02/03/2023
Elly Schlein
Serracchiani, Provenzano, Bonafè, De Luca, Ferrari, Ghio, Toni Ricciardi, Roggiani, Casu, Fornaro, De Maria, Amendola, Ascani, Bakkali, Barbagallo, Berruto, Boldrini, Braga, Carè, Ciani, Cuperlo, Curti, D'Alfonso, De Micheli, Di Biase, Di Sanzo, Fassino, Forattini, Fossi, Furfaro, Gianassi, Girelli, Gnassi, Graziano, Gribaudo, Guerra, Iacono, Lacarra, Lai, Laus, Letta, Madia, Malavasi, Mancini, Manzi, Marino, Mauri, Merola, Morassut, Orfini, Orlando, Ubaldo Pagano, Peluffo, Porta, Quartapelle Procopio, Andrea Rossi, Sarracino, Scarpa, Scotto, Simiani, Stefanazzi, Stumpo, Tabacci, Vaccari, Zan, Zingaretti.
2-00090

 I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che domenica 26 febbraio 2023 si è verificato, a meno di cento metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, il naufragio di un natante proveniente dalla Turchia, con a bordo persone provenienti dall'Iraq, dalla Siria e dall'Afghanistan, per il quale sono state fin qui accertate almeno 67 persone annegate, tra i quali 15 minori, l'ultimo dei quali di appena 5 o 6 anni; un numero questo purtroppo destinato a crescere a causa dei numerosissimi dispersi;

   durante la giornata di mercoledì 1° marzo 2023 il comandante della Capitaneria di porto di Crotone, Vittorio Aloi, ha dichiarato che a suo giudizio la Guardia costiera sarebbe potuta intervenire, affermando che «quel giorno c'era mare forza quattro, non sei o sette. Le nostre motovedette avrebbero potuto navigare anche con mare forza otto», e lasciando intendere che l'invio di mezzi di soccorso al barcone che si trovava a 40 miglia dalla costa crotonese sarebbe stato possibile anche con quelle condizioni meteo marine;

   nonostante infatti dalle notizie a mezzo stampa si sia appreso che già dalle 22.00 del 25 febbraio un aereo Frontex avesse rilevato e segnalato la presenza di un'imbarcazione partita da Smime in Turchia, Aioi ha ribadito di aver ricevuto la prima chiamata come Guardia costiera solamente alle 4.30 del mattino del 26 febbraio, e di essere stato coinvolto esclusivamente per i soccorsi a terra, dichiarando altresì di non aver saputo nulla di una pubblica comunicazione di «imbarcazione in difficoltà» che il centro di coordinamento e soccorso di Roma avrebbe invece ricevuto ventiquattro ore prima con richiesta specifica di «sharp lookout» ossia di sorveglianza attiva per quel barcone;

   risulterebbe invece che nelle prime ore del 26 febbraio per ben due volte sarebbe stato effettuato un tentativo di avvicinamento del barcone in difficoltà da parte di due motovedette della Guardie di finanza, che tuttavia, a differenza della Guardia costiera, non disporrebbe di imbarcazioni adeguate a effettuare operazioni di salvataggio in mare, specie in presenza di condizioni meteo avverse;

   quest'ultima circostanza desta particolare perplessità alla luce del fatto che, per stessa ammissione del comandante Aloi, in base alle regole di ingaggio, le operazioni vengono condotte dalla Guardia di finanza quando vengono classificate come operazioni di sicurezza, mentre qualora venissero classificate come un cosiddetto evento Sar (Search and Rescue), ossia un'operazione di salvataggio, esse dovrebbero prevedere l'intervento della Guardia costiera;

   sempre nella giornata di mercoledì la stessa Agenzia europea Frontex, dopo aver confermato di aver immediatamente informato il Centro di coordinamento internazionale Themis e le altre autorità italiane competenti dell'avvistamento, fornendo la posizione dell'imbarcazione, le immagini a infrarossi, la rotta e la velocità, avrebbe dichiarato che «sono sempre le autorità nazionali competenti a classificare un evento come ricerca e soccorso»;

   dalle notizie riportate sembrerebbe dunque che, nonostante il Centro di coordinamento e soccorso di Roma avesse ricevuto ventiquattro ore prima la segnalazione di un «imbarcazione in difficoltà» (distress), tale imbarcazione sarebbe stata invece successivamente trattata e classificata dalle autorità amministrative italiane come una «questione di ordine pubblico» (law enforcement), tale da ritenere opportuno l'intervento delle motovedette della Guardia di finanza e non delle imbarcazioni della Guardia costiera;

   i fatti riportati gettano ombre inquietanti sulla linearità della catena di comando che sarebbe stata seguita nel gestire i soccorsi tra il 25 e 26 febbraio 2023, e soprattutto sulle diverse responsabilità dei Ministri coinvolti da cui difenderebbero in ultima istanza la classificazione di un evento come ricerca e soccorso; responsabilità per le quali sono in corso accertamenti atti a ricostruire la catena di comando, e che se confermate delineerebbero un quadro molto grave, che non avrebbe permesso l'intervento tempestivo della Guardia costiera, che avrebbe invece potuto salvare quelle decine di vittime e tanti bambini, che da giorni si stanno raccogliendo in mare –:

