I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
sulla base dei dati rilasciati dalla Protezione civile il 15 aprile 2020, il Piemonte è la terza regione italiana per numero di contagi (18.229) e di deceduti (2.015) e solo la quinta per numero di tamponi effettuati (75.664);
l'8 aprile 2020, l'Ordine dei medici e l'Ordine degli odontoiatri hanno stilato un rapporto sulle criticità della gestione dell'emergenza in Piemonte, che metteva in risalto: la mancanza di una strategia preventiva ed operativa di valutazione delle situazioni più critiche nelle case di riposo; la mancanza di un bollettino giornaliero con le scelte strategiche decise dall'Unità di crisi sulla base dei rilevamenti epidemiologici; la mancanza di dati sull'esatta diffusione dell'epidemia, viziata dall'esecuzione di un numero ridotto di tamponi; l'attribuzione della diagnosi di morte per Covid solo ai deceduti in ospedale, mancando al conteggio delle morti quelle avvenute a domicilio o in residenza, dove i tamponi non sono stati eseguiti; la mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio e ai medici ospedalieri; la gravissima carenza delle attività di igiene pubblica a causa della quale non è stato possibile intercettare immediatamente sul territorio i sintomatici, i positivi e far seguire a questo il tracciamento rigoroso dei contatti, la quarantena dei conviventi o dei sospetti a rischio; la mancata esecuzione tempestiva dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e al personale operante nelle strutture ospedaliere pubbliche e private; il non aver dotato i medici di territorio di sufficienti e adeguati Dpi, così come di strumenti di diagnosi, controllo e di percorsi preferenziali per una diagnosi rapida e tempestiva;
negli stessi giorni, i medici di medicina generale della regione, sulla base di rilievi diagnostici sui propri pazienti, suggerivano di moltiplicare per 7 il numero di contagiati ufficiali per ottenere il reale dato di pazienti Covid-19 in Piemonte;
sempre l'8 di aprile, il comando torinese dei Nas ha effettuato, in diverse Rsa di Torino e del nord-est della regione, ispezioni, sopralluoghi e acquisizioni di documenti, sulla base di alcune segnalazioni giunte negli ultimi giorni. Sono invece in corso due procedimenti giudiziari al momento senza indagati o ipotesi di reato: il primo si riferisce alle denunce sulla penuria di mascherine e altri dispositivi nella dotazione destinata al personale sanitario in tutta la regione; il secondo riguarda i decessi in una casa di riposo a Grugliasco, dove sono morti in pochi giorni 21 ospiti su 87;
segnalazioni di allarme giungono, inoltre, da varie residenze per anziani nei comuni di Brusasco, Chieri, Corio, Lessona, Borgomanero, Invorio, Villanova di Mondovì, Bosconero, Volpiano, Rivarolo, Borgaro, Alpignano, Premosello Chiovenda, Odalengo Grande e Tortona;
l'assessore alla sanità della regione Piemonte, Luigi Leardi, ha dichiarato alla stampa che la situazione del Piemonte è dovuta anche alla «sfortuna» nelle modalità di diffusione del contagio e ha ammesso che la regione ha perso dai 7 ai 10 giorni prima di iniziare ad adottare le necessarie procedure di contrasto al contagio –:
quale sia il numero di contagiati e di decessi da Covid-19 tra gli ospiti e il personale delle strutture Rsa della regione Piemonte;
se non ritenga di adottare le iniziative di competenza, in raccordo con la regione, per verificare se le indicazioni fornite alle Rsa siano state congrue rispetto alle gravi condizioni epidemiche nelle Rsa e nei servizi semiresidenziali e quali verifiche intenda promuovere, per quanto di competenza, con riferimento all'attività di prevenzione, vigilanza e indirizzo effettuata;
se non ritenga di adottare iniziative, per quanto di competenza, perché sia fatta chiarezza dal punto di vista della tutela della salute pubblica, in ordine all'adeguatezza delle decisioni adottate per la limitazione del contagio;
se non ritenga necessario adottare le iniziative di competenza al fine di garantire ai cittadini del Piemonte lo svolgimento di un numero di tamponi adeguato al contenimento del contagio nonché un'adeguata fornitura di Dpi per il personale sanitario.
Seduta del 7 maggio 2020
Illustrazione di Chiara Gribaudo, risposta del Sottosegretario di Stato per la Salute Sandra Zampa, replica di Francesca Bonomo
CHIARA GRIBAUDO: Grazie, Presidente. Saluto e ringrazio la sottosegretaria Zampa, per essere qui in Parlamento a dare delle risposte alle nostre preoccupazioni, che riguardano la regione Piemonte, i suoi anziani e le strutture ospedaliere.
