11/01/2023
Maria Cecilia Guerra
Serracchiani, Fornaro
2-00041

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro per la famiglia, la natalità e le pari opportunità, per sapere – premesso che:

   diversi organi di stampa hanno riportato la storia di «Anna», nome di fantasia, una quarantasettenne docente di matematica che si è rivolta al centro antiviolenza «Fammi Rinascere» del frusinate, perché, dopo aver denunciato per reato di maltrattamenti il marito, padre dei suoi due figli, in quanto avrebbe da lui subito, per anni, gravi umiliazioni psicologiche e coercizioni, da più di un anno si troverebbe a non poter più vedere il figlio piccolo, nonostante si trovi alla fine della propria vita a causa di un tumore maligno;

   la querela della donna avrebbe prodotto un rinvio a giudizio dell'uomo, un medico di Trani, e il processo sarebbe ancora in corso: ciononostante, il figlio minore della coppia, oggi dodicenne, un anno e mezzo fa sarebbe stato affidato o collocato presso il padre, mentre solo alla figlia maggiore, oggi diciassettenne, sarebbe stato concesso di continuare a vivere con la madre. Sebbene il tribunale avesse previsto che la madre continuasse a vedere il figlio settimanalmente, la donna da oltre un anno non avrebbe più potuto avere contatti con lui, nonostante la donna si trovi da oltre un anno in grave situazione di salute e pericolo di vita, essendosi ammalata gravemente, ed essendo, ad oggi, ricoverata in una clinica dove effettua cure palliative per malati terminali;

   di tale vicenda sorprende anche il fatto che il bambino sarebbe stato collocato o affidato presso il padre nonostante un rinvio a giudizio per maltrattamenti domestici, in aperta violazione della Convenzione di Istanbul;

   in caso di separazione genitoriale il codice civile prevede il diritto del minore di «mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore» attraverso l'istituto dell'affido condiviso dei figli minori coinvolti nella separazione genitoriale; e che la limitazione del diritto all'affido condiviso possa essere decisa dal tribunale competente solo nei casi in cui entrambi o uno dei due genitori costituisca causa di pregiudizio per l'educazione, la serenità di vita e la salute del minore. Come chiarito dalla Corte di cassazione, l'esistenza di conflitti e la litigiosità tra i genitori non comporta, di per sé, l'esclusione dell'affidamento condiviso. Radicalmente diversi sono però i casi di violenza domestica – fisica, psicologica, economica ecc. – e di abusi su minori. In tali casi, come previsto anche dalla Convenzione di Istanbul, «le Parti adottano le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l'esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini». La Convenzione parifica inoltre l'essere vittima diretta di abusi alla violenza assistita prevedendo che «un bambino vittima e testimone di violenza contro le donne e di violenza domestica, deve, se necessario, usufruire di misure di protezione specifiche, che prendano in considerazione il suo interesse superiore»;

   inoltre va ricordato che l'Italia ha approvato la legge 1° ottobre 2012, n. 172, di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa del 2007, Convenzione di Lanzarote, per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, con la quale ha introdotto una cautela specifica nell'assunzione di informazioni testimoniali di minori vittime o testimoni di reati di carattere sessuale consistente nell'«ausilio di un esperto in psicologia o psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero»;

   la legge n. 206 del 26 novembre 2021, legge delega per la riforma del processo civile e della materia del diritto di famiglia – cosiddetta riforma Cartabia – prevede che nei procedimenti giudiziali di affido dei minori vengano considerate non soltanto le condanne e le denunce ma le semplici allegazioni di comportamenti genitoriali violenti e che il giudice debba personalmente ascoltare il minore, assumendo le necessarie informazioni sulla violenza subita/assistita;

   il codice civile stabilisce inoltre che il minore che abbia compiuto dodici anni e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, sia ascoltato dal Presidente del tribunale, dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano;

   non si comprende quali siano gli ostacoli alla esecuzione di un provvedimento giudiziale che già prevede un contatto settimanale del bambino con la madre e perché non sia stata verificata la esecuzione regolare di tali contatti –:

   se ritengano di potere adottare iniziative urgenti, per quanto di competenza, al fine della piena applicazione del provvedimento giudiziale che permette a questa madre ammalata e morente di vedere suo figlio, nonché se intendano intraprendere o comunque sostenere iniziative, anche normative, o di altro genere affinché i minori non vengano affidati o collocati presso genitori rinviati a giudizio o persino condannati per abusi e violenze domestiche.