   come funzioni normalmente la catena di comando con riguardo alle diverse attività in capo sia alla Guardia costiera che alla Guardia di finanza; perché le autorità italiane successivamente alla comunicazione resa dall'agenzia europea Frontex delle 22.00 di sabato 25 febbraio 2023, non abbiano valutato di classificare l'operazione in atto come operazione Sar, impedendo di fatto l'intervento della Guardia costiera in tempo utile per salvare la vita dei naufraghi; e se, e quali, responsabilità politiche e amministrative vi siano state nella gestione della catena di comando.

Seduta del 17 marzo 2023

Illustrazione e replica di Nico Stumpo, risposta della Sottosegretaria di Stato per l'Interno, Wanda Ferro

 

NICOLA STUMPO. Grazie, Presidente. Abbiamo presentato questa nostra interpellanza il 2 marzo, 4 giorni dopo i tragici eventi che lei ha appena ricordato, e oggi siamo al 17 marzo: sono passati 19 giorni da quella mattina in cui, sulla spiaggia di Steccato di Cutro, arrivavano i resti dei corpi di migranti, pochi superstiti, e, dopo 19 giorni, nulla è stato chiarito su quello che è successo. In questi 19 giorni non è stato chiarito nulla, ma, al contempo, è stato fatto un decreto, tanto inutile quanto propagandistico - portando l'intero Consiglio dei ministri nel comune di Cutro -, il cui unico tema di rilevanza, nel Paese di Beccaria, sono gli aumenti delle pene per gli scafisti, con qualche centinaio, ormai quasi un migliaio, di anni di ritardo sull'impianto culturale di questo nostro Paese. Poi vi è stata una seconda disgrazia, non sulle acque italiane, nelle acque SAR libiche, ma c'è stata la stessa tremebonda capacità di questo nostro Governo di agire.

Infine, ieri, come un tornare indietro al cinema muto, immagini senza parole di un incontro fatto con grande ritardo, con i familiari e i superstiti di quella tragedia, in cui - dai resoconti dei giornali, perché non è stato possibile ascoltare nulla - abbiamo appreso la seconda ondata, dopo quella di Piantedosi: anche la Presidente del Consiglio non ha trovato di meglio da chiedere a quelle povere persone che se fossero consapevoli dei rischi che correvano attraversando il mare. Noi non sappiamo cosa hanno risposto, non lo sappiamo, non c'è la possibilità per nessuno di ascoltare, neanche per i giornalisti. Immagino che qualcuno avrebbe potuto rispondere che scappando dall'inferno non si ha paura dell'acqua, oppure avrebbe dato la stessa risposta che ha dato una mamma con in braccio una bambina, nel porto di Smirne - l'ho visto in un programma televisivo -, la quale diceva: devo assicurare un futuro a mia figlia. Queste sono le cose che, forse, se avessimo avuto l'audio, oltre che un video di parte, a registrare, avremmo sentito. L'unica cosa che riportano anche i giornali è che siamo passati, rispetto ad alcune vicende, dal Sacro Cuore di Maria del Papeete al cuore di mamma. Ma è troppo poco - troppo poco - per capire, in realtà, quello che è successo.

Torno indietro, a 19 giorni fa, perché questa è la nostra interpellanza e noi, oggi, questo vogliamo chiedere al Governo e alla Sottosegretaria qui presente. Noi sappiamo come è iniziata questa vicenda.

C'è un aereo di Frontex che fa il suo mestiere, fotografa quello che sta accadendo, c'è una nave, in un mare comunque agitato, rileva una persona a bordo, calore sotto, rileva che non c'è presenza di salvagenti. A quel punto, questa fotografia viene demandata agli organi preposti e, poi, succedono altre cose. Nell'ordine: viene dato mandato, ordine alle navi della Guardia di finanza di fare un'operazione di polizia. Forse bisognava rimandare indietro quella barca? Non lo sappiamo. Le navi della Guardia di finanza tornano indietro, perché il mare è mosso, non trovano questa imbarcazione. A quel punto, scattano delle domande: ma se il mare mosso per le navi della Guardia di finanza, che tornano indietro anche per la sicurezza - e io ringrazio il Corpo della Guardia di finanza e quello della Guardia costiera per il lavoro che svolgono -, perché non viene immediatamente fatta uscire la nave della Guardia costiera, così come ha detto anche nei giorni successivi il comandante Aloi? Perché? Questa è la domanda. La domanda è perché noi non siamo stati in grado di fare l'unica cosa che va fatta, perché a terra si costruiscono le politiche migratorie, ma in mare si salvano le vite umane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Questa è la domanda che noi continuiamo a porre e, a 19 giorni di distanza, non abbiamo risposte.