Un aspetto terribile di questa pandemia, che fin da subito ha riempito i giornali e i social network, è stato quello della solitudine, che ha costretto tutti noi e soprattutto i nostri anziani, le persone a cui vogliamo bene, i nostri cari, che eravamo abituati ad accudire o visitare almeno qualche volta alla settimana, genitori e nonni che ci hanno dato la vita. Migliaia di italiani sono stati costretti a saperli scomparsi tramite una telefonata, a non poter dare loro l'ultimo saluto guardandoli negli occhi, distanziati da un isolamento, tanto necessario quanto sofferto.
Anche per questo, l'aspetto che emerge, come sempre più grave nella gestione di questa emergenza, è quello delle RSA, delle case di riposo e delle strutture semiresidenziali. Sappiamo bene che, già prima del COVID-19, si trattava di un settore in cui la privatizzazione galoppante era divenuta una corsa all'abbassamento dei costi, che in pratica significava forte carico di lavoro del personale ed in particolare - lo voglio sottolineare - degli OSS e delle OSS e anche, ovviamente, dei responsabili delle strutture, senza avere strumenti a disposizione.
Sono fatti che leggiamo in questi giorni nelle note delle procure e dei Carabinieri NAS, che indagano sulle migliaia di strutture, sparse per l'Italia, 700 solo in Piemonte. Durante l'emergenza questo sistema, con tutte le precedenti criticità, si è trovato in prima linea nell'affrontare il Coronavirus e l'azione della sanità regionale spesso è stata contraria al buon senso e manchevole di ogni precauzione. Questo, purtroppo, è il caso del Piemonte.
I dati rilasciati ieri dalla Protezione civile ci dicono che la regione Piemonte conta 165 nuovi casi ieri, per un totale di 27.939 malati e 3.247 morti. La curva dei contagi, che per la maggior parte delle regioni ha iniziato a scendere settimane fa, in Piemonte si muove ancora incerta e costringe il presidente Cirio a dichiarare che, forse, il 4 maggio, come data di riapertura per la nostra regione, è stata troppo presto. Verrebbe da dire: chi è causa del suo mal pianga se stesso. Ma, purtroppo, il male e il dolore delle perdite sono diffusi in tutta la nostra regione.
Per settimane siamo stati costretti ad ascoltare un assessore alla sanità, Luigi Icardi, che ripeteva pedissequamente di seguire le indicazioni dell'Istituto superiore di sanità, per giustificare l'enorme ritardo nell'effettuare i tamponi e le mancanze di dispositivi individuali. Quando è diventato chiaro che la sanità regionale era fuori controllo, ha addirittura parlato di “sfortuna” nella dinamica dei contagi, coprendosi di ridicolo e offendendo tutti coloro che da settimane aspettavano chiusi in casa, con i sintomi del COVID-19, che qualcuno andasse a fare loro un tampone. La situazione era tanto grave, da costringere i medici di base, l'8 aprile, a dichiarare che il numero reale di casi poteva essere stimato in sette volte i dati ufficiali; mentre l'Ordine dei medici e degli odontoiatri stilava un lungo elenco di mancanze da parte della regione. Ne cito solo alcune: l'esecuzione di pochi tamponi, l'attribuzione di morti per COVID solo ai morti in ospedale; la mancanza di dispositivi, come noto DPI, ai medici del territorio e ai medici ospedalieri; le gravi mancanze del sistema di igiene pubblica che ha impedito ogni tracciamento; la mancanza di tamponi agli operatori sanitari; per non parlare delle mail disperse e, infine, la mancanza di una strategia preventiva ed operativa di valutazione delle situazioni più critiche nelle case di riposo. Mentre le procure di tutto il Piemonte indagano sulle case di riposo e i magistrati di Vercelli ipotizzano i reati di omicidio colposo e procurata epidemia, l'emergenza in regione sembra un campo di battaglia invece di nomine e ruoli. Il capo dell'unità di crisi, Mario Raviolo, è saltato il 17 marzo con il richiamo dalla pensione di Vincenzo Coccolo, già consulente della Protezione civile. Poi ad aprile il presidente Cirio, non sapendo più come affrontare i contagi fuori controllo, ha nominato una task force che in pratica significa il commissariamento dell'assessore Icardi. Nonostante la gestione disastrosa, l'assessore in questi giorni continua a rilasciare dichiarazioni assurde sulle riaperture e a bollare come stupidaggini le affermazioni dei professori. Sì, perché mentre infuria ancora l'emergenza, la giunta Cirio invece inizia già a parlare purtroppo di poltrone, della Lega che chiede nuovi posti e di equilibri