“La risposta del ministro dello Sviluppo economico Di Maio rispetto al rischio di ricadute occupazionali legate alla vendita del gruppo Magneti Marelli, non è affatto soddisfacente. Quello che sta succedendo non riguarda solo l’azienda emiliana ma tante eccellenze italiane di recente passate in mano straniera. Solo per fare qualche esempio Versace, Candy e Guzzini. Davanti a queste cessioni, rispetto a cui il decreto dignità niente ha potuto, il ministro non ha letteralmente aperto bocca. Eppure, si tratta di miliardi di investimenti di miliardi di euro ma soprattutto di decine di migliaia di posti di lavoro”. Lo ha detto Chiara Gribaudo, deputata del Partito democratico, nella replica alla risposta offerta dal ministro Di Maio, secondo cui la vicenda della Magneti Marelli “non può essere classificata come crisi aziendale dalle immediate ricadute aziendali”.
“I dati di questi giorni – ha continuato Gribaudo - dicono che dal 2014 al 2017, durante i governi guidati dal Pd, la manifattura italiana è cresciuta del 10%. Dunque, più del Regno Unito e della Francia. Solo l’anno scorso la crescita è stata del 3,8%. Il prossimo anno sarà invece dell’1,8% e quello successivo addirittura dell’1%. Questo significa che a problemi complessi non si possono dare risposte semplici. Significa che il disordine dei conti legato a certe campagne demagogiche porta sempre contraccolpi sui più deboli. E questi le chiedono lavoro. Il lavoro non si crea con la rabbia ma con la fiducia”.
“Sulla vicenda di Magneti Marelli – ha detto Debora Serracchiani, capogruppo del Pd in Commissione Lavoro, illustrando in Aula l’interrogazione – Di Maio non cerchi colpe nel passato. L’episodio è accaduto il 21 ottobre del 2018. Quello in questione è il trasferimento di proprietà, da 6,2 miliardi di euro, a una società giapponese di componentistica controllata da un fondo statunitense. Le chiediamo se farà qualcosa rispetto a questa operazione perché siamo preoccupati per l’occupazione, viste anche le criticità che si riscontrano nella prima applicazione del decreto Dignità che rischia di provocare ripercussioni negative sull’occupazione”.