Vede, io non ho bisogno di farla lunga perché, in questi 19 giorni, si è discusso tanto, ma quello che noi chiediamo e vogliamo sapere è quali sono stati i comandi che lo Stato italiano ha dato in questo percorso; perché, a fronte del rientro in porto delle navi della Guardia di finanza, non si è provveduto immediatamente a mandare altre navi più forti, più potenti, che potessero salvare le vite umane e non a contare soltanto i morti a terra. Questa è la domanda, poi c'è tutto il resto. Possiamo discutere delle politiche nuove che servono, da Dublino fino alle modalità di pattugliamento delle acque internazionali, ma quelle servono a salvare le vite. A meno che qualcuno non pensi, come in un grande Risiko, di spostare carrarmatini sull'altra sponda per non far venire quelli di qua. Ma, guardate, che chi scappa dalla fame, dalla miseria non si ferma di fronte a un mare piccolo, come il Mediterraneo, perché è troppo grande la voglia di vivere, di mamme, di figli, soprattutto, quando scappano da Paesi dove esiste la guerra: l'Afghanistan, in questo momento, possiamo pensarlo pacificato - io no -, ma non lo è, in Pakistan si scappa e, in Africa, se continuiamo a dare i soldi per far schiavizzare le persone, le persone scappano.

Allora, queste ondate non si fermano millantando qualche pena più severa, anche qualche giorno dopo aver allentato quelle per gli evasori fiscali - ma questo è un tema di cui discuteremo in quest'Aula nei prossimi giorni -, bisogna avere il coraggio di affrontare il tema e di dare risposte, perché non siamo stati in grado di salvare vite umane che potevano essere salvate.

 

WANDA FERRO, Sottosegretaria di Stato per l'Interno. Grazie, signor Presidente. Onorevoli deputati, ne approfitto per ringraziare gli onorevoli interpellanti e voglio esprimere, prima di tutto, anche in questa sede, il cordoglio mio personale per le vittime di questo ennesimo naufragio e la vicinanza alle loro famiglie e ai superstiti. E consentitemi, in una nota personale da calabrese, un ringraziamento al sindaco di Cutro e agli amministratori tutti, alla sua gente, alla gente di Crotone, ai volontari, ai pescatori, a chi si è gettato in mare per tentare di salvare vite, a chi non è riuscito in quel compito disperato, che ha vissuto il dramma umano di portare a riva solo un corpo esamine. Una vicenda che ha segnato tutti nel profondo, ma che, insieme al dolore, lascia anche l'ennesima, straordinaria prova di solidarietà di un popolo che, nel momento più drammatico, insieme agli uomini dello Stato, ha saputo mostrare il suo grande cuore.

Ieri, il Presidente del Consiglio ha ricevuto i familiari delle vittime nel naufragio, alle quali ha assicurato impegni concreti, come la prosecuzione delle ricerche dei dispersi, l'impegno del Governo nell'agevolare il ricongiungimento familiare e nel creare, con l'Unione europea, corridoi umanitari, legali e sicuri, per chi fugge dalla guerra e dalle persecuzioni. Su questa tragica vicenda il Ministro dell'Interno Piantedosi ha già riferito dettagliatamente nell'informativa urgente del Governo al Parlamento di martedì scorso, non senza precisare che è in corso un'indagine giudiziaria. Riprenderò, pertanto, alcuni aspetti già illustrati in quella sede, avvalendomi degli elementi acquisiti dalle autorità italiane competenti, cui si aggiungono le dichiarazioni di alcuni sopravvissuti raccolte in una relazione Frontex.

In base alle dichiarazioni dei sopravvissuti, la traversata è partita da Cesme, in Turchia, intorno alle 03,00 del 22 febbraio, per giungere al largo della Calabria intorno alle 18,00 del 25 febbraio. Qui gli scafisti decidono di fermarsi e di attendere un momento favorevole per sbarcare in un luogo ritenuto più sicuro e di notte. Il piano prevedeva l'arrivo a ridosso della riva sabbiosa, con il successivo sbarco e la fuga sulla terraferma. Un primo punto da fissare - ed è importante - è che la traversata, le rotte, i relativi mutamenti, le soste e le ripartenze sono state determinate sempre e unicamente dagli scafisti.

Sulla base degli elementi acquisiti dalla Guardia di finanza e dalla Guardia costiera, alle 23,03, del 25 febbraio, il Centro di situazione di Varsavia dell'Agenzia Frontex comunica - all'International coordination centre di Pratica di Mare e, per conoscenza, al Centro di coordinamento italiano dei soccorsi marittimi, nonché al Centro nazionale di coordinamento - l'avvistamento avvenuto alle 22,26 da parte dell'aereo Frontex Eagle One, impegnato in attività di sorveglianza nello Ionio di un'imbarcazione in buono stato di galleggiabilità, con una persona visibile sopra coperta, in acque internazionali, a circa 40 miglia nautiche dalle coste calabresi. Frontex segnala anche che l'unità navigava con una rotta 2-9-6, a velocità di 6 nodi.