nella maggioranza di centrodestra. Tutto questo possiamo dirlo è deprimente - vorrei dire vergognoso ma è deprimente - mentre ogni giorno in Piemonte si muore ancora per le disattenzioni e l'incompetenza colpevole della fase 1. Ormai le responsabilità sono evidenti e lo sono con particolare riferimento alle RSA che sono state fra i peggiori focolai nella nostra regione. Citando il professor Faggiano, su La Stampa del 27 aprile, il 44 per cento dei malati è riconducibile alle RSA. Dentro alle case di riposo quasi il 90 per cento dei pazienti è contagiato: si parla di 4.000 persone positive. La più colpita è la provincia di Alessandria: nella RSA di Murisengo sono morte dieci persone in undici giorni; nelle RSA di Novara dieci; 4.900 persone in tutta la provincia sono ancora in quarantena e in attesa di tampone e, nonostante questa gravissima situazione, nei laboratori piemontesi scarseggia ancora il reagente per i tamponi e non si è riusciti a garantire una fornitura regolare. A metà marzo è stata bandita una gara da 119 milioni di euro per una fornitura di 2 milioni e mezzo di mascherine e nessuno le ha viste; a Pasqua Cirio annunciava mascherina gratuite per tutti ma al momento sembrano disperse o quasi. E non parlo del ritardo nella gestione della cassa integrazione in deroga che è un tema non certamente di questa interpellanza ma la situazione economica di migliaia di lavoratori piemontesi è gravissima: non ultima la situazione del personale delle RSA che si è sentito completamente abbandonato a se stesso, dagli operatori sottopagati ai dirigenti ai quali veniva chiesto in malo modo di ospitare pazienti COVID nonostante la presenza di altri anziani in condizioni precarie. Nel frattempo un ospedale completamente nuovo come quello di Verduno vedeva la presenza di pochi pazienti quasi guariti; i presidi territoriali venivano smantellati per far posto a reparti COVID; i positivi venivano lasciati a casa a prendere la tachipirina e a misurare l'ossigenazione del sangue augurandosi di non vederla scendere. Anche per queste scelte poco chiare la domanda che tutti ci facciamo e in qualche modo le rivolgiamo, sottosegretaria, è se quello che sta accadendo e che è accaduto in Piemonte poteva essere prevenuto. Il PD piemontese ha chiesto fin da inizio marzo al presidente Cirio di svolgere i tamponi sugli anziani ospiti delle residenze e sul personale in servizio per isolare i positivi e non rischiare l'estensione del contagio soprattutto fra le persone più fragili. Le disposizioni della regione sono arrivati in grave ritardo; sono mancati e mancano ancora i controlli sulla tutela della salute del personale sanitario e degli OSS; continuano ad arrivarmi segnalazioni di personale all'interno delle case di riposo che non viene dotato di guanti e mascherine indispensabili sia per la salute di questi lavoratori sia per limitare il contagio degli ospiti. Cosa è successo ai nostri cari in queste strutture? Perché i luoghi più fragili sono stati usati come trincee nell'arginare il virus anziché isolati e messi al sicuro? Per questi motivi, sottosegretaria, le chiediamo oggi quale sia il numero di contagiati e di decessi da COVID-19 tra gli ospiti e il personale delle strutture delle RSA della regione Piemonte; qual è il giudizio del Ministero sulla gestione delle RSA durante la pandemia e se si ritengano adeguate le misure adottate dalla regione per la limitazione del contagio e, infine, cosa sta facendo o cosa potrebbe fare lo Stato per intervenire direttamente nella fornitura dei dispositivi di sicurezza al personale sanitario del Piemonte.
Mentre i problemi denunciati dall'ordine dei medici sono ancora presenti e non risolti, la Lega e il presidente Cirio discutono di equilibri politici, le task force litigano con l'assessore alla sanità e non è dato sapere chi si sta assumendo le responsabilità delle scelte nella nostra regione. Il personale regionale continua a vivere nella paura, nell'ansia e nell'incertezza a causa di una mancanza di leadership e di un Governo regionale che continua a non dare indirizzi chiari e a navigare a vista. Se è vero che il contagio non è finito e che nei prossimi mesi e anni dovremmo essere pronti a nuovi lockdown, oggi abbiamo bisogno di risposte perché ciò che è accaduto in Piemonte possa non ripetersi mai più. Il dolore dei cittadini del Piemonte esige queste risposte. Grazie per quanto ci potrà dire, per quello che avete fatto e per quello che potremo fare insieme.
