I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
lo scorso martedì 4 agosto 2020, è avvenuta al porto di Beirut, in Libano, una tremenda esplosione che ha causato oltre 150 morti, 5 mila feriti e almeno 300 mila sfollati, di cui, secondo Save the Children, oltre 100.000 sono bambini che hanno perso le proprie case e tutto quello che avevano;
ancora non è stato chiarito cosa abbia causato il disastro: il premier libanese ha annunciato un'inchiesta che si focalizzerà sulle 2.750 tonnellate di nitrato d'ammonio, un fertilizzante usato anche come componente negli esplosivi minerari, che, dal 2013, era immagazzinato negli hangar del porto, lasciato da una nave sequestrata. Per il momento, il Governo avrebbe messo agli arresti domiciliari i funzionari responsabili dei magazzini e della sicurezza del porto, in attesa che l'inchiesta faccia il suo corso;
intanto, anche i quattro ex Primi Ministri libanesi hanno chiesto in una dichiarazione congiunta che si apra una inchiesta, ma presieduta da una commissione d'inchiesta internazionale, per appurare le cause delle due gigantesche esplosioni. I quattro ex Capi di Governo, Saad Hariri, Najib Miqati, Fouad Saniora e Tammam Salam, affermano che la città di Beirut, dopo avere «sofferto per oltre quattro decenni per una catena infinita di distruzioni e abusi, è colpita da una catastrofe che poteva essere evitata se non fosse stato per l'assenza di leadership». Per questo ritengono necessario chiedere alle Nazioni Unite o alla Lega Araba di formare una commissione d'inchiesta internazionale araba, composta da giudici e investigatori «che siano professionali e imparziali per scoprire le circostanze e le cause della catastrofe». «Allo stesso tempo – si aggiunge nella dichiarazione – gli ex Primi Ministri fanno appello a tutte le agenzie del porto perché lavorino insieme per preservare la scena del crimine e assicurare che non sia inquinata»;
l'esplosione non poteva avvenire in un momento peggiore, di fatti la città è già in grande difficoltà per la pandemia da Coronavirus: gli ospedali – già al pieno delle loro capacità – e in parte danneggiati nell'esplosione, sono stati inondati di feriti. Le autorità hanno dichiarato Beirut una «città disastrata» ed è stato decretato lo stato d'emergenza per due settimane che non è escluso che possa essere esteso;
fortunatamente, la solidarietà internazionale non sta mancando e da tutto il mondo stanno arrivando aiuti e progetti per aiutare il Libano. Anche l'Unione europea sta cercando in queste ore le modalità migliori per sostenere il processo di ricostruzione del Paese: Ursula Von der Leyen ha sottolineato la possibile mobilitazione di esperti e attrezzature per aiutare a valutare l'entità del danno e gestire sostanze pericolose come l'amianto e altre sostanze chimiche. Questo può essere importante per le strutture civili ma anche per la riabilitazione del porto di Beirut. Si è inoltre esplorata la possibilità «di rafforzare le relazioni commerciali in questo momento difficile, in particolare sotto forma di ulteriore agevolazione commerciale e doganale preferenziale»;
la priorità immediata è l'aiuto, il sostegno alla popolazione senza condizioni, ma a questa dovrà seguire un sostegno integrato e trasversale da parte di tutta la comunità internazionale per evitare il collasso dell'intero Paese e di conseguenza un ulteriore e preoccupante squilibrio all'interno dell'intera regione. Difatti, si è fortemente consapevoli della grande importanza che il Libano ricopre per la stabilità dell'intera regione del Mediterraneo e della necessità di preservarla;
l'Italia ha inviato 8,5 tonnellate di aiuti verso il Libano, – meno di quello che sta facendo la Norvegia o persino la piccola Tunisia, in difficoltà in questi giorni –, insieme a una squadra di vigili del fuoco. Ma si deve fare di più, per non tradire il nostro impegno e la nostra presenza storica in Libano. Nel 2006 fu una iniziativa italiana – la proposta di Prodi e D'Alema di iniziare una missione di interposizione – a pacificare il Libano allora in guerra con Israele. È tuttora italiano il maggiore contingente militare della missione Unifil, così come ne è italiana la sua guida. In Libano non ci sono solo i soldati italiani; in questi minuti gli operatori delle tante Ong italiane presenti a Beirut si stanno facendo in quattro per portare aiuto alla popolazione della città, duramente colpita. L'Italia può, anzi deve, svolgere un ruolo di mediazione e presenza, come ha sempre ben fatto –:
se il Ministro interpellato non ritenga di:
a) promuovere una missione politica di alto livello per manifestare la solidarietà alle autorità libanesi e discutere con loro di piani per la ricostruzione;
b) chiedere alla Commissione europea di elaborare un piano per la ricostruzione di Beirut e di coordinare gli aiuti degli Stati membri;
c) adottare iniziative per stanziare immediatamente risorse di emergenza per aiutare la popolazione civile sfollata, bisognosa di cure mediche e di aiuti alimentari;
d) riunire un tavolo con le organizzazioni non governative, gli enti locali, la Croce rossa italiana per programmare con loro le azioni di emergenza che l'Italia può mettere in campo da subito con il Libano.