L'assetto aereo, oltre ad aver captato una chiamata satellitare diretta in Turchia ed evidenziato boccaporti aperti in corrispondenza della prua, segnalava una risposta termica dei sensori di bordo e, quindi, la possibile presenza di persone sottocoperta. Fatta la segnalazione, l'aereo Frontex faceva rientro alla base per l'esigenza di rifornirsi di carburante.

Un altro dato da sottolineare è che Frontex non constata e, quindi, non segnala criticità riferite all'imbarcazione.

Alle 23,37, la Guardia di finanza di Vibo Valentia contatta l'autorità marittima di Reggio Calabria, rappresentando che una sua unità navale, come da pianificazione operativa, era già in mare e chi vi sarebbe rimasta fino alle 06,00 per attività di polizia sul caso segnalato.

A mezzanotte circa, l'unità della Guardia di finanza, considerato il tempo stimato in circa 7 ore dall'avvistamento da parte dell'aereo Frontex, necessario al caicco per raggiungere le acque territoriali - presupposto per l'esercizio delle funzioni di polizia - rientra temporaneamente alla base di Crotone per un rabbocco di carburante. Contemporaneamente, oltre al rifornimento, veniva organizzato un nuovo assetto navale rafforzato con un maggiore dislocamento, in grado di poter meglio affrontare le condizioni del mare.

Alle 00,30 del 26 febbraio, al fine di approfondire i dati relativi alla telefonata satellitare - a cui prima ho fatto cenno -, la centrale di coordinamento operativo del Comando operativo aeronavale della Guardia di finanza di Pratica di Mare chiede a Frontex di condividere il numero di utenza satellitare per tracciare il contatto. Frontex, nel comunicare l'utenza, evidenzia che la stessa era riferita ad un dispositivo ricevente situato in Turchia e che, quindi, non era suscettibile di localizzazione.

Tornando al racconto dei sopravvissuti, intorno all'01,30 del 26 febbraio, nonostante il peggioramento delle condizioni del mare, gli scafisti decidono di riprendere la navigazione.

Alle 2,20 circa, da quanto risulta dai rapporti acquisiti, due assetti navali della Guardia di finanza - la motovedetta rientrata per il rifornimento insieme ad un'altra unità navale di più ampia dimensione - riprendono la navigazione alla ricerca dell'imbarcazione. Tuttavia, alle 3,30 circa, due unità navali della Guardia di finanza sono costrette a rientrare in porto a causa delle pessime condizioni meteo marine in atto. Alle 3,48, la Guardia di finanza informa l'autorità marittima di Reggio Calabria del suo rientro, confermando il quadro conoscitivo sopra tratteggiato, che non conteneva ulteriori elementi, né riguardo alla posizione, né riguardo ad eventuali criticità relative all'imbarcazione. Alle 3,50, la stessa sala operativa della Guardia di finanza di Vibo Valentia, mediante la postazione della propria rete radar costiera, acquisisce per la prima volta un target verosimilmente l'imbarcazione riconducibile a quella che era stata segnalata da Frontex. Alle 3,55, la sala operativa del Comando provinciale della Guardia di finanza di Vibo Valentia contatta le sale operative del Corpo dei comandi provinciali di Catanzaro e di Crotone, nonché quelle della Polizia di Stato e dei Carabinieri di Crotone e Catanzaro, alle quali chiede l'invio di pattuglie nelle zone interessate, specificando altresì che le unità navali della Guardia di finanza non avevano stabilito alcun contatto con il natante e che, a causa delle avverse condizioni del mare, quest'ultimo non poteva essere raggiunto, motivo per cui le loro unità navali erano state costrette a rientrare. Pochi minuti dopo, sull'utenza di emergenza 112, giunge una richiesta di soccorso telefonico da un numero internazionale, che veniva geolocalizzato dall'operatore della centrale operativa del Comando provinciale dei Carabinieri di Crotone e comunicato, con le coordinate geografiche, alla sala operativa della Capitaneria di porto di Crotone. È questo il momento preciso in cui, per la prima volta, si concretizza l'esigenza di soccorso per le autorità italiane. Alle 4,19, la centrale operativa del Comando provinciale dei Carabinieri di Crotone invia nella località geolocalizzata (Foce Tacina di Steccato di Cutro) la pattuglia del nucleo radiomobile della compagnia di Crotone. Alle 4,30 circa, tramite il numero di emergenza 1530 della Capitaneria di porto, riceve una segnalazione circa la presenza di una barca di 40 metri sulla foce del fiume Tacina. Pochi minuti dopo, il segnalante richiamava, specificando che l'imbarcazione si trovava a 50 metri dalla riva, che si stava muovendo in direzione della spiaggia e che erano presenti persone a bordo. Veniva pertanto informato il Centro secondario del soccorso marittimo di Reggio Calabria, che disponeva l'invio di una motovedetta con imbarco di un team sanitario e di pattuglie via terra, chiedendo altresì l'intervento dei Vigili del fuoco, del 118 e della questura di Crotone per l'attivazione dei soccorsi a terra. Nel contempo, in località Steccato di Cutro, convergono i militari dei Carabinieri, il personale della locale questura e di altre Forze di Polizia, nonché sanitari, personale dei Vigili del fuoco e della Capitaneria di porto. Sul posto intervengono per primi i Carabinieri che, nell'immediato, traggono in salvo un uomo e un bambino, quest'ultimo purtroppo deceduto poco dopo, bloccando subito uno degli scafisti. Tornando ai momenti immediatamente precedenti al naufragio e quindi ai racconti dei sopravvissuti, la navigazione è proseguita fino alle 3,50, allorquando, a circa 200 metri dalla costa, erano stati avvistati dalla barca alcuni lampeggianti provenienti dalla spiaggia. A quel punto gli scafisti, temendo la presenza delle Forze dell'ordine lungo la costa, effettuano una brusca virata nel tentativo di cambiare direzione per allontanarsi da quel tratto di mare. In quel frangente, la barca, trovandosi molto vicino alla costa e in mezzo alle onde alte, urta con ogni probabilità il basso fondale (una secca) e, per effetto della rottura di quella parte inferiore dello scafo, comincia a imbarcare acqua. Sempre sulla base delle dichiarazioni dei superstiti, a quel punto, due scafisti si buttano in acqua mentre un terzo viene fermato dai migranti, per impedirgli di lasciarli da soli sulla barca incagliata. Molti altri migranti, nel frattempo, salgono sul ponte in cerca di aiuto e lo scafista rimasto a bordo, approfittando del momento di caos, riesce ad abbandonare la barca su un gommone di piccole dimensioni e a far salire poi gli altri due scafisti per dirigersi verso la costa. In quel preciso momento, una forte onda capovolge la barca di legno e tutti i migranti cadono in mare, mentre la barca viene distrutta. È il caso di ricordare che i superstiti hanno chiaramente riferito agli inquirenti che gli scafisti hanno impedito di chiamare i soccorsi, essendo persino dotati di un sistema elettronico che bloccava le linee telefoniche.