SANDRA ZAMPA, Sottosegretario di Stato per la Salute. La ringrazio molto, signor Presidente, ringrazio molto le interroganti, l'onorevole Gribaudo e gli altri firmatari di questa interpellanza su un tema così sensibile urgente qual è quello delle RSA. Nell'ambito delle strategie di prevenzione e di controllo dell'epidemia da virus SARS-CoV-2 è emersa immediatamente la necessità di prestare massima attenzione nei confronti della popolazione anziana. Fin dall'adozione del DPCM del 1° marzo 2020 anche per la regione Piemonte è stata prescritta la rigorosa limitazione all'accesso dei visitatori agli ospiti nelle residenze sanitarie assistenziali quale fondamentale misura di prevenzione del contagio. Le persone anziane rappresentano infatti la popolazione fragile per eccellenza: una popolazione che va protetta con le più idonee cautele anche e soprattutto nel corso dell'epidemia di COVID-19. Si è constatato infatti che la maggior parte dei casi si manifesta in persone anziane. Circa il 60 per cento dei malati, infatti, ha un'età superiore ai sessant'anni. Inoltre l'infezione colpisce più gravemente gli anziani con pregresse patologie cardiovascolari, respiratorie croniche e di diabete e in questo caso, tra l'altro, la mortalità aumenta con l'aumentare dell'età.
Tenuto conto di tali dati di contesto, sono state successivamente avviate le iniziative che sintetizzo. Per proteggere la popolazione anziana l'Istituto superiore di sanità ha predisposto il documento intitolato Indicazioni ad interim per la prevenzione e il controllo delle infezioni da SARS-CoV-2 in strutture residenziali socio-sanitarie. Si tratta del Rapporto COVID-19 n. 4/2020 dell'Istituto superiore di sanità. Questo documento è stato trasmesso alle regioni e alle province autonome con la circolare n. 13468 del 18 aprile 2020 a firma congiunta dei direttori generali della prevenzione e della programmazione sanitaria del Ministero della Salute. Le indicazioni del documento vertono principalmente sugli ambiti di prevenzione e preparazione delle strutture alla gestione di eventuali casi sospetti, probabili o confermati di COVID-19. Le misure generali prevedono un rafforzamento dei programmi e dei principi fondamentali di prevenzione e di controllo delle infezioni correlate all'assistenza, inclusa una adeguata formazione degli operatori. In particolare il rafforzamento deve prevedere un'accorta preparazione della struttura proprio per prevenire l'ingresso di casi COVID-19 e per gestire eventuali casi sospetti, probabili o confermati che si dovessero verificare tra i residenti. Si ribadisce, inoltre, la necessità di un'adeguata sorveglianza attiva tra i residenti e gli operatori per l'identificazione precoce di casi. Si prevede che le strutture debbano essere in grado di effettuare un isolamento temporaneo dei casi sospetti e in caso di impossibilità di un'efficace isolamento per la gestione clinica del caso confermato di provvedere al trasferimento in ambiente ospedaliero o in altra struttura adeguata all'ulteriore valutazione clinica e alle cure necessarie, come, ad esempio, in una struttura dedicata ai pazienti COVID-19.
Già nella circolare del Ministero della salute, la circolare n. 10736 del 29 marzo 2020, che è titolata: “Indicazioni ad interim per un utilizzo razionale delle protezioni per infezione da SARS-COV-2 nelle attività sanitarie e sociosanitarie” - si tratta anche in questo caso di indicazioni elaborate dal gruppo di lavoro dell'Istituto superiore di sanità Prevenzione e Controllo delle Infezioni - si esplicitava che, allo scopo di perseguire l'obiettivo volto alla massima tutela possibile del personale, fosse necessario dotarlo, in base alle evidenze scientifiche, di dispositivi di protezione individuale di livello adeguato al rischio professionale cui fosse esposto, considerato il contesto di elevata intensità assistenziale e di prolungata esposizione allo stesso rischio. Inoltre, il documento evidenziava che i dispositivi di protezione individuale dovessero essere considerati come una misura efficace per la protezione dell'operatore sanitario solo se inseriti all'interno di un più ampio insieme di interventi che comprendesse controlli amministrativi e procedurali, ambientali, organizzativi e tecnici nel contesto assistenziale sanitario.
