07/11/2023
Chiara Braga
Provenzano, Amendola, Bonafè, Ciani, Ghio, De Luca, Casu, De Maria, Ferrari, Fornaro, Morassut, Toni Ricciardi, Roggiani
2-00263

  I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   in data 1° novembre 2023 il Paese è venuto a conoscenza di una conversazione telefonica, che sarebbe avvenuta in data 18 settembre 2023, tra la Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni ed un sedicente presidente della Commissione dell'Unione Africana;

   il contenuto della conversazione è stato pubblicato sulla piattaforma canadese Rumble e ripresa dall'agenzia russa Ria Novosti diventando in brevissimo tempo virale sui social network;

   a spacciarsi per il presidente della Commissione dell'Unione Africana sono stati due comici russi, Vovan (Vladimir Kuznetsov) e Lexus (Alexey Stolyarov) che inspiegabilmente hanno fatto breccia nel sistema diplomatico e di sicurezza delle comunicazioni della Presidenza del Consiglio;

   a seguito della diffusione del contenuto della conversazione dapprima è stato costretto ad intervenire l'Ufficio del Consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio dei ministri esprimendo il proprio rammarico per essere stato tratto in inganno da un impostore;

   in un secondo momento è intervenuto anche il Sottosegretario alla Presidenza di Consiglio Giovanbattista Fazzolari arrivando a sostenere che «La propaganda russa è disperata per il catastrofico andamento della loro cosiddetta “operazione speciale” che si è tramutata in una continua sconfitta dell'esercito russo in terra Ucraina» facendo esplicito riferimento a presunti «propagandisti russi»;

   ciò che colpisce subitaneamente in merito a quanto accaduto è la facilità con cui è stato aggirato o peggio raggirato il filtro diplomatico e di sicurezza delle comunicazioni del Presidente del Consiglio;

   in secondo luogo, sconcerta il modo con cui si è espressa la Presidente del Consiglio su dossier di assoluta delicatezza, dalla guerra in Ucraina alla questione migranti, con un interlocutore sul quale sembra non nutrire alcun dubbio nel corso dei tanti minuti di colloquio;

   l'accaduto, non vi è alcun dubbio, ha oggettivamente posto l'Italia in una condizione di assoluto imbarazzo evidenziando fragilità e lacune non immaginabili per un Paese importante e autorevole sul piano internazionale come il nostro –:

   in considerazione della gravità dell'accaduto, come sia stato possibile superare il previsto e indispensabile filtraggio diplomatico a tutela delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri; se intenda portare a conoscenza il Parlamento di quanto realmente avvenuto in riferimento alla, purtroppo, imbarazzante telefonata in questione, nonché quali siano state le informazioni che hanno indotto il Sottosegretario Fazzolari ad affermare quanto riportato in premessa.

Seduta del 10 novembre 2023

Illustrazione di Andrea Casu, risposta della Sottosegretaria di Stato della Presidenza del Consiglio dei Ministri, replica di Andrea Casu

ANDREA CASU, Grazie, Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, la nostra interpellanza si riferisce a un fatto, a nostro avviso, molto grave e preoccupante, che oggi finalmente viene affrontato in Parlamento.

In data 1° novembre siamo venuti a conoscenza di una conversazione telefonica, che dovrebbe essere avvenuta in data 18 settembre 2023, tra la Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, e un sedicente Presidente della Commissione dell'Unione Africana. Il contenuto della conversazione è stato pubblicato sulla piattaforma canadese Rumble e ripresa dall'agenzia russa Ria Novosti, diventando in brevissimo tempo virale sui social network. A spacciarsi per il Presidente della Commissione dell'Unione Africana sono stati due comici russi, Vovan e Lexus, che, inspiegabilmente, hanno fatto breccia nel sistema diplomatico e di sicurezza delle comunicazioni della Presidenza del Consiglio.

