I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
in questi ultimi mesi, la crisi libica sta conoscendo un nuovo avvitamento in una spirale di guerra, e l'attuale situazione è caratterizzata da frammentazione politica e militare, proliferazione di gruppi armati e da un deterioramento della situazione dei diritti umani;
la Libia è uno scacchiere in cui si gioca una partita che determina gli equilibri di tutta l'area del Mediterraneo, e attorno al cui tavolo giocano Paesi come l'Arabia Saudita, la Turchia, il Qatar, l'Egitto;
la Libia non può più essere considerata un «porto sicuro» per lo sbarco dei migranti per i numerosi e circostanziati episodi di violazioni dei diritti umani verificatisi. L'Onu, l'Unione europea, il Commissario per i diritti umani del Consiglio di Europa, l'Unhcr hanno più volte affermato che la Libia non è un porto sicuro. E con loro anche il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale italiano Moavero Milanesi;
l'Italia dovrebbe avere un ruolo primario nella gestione della crisi libica, ripartendo dall'accordo sottoscritto tra il Governo Gentiloni e il Governo Serraj nel febbraio del 2017 che prevedeva, e prevede dei precisi impegni: la sicurezza dei confini alla Libia del sud, il contrasto al traffico dei migranti, la umanizzazione dei centri di accoglienza, con il monitoraggio dell'Unhcr e dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, la formazione della guardia costiera e del personale dei centri di accoglienza, un impegno a sostegno delle municipalità libiche, un impegno a garantire tutto ciò che può consentire la ricostruzione civile e la rimessa in campo di attività economiche. Invece l'attuale Governo ha spostato tutte le proprie energie su una inutile battaglia alle Ong ad avviso degli interpellanti per cavalcare demagogicamente lo spauracchio della questione migratoria. Quando invece non esiste alcuna emergenza «sbarchi»; l'emergenza era finita già nei primi cinque mesi del 2018 con una diminuzione degli sbarchi del 78 per cento rispetto a quelli del 2017 e con un più accentuato calo degli arrivi dalla Libia: -84 per cento rispetto al 2017. Questo era ed è il bilancio dell'attività sul fronte dell'immigrazione del Governo Gentiloni: risultati raggiunti, senza la chiusura dei porti, salvando vite umane;
a fronte del drastico calo degli sbarchi nel Mediterraneo sono invece in forte aumento gli ingressi nel nostro territorio dei cosiddetti «Dublinanti», cioè coloro che vengono espulsi dai Paesi europei dove vivono verso gli Stati attraverso i quali sono entrati nell'Unione per effetto del «regolamento di Dublino» che individua nello Stato di primo ingresso il responsabile dell'esame della domanda di protezione internazionale;
parrebbe addirittura che vi sia stato il sorpasso del numero dei migranti richiedenti protezione internazionale provenienti da Paesi dell'Unione europea su quelli provenienti via mare;
l'azione in questi mesi del Governo italiano secondo gli interpellanti e passata dal «criminalizzare» le Ong, sabotare la missione Sophia, chiudere i porti, boicottare al Parlamento europeo la proposta di modifica del «regolamento di Dublino» con la Lega che si è astenuta e tutti i deputati del Movimento 5 Stelle che hanno votato, in maniera compatta, contro il testo, e infine, disinteressarsi della gestione dei campi in Libia;
invece, secondo gli ultimi dati disponibili dell'Unhcr, oltre 8.000 persone, si trovano detenute in centri di detenzione gestiti dal direttorato per la lotta alla migrazione illegale dopo essere state salvate o intercettate in mare, o dopo essere state arrestate a terra durante incursioni in abitazioni o controlli di identità. Non vi sono stime delle persone detenute da varie fazioni armate o reti criminali in centri di detenzione non ufficiali, compresi depositi e fattorie. Secondo i rapporti disponibili, in tutte le strutture le condizioni di detenzione non rispettano gli standard internazionali e sono state descritte come «spaventose», «da incubo», «crudeli, disumane e degradanti». Uomini e donne richiedenti asilo, rifugiati e migranti, inclusi i minori, sono sistematicamente sottoposti a tortura e ad altre forme di maltrattamento, compresi stupri e altre forme di violenza sessuale, lavoro forzato ed estorsione, o ne sono ad alto rischio, sia in strutture di detenzione ufficiali che non ufficiali. In detenzione sono state segnalate anche discriminazioni razziali e religiose. I detenuti non hanno possibilità di contestare la legalità della detenzione o del trattenimento;
il Ministro della cooperazione tedesco ha proposto, al fine di far fronte alla questione migratoria, di attuare «un'immediata iniziativa umanitaria comune da parte di Ue e Onu per salvare i profughi su suolo libico» –:
se il Governo sia a conoscenza dell'iniziativa e se si adopererà anch'esso per convogliare la comunità internazionale ed europea in una soluzione proficua per affrontare la situazione umanitaria in Libia.