di lavoro dovrà procedere al licenziamento per giusta causa, operazione onerosa visto che in tal caso è dovuto il cosiddetto «ticket licenziamento» , per non parlare poi che, in questo caso, il licenziamento dà diritto alla cosiddetta indennità di disoccupazione (oggi denominata Naspi) che su una retribuzione non superiore a 25 mila euro l’anno è di circa 21 mila euro. Ciò significa che lo Stato potrebbe essere chiamato a corrispondere a questi lavoratori una indennità (su due anni) di 1,47 miliardi di euro. Ecco perché - conclude - è importante rivedere l’impianto della nuova normativa e valutare se tornare alla convalida delle dimissioni come previsto dalla normativa precedente”.