Contestualmente, l'Istituto superiore di sanità ha avviato iniziative volte a monitorare le attività svolte nelle strutture RSA e a fornire raccomandazioni per azioni di formazione e prevenzione, finalizzate al controllo dell'infezione da SARS-COV-2, come la predisposizione e la diffusione di materiale comunicativo, la formazione a distanza per gli operatori di RSA e la survey nazionale sul contagio COVID-19.
Nella regione Piemonte sono state contattate 608 RSA, di cui 135 - pari al 22,2 per cento - hanno risposto alla survey (dato al 15 aprile). In queste strutture sono riportati come deceduti, dal 1° febbraio al 15 aprile, 684 residenti, di cui 18 COVID-19 positivi e 154 con sintomi compatibili con COVID-19. Si precisa che l'analisi delle informazioni del personale sanitario non era oggetto dell'indagine.
Inoltre, sempre con riferimento alle RSA, il Ministero della salute, conformandosi alle indicazioni contenute nelle raccomandazioni dell'OMS del 21 marzo ultimo scorso, con la circolare del 25 marzo 2020, recante l'aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali, nell'ambito delle strategie di prevenzione, assistenza e controllo del contagio, ha segnalato che l'emergenza connessa agli ospiti/pazienti ivi ricoverati, rende necessario attivare una stretta sorveglianza e un rigoroso monitoraggio nonché il rafforzamento dei setting assistenziali. Sono state altresì fornite specifiche indicazioni a tutela degli ospiti delle residenze sanitarie assistenziali, proprio in quanto considerati la popolazione più fragile e più esposta al maggior rischio di complicanze fatali associate all'infezione.
Richiamata l'esperienza delle regioni precocemente colpite dalla pandemia, si è ritenuto necessario segnalare la necessità di individuare prioritariamente strutture residenziali assistenziali dedicate ove trasferire i pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero, per evitare il diffondersi del contagio e potenziare il relativo setting assistenziale.
Inoltre, è stata ribadita nuovamente l'importanza di predisporre percorsi formativi e di prevenzione specifica per tutto il personale ivi operante, segnalando la necessità di potenziare il personale in servizio presso queste strutture, anche attraverso i meccanismi di reclutamento straordinario, già attivato, peraltro, per le strutture di ricovero ospedaliero, nonché la possibilità di ricorrere a personale già impiegato nei servizi semiresidenziali e domiciliari. È stato raccomandato di effettuare in maniera sistematica tamponi per la diagnosi precoce dell'infezione a carico degli operatori sanitari e socio-sanitari e di dotarli dei dispositivi di protezione individuale, nonché di garantire la continuità dei servizi di mensa, lavanderia, pulizia e servizi connessi, estendendo anche a questi operatori le misure mirate a definire un'eventuale infezione da SARS-COV-2
In linea con quanto finora rappresentato, il recente DPCM 26 aprile 2020 conferma, all'articolo 1, comma 1, lettera x), che l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite, oppure hospice, strutture riabilitative, strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non autosufficienti, è limitata ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione.
Sul versante dell'effettuazione dei test, la circolare n. 11715 del 3 aprile 2020, titolata: “Pandemia di COVID-19 - aggiornamento delle indicazione sui test diagnostici e sui criteri da adottare nella determinazione delle priorità” ha raccomandato che l'esecuzione dei test venga assicurata agli operatori sanitari e assimilati a maggior rischio, sulla base di una definizione operata dalle aziende sanitarie, quali datori di lavoro. Inoltre, tra gli operatori esposti a maggior rischio a cui effettuare il test per tutelare loro stessi e per ridurre il rischio di trasmissione nosocomiale sono stati individuati anche quelli delle RSA e delle altre strutture residenziali per anziani, sebbene asintomatici.