Mentre qualcuno cerca persino di contestare la criminalizzazione da parte del Governo degli scafisti, secondo la tesi che aiutare qualcuno ad attraversare una frontiera, non può essere reato, quanto emerge invece dalla tragedia purtroppo di Cutro è l'attività di un'organizzazione criminale che utilizza tecnologie e linguaggi criptati per eludere i controlli, che propone anche sui social media viaggi sicuri e costosi ai migranti, ma che poi non esita ad abbandonarli al loro destino pur di mettere in salvo loro stessi e sfuggire alle Forze dell'ordine. Ecco perché è importante comprendere quale sia la reale consapevolezza, per chi si mette in mare, del rischio di queste traversate vendute come sicure e non certo - mi creda onorevole Stumpo - colpevolizzare le vittime di chi ha perso tutto per sfuggire alla disperazione o sperando di costruire un nuovo futuro. Come già evidenziato dal Ministro Piantedosi, gli interventi operativi in mare sono riconducibili a due missioni statali, quella del law enforcement e quella di ricerca e soccorso (cosiddetta SAR). Si tratta di due funzioni statali diverse, ma è tutt'altro che infrequente che un determinato evento, nato come law enforcement, si tramuti in evento SAR, come pure può accadere l'inverso. Del resto, questo assetto replica un modello ordinamentale che, ai sensi della legislazione vigente, vede le Forze di Polizia chiamate a prestare soccorso in qualsiasi contesto operino, anche quali strutture operative del servizio di Protezione civile. Premesso che l'esigenza di tutela della vita ha sempre e comunque la priorità, quale che sia l'iniziale natura dell'intervento operativo in mare, le attività di law enforcement, che fanno capo al Ministero dell'Interno e quelle di soccorso in mare che competono al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, esigono cooperazione e sinergia, tutte le volte che i contesti operativi concreti lo richiedano e, in primis, quando si tratta di salvaguardare l'incolumità delle persone in mare. Perciò esistono i Centri di coordinamento, che si interfacciano 24 ore al giorno, sette giorni su sette, in composizione prevalentemente interforze e con apparati tecnologici adeguati alle finalità. A questo proposito, va evidenziato che il Governo non ha modificato il quadro normativo nazionale soggetto a vincoli di natura internazionale, con specifico riguardo alla materia del soccorso in mare. Per questa ragione, come del resto è stato molto efficacemente sottolineato dal Presidente del Consiglio, nel question time dell'altro ieri in quest'Aula, a proposito della dinamica di un altro naufragio avvenuto qualche giorno fa in zona SAR libica, la cosa migliore è lasciare la parola al capo della centrale operativa della Guardia costiera, il capitano D'Agostino, il quale testualmente dice: “Tutte le norme sono state applicate. Quelle che c'erano oggi, c'erano anche ieri. Anche perché” - prosegue il capitano - “nessuno mi può costringere a non salvare le vite in mare, neppure un Ministro, perché la responsabilità giuridica sarebbe mia”. Ritengo che le parole di questo servitore dello Stato chiariscano, al di là di ogni possibile dubbio, che le modalità tecnico-operative dei salvataggi, in nessun modo, possono essere sottoposte ad interventi esterni alla catena di comando o a condizionamenti di natura politica. Questo anche per chi vuol far credere che possa esserci una politica capace di sacrificare, per chissà quale obiettivo poi, la vita di uomini, di donne o di bambini, ostacolandone in qualche modo il soccorso, per chi vuol far credere che, di fronte a un dramma così grande, immane, possa esserci, da un lato, una opposizione sensibile, umana ed empatica e, dall'altro, un Governo cinico, disumano e insensibile all'orrore di decine di vite finite nel mare gelido, che io e lei conosciamo bene, il mar Jonio, alle troppe piccole bare bianche in cui sono stati chiusi per sempre i sogni e le speranze di quei bambini. Ormai è a tutti ben chiaro quanto è avvenuto a Cutro e, benché sia doveroso riferire a quest'Aula tutti gli elementi a conoscenza dell'Esecutivo, sappiamo già che non ci sarà informativa in grado di soddisfare le aspettative di chi - duole dirlo - continua spesso a utilizzare questa tragedia, non solo per attaccare strumentalmente il Governo, ma anche per tentare di marcare la differenza morale e antropologica tra una parte politica che detiene in via esclusiva il senso dell'umanità e una destra mostruosa e disumana, a cui attribuire le responsabilità di quelle morti. È un tentativo che non va bene, un tentativo che rischia di commentarsi da solo e che non ci fa indietreggiare in quello che, responsabilmente, riteniamo l'unico modo per evitare il rischio di morti in mare: evitare il più possibile che queste persone mettano le loro vite in mano di criminali senza scrupoli, come quelli che hanno portato la loro imbarcazione a schiantarsi in una secca a pochi metri dalla riva.