A seguito della diffusione del contenuto della conversazione, dapprima è stato costretto ad intervenire l'Ufficio del consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio dei ministri, esprimendo il proprio rammarico per essere stato tratto in inganno da un impostore. In un secondo momento, è intervenuto anche il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giovanbattista Fazzolari, arrivando a sostenere che “La propaganda russa è disperata per il catastrofico andamento della loro cosiddetta operazione speciale, che si è tramutata in una continua sconfitta dell'esercito russo in terra ucraina”, facendo esplicito riferimento a presunti “propagandisti russi”.

Naturalmente, ci sono molti elementi che colpiscono di questo fatto e noi, nella nostra interpellanza, cerchiamo di porre quesiti molto precisi su due piani: da un lato, quello delle responsabilità rispetto a ciò che è accaduto e, dall'altro, quello delle responsabilità politiche che emergono in questa vicenda.

Che cosa è successo? Sicuramente c'è stata una catena imbarazzante di errori nella verifica dell'identità dell'interlocutore. Perché è grave? Perché, nel momento in cui il Presidente del Consiglio svolge una telefonata di questo tipo, sta comunque rappresentando il Paese in un'interlocuzione internazionale, tra l'altro in una settimana molto importante dal punto di vista internazionale, e il fatto che non ci sia stato un riscontro diretto che abbia consentito di certificare l'identità dell'interlocutore è molto, molto, molto preoccupante. Chiaramente ci sono state reazioni, ci sono state le dimissioni di Francesco Talo', però questo non basta, perché questi errori non sono commessi da una sola persona e sarebbe un errore immaginare di trovare un capro espiatorio di un'intera vicenda che interroga la Presidenza del Consiglio, la Presidente del Consiglio e tutti noi sulla nostra capacità di difenderci da questo tipo di attacchi. È una catena imbarazzante di errori che porta alla telefonata, ma poi c'è un secondo livello di preoccupazione politica, relativo a quello che si dice nella telefonata. Ci sono valutazioni sulla guerra in Ucraina, ci sono valutazioni sul rapporto fra l'Italia e la Francia, ci sono valutazioni sul rapporto con altri Paesi, che sicuramente non sono confacenti a un dialogo che si può avere con il leader dell'Unione Africana, perché sono molto incaute. Si sta parlando con un leader dell'Unione Africana e si sta trasmettendo una sensazione di stanchezza per una guerra in cui noi siamo coinvolti. E non dimentichiamo che quello che stiamo facendo, come comunità internazionale, a sostegno della difesa ucraina è fondamentale per impedire un'invasione e la distruzione dell'Ucraina e del popolo ucraino. Quindi, di fronte a questo, ci dev'essere la massima capacità di mantenere fede agli impegni presi.