 

Seduta del 13 gennaio 2023

Illustrazione e replica di Maria Cecilia Guerra, risposta delSottosegretario di Stato per la Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove.

MARIA CECILIA GUERRA. Grazie, Presidente, la illustro. L'interpellanza che abbiamo presentato ha come oggetto un tema di grande rilevanza per il nostro Paese, a cui non si riesce ancora a dare una risposta adeguata. Mi riferisco al tema dell'allontanamento di un minore da un genitore, generalmente la madre, e dell'affido o collocamento dello stesso presso l'altro genitore, generalmente il padre, in situazioni in cui quest'ultimo sia stato denunciato, rinviato a giudizio o addirittura condannato per abusi e violenze domestiche.

Questo tema viene declinato nell'interpellanza non solo in termini generali, ma anche e specialmente, in ragione della sua urgenza, con riferimento a un caso specifico, su cui si è inteso richiamare l'attenzione dei Ministri interpellati.

Parto, quindi, da questo caso specifico. Diversi organi di stampa hanno riportato la storia di, chiamiamola Anna, un nome di fantasia, una quarantasettenne docente di matematica che si è rivolta al centro antiviolenza Fammi Rinascere del frusinate perché, dopo avere denunciato per il reato di maltrattamenti il marito, padre dei suoi due figli, in quanto avrebbe da lui subito per anni gravi umiliazioni psicologiche e coercizioni, da più di un anno si troverebbe a non poter vedere il figlio piccolo, nonostante si trovi alla fine della propria vita a causa di un tumore maligno. La querela della donna avrebbe prodotto un rinvio a giudizio dell'uomo, un medico di Trani, in un processo penale che sarebbe ancora in corso. Nonostante la presenza di un processo penale in corso per maltrattamenti domestici e violenza assistita, il figlio minore della coppia, oggi dodicenne, un anno e mezzo fa sarebbe stato affidato o collocato presso il padre, mentre solo alla figlia maggiore, oggi diciassettenne, sarebbe stato concesso di continuare a vivere con la madre. Questo è un punto molto importante. Sebbene il tribunale avesse previsto che la madre continuasse a vedere il figlio periodicamente, i giornali dicono settimanalmente, la donna, da oltre un anno, non avrebbe più potuto avere contatti con lui, e ciò avviene nonostante, come ho detto, la donna si trovi, da oltre un anno, in grave situazione di salute e pericolo di vita, essendosi ammalata gravemente ed essendo ad oggi ricoverata in una clinica, dove effettua cure palliative per malati terminali.

La vicenda è arrivata agli onori della cronaca perché evidentemente in tutto questo tempo non c'è stata una risposta, o, quantomeno, non c'è stata una risposta adeguata, risolutiva, da parte delle istituzioni.

Di tale vicenda sorprende anche il fatto che il bambino sarebbe stato collocato o affidato presso il padre nonostante un rinvio a giudizio per maltrattamenti domestici, come ho detto, e vorrei sottolineare che questo avviene in aperta violazione della Convenzione di Istanbul del 2011, che il nostro Paese ha ratificato già, con la legge n. 77, dal 2013.

Aggiungo ora a questo caso alcune considerazioni di carattere generale, su cui pure abbiamo interpellato i Ministri. In caso di separazione genitoriale il codice civile prevede il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore attraverso l'istituto dell'affido condiviso, e prevede inoltre che la limitazione del diritto all'affido condiviso e al mantenimento di rapporti continuativi con i genitori possa essere deciso dal tribunale competente solo nei casi in cui entrambi o uno dei due genitori costituisca causa di pregiudizio per l'educazione, la serenità di vita e la salute del minore, fino ai casi più gravi di abbandono, violenza e abusi.

Come chiarito dalla Corte di cassazione, l'esistenza di conflitti e litigiosità tra i genitori non comporta di per sé l'esclusione dell'affidamento condiviso. Radicalmente diversi rispetto al caso di mera conflittualità sono, però, i casi di violenza domestica, fisica, psicologica, economica, eccetera, e di abusi sui minori. In tali casi, come previsto anche dalla già richiamata Convenzione di Istanbul, le parti dovrebbero adottare misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza che rientrano nel campo di applicazione della Convenzione, e che le parti adottino le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l'esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini.