Come ben evidenziato dal Ministro dell'Interno in occasione della sua informativa, sostenere che i soccorsi sarebbero stati influenzati o addirittura impediti dal Governo costituisce una grave falsità, che offende anche l'onore e la professionalità dei nostri operatori impegnati quotidianamente in mare, in scenari particolarmente pericolosi e difficili, gli stessi operatori che nei mesi del nostro Governo hanno salvato decine di migliaia di vite, sia in interventi SAR che in interventi di law enforcement.

Rilevo, poi, che non c'è connessione tra il cosiddetto decreto ONG e il naufragio di Cutro, perché, in primo luogo, né nello Ionio né lungo la rotta turca hanno mai operato navi di organizzazioni non governative e, poi, perché le regole introdotte con il citato provvedimento partono dal presupposto che, prima di tutto, devono essere sempre assicurati il soccorso e l'assistenza ai migranti, nonché la tutela della loro incolumità.

Va, in particolare, evidenziato che l'attivazione dell'intero sistema SAR non può prescindere da una segnalazione di una situazione di emergenza. Infatti, il dispositivo SAR si attiva esclusivamente in presenza di tale segnalazione. Laddove, invece, non venga segnalato un distress, l'evento operativo è gestito come un intervento di polizia, anche in ragione di quanto prima osservato circa la capacità di soccorso delle nostre unità navali.

Come ho osservato precedentemente, nel caso in questione il primo dato certo è che l'assetto aereo Frontex, che per primo ha individuato l'imbarcazione alle ore 22,26 del 25 febbraio, a 40 miglia nautiche dall'Italia, non ha rilevato - e, quindi, non ha segnalato - una situazione di distress a bordo, limitandosi a evidenziare la presenza di una persona sopra coperta e di altre possibili persone sotto coperta e una buona galleggiabilità dell'imbarcazione. Frontex annotava altresì che l'imbarcazione procedeva a velocità regolare (6 nodi l'ora), non appariva sovraccarica e non sbandava. Inoltre, nessuna segnalazione di allarme o richiesta di aiuto proveniva dall'imbarcazione in questione e poiché l'evento, rilevato alle 22,26 del 25 febbraio, non aveva - né lasciava supporre - una condizione di distress, correttamente, l'assetto Frontex lo segnalava alle autorità italiane di law enforcement e, per conoscenza, anche a quelle del soccorso marittimo, nonché al proprio quartier generale, come previsto dalle procedure esistenti, affinché le autorità nazionali competenti gestissero l'evento con strumenti appropriati per tale tipo di operazione, in base al proprio ordinamento. Nel caso in questione, l'aereo Frontex interrompeva il contatto con il target, perché a corto di carburante e, quindi, doveva ritornare alla base.

Nell'avviarmi alle conclusioni, mi preme sottolineare che, proprio per interrompere la tragica sequenza di naufragi di cui Cutro costituisce un ulteriore episodio, questo Governo è fortemente impegnato, a livello nazionale e internazionale, sia sul versante della promozione della migrazione regolare sia al contrasto di quella illegale. Sul primo aspetto, ricordo che il decreto flussi prevedeva circa 83.000 ingressi regolari - sono stati aumentati rispetto alla cifra di 70.000 - per motivi di lavoro e per il maggiore spazio dato ai corridoi umanitari.