La regione Piemonte ha rappresentato che, ad oggi, i test virologici sono elaborati da 22 laboratori attrezzati. Come dato recente ed esemplificativo, il giorno 23 aprile sono stati processati 7.330 tamponi. In ordine ai dispositivi di protezione individuale, pur avendo proceduto ad effettuare acquisti tramite la Protezione civile, la centrale acquisti e le singole aziende sanitarie sono riuscite a rifornire i medici di medicina generale e le RSA in sofferenza, solo quando si sono realizzate le condizioni di piena disponibilità. La regione ha, inoltre, evidenziato di avere costituito una specifica unità di crisi, all'interno della quale opera un'area funzionale di coordinamento delle RSA che fornisce costante supporto alle strutture, effettuando il monitoraggio settimanale delle oltre 700 strutture socio assistenziali per anziani presenti nella regione, il cui esito è inviato alle commissioni di vigilanza delle ASL per l'analisi delle eventuali criticità. Dall'inizio dell'epidemia, l'unità di crisi ha distribuito oltre 220 mila mascherine alle RSA e 97.250 alle residenze strutture socio assistenziali. Inoltre, sono state adottate misure per garantire il sostegno di personale assistenziale e infermieristico. Sono stati intensificati i tamponi: al 20 aprile risulta compiuto un controllo con tampone su oltre 20 mila persone, tra ospiti e operatori delle RSA, per un totale di quasi 400 strutture.
Sul versante delle ispezioni, a livello nazionale, i Nuclei antisofisticazione e sanità (NAS) stanno effettuando un'attenta e mirata azione di vigilanza presso le strutture ricettive sanitarie e socioassistenziali destinate a ospitare persone anziane e con disabilità. A partire da febbraio, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza e del susseguirsi delle varie misure di contenimento, i NAS hanno operato 601 accessi presso le strutture ricettive, individuandone 104 non conformi alla normativa, pari al 17 per cento del totale, deferendo all'autorità giudiziaria 61 persone e sanzionandone ulteriori 157. Sono state rilevate specifiche violazioni attinenti il rispetto della normativa di sicurezza sui luoghi di lavoro, sia per la mancanza di dispositivi di protezione individuale sia per la formazione del personale, non adeguatamente informato su come garantire la propria incolumità e, di conseguenza, quella degli ospiti. A causa delle gravi carenze strutturali e organizzative sono stati eseguiti provvedimenti di sospensione e di chiusura nei confronti di 15 attività ricettive, giudicate incompatibili con la permanenza degli ospiti alloggiati, determinando il trasferimento degli stessi in altri centri nel rispetto delle procedure nazionali e regionali previste per la prevenzione di possibili contagi.
Infine, il Ministro della Salute ha attivato l'unità di crisi, istituita con decreto del Ministro 27 marzo 2015, come modificato con il decreto ministeriale 7 agosto 2019, che ha dato mandato alla task force, costituita in seno alla stessa unità di crisi, di procedere a effettuare verifiche ispettive presso le RSA di diverse regioni. Allo stato attuale, tali verifiche sono già state espletate in Lombardia, Calabria e Sicilia in riferimento a situazioni di contagio e/o di decesso verificatesi in alcune strutture sociosanitarie. È preciso intendimento proseguire a effettuare ulteriori attività di verifica presso tale tipologia di strutture assistenziali territoriali, comprese quelle presenti sul territorio della regione Piemonte, e ciò al fine di fare luce su eventuali criticità organizzative e strutturali di sicurezza che abbiano potuto rappresentare fattori che hanno concorso al diffondersi del contagio tra i degenti e tra questi e gli operatori sanitari e di verificare, nel contempo, se le misure adottate da parte delle regioni in materia di RSA siano state e siano aderenti a quanto dettato dalle predette circolari emanate dal Ministero della Salute.
FRANCESCA BONOMO: Grazie Presidente e grazie sottosegretaria Zampa. Siamo soddisfatti della sua risposta, così come siamo soddisfatti della gestione nazionale di questa emergenza sanitaria senza precedenti. Sappiamo che a livello nazionale sono più di 200 mila i positivi e più di 29 mila le persone che sono decedute a causa del Coronavirus. Siamo vicini prima di tutto alle famiglie delle persone che sono decedute, alle famiglie dei malati che ancora stanno combattendo, così come siamo vicini, come Partito Democratico, a tutti i sanitari che da inizio epidemia hanno instancabilmente lavorato per cercare di contrastare questa epidemia e ci hanno aiutato nel contrasto dell'epidemia.
Comprendiamo tutta la complessità nel prendere le decisioni, anche a causa delle scarse conoscenze scientifiche sulle reazioni di questo virus, e il comitato scientifico e l'unità di crisi nazionale hanno lavorato in maniera efficace, coordinandosi con il Ministero della Salute e con il Ministero per gli Affari regionali per dare risposte e indicazioni celeri, così come anche lei ci ha detto in questa precisa risposta che ci ha dato oggi. Sappiamo che a livello nazionale si è lavorato, prima di tutto, per moltiplicare le terapie intensive e si è fatto anche questo lavoro in coordinamento con le regioni: dalle 5.324 iniziali alle 8.490 attuali, quindi un aumento del 64 per cento. Inoltre, si è lavorato per liberalizzare la produzione delle mascherine, così come oggi si è lavorato per avere un prezzo calmierato e si lavorerà ancora per cercare di togliere l'IVA, perché è un bene necessario, come abbiamo detto un dispositivo essenziale di protezione oramai non solo per i sanitari ma anche per tutti i cittadini.