Seduta del 4 settembre 2020
Illustrazione e replica di Marina Berlinghieri, risposta del governo di Manlio di Stefano Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri.
Illustrazione
Grazie, Presidente. Lo scorso 4 agosto 2020 è avvenuta al porto di Beirut, in Libano, una tremenda esplosione, che ha causato oltre 150 morti, 5 mila feriti e almeno 300 mila sfollati, di cui, secondo Save the Children, oltre 100 mila sono bambini che hanno perso le proprie case e tutto quello che avevano. Ancora non è stato chiarito cosa abbia causato il disastro: il Premier libanese ha annunciato un'inchiesta che si focalizzerà sulle 2.750 tonnellate di nitrato d'ammonio, un fertilizzante usato anche come componente negli esplosivi minerari, che, dal 2013, era immagazzinato negli hangar del porto, lasciato da una nave sequestrata. Per il momento, il Governo avrebbe messo agli arresti domiciliari i funzionari responsabili dei magazzini e della sicurezza del porto, in attesa che l'inchiesta faccia il suo corso. Intanto, anche i quattro ex Primi ministri libanesi hanno chiesto, in una dichiarazione congiunta, che si apra una inchiesta, presieduta però da una commissione d'inchiesta internazionale, per appurare le cause delle due gigantesche esplosioni. I quattro ex Capi di Governo affermano che la città di Beirut, dopo avere “sofferto per oltre quattro decenni per una catena infinita di distruzioni e abusi, è colpita da una catastrofe che poteva essere evitata se non fosse stato per l'assenza di leadership”. Per questo, ritengono necessario chiedere alle Nazioni Unite o alla Lega Araba di formare una commissione d'inchiesta internazionale araba, composta da giudici e investigatori “che siano professionali e imparziali, per scoprire le circostanze e le cause della catastrofe”. “Allo stesso tempo” – aggiungono nella dichiarazione –, fanno “appello a tutte le agenzie del porto perché lavorino insieme per preservare la scena del crimine e assicurare che non sia inquinata”.
L'esplosione non poteva avvenire in un momento peggiore; infatti, la città è già in grande difficoltà per la pandemia del Coronavirus e gli ospedali sono già al pieno delle loro capacità e in parte danneggiati dall'esplosione e in questo momento sono stati inondati di feriti e di persone che hanno bisogno di cure significative. Le autorità hanno dichiarato Beirut una “città disastrata” ed è stato decretato lo stato d'emergenza per due settimane, che non è escluso che possa essere anche prorogato. Fortunatamente, la solidarietà internazionale non sta mancando e da tutto il mondo stanno arrivando aiuti e progetti per aiutare il Libano. Anche l'Unione europea sta cercando, in queste ore, le modalità migliori per sostenere il processo di ricostruzione del Paese: la Presidente della Commissione europea ha sottolineato la possibile mobilitazione di esperti e attrezzature per aiutare a valutare l'entità del danno e gestire sostanze pericolose come l'amianto e altre sostanze chimiche. Questo può essere importante per le strutture civili, ma anche per la riabilitazione del porto di Beirut.
Ha, inoltre, esplorato la possibilità “di rafforzare le relazioni commerciali in questo momento difficile, in particolare sotto forma di ulteriore agevolazione commerciale e doganale preferenziale”. La priorità immediata è l'aiuto, il sostegno alla popolazione senza condizioni, ma a questa dovrà seguire un sostegno integrato e trasversale da parte di tutta la comunità internazionale, per evitare il collasso dell'intero Paese e, di conseguenza, un ulteriore preoccupante squilibrio all'interno dell'intera regione. Si è, infatti, fortemente consapevoli della grande importanza che il Libano ricopre per la stabilità dell'intera regione del Mediterraneo e della necessità di preservarla. L'Italia ha inviato 8,5 tonnellate di aiuti verso il Libano, meno di quello che sta facendo la Norvegia o persino la Tunisia, insieme a una squadra di Vigili del fuoco. Noi pensiamo che si debba fare di più per non tradire il nostro impegno e la nostra presenza storica in Libano.
Siamo qui, dunque, a chiedere al Governo se non ritenga di promuovere una missione politica di alto livello, per manifestare la solidarietà alle autorità libanesi e discutere con loro di piani per la ricostruzione; di chiedere alla Commissione europea di elaborare un piano per la ricostruzione di Beirut e di coordinare gli aiuti degli Stati membri; di adottare iniziative per stanziare immediatamente risorse di emergenza per aiutare la popolazione civile sfollata bisognosa di cure mediche e di aiuti alimentari; di riunire un tavolo con le organizzazioni non governative, gli enti locali e la Croce rossa italiana per programmare con loro le azioni di emergenza che l'Italia può mettere in campo da subito con il Libano.