Sul piano dell'immigrazione illegale, il Governo intende inasprire la lotta alla criminalità dedita al favoreggiamento dell'immigrazione illegale, a livello sia nazionale che internazionale. Sono stati, infatti, trafficanti senza scrupoli a causare il naufragio di Cutro, una tragedia che ci riempie di angoscia. Per questa ragione, la linea del Governo è nel senso che i flussi migratori non possono essere abbandonati a criminali senza scrupoli e che non si può accettare passivamente una migrazione senza regole, principale causa delle tragedie del mare. Lo ha detto, molto chiaramente, il Presidente del Consiglio, nel question time dell'altro ieri e, da parte mia, non posso che ribadirlo con la stessa forza: “Finché ci saranno partenze su barche in pessime condizioni, e, qualche volta, in pessime condizioni meteo, ci saranno sempre perdite di vite. Quello che dobbiamo fare è prevenire che i trafficanti portino queste persone a bordo di queste barche e investire, invece, sulle rotte legali”. E questo è precisamente quello che ha fatto il Governo, che la scorsa settimana ha approvato un decreto-legge che, da un lato, colpisce con severità i trafficanti di esseri umani, attraverso nuove fattispecie di reato e prevede pene più dure per i delitti legati all'immigrazione clandestina, ma, d'altro canto, razionalizza la cornice giuridica della migrazione legale, mediante nuove modalità di programmazione dei flussi d'ingresso legali dei lavoratori stranieri e la semplificazione del sistema di avvio del rapporto di lavoro in Italia.

In questo senso - e mi avvio veramente alla conclusione - è evidente l'avvicinamento della politica migratoria europea a quella del Governo italiano. Nella riunione straordinaria del Consiglio europeo del 9 febbraio scorso, Bruxelles ha affermato il principio che l'efficace controllo delle frontiere esterne dell'Unione è una questione europea e richiede soluzione europea, come, da tanto tempo, era richiesto dall'Italia.

In attuazione di questo approccio e in vista del prossimo Consiglio europeo, quello del 23 e del 24 marzo, la Commissaria UE agli Affari interni, Johansson, ha diramato, lo scorso 14 marzo, una comunicazione sulla gestione integrata dei flussi migratori per i prossimi 5 anni. È un atto importante, per i contenuti della strategia che si va a delineare, di cui ricordo due punti caratterizzanti, fortemente voluti dal nostro Paese e dal nostro Governo: la necessità di un robusto rilancio della cooperazione con i Paesi di origine e il transito dei flussi per aumentare le capacità tecniche di controllo delle frontiere e la necessità di un miglior coordinamento tra Stati costieri e Stati di bandiera, con la conseguente esigenza di un pieno e tempestivo scambio informativo tra gli attori coinvolti nelle operazioni SAR.

Come si può rilevare, quindi, la strategia europea della gestione delle migrazioni fa propri aspetti abbastanza qualificanti e importanti delle priorità italiane, con riferimento alla lotta ai criminali dediti alla tratta, alla cooperazione con i Paesi di origine e transito dei flussi e al miglioramento del sistema SAR.

Come il Presidente del Consiglio Meloni ha ben messo in evidenza, in occasione - ripeto - del question time del 15 marzo in quest'Aula, siamo di fronte a un cambio di passo dell'Europa, a una nuova narrazione. Ma siccome noi non ci accontentiamo delle dichiarazioni di principio, siamo già al lavoro per fare in modo che alle enunciazioni formali seguano, in tempi brevi, politiche concrete e impegni vincolanti per rispondere alle sfide che l'Europa - e certamente l'Italia non da sola - deve affrontare nella gestione delle migrazioni, anche con una solidarietà che non si fermi, in termini di accoglienza e di integrazione, al momento in cui si arriva alla banchina di un porto, lasciando poi tutto nel dimenticatoio, a partire dal giorno dopo, rispetto alle esigenze dei tanti migranti, e, soprattutto, anche verso quella sicurezza delle frontiere che non deve essere mai dimenticata.

 

NICOLA STUMPO. Presidente, non si tratta di essere soddisfatti. Penso che nella risposta di questo Governo, in questo caso della Sottosegretaria Ferro, ci siano le profonde differenze che animano la politica non solo italiana, ma la politica in generale e, se proprio devo dirlo per semplificare, le differenze che esistono tra la destra e la sinistra.

Vede, lei, in questa lunga relazione che le è stata preparata, ha detto cose che - lo dico così, semplicemente - io non condivido, perché ha toccato aspetti che vanno anche al di là della vicenda, di cui dirò qualcosa, ma soprattutto ha disegnato un modello per il quale io ritengo di sentirmi diametralmente dall'altra parte, considerando questa situazione e i relativi drammi.