La Convenzione parifica, inoltre, l'essere vittima diretta di abusi alla violenza assistita, prevedendo che “un bambino vittima e testimone di violenza contro le donne e di violenza domestica, deve, se necessario, usufruire di misure di protezione specifiche, che prendano in considerazione il suo interesse superiore”. La stessa legge delega per la riforma del processo civile e della materia del diritto di famiglia, quella che chiamiamo riforma Cartabia, prevede che nei procedimenti giudiziali di affido dei minori vengano considerate non soltanto le condanne e le denunce, ma le semplici allegazioni di comportamenti genitoriali violenti e che il giudice debba personalmente ascoltare il minore, assumendo le necessarie informazioni sulla violenza subita/assistita. Ascolto che, anche in base alla Convenzione di Lanzarote, va fatto ovviamente con le dovute cautele, perché i minori vittime o testimoni di reati di carattere sessuale sono particolarmente fragili, e quindi ci vuole l'ausilio di un esperto di psicologia, psichiatria infantile, eccetera.

Il codice civile stabilisce, inoltre, che il minore che abbia compiuto 12 anni, come il figlio appunto della nostra Anna, e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, sia ascoltato dal presidente del tribunale, dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano.

Alla luce di tutto ciò, abbiamo chiesto con questa interpellanza ai Ministri interpellati se ritengano di poter verificare quali siano gli ostacoli all'esecuzione di un provvedimento giudiziale che già prevede nel caso che ho richiamato un contatto settimanale del bambino con la madre e perché non sia stata verificata l'esecuzione regolare di tali contatti. Se ritengano, poi, di poter adottare iniziative urgenti, per quanto di competenza, ovviamente, al fine di garantire la piena applicazione del provvedimento giudiziale che permette a questa madre ammalata e morente di vedere suo figlio, nonché, anche al di fuori del caso specifico, se intendano intraprendere o comunque sostenere iniziative, anche normative o di altro genere, affinché i minori non vengano affidati o collocati presso genitori rinviati a giudizio o persino condannati per abusi e violenze domestiche.

 

ANDREA DELMASTRO DELLE VEDOVE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli interpellanti, che ci hanno dato occasione di verificare quanto oggetto di interpellanza con una nota congiunta del presidente del tribunale di Frosinone e del presidente del tribunale di Trani. Per quanto riguarda il tribunale di Frosinone, le parti coinvolte nella vicenda sono state oggetto di due interventi, sollecitati entrambi dalla madre, cosiddetta Anna come nome di fantasia, terminati entrambi con la dichiarazione di incompetenza del tribunale di Frosinone. La madre aveva agito prima per la separazione dei coniugi e successivamente per un'autorizzazione del giudice tutelare all'iscrizione della figlia ad un istituto scolastico. Vi fu una dichiarazione di incompetenza, e quindi il procedimento è stato poi successivamente incardinato presso il tribunale di Trani. Presso il tribunale di Trani attualmente pende ancora un processo di separazione fra la signora Anna, sempre nome di fantasia, e il marito, nell'ambito del quale a suo tempo, e segnatamente il 3 aprile del 2021, è stata emessa un'ordinanza presidenziale che disponeva l'affido condiviso dei minori, pur con collocamento degli stessi preferenzialmente presso la madre.

Successivamente, e questo è un dato direi saliente, almeno per la vicenda, e segnatamente in data 16 dicembre 2021, il giudice istruttore, su sollecitazione della madre, e quindi non di imperio, ma comunque ai sensi dell'articolo 337-quater del codice civile, vagliato dall'autorità giudiziaria nell'interesse supremo ed esclusivo del minore, ha parzialmente modificato il provvedimento in ordine all'affidamento del figlio, disponendo il collocamento della figlia presso la madre, nelle more trasferitasi appunto a Frosinone, e del figlio presso il padre, fermo restando l'affido condiviso ai genitori, e prevedendo, peraltro, in ragione della distanza geografica, articolati diritti di visita nei fine settimana sia del padre nei confronti della figlia sia della madre nei confronti del figlio.