Risposta del governo
Grazie, Presidente. Ringrazio gli interpellanti per la questione che hanno posto, molto attuale e, purtroppo, da seguire con attenzione. A seguito della drammatica esplosione che ha devastato il porto e parte della città di Beirut lo scorso 4 agosto, provocando oltre 180 morti, tra cui una nostra connazionale, e più di 6.500 feriti, l'Italia ha subito espresso la propria solidarietà e fatto sentire la sua vicinanza al popolo libanese, lo ha fatto sia sul piano politico che su quello degli aiuti, forte anche della sua storica amicizia e della sua consolidata presenza in Libano. Il Presidente del Consiglio Conte ha chiamato il suo omologo libanese Diab e così ha fatto il Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Di Maio con il collega Wehbe.
Il 9 agosto il Presidente Conte ha poi partecipato alla videoconferenza internazionale dei Paesi donatori per l'assistenza e il supporto al Libano. L'Italia ha, quindi, confermato la piena disponibilità a rispondere all'emergenza con aiuti concreti e il perdurante sostegno alle istituzioni al Paese. Della grave situazione in Libano si è poi discusso anche nella riunione informale dei Ministri degli Esteri europei, la cosiddetta “Gymnich”, tenutasi a Berlino il 27 e 28 agosto, ribadendo la necessità di sostenere il Paese dei cedri in questa delicatissima fase di ricostruzione.
Martedì prossimo il Presidente Conte effettuerà un'articolata missione nella capitale libanese. Sono in programma colloqui con tutti i vertici politici libanesi, incontri con la società civile e la visita ai luoghi dell'esplosione e ai dispositivi di soccorsi italiani. L'obiettivo è quello di testimoniare e ribadire, ancora una volta, la nostra forte volontà di contribuire alla ricostruzione non solo economica, ma anche sociale e politica del Libano.
La nostra vicinanza al popolo libanese è stata dimostrata anche dall'immediatezza della risposta umanitaria all'emergenza. L'Italia ha fornito un pronto sostegno attraverso numerose iniziative che hanno coinvolto le diverse amministrazioni dello Stato e le organizzazioni della nostra società civile attive in Libano. Immediatamente dopo l'esplosione, il comando italiano di Sector West di UNIFIL ha messo a disposizione due squadre sanitarie, a supporto delle operazioni di ricerca e soccorso delle Forze armate libanesi. Il convoglio del contingente italiano di UNIFIL è stato tra le prime squadre di soccorso a entrare nella capitale dopo l'esplosione. Con un volo umanitario di Protezione civile e Difesa, il 5 agosto abbiamo inviato un team di specialisti CBRN - quindi, nel settore chimico, batteriologico, chimico e nucleare - e un gruppo di esperti nella valutazione dei dissesti degli edifici, composto da 14 Vigili del fuoco e otto unità delle Forze armate (quattro di essi già presenti in Libano).
La Vice Ministra degli Affari esteri e della cooperazione internazionale Emanuela Del Re ha coordinato la tempestiva risposta della cooperazione italiana, disponendo, in collaborazione col Ministero della Difesa e il Dipartimento di Protezione civile, un volo umanitario il 6 agosto per un carico complessivo di circa 8,5 tonnellate di materiale (kit sanitari chirurgici e traumatici) nel quadro del Meccanismo unionale di protezione civile, sistema europeo volto a favorire il coordinamento dell'azione degli Stati membri in occasioni di catastrofi, di cui le autorità libanesi hanno chiesto l'attivazione. Dopo un secondo volo umanitario con l'invio di kit igienici, è arrivato ieri a Beirut un terzo volo con un carico di circa 8 tonnellate di materiale della cooperazione italiana e di donazioni - farmaci, kit chirurgici e traumatici e dispositivi di protezione individuale - accolto dalla Vice Ministra Del Re in missione proprio nel Paese. Nel corso della missione la Vice Ministra ha avuto incontri con la comunità delle organizzazioni umanitarie lì operanti e con le amministrazioni libanesi incaricate della distribuzione degli aiuti, con l'obiettivo di valorizzare l'impegno del sistema di cooperazione italiana nel Paese, approfonditi i bisogni della popolazione e le prospettive del contributo italiano nella fase post-emergenziale.
A Beirut aveva effettuato una missione, il 24 agosto, anche il Ministero della Difesa Guerini. Il Ministro ha incontrato i massimi interlocutori istituzionali e visitato gli assetti dispiegati dalla Difesa nell'ambito di “Emergenza Cedri”, un intervento a supporto della popolazione locale attivato su richiesta delle Forze armate libanesi che include un ospedale da campo, una componente genio e un nucleo di 172 esperti.