Lei l'ha detto: io conosco quelle spiagge, perché quelle sono state le spiagge della mia infanzia. Conosco le persone che erano lì e i loro sentimenti. Mi unisco ai suoi ringraziamenti e mi dolgo, però, del fatto che, in quel momento, lì c'erano solo quelle persone, solo quelle persone. Non c'era lo Stato, e questo lo ha detto lei. Lei, a un certo punto, ha detto che da Reggio Calabria doveva partire una nave per andare a Steccato di Cutro. Se, anziché con una nave, ci fosse andata in macchina, attraverso la strada statale n. 106, lei sa bene quanto ci avrebbe messo, e con una nave, con mare forza 4, sa che sarebbe arrivata per il prossimo naufragio. Non va bene. Non si gioca sulle vite umane. È questo ciò che noi stiamo chiedendo: non si gioca sulle vite umane. Non si può fare una ricostruzione di questa vicenda dicendo che doveva partire una nave da Reggio Calabria per Cutro. Infatti, il porto di Reggio Calabria è sul Tirreno, sta dall'altra parte, mentre lo Ionio è dalla parte opposta.

C'è tanta strada e tanto mare da percorrere per salvare vite umane. Alle 18 di sera, quando Frontex aveva già visto l'imbarcazione, i trafficanti si sono fermati in attesa del buio, noi cosa aspettavamo? La vostra politica è quella di salvaguardare le frontiere, ma loro che cosa dovevano fare? Dovevano arrivare e, se non prendevano la secca, poi entravano? È questa la politica che volete fare? Nascondere anche l'evidenza?

Penso che in questa sua ricostruzione vi siano ancora tante cose da chiarire, perché non basta aver fatto un elenco: alle 18, alle 22, alle 23, quello, quell'altro. Cosa abbiamo fatto per provare ad intercettare quella nave? Per tirare fuori da una nave persone in pericolo? Abbiamo scambiato telefonate, chiesto se si poteva avere il numero per intercettarla. Non si poteva fare qualcos'altro in tutto questo? Il Ministro ci dice che c'è un'indagine. Aspetteremo l'indagine, siamo rispettosi, ci mancherebbe, ma oltre ad aspettare l'indagine?

Lei ci ha detto che noi lo facciamo per propaganda, ma io vado a dormire con la mia coscienza a posto la notte. Sono tutti a posto con la coscienza per aver fatto tutto quello che si poteva fare, indagine giudiziaria a parte? In questa risposta lei ha ben descritto - non lei, chi sta orchestrando questa linea politica - chi sono i cattivi: gli scafisti, lo sappiamo tutti. C'è qualcuno che pensa di poter apprezzare la qualità umana di questi trafficanti di morte? Penso nessuno, nessuno, qui tra noi, tra le persone normali. Ma cosa vogliamo fare perché ciò non accada? Aumentiamo le pene agli scafisti e abbiamo risolto il problema delle partenze da posti che sono incredibilmente peggio di un mare in forza 4 o bastano alcune cose, come dice lei, facendo un po' la vittima, non lei, la sua parte politica, che ci viene a raccontare che le cose erano così anche prima e che per una superiorità morale della sinistra vi accusiamo di qualcosa?

Io non mi sento superiore a nessuno, mi sento diverso, questo sì, diverso, e penso che dovremmo fare ricchezza tutti della nostra diversità, soprattutto, quando facciamo cose che non riguardano la battaglia politica, perché le voglio dire, anche qui, oggi, una cosa che non avrebbe senso dire, ma la voglio dire; questa vicenda per la prima volta vi sta portando male anche elettoralmente, non affrontatela come avete fatto in tutti questi anni, fomentando la paura dei cittadini: gli scafisti, quelli che vengono a rubarci il lavoro… Affrontiamola come un tema che non avrà la possibilità di essere fermato, va affrontato. La gente scappa per la fame, per la miseria, per la morte; non scappa perché ha voglia di avere un cellulare, come sento dire, non scappa perché vede il luccichio delle cose che gli abbiamo promesso, scappa perché ha fame, scappa perché viene uccisa, scappano perché vengono violentate, le donne. Questo è il tema e questo noi dobbiamo provare ad affrontare.

Non costruite un'altra distrazione di massa con gli scafisti; quelli si combattono facilmente, gli scafisti, è il problema che va affrontato. Se si sbaglia l'analisi iniziale, si sbaglia la proposta e voi state continuando a sbagliare l'analisi: pensate di fermare questa ondata enorme, dovuta a mille vicende, dalla fame alle questioni ambientali, dalle guerre alla paura, prendendo un abbaglio, gli scafisti. Può andar bene per qualche trasmissione di prima serata, può andar bene per qualche comizio, non va bene per affrontare il problema.

Sottosegretaria, glielo dico, anche per la stima che, come lei sa, ho nei suoi riguardi, state sbagliando e non è una verità, la mia, è il mio modo di vedere le cose. Può darsi che stia sbagliando io, io non ho certezze, l'unica certezza che ho è che il mare si sta riempiendo di morti e che noi dobbiamo evitare questo e che le politiche fatte fin qui stanno aumentando i morti.

Questo noi lo dobbiamo evitare e per questo non ci accontentiamo e non siamo per nulla convinti della sua risposta. Continueremo a chiedere che si faccia chiarezza, che il Ministro Piantedosi e il Ministro Salvini si assumano le loro responsabilità per quello che è successo e per quello che potrà ancora succedere.