Si è lavorato anche per rafforzare - e indicare questo rafforzamento alle regioni - dei servizi territoriali delle AUSL a partire da un decreto, appunto, dell'8 marzo. Sappiamo, però, che la competenza in materia sanitaria è prettamente regionale e si è lavorato, però, di concerto, come abbiamo detto prima e come ha detto anche lei, dando indicazioni chiare che le regioni, però, dovevano attuare. Ecco, mentre il Governo è stato sempre celere, collaboratore e leale, non possiamo dire, però, la stessa cosa della regione Piemonte, anzi l'assessore Icardi, già il 19 marzo, incominciava la sua contestuale e giornaliera azione di scaricabarile. Il 19 marzo, in un'intervista a La Repubblica, diceva che avrebbe denunciato alla magistratura il fatto che si aspettavano in Piemonte 5 mila respiratori e da Roma ne arrivavano 200. Ecco, come ho detto prima, erano 5.324 i posti in terapia intensiva in tutta Italia e ci si chiede come poteva essere il Piemonte ad averne 5 mila. Quindi, o è incompetenza oppure malafede (non lo so, rispondetemi voi).
Ecco, l'operato regionale si può sicuramente riassumere con tre parole: lentezza, confusione e una malattia molto forte, quella sì, quella della “annuncite”. La necessità primaria, come sappiamo, era quella di avere grandi quantitativi di dispositivi. L'abbiamo detto in tutti i modi, abbiamo lavorato a livello nazionale e doveva lavorare anche la regione per procurarsene. Peccato che gli acquisti sono stati fatti tramite la società di acquisto regionale solo il 18 marzo, il 18 marzo, vi ripeto, con grandissima lentezza, mentre negli ospedali, ma non solo negli ospedali e anche nelle RSA (oggi parliamo di questo), mancava ogni tipo di dispositivo di protezione individuale: negli ospedali mancavano i copri calzari, mancavano i camici impermeabili e c'era il capo dell'unità di crisi regionale che andava bardato come se fossimo in una guerra nucleare in giro per il Piemonte.
Ecco, sappiamo che la necessità primaria era fare i tamponi e lo si è detto prima. L'Istituto superiore di sanità ci ha detto che bisognava farli ai sintomatici. Perfetto! “Sintomatici” vuol dire chi ha febbre, mal di gola, tosse, mancanza di gusto e olfatto, diarrea. Ebbene, in Piemonte si faceva solo a chi aveva gravi crisi respiratorie. Ma dico di più: lo si faceva a chi aveva gravi crisi respiratorie e aveva la fortuna di arrivare in tempo in ospedale, perché sennò a casa i tamponi non venivano fatti. Ma perché non si facevano i tamponi? Prima di tutto perché non si volevano fare, non li si voleva fare e vi dico anche il perché. Infatti, basta vedere un comunicato dell'unità di crisi del 20 marzo dal quale si evinceva che per loro sintomatici erano coloro che necessitavano di ricovero, quindi quello che si diceva prima, cioè coloro che avevano gravi crisi respiratorie. Peccato che invece Icardi andava dicendo ovunque che lui aveva seguito le linee dell'Istituto superiore della sanità. No, non le ha seguite, anche se lo sbandierava. Peccato che però, dico io, se non hanno avuto il coraggio di fare di testa loro almeno potevano copiare dai primi della classe, non dico l'Emilia, perché l'Emilia è governata comunque dal centrosinistra, ma dico almeno il Veneto, visto che sicuramente potevano prendere anche ispirazione da loro.