Invece, all'indomani di questa telefonata, abbiamo avuto le prime pagine dei giornali di tutto il mondo che titolavano dello scherzo fatto alla Presidente Meloni e della stanchezza dell'Italia nei confronti di questo conflitto. C'è poi un elemento di preoccupazione ulteriore. La Presidente dice di essersi chiesta, verso la fine della telefonata, chi fosse il suo interlocutore e quindi, nell'ultima parte di questa telefonata, i cui contenuti sono ormai noti - e spero saranno spiegati nella risposta a questa interpellanza, altrimenti li lasceremo noi, agli atti parlamentari, andandoli a rileggere - è sorta una preoccupazione della Presidente del Consiglio. Ma dopo questa preoccupazione ci dev'essere stata un'azione: si deve essere rivolta al suo ufficio diplomatico e deve avere chiesto di portare avanti le verifiche del caso. Ora, la domanda che noi ci facciamo e che rivolgiamo al Governo è: queste verifiche cosa hanno generato? Qualcuno ha risposto che era tutto a posto e che la telefonata andava bene? O qualcuno non ha risposto, che è ancora più grave, perché vuol dire che, di fronte a una richiesta del Presidente del Consiglio che si rende conto che è sotto attacco in questo modo, si avvia una verifica e questa verifica non ha esito? Perché è preoccupante? Perché noi non siamo venuti a sapere di questa vicenda da una denuncia della Presidenza del Consiglio, che comunica di aver ricevuto questa telefonata e di aver avviato una verifica interna che ha evidenziato che siamo sotto attacco. L'abbiamo saputo 40 giorni dopo, quando altri hanno deciso di pubblicare quanto accaduto e, da questo punto di vista, noi vogliamo sapere con grande chiarezza - ripeto, con grande chiarezza - se queste verifiche effettivamente hanno prodotto risultati, che risultati hanno prodotto e, se non ne hanno prodotto, perché la Presidente del Consiglio, in 40 giorni, non ha sollecitato un riscontro dai suoi uffici su una telefonata, i cui contenuti si era resa conto che andavano in un'altra direzione. Tanto più, se è vero quello che stiamo apprendendo a mezzo stampa in queste ore, cioè che il 12 ottobre l'Unione africana aveva scritto una lettera per mettere in guardia i Paesi nei confronti del rischio di questo tipo di telefonate che stavano avvenendo, perché altri Paesi se ne stavano rendendo conto, lo avevano denunciato e quindi noi eravamo già stati avvisati il 12 ottobre. Quindi, sicuramente, di fronte a tutto questo livello di responsabilità, è necessario che ci sia un'azione che affronti il problema e, da questo punto di vista, preoccupa tantissimo anche la dichiarazione di Fazzolari che, nel tentativo di difendere la Presidente del Consiglio, nel mettere in campo un riferimento molto chiaro all'azione russa, all'attacco, al volersi infiltrare, pone un tema enorme, ma lo fa in un'intervista.

Ora, noi chiediamo, se veramente le gravissime dichiarazioni di Fazzolari si inseriscono in un disegno in relazione al quale lui ha più elementi di noi, di essere informati dal Governo, cioè se non c'è stato solo questo attacco, ma ce ne sono stati altri, se sono in corso altre verifiche su altre telefonate che ha ricevuto la Presidente del Consiglio, che si è rivolta ai suoi uffici per capire se i veri interlocutori erano altri, non lo vogliamo sapere dalla propaganda russa, ma dalla Presidente del Consiglio in Parlamento, dal Sottosegretario in Parlamento, li vogliamo vedere qui a dire a tutte le forze politiche - perché, di fronte a un attacco di questo tipo, non c'è destra e sinistra, né maggioranza e opposizione, ma l'Italia sotto attacco - che ci stanno attaccando con questi strumenti e che stiamo facendo questo per difenderci, per difendere le istituzioni e tutti noi. Sono tante le questioni aperte sui contenuti: c'è un livello che riguarda anche i migranti, l'ammissione di non trovare, in Europa, persone che rispondono, un'ammissione che la Presidente fa a questo interlocutore, ma che ci preoccupa di fronte alla complessità delle sfide che stiamo affrontando.

Di fronte a tutto questo, la nostra interpellanza pone quesiti molto chiari. Attendo naturalmente la risposta e, in base a questa risposta, articolerò poi la replica.

