04/11/2020
Laura Boldrini
Quartapelle Procopio, Gribaudo, Fiano, Ascari, Cancelleri, Sarli, Martinciglio, Frate, Gagnarli, Sportiello, Muroni, Deiana, Elisa Tripodi, Schirò, Cenni, Bruno Bossio, Serracchiani, Carnevali, Rotta, Pezzopane, Bonomo, Ciampi
2-00986

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro per gli affari europei, per sapere – premesso che:

   il 22 ottobre 2020 la Corte Costituzionale polacca ha dichiarato incostituzionali le interruzioni di gravidanza dovute a difetti congeniti del feto;

   questa sentenza ha suscitato sdegno e pacifiche manifestazioni durante le quali migliaia di donne hanno espresso la propria contrarietà all'ulteriore inasprimento rispetto a quella che era una delle leggi sull'aborto più restrittive d'Europa e che, una volta che avrà effetto, consentirà l'interruzione solo qualora la gravidanza rappresenti una minaccia per la salute della donna o sia il risultato di crimini come lo stupro o l'incesto;

   tali manifestazioni, sebbene pacifiche, sono state oggetto di aggressioni da parte delle forze dell'ordine, che ha anche utilizzato lo spray al peperoncino e arrestato 15 manifestanti;

   il 27 ottobre 2020 il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha invocato l'intervento dell'esercito contro le manifestanti, prospettando così un'escalation dell'azione repressiva e violenta da parte delle autorità;

   la Polonia è dal 1° maggio 2004 uno Stato membro dell'Unione europea, nella cui Carta fondamentale è scritto che «ogni persona ha diritto alla libertà di espressione» e che «tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera»;

   la tutela delle garanzie democratiche che sono proprie di uno Stato di diritto è una delle ragioni costitutive della Unione europea;

   la Polonia è oggetto di una procedura d'infrazione avviata dalla Commissione europea per la legislazione sulla magistratura e di una procedura prevista dall'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea per violazione dello Stato di diritto –:

   se ritengano di esprimere disapprovazione nei confronti delle dichiarazioni del Primo Ministro polacco e di adoperarsi nell'ambito dei rapporti diplomatici bilaterali e multilaterali nelle competenti sedi europee per garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali della Unione europea in Polonia;

   se intendano valutare, per quanto esposto in premessa, l'adozione di iniziative nelle competenti sedi europee per attivare meccanismi di incentivi alla responsabilità, basati su limitazioni all'accesso ai fondi europei, nel caso in cui non siano assicurati, in un Paese membro, i valori non negoziabili e i diritti fondamentali dell'Unione, quali, tra gli altri, le libertà politiche di espressione e di manifestazione.

Seduta del 6 novembre 2020

Illustrazione e replica di Laura Boldrini, risposta della Vice Ministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Emanuela Claudia Del Re

LAURA BOLDRINI: Sì, signor Presidente, illustro, grazie. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, questa interpellanza urgente riprende il testo di una interrogazione a risposta in Commissione, firmata da numerosi deputati di diversi gruppi politici e dalle deputate dell'Intergruppo per i diritti delle donne. Il suo oggetto è molto chiaro, signor Presidente: in Polonia è in corso una stretta autoritaria e perfino violenta nei confronti delle tante persone, soprattutto donne, che da giorni stanno manifestando pacificamente contro la sentenza della Corte costituzionale del 22 ottobre scorso, che ha dichiarato incostituzionali le interruzioni di gravidanza dovute a difetti congeniti del feto. Questa sentenza peggiora ulteriormente la legge polacca sull'interruzione di gravidanza, nota per essere già una delle più restrittive d'Europa. Per questo, decine di migliaia di donne sono immediatamente scese in piazza a Varsavia e nelle altre città della Polonia. A queste manifestazioni, ripeto, pacifiche, le autorità hanno reagito con una escalation di repressione e di violenza, fino a raggiungere l'apice negativo e preoccupante con la dichiarazione del Primo Ministro, Mateusz Morawiecki, che ha invocato l'intervento dell'Esercito contro le manifestanti. Su questo caso specifico la nostra interpellanza chiede al Governo se non ritenga di esprimere, come noi consideriamo necessario da parte di un Paese democratico come l'Italia, una chiara disapprovazione pubblica di questa provocatoria dichiarazione.

Ma poi poniamo un problema di carattere più generale, Presidente, ed è il seguente: è lecito che in un Paese membro dell'Unione europea si reprima, perfino con l'intervento dell'Esercito, la libera espressione del dissenso e le pacifiche proteste? È lecito? Beh, la risposta che io mi do è “no”, non è lecito, perché ce lo dice l'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea, che recita, perché fosse chiaro a tutti, in questo modo: “L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori” - prosegue l'articolo 2 - “sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”.

Ma non da oggi, comportamenti e decisioni delle autorità polacche entrano in contraddizione e in conflitto con questi principi, tanto che la Polonia è sotto procedura di infrazione, signor Presidente, da parte della Commissione europea, proprio per le sue leggi sulla magistratura, che ne lede l'autonomia e l'indipendenza. E poi è stata attivata nei suoi confronti, nel 2017, sempre dalla Commissione e questa volta anche dal Parlamento europeo, la procedura prevista dall'articolo 7 del Trattato per violazione dello Stato di diritto. E questo passaggio è molto importante. Nella sua risoluzione del 17 settembre scorso sulle violazioni dello Stato di diritto in Polonia, il Parlamento europeo ci ricorda che queste violazioni, sulle quali interviene appunto l'articolo 7, non riguardano - e cito testualmente - soltanto il singolo Stato membro in cui si manifesta il rischio, ma ha un impatto negativo su tutti gli altri Stati membri, sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri e anche sulla stessa natura dell'Unione.

Per questo, signor Presidente e signori rappresentanti del Governo, quanto accade in Polonia ci riguarda, ci riguarda da vicino e non possiamo assolutamente tacerlo. Il Consiglio europeo non si è ancora pronunciato sull'istanza della Commissione e del Parlamento; e noi pensiamo, signora Vice Ministra, che il Governo italiano debba agire affinché questo iter, quello dell'articolo 7, non cada nel dimenticatoio. Sappiamo bene che la procedura prevista dall'articolo 7, che può portare a sanzionare lo Stato che infrange i principi dell'articolo 2, è particolarmente complessa e questa complessità può portare a un paradosso addirittura. E quale sarebbe questo paradosso?

Quando un Paese decide di aderire all'Unione Europea, viene sottoposto a un lungo iter, a uno screening molto severo, un esame che riguarda la garanzia dei diritti, delle libertà individuali e collettive, la libertà di stampa, l'indipendenza della magistratura, la tutela delle minoranze e così via, ma poi che succede? Una volta entrato a pieno titolo nell'Unione europea, lo Stato membro ha la facoltà di contravvenire agli impegni assunti su questi principi, senza subire una reazione tempestiva da parte delle istituzioni europee, perché sono tanto complesse, troppo complesse, le procedure che vengono, appunto, affidate in ultima istanza al metodo dell'unanimità, che, sappiamo bene, rischia di creare una impasse. Ecco, questa procedura merita di essere rivista e semplificata, signora Vice Ministra.

Ma intanto, a proposito di quanto sta accadendo in Polonia, chiediamo al Governo con questa interpellanza se non intenda proporre e sostenere, in sede europea, iniziative che contemplino limitazioni all'accesso ai fondi europei per i Paesi che violano i principi, non negoziabili, di libertà di espressione e di manifestazione. A questo proposito, abbiamo accolto con favore la notizia che è giunta ieri dal Parlamento europeo, d'intesa con la Presidenza tedesca, la presidenza di turno, prevedendo nei fatti la condizione del rispetto dei principi dello Stato di diritto per avere l'accesso ai fondi del Recovery Fund: questo mi sembra molto positivo.

In conclusione, signora Vice Ministra, non possiamo stare fermi, non possiamo rimanere qui a guardare e a contemplare quello che sta avvenendo a Varsavia, perché, lo ripeto, quello che accade lì, a Varsavia, ci riguarda da vicino. E noi, signora Vice Ministra, stiamo dalla parte delle donne polacche, non solo perché le donne polacche hanno ragione, ma anche perché loro sì, loro, tengono alti i valori fondativi di libertà dell'Unione europea, che appartengono a tutti noi. E stiamo anche con le donne polacche perché rivendicano quel diritto all'autodeterminazione, che appartiene alle donne di tutto il mondo e al quale non rinunceremo mai. La ringrazio, signor Presidente.

 

EMANUELA CLAUDIA DEL RE, Vice Ministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Sono veramente lieta di essere qui, oggi, a rispondere all'interpellanza della deputata Boldrini, che ringrazio insieme agli altri presentatori. È sicuramente importantissimo, fondamentale, mantenere alta l'attenzione sui diritti umani, proprio perché, naturalmente, sono centrali e assolutamente anche delicati, soprattutto quando si parla di tutela dei diritti delle donne. Siamo tutti dalla parte delle donne. Come ha scritto pochi giorni fa in un tweet la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: “I progressi si conseguono con fatica, ma si perdono con facilità. Il pieno riconoscimento dei diritti delle donne è una dote e un risultato di cui tutta l'Europa deve essere fiera. Dobbiamo spingerci in avanti e non arretrare. Andare indietro” - sempre nelle parole della Presidente von der Leyen - “non è un'opzione per un continente che vuole conquistare il futuro”.

Negli ultimi giorni, abbiamo seguito tutti con grande attenzione, grazie anche ad una copertura mediatica giustamente ampia, le manifestazioni che si sono svolte in Polonia. Secondo quanto confermato dalla nostra ambasciata a Varsavia, non sono stati, per fortuna, registrati scontri di rilievo. Nonostante il grande numero di persone scese in piazza, tutto si è svolto in modo abbastanza pacifico. Le autorità polacche si stanno adoperando per trovare una soluzione legislativa alla crisi provocata dalla pronuncia della Corte costituzionale in materia di aborto. Il Presidente della Repubblica Duda si è fatto promotore di un'iniziativa al riguardo, così come il Primo Ministro Morawiecki, che ha mostrato ampia disponibilità all'apertura di un dialogo in ambito parlamentare.

Nel quadro del nostro costante impegno a tutela e promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, il Governo ha più volte rappresentato alle autorità polacche, anche di recente, forte preoccupazione per le tensioni emerse nel Paese. Abbiamo sempre chiesto di compiere ogni sforzo per assicurare l'adeguata tutela dei diritti umani. Da parte nostra continueremo, dunque, a seguire con la dovuta attenzione l'evolversi della situazione sviluppatasi dopo la sentenza della Corte costituzionale in materia di aborto.

Nel caso in cui dovesse verificarsi un inasprimento delle tensioni, il Governo non mancherà di valutare nuove specifiche iniziative di sensibilizzazione a livello bilaterale. Anche in sede europea, il Governo rimane impegnato senza soluzione di continuità nella tutela e promozione dei principi fondamentali su cui si basa l'Unione. L'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea rappresenta in questo senso un faro, che pone al centro il rispetto dello Stato di diritto del quale i diritti delle donne fanno ovviamente parte integrante. Questo impegno è pienamente coerente con il più ampio sforzo dell'Italia a favore dell'avanzamento del progetto europeo, che proprio su quei valori si fonda e trova il suo elemento caratterizzante.

L'Italia sostiene la Commissione europea nell'esercizio del suo ruolo istituzionale di guardiano dei Trattati e di garante dell'applicazione del diritto dell'Unione. Per questo abbiamo sempre sostenuto e continueremo a sostenere l'impiego da parte della Commissione di strumenti di contrasto alle situazioni di potenziale minaccia ai valori fondamentali verificatesi in alcuni Stati membri, incluso l'avvio di procedure previste dall'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea.

A ulteriore testimonianza del nostro impegno, l'Italia ha sostenuto l'inaugurazione del nuovo ciclo di esame dello Stato di diritto proposto dalla Commissione nel luglio 2019: uno sforzo inserito nell'ambito del più ampio progetto di revisione della cosiddetta cassetta degli attrezzi, a garanzia dei diritti umani, di cui l'Unione Europea dispone. Il 30 settembre, peraltro, abbiamo garantito il medesimo convinto sostegno alla pubblicazione da parte della Commissione europea del primo Rapporto annuale sullo Stato di diritto, alla redazione del quale abbiamo collaborato con gli altri Stati membri in modo attivo e propositivo.

Sulla base del Rapporto e a seguito della proposta della Presidenza tedesca del Consiglio dell'Unione europea, il meccanismo di esame periodico tra pari sullo Stato di diritto in Europa (la cosiddetta peer review) ha potuto prendere l'avvio. Il Consiglio affari generali dell'Unione europea ha svolto una prima discussione sul Rapporto il 13 ottobre; un ulteriore scambio di opinioni è in programma nella videoconferenza informale dei Ministri per gli affari europei che è prevista per il 17 novembre. Il Governo ritiene che un sistema di esame paritario e basato su dati oggettivi rappresenti la strada maestra per superare le criticità emerse su Stato di diritto e altri valori fondamentali, non solo tra gli Stati membri, ma anche tra questi e le istituzioni dell'Unione europea. Il sistema di esame paritario potrà infatti restaurare un clima di fiducia reciproca nell'interesse dell'Unione e dei suoi cittadini.

Abbiamo accolto con molto favore la notizia di ieri, già da lei citata, su un accordo preliminare tra Parlamento europeo e Presidenza tedesca del Consiglio dell'Unione europea in merito al meccanismo dello Stato di diritto legato al bilancio della UE e al Recovery Fund. In attesa della sua approvazione finale, è questo lo spirito che serve da parte di tutti, Stati membri e istituzioni dell'Unione. Grazie a questo spirito, i diritti delle donne e più in generale i diritti umani troveranno in tutta Europa una tutela sempre più ampia.

 

LAURA BOLDRINI: Signor Presidente, ringrazio la Viceministra per la risposta. Fa piacere aver ascoltato, appunto dalla sua risposta, all'impegno che il Governo italiano metterà sull'osservanza dei principi dello Stato di diritto ovunque nell'Unione europea, e in questo caso in Polonia, ma vorrei fare alcune specifiche.

Lei sa, signora Viceministra, che il Governo polacco ha deciso di far fronte a questa enorme, massiccia mobilitazione, che è stata suscitata appunto dalla sentenza della Corte costituzionale, con una mossa tattica: tattica, perché ha fatto scadere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della stessa sentenza. Questo però non ha placato la protesta, mi dispiace in questo senso contraddirla. Perché? Perché il partito al Governo, il PIS, ha già annunciato la presentazione di una proposta di legge, che avverrà il 18 novembre, sempre per l'interruzione di gravidanza, molto più restrittiva, se possibile, del senso di quella sentenza, che già lo era in modo asfissiante, direi. Quindi non è che è stata risolta la questione! Quindi - glielo annuncio già fin d'ora - ci saranno nuove proteste, perché siamo in contatto con le colleghe polacche deputate del Parlamento, ci hanno già detto che stanno organizzando nuove proteste, perché non è vero che c'è un'apertura al dialogo. Al contrario: ci sono mosse tattiche!

Chiediamo quindi al Governo di adoperarsi a livello bilaterale per scongiurare, signora Viceministra, ogni possibile degenerazione di queste manifestazioni, affinché non vengano usati metodi repressivi. Lei dice, le manifestazioni sono state pacifiche: è vero, da parte delle manifestanti. Io penso quindi sia il caso, visto che sono state già annunciate manifestazioni, di essere molto guardinghi, in modo da scongiurare che ci possano essere delle violenze, e anche da assicurarsi che sia garantita la libertà di espressione del dissenso, perché nel cuore dell'Unione europea questo dovrebbe essere un minimo garantito a tutte le persone che manifestano. Perché appunto, come abbiamo detto sia lei che io, quello che accade a Varsavia ci riguarda; e siccome ci riguarda, dobbiamo essere molto vigili affinché quei principi che ci tengono insieme vengano sempre rispettati.