Ma vi dico perché i tamponi in realtà non si facevano e non si facevano in gran numero. Questo perché al 10 marzo la regione aveva analizzato numero 693 tamponi e l'11 marzo 57. Ebbene, i laboratori fin da inizio epidemia erano 19 (adesso, in realtà, risultano essere 22, così come dichiarato da voi, perché ne hanno attrezzati alcuni altri e hanno fatto, diciamo, una convenzione anche con alcuni privati, ma i pubblici continuavano ad essere 19 fin dall'inizio). Peccato che però fossero solo due quelli che erano completamente attrezzati per poter fare questo tipo di analisi e, quindi, avevano tamponi, reagenti e avevano i macchinari che erano giusti e che necessitavano per questo tipo di analisi. Tutti i laboratori, però, avevano scritto alla regione per cercare celermente di attrezzarsi. Peccato che anche lì le risposte sono arrivate con lentezza, con la lentezza e, quindi, certamente è vero che il 23 aprile, come hanno dichiarato a voi, hanno fatto 7.330 tamponi, però vi dico che, in realtà, hanno fatto giusto quei 7.333 quel giorno, perché il giorno successivo già ne hanno fatti 5.807 per poi arrivare, il 3 maggio, a processarne 3.729, mentre in tutte le altre regioni si processavano con costanza un certo numero di tamponi. Vi faccio anche qui, ovviamente, l'esempio di regioni governate dal centrodestra, per non fare ovviamente riferimenti al centrosinistra: sono 7.000 quelli che vengono fatti al giorno in Lombardia e 6.500 quelli del Veneto in maniera costante, non in maniera altalenante come vengono fatti in regione Piemonte. E tutto questo perché avviene? Perché, oltre ad aver attrezzato appunto, come ho detto, i laboratori con lentezza, non c'è neanche disponibilità di reagenti. Sappiamo che c'è la difficoltà che vengono prodotti negli Stati Uniti; adesso hanno detto che hanno fatto un accordo con l'Università di Torino e l'Università di Novara, peccato che - questa malattia dell'“annuncite” - l'hanno annunciato, ma non sappiamo ancora, ad oggi, se questa cosa è veramente operativa. Quindi, questo per dirvi e arrivando appunto al tema cruciale di oggi, che è il tema delle RSA, del ritardo col quale anche la regione Piemonte si è fatto carico di una situazione così complessa e così importante com'era quella delle RSA, dei più anziani, delle persone che lì ci lavoravano, nonostante le richieste di aiuto avvenute anche lì da parte dei consiglieri di opposizione, ma da parte di sindacati, da parte dei direttori delle RSA, da parte dei sindaci, che chiedevano disperatamente alla regione di fare i tamponi, perché già a metà marzo comunque si erano registrate delle morti sospette da Covid-19. Eppure, i tamponi sono stati fatti solo ad aprile e in più vi dico che l'assessore, quando gli si è fatto presente che dovevano farsi carico anche della situazione delle RSA, dichiarava che si trattava di strutture private, con un proprio direttore sanitario e addirittura le mail veramente shock, testi che erano indirizzati alle ASL e al responsabile scientifico dell'Unità di Crisi dicevano: “Non siamo riusciti a gestire 1.000 quarantene, non oso pensare cosa succederebbe prendendo a diretta gestione di 40.000 tra ospiti delle strutture socioassistenziali e operatori delle RSA”. Ecco, io vorrei far presente qui, in quest'Aula: il Governo sa e ha tutta la sensibilità e l'ha dimostrato con la risposta che ha dato e con le risposte che ha dato fino a oggi, ma che qua si tratta di 40.000 persone, si tratta di 40.000 famiglie, si trattava di persone deboli ed è vero che non ci sono diciamo delle strutture che sono competenza dei comuni, però peccato che i tamponi erano competenza del SISP ed erano quindi competenza delle ASL. Quindi, questo per dire: c'è stata una gestione fallimentare della fase 1, che è evidente ed è fuori controllo, c'è ad oggi ancora perplessità e una gestione completamente confusionaria della fase 2, lo si vede dalle interviste di Icardi di questi giorni, dove, invece di fare tesoro degli errori fatti nella fase 1 e fare tesoro anche delle indicazioni che gli indicano il nuovo responsabile della task force, Fazio e il virologo Vineis, anzi dice che sono sciocchezze quelle che loro stanno dicendo. Quindi, noi stiamo qua a chiedervi veramente, per queste ragioni, di inviare degli ispettori ministeriali a livello piemontese, perché siamo molto preoccupati sia per la situazione anche attuale delle nostre RSA, dove in ritardo sono stati presi in carico, come vi ho detto, in ritardo sono stati fatti tamponi, in ritardo sono state date le indicazioni su come curare i malati. Quindi, noi stiamo qua veramente a chiedervi di mandare degli ispettori, perché se no la regione Piemonte non potrà uscire da questa fase, non potrà entrare nella fase 2, ma avrà veramente dei problemi di gestione di questa epidemia, grazie.