GIUSEPPINA CASTIELLO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Onorevoli deputati, nel merito del filtraggio diplomatico a tutela delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, come dichiarato dal Presidente stesso nella conferenza stampa a margine del Consiglio dei ministri del 3 novembre scorso, vi è stata una responsabilità da parte dell'ufficio del consigliere diplomatico. Nel dettaglio, è stata ricevuta sulla casella istituzionale di posta elettronica della segreteria del consigliere diplomatico, una richiesta firmata a nome del vicecapo di Gabinetto del Presidente della Commissione dell'Unione africana, già noto all'ufficio, in quanto presente fisicamente alla Conferenza di Roma su migranti e sviluppo del 23 luglio scorso, mediante la quale si richiedeva un colloquio telefonico dello stesso Presidente della Commissione dell'Unione africana con il Presidente del Consiglio in vista della 78a Assemblea generale dell'ONU. La comunicazione ricevuta proveniva dal dominio au-commission.org, ossia quello esatto del sito web ufficiale dell'Unione africana. L'Ufficio del consigliere diplomatico ha omesso di osservare le necessarie cautele di verifica della provenienza della richiesta. A seguito della telefonata, ha omesso il necessario approfondimento, dopo l'invito in tal senso rivolto dal Presidente del Consiglio che, a un certo momento della telefonata, aveva avuto perplessità sull'identità dell'interlocutore. Com'è noto, il consigliere diplomatico, ambasciatore Francesco Maria Talo', si è assunto la responsabilità dell'accaduto e ha conseguentemente presentato le dimissioni dal proprio incarico al Presidente del Consiglio dei ministri, che ha ritenuto di doverle accettare, non senza formulare all'ambasciatore apprezzamento per il suo operato a servizio delle istituzioni e per il gesto di responsabilità compiuto in questa occasione.

Quanto al contenuto, il Presidente del Consiglio ha ribadito, durante la telefonata, le stesse posizioni che mostra anche pubblicamente, confermando la coerenza del Governo in materia di politica internazionale. Nonostante l'impatto che le conseguenze del conflitto esercitano su una parte dell'opinione pubblica occidentale, si è ribadita la ferma volontà di proseguire nel sostegno all'Ucraina e che ogni accordo di pace sancisca il pieno rispetto del diritto internazionale.

Per quanto attiene alle correlazioni tra la telefonata e la propaganda russa, premesso che sul tema ha ampiamente riferito, nella giornata di ieri, al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, il Sottosegretario Alfredo Mantovano, in qualità di autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, si ribadisce che numerose fonti aperte identificano i due personaggi autori della telefonata come vicini agli apparati di sicurezza russi e che, a prescindere da questo, la notizia della telefonata è stata rilanciata da canali di comunicazione notoriamente organici alla propaganda russa, talché i commenti riguardo alla correlazione della telefonata con tale propaganda derivano da logiche deduzioni basate su dati di dominio pubblico.

ANDREA CASU, Grazie, Presidente. Purtroppo non sono soddisfatto, non posso essere soddisfatto. Quello che ci è stato ripetuto è quello che già sappiamo, che sappiamo dalla stampa. Per quanto riguarda il momento di confronto, cui giustamente è stato fatto riferimento, dell'onorevole Mantovano con il Copasir è stato indispensabile e giusto, il Copasir fa il suo lavoro e lo fa bene, ma noi abbiamo interrogato la Presidente del Consiglio su altri aspetti di carattere politico che non possono essere elusi, considerando quello il luogo del confronto; noi dobbiamo, in Parlamento, avere risposte a domande che abbiamo formulato anche oggi, risposte che non ci sono state date.

La prima, che è la domanda di tutte le domande, è legata al fatto che, se c'è stata una telefonata di questo tipo - provo a riformulare, perché evidentemente non sono stato chiaro nell'illustrazione - e, durante questa telefonata, è emersa una preoccupazione da parte della Presidente del Consiglio e ci sono stati 40 giorni prima che altre fonti esterne dessero la notizia di questa telefonata, cosa è avvenuto in quei 40 giorni? Che verifiche sono state effettuate e quale esito hanno dato? Noi non possiamo immaginare che il timing delle verifiche, in caso di attacco, venga dato dai nostri avversari, da altri che decidono quando far precipitare i titoli di Borsa o quando farci precipitare in una crisi politica.