Va evidenziato che nel caso di specie, in mancanza di provvedimenti cautelari nei confronti del padre, che pure ha, presso il tribunale di Trani, pendente anche un procedimento penale per maltrattamenti, e in mancanza anche di elementi ostativi, allo stato degli atti, alla permanenza del figlio presso il padre, in data 16 dicembre 2021 il giudice istruttore ha accolto - ripeto: su sollecitazione della madre - il trasferimento del figlio presso il padre. Il giudice istruttore ha comunque e in ogni caso disposto una consulenza tecnica d'ufficio, affidata a uno psicologo psicoterapeuta, avente oggetto le condizioni di vita dei minori, il rapporto dei minori con entrambi i genitori e la sussistenza di eventuali profili di inidoneità genitoriale dei genitori per verificare le migliori condizioni di affidamento, condiviso o meno, e di collocazione degli stessi minori.

La relazione del consulente tecnico di ufficio, in data 21 aprile 2022, ha dato atto, in ordine, in particolar modo, all'affido del figlio minore, che è quello collocato presso il padre e per cui gli onorevoli interpellanti, alla luce delle informazioni giornalistiche, lamentano il diritto di visita negato alla madre e, peraltro, il diritto di mantenere significativi rapporti genitoriali con i figli da parte della madre, ebbene, come dicevo, il minore ha dato atto, purtroppo, della volontà di non voler dialogare con la madre. Il minore, in sede di ascolto da parte del CTU nominato dal giudice, ha ulteriormente riferito di avere ricordi spiacevoli del tempo trascorso con la madre e di come gli peserebbe trascorrere tempo con essa, avendo timore e ansia quando sta con la madre. Il consulente tecnico d'ufficio ha evidenziato peraltro che, pur potendosi fatalmente ipotizzare che il minore abbia ingigantito anche involontariamente taluni episodi che lo hanno visto coinvolto - leggo testualmente - “è difficile”, dice il consulente, “escludere la presenza di errori da parte della madre nel rapporto con il secondogenito. In particolare, è difficile escludere che la genitrice non sia stata in grado di entrare in sintonia con la sensibilità del minore”. In ogni caso, anche in ragione del considerevole lasso di tempo trascorso dall'ultimo incontro del minore con la madre, avvenuto nel gennaio 2022, il consulente di ufficio ha rappresentato l'opportunità di prevedere incontri con cadenza mensile, sottolineando la necessità, come sempre avviene in questi casi, di una gradualità nello svolgimento degli stessi, passando da alcune ore sino al pernottamento con la madre stessa.

Con successiva ordinanza del 5 gennaio 2023, quindi abbastanza recente, il giudice istruttore ha disposto che, previo accordo tra le parti circa i tempi e le modalità, il padre accompagnerà con cadenza mensile il figlio minore dalla madre, tenuto conto della distanza geografica e relazionale tra la madre e il secondogenito.

Emerge, da una nota del 12 gennaio 2023 del tribunale di Trani, che il regime di visita tra la madre e il figlio è stato disciplinato, in considerazione delle risultanze processuali così complesse, come sopra ho tentato di articolare, tenendo conto della distanza geografica, quanto delle condizioni di salute della madre e quanto, ahinoi, dell'opposizione del minore a incontrarsi con la madre, al fine, comunque, di garantire il superiore interesse del minore a mantenere significativi rapporti con entrambi i genitori (la cosiddetta bigenitorialità).

Esiste, poi, evidentemente questo procedimento penale per maltrattamenti, sempre presso il tribunale penale di Trani, per il quale vi è un'udienza fissata al 27 febbraio 2023, nell'ambito della quale si procederà alla escussione della madre come persona offesa nell'ambito del procedimento.

Su un piano più generale si può dare risalto al fatto che l'attuale assetto normativo della materia, che forma oggetto dell'atto di sindacato ispettivo, è frutto di un recentissimo intervento di riforma del processo civile, di cui al decreto legislativo n. 149 del 2022. Questo atto prevede un apposito meccanismo di informazione del giudice civile, deputato a decidere in merito all'affido dei minori, circa la pendenza di procedimenti penali a carico dei genitori, così che il giudice abbia a disposizione tutti gli atti ostensibili in modo da provvedere all'affido del minore stesso o dei minori stessi conoscendo la situazione del nucleo familiare sotto tutti i punti di vista, tutto ciò, evidentemente, sempre nell'interesse superiore ed esclusivo del minore e anche - anche! - in specifico riferimento al mantenimento di significativi rapporti con entrambi i coniugi. Questo meccanismo, peraltro, interviene anche in assenza di automatismi tra l'eventuale presentazione della denuncia a carico di uno dei due coniugi depositata eventualmente all'interno dei ricorsi.