Anche il Ministro per i Beni e le attività culturali, Franceschini, ha espresso la propria disponibilità a fornire una squadra di esperti della task force italiana United for Heritage per una ricognizione dei siti e dei danni arrecati dall'esplosione al patrimonio culturale e architettonico di Beirut.
Una risposta immediata all'emergenza è stata, inoltre, fornita alle nostre numerose organizzazioni della società civile presenti in Libano da qualche decennio, immediatamente operative per un primissimo sostegno dopo il tragico evento. Proprio per mettere a sistema questa nostra importante e vivace presenza e rafforzare le sinergie del sistema italiano di cooperazione allo sviluppo, la Vice Ministra Del Re ha istituito e presieduto, lo scorso 19 agosto, un tavolo di coordinamento sugli aiuti umanitari in Libano, cui hanno partecipato attori istituzionali e rappresentanti delle organizzazioni della società civile.
Oltre allo strumento delle donazioni di beni a sostegno della popolazione libanese, la cooperazione italiana ha fornito un contributo finanziario di oltre 700 mila euro alla Croce rossa libanese, in particolare per l'attività di cure mediche d'emergenza a favore dei feriti.
Abbiamo, inoltre, pubblicato un bando di selezione per progetti di emergenza delle organizzazioni della società civile del valore di 7,4 milioni di euro, per la creazione di opportunità di impiego temporaneo, per sostenere le municipalità libanesi nel gestire le conseguenze economiche e sociali della crisi nonché quelle dirette e indirette derivanti dalle esplosioni avvenute nel porto di Beirut. Questo è il quadro delle iniziative politiche e degli interventi umanitari realizzati finora, in linea con il nostro antico e sempre forte legame con il Libano.
Il Paese sta attraversando una fase molto complessa: una grave crisi economica, una situazione epidemiologica preoccupante e le conseguenze della tragica esplosione avvenuta a Beirut. A ciò si erano aggiunte le dimissioni del governo Diab lo scorso 10 agosto. L'auspicio, quindi, adesso è che il Paese possa vedere a breve la nascita di un nuovo esecutivo in grado di affrontare le riforme e le tante sfide che lo attendono, anche con l'obiettivo, apparentemente condiviso da tutte le forze politiche, di un nuovo patto sociale.
In questo difficile contesto, l'Italia vanta, come ricordavo, una presenza storica. Abbiamo, da decenni, investito nella stabilità e nell'unità di questo Paese, snodo strategico nel Mediterraneo, crocevia del Medio Oriente, epicentro delle crescenti tensioni regionali e, quindi, importante fattore nell'equazione di stabilità, una stabilità che abbiamo, evidentemente, tutto l'interesse a preservare. Al di là della nostra articolata risposta all'emergenza umanitaria, che vi ho precedentemente descritto, siamo, infatti, da tempo presenti in Libano anche attraverso la partecipazione alla missione UNIFIL, con un contingente di quasi mille militari su un totale di 10 mila unità provenienti da 45 Paesi. Siamo il secondo contributore, dopo l'Indonesia e il primo tra i Paesi occidentali. Dal 7 agosto 2018 il comando è affidato per la quarta volta a un militare italiano, il generale di divisione Stefano Del Col, il cui mandato è stato esteso per un ulteriore anno. Siamo presenti anche con la missione bilaterale MIBIL, che conduce programmi di addestramento e formazione delle Forze armate e di sicurezza libanesi.
Una volta superata la fase emergenziale e formatosi il nuovo Governo libanese, la comunità internazionale dovrà sostenere la ripresa economica e finanziaria del Paese e contribuire alla sua piena stabilizzazione. Si tratta di un obiettivo strategico che l'Italia ha sempre perseguito, ad esempio impegnando 120 milioni di euro per rafforzare le istituzioni e l'economia del Paese in occasione della Conferenza CEDRE di Parigi nell'aprile 2018.
Siamo, quindi, e continueremo ad essere a fianco del Libano nel suo complesso, ma necessario percorso verso la stabilità.
Replica
Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario. Vi è soddisfazione per gli interventi programmati, che confermano il nostro storico ruolo di cooperazione e mediazione con il Libano. Credo sia importante, proprio anche per il ruolo, che lei ha ben illustrato, che abbiamo avuto e che abbiamo da anni rispetto a questo Paese, farci portatori, anche in sede europea, di un'azione congiunta a sostegno del Paese e di un'azione congiunta che sia volta a rafforzare e a mantenere la stabilità del Libano, che è funzionale alla stabilità di un'area che, sappiamo, è molto delicata per tutti, per noi come Paese e come Italia, ma anche per l'Europa tutta.