È a rischio la tenuta delle nostre istituzioni, quindi noi vogliamo sapere cosa è successo in quei 40 giorni perché, se sono state fatte tutte le verifiche del caso e hanno dato esito positivo, c'è una serie di responsabilità non solamente e condividiamo il fatto che sia necessario riconoscere anche la nobiltà di un gesto delle dimissioni, ma la nobiltà delle dimissioni di un singolo non possono coprire una catena imbarazzante di errori che coinvolgono anche altri soggetti. Quindi, se in quei 40 giorni qualcuno ha detto alla Presidente Meloni che è tutto a posto quel qualcuno deve rispondere di aver detto che è tutto a posto per quei 40 giorni. Ma se, invece, in quei 40 giorni nessuno ha risposto, se la cosa è rimasta lì, in un lungo elenco di telefonate che si fanno in una settimana di un vertice senza sapere con chi si sta parlando, e noi abbiamo lasciato in mano a qualcuno questi dati per 40 giorni a scelta loro quando farli uscire, allora perlomeno ci dica, se non ci vuole dire, quante altre situazioni di questo tipo ci possono essere. Quante altre telefonate possono essere avvenute in queste settimane e mesi per cui la Presidente del Consiglio ha avuto un dubbio si è rivolta ai suoi uffici e nessuno gli ha dato il riscontro, nemmeno di una risposta. Questo bivio è indispensabile affrontarlo, conoscerlo e saperlo qui, in Parlamento, di fronte alle forze di maggioranza, di fronte alle forze di opposizione, di fronte al Paese, perché riguarda tutto il Paese, non riguarda solo Giorgia Meloni. Riguarda la sicurezza di tutti noi e un tema su cui c'è una fragilità enorme del nostro sistema Paese. Gli ultimi dati dicono che nel l'ultimo anno forse il 98 per cento delle imprese italiane ha subito almeno un cyber attacco. Abbiamo i nostri dati sensibili e strategici che sono a rischio. Abbiamo una percentuale, anno su anno, di aumento dei cyber attacchi, secondo alcune stime, che è del 185 per cento. Se siamo così vulnerabili da esserlo perfino al vertice della nostra Presidenza del Consiglio e se sono, grazie all'innovazione, disponibili strumenti sempre più efficaci per potere bucare i sistemi difensivi. noi vogliamo sapere cosa sta facendo il Governo per alzare la guardia degli investimenti, degli interventi, dei protocolli e dei criteri per difendere la sicurezza della Presidenza del Consiglio, delle Istituzioni, ma anche delle istituzioni locali, delle regioni, dei comuni, dei sistemi sanitari, delle nostre imprese, le grandi come le piccole imprese, perché sennò noi veramente rischiamo di essere di fronte a una voragine in cui stiamo precipitando.

Da questo punto di vista, non ci può essere una risposta d'ufficio: ci deve essere un'assunzione di responsabilità politica. Ora la premier è stata sollecitata più volte dai gruppi di opposizione, unitariamente, a rispondere in quest'Aula a un premier time. L'abbiamo chiesto in ogni sede ed è stato rinnovato anche questa settimana da tutti i gruppi di opposizione e questo non sta avvenendo. Oggi abbiamo chiesto a Giorgia Meloni di essere qui a rispondere e ad assumersi la responsabilità politica di quanto è successo e ha mandato una sua rappresentante ma non abbiamo la possibilità di avere questo confronto in Aula. Abbiamo tante questioni importanti in cui il Parlamento chiede alla Presidente di esserci. Ecco la Presidente non può sfuggire al confronto col Parlamento, non può sfuggire al confronto col Paese e ci deve rispondere a questa domanda. Purtroppo, non possiamo essere soddisfatti della risposta, non sappiamo che verifiche sono state fatte, non sappiamo quante altre situazioni come questa ci sono in campo. Sappiamo solamente che ci sono state una serie di dichiarazioni e di reazioni dopo che la notizia è stata resa pubblica, ma questo lo sapevamo già dal momento in cui è stata resa pubblica. Quindi, quel passo in avanti delle Istituzioni che poteva rappresentare, anche per il Governo, un atteggiamento dell'opposizione di chiedere di portare in Parlamento questo tema ed affrontiamolo non è stato colto da parte della Presidente del Consiglio e quello che è più grave è che fa male non solo lei ma a tutto il Paese.