Di particolare interesse risulta, poi, la parte della relazione illustrativa del decreto legislativo n. 149 del 2022, dedicata ai procedimenti in ambito familiare in cui siano allegate forme di violenza. Leggo testualmente: “(…) L'articolo 473-bis.40 c.p.c., rubricato Ambito di applicazione, introduce, nel Capo III, che disciplina le disposizioni particolari, una sezione interamente dedicata alle violenze domestiche o di genere. L'allarmante diffusione della violenza di genere e domestica ha indotto il legislatore delegante a prevedere numerosi principi di delega finalizzati a evitare il verificarsi, nell'ambito dei procedimenti civili e minorili aventi ad oggetto la disciplina delle relazioni familiari e, in particolare, l'affidamento dei figli minori, di fenomeni di vittimizzazione secondaria (…). Per dare attuazione ai principi di delega richiamati è stata introdotta, nel Capo III, dedicato alle disposizioni particolari, una intera sezione intitolata Della violenza domestica o di genere, per disciplinare i procedimenti nei quali una delle parti alleghi di essere vittima di violenza agita dal partner o dall'ex partner o alleghi che vittima di violenza - anche nella forma della violenza assistita - o di abuso sia il figlio minore delle parti stesse. La scelta normativa intende sottolineare l'importanza che deve essere rivolta al contrasto a questa forma di violenza nell'ambito dei procedimenti disciplinati dal nuovo rito in materia di persone, minorenni e famiglie, creando una sorta di corsia preferenziale per tali giudizi, che dovranno avere una trattazione più rapida e connotata da specifiche modalità procedurali”. Questo era nella relazione introduttiva del decreto legislativo n. 149 del 2022.

Sempre nella relazione introduttiva, senza volerla leggere e tediando così gli onorevoli interroganti, si dava atto che era previsto, così come poi è avvenuto, un coordinamento tra le autorità civili, penali e minorili dinanzi alle quali possono essere pendenti procedimenti relativi alle parti stesse e, in particolar modo, quando riguardano l'affido dei minori, per cui vi è una interrelazione e una capacità di interloquire e di scambiarsi documenti ostensibili rilevanti ai fini dell'affido condiviso o meno del minore, e tutto ciò al fine di dare piena applicazione alla Convenzione di Istanbul correttamente richiamata dall'onorevole interrogante.

Si può dire, quindi, che si sia disegnato un quadro che, in linea con il principio cardine del migliore interesse - anzi, diremmo esclusivo interesse del minore - e in virtù di meccanismi di accordo tra le autorità giudiziarie nei procedimenti sullo status e sui rapporti filiali/parentali, poggia su misure diversificate che possono essere adottate a tutela dell'integrità psicofisica degli interessati anche nel caso in cui non siano eventualmente stati allegati specifici episodi di violenza domestica ma qualora siano stati agiti in altre sedi senza allegarli.

Ciò dà conto, diremmo, dell'ampiezza degli strumenti di cui si è dotato l'ordinamento giuridico italiano, anche al di là, anche oltre e anche a prescindere dalla definitività degli accertamenti del giudice penale, in una logica e in una ratio ispirata alla tutela più immediata delle relazioni familiari più fragili e, ovviamente, di coloro che, all'interno delle relazioni familiari più fragili sono i più fragili, ovverosia i minori.

In altri termini, anche in pendenza del vaglio di una potenziale rilevanza penale di determinati fenomeni o di episodi asseriti e denunciati possono essere, comunque, utilizzati gli atti dal giudice civile al fine di intervenire nella miglior tutela del minore. A ciò si può aggiungere che l'ascolto del minore di almeno anni 12 o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, costituisce espressione del riconoscimento del suo diritto ad essere informato o a esprimere opinioni nel procedimento che lo riguarda relativo all'affido. Nel caso di specie, ben oltre l'affidamento, è stata disposta anche una CTU per verificare che gli eventuali motivi di attrito fra il minore e la madre non fossero indotti o ingenerati.

A ciò si aggiunga, su un piano più generale, che con l'adozione del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023 si è continuato a dare impulso all'azione di Governo rispetto a tutti gli aspetti connessi alle condizioni di violenza nelle sue più ampie sfaccettature e nelle sue, direi, anche più articolate sfumature, anche con particolare riferimento alle donne vittime di violenza con figli minori. Il tema della responsabilità genitoriale, dell'affidamento e dell'interesse del minore nei casi di violenza richiama l'esigenza dello Stato di tutelare prioritariamente il minore stesso e di evitare qualsivoglia situazione di rischio per lo stesso.

Si aggiunge che, fra le aree di intervento individuate sempre nel predetto Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, sono state elaborate ulteriori linee guida - le cosiddette priorità 3.1 - proprio per il processo di affido dei figli, laddove vi sia, come nel caso di specie, una denuncia o una condanna per il reato di maltrattamenti nei confronti dell'ex partner, rendendo obbligatorio il rispetto di quanto previsto proprio dalla Convenzione di Istanbul sulla protezione dei minori in caso di affido. Si ritiene, alla luce dell'ispezione svolta, delle richieste di chiarimenti ottenute, che non sia stata violata minimamente, nel caso di specie, la Convenzione di Istanbul e che lo Stato italiano, sulla Convenzione di Istanbul e sulla normativa relativa alla Convenzione di Istanbul, abbia fatto, nel tempo, significativi passi in avanti, innervando financo l'ordinamento civile e, in particolar modo, il diritto di famiglia.

Per quanto riguarda il caso specifico, pur senza entrare troppo nel dettaglio, le soluzioni a portata del genitore - e, quindi, nel caso di specie, la mamma, cosiddetta Anna, con un nome di fantasia - che ritenesse di avere diritti violati sono, da una parte, la possibilità procedere, come è ovvio e com'è noto, alle modifiche delle condizioni di affidamento del minore, supportato peraltro, nel caso di specie, qualora fosse confermato, dalle violazioni plurime del padre - o, dall'altra parte, la possibilità di far eseguire in forma specifica il provvedimento giudiziale, anche mediante l'intervento dei servizi sociali.

Al di là del caso concreto e al di là delle previsioni già contenute nel decreto legislativo n. 149 del 2022 e al di là dell'ampio potere del giudice, già previsto dall'articolo 337-quater CPC, costituisce fermo intendimento evidentemente di questo Governo procedere, pur sempre nell'interesse superiore del minore, a dare piena e completa attuazione alle summenzionate aree di intervento previste dal Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023.

 

MARIA CECILIA GUERRA. Grazie, Presidente. Sì, sono praticamente soddisfatta, con alcune precisazioni. Sono soddisfatta anche per l'ampiezza della risposta e l'accuratezza con cui il tema che abbiamo posto è stato evidentemente preso in carico dal Ministero e di questo, sicuramente, ringrazio e ringrazio anche il Sottosegretario, che ha voluto esporlo con questa completezza di informazioni. Vorrei aggiungere due informazioni e un ulteriore appello o sollecitazione.

Per quanto riguarda il caso specifico, io non ho le tutte le informazioni che, invece, mi sono state date ora, ma chiedo davvero, vista l'urgenza, purtroppo, di questa situazione che ha determinato che noi ci rivolgessimo al Ministero, al Ministro e anche al Sottosegretario con sollecitudine, di monitorare questa situazione. Infatti, nonostante le difficoltà, probabilmente sorte nel figlio rispetto a una relazione che è stata comunque troncata, è evidente che ci sia una violazione plurima, perché lei stesso ha ricordato, Sottosegretario, che, a più riprese, era stato deciso che, comunque, qualunque fossero state le cause che avevano portato la madre anche ad accettare un affidamento forse provvisorio, anche in relazione al suo stato di salute - io provo ad immaginare, non ho elementi per dirlo sia chiaro -, essendoci stata una violazione, questo figlio non avrebbe potuto più incontrare una madre in situazioni di difficoltà di salute così gravi, come lei ha detto, mi sembra, dal gennaio 2022. Ebbene, questo è un caso evidente di una situazione che non è stata ben seguita proprio nei suoi elementi di urgenza.

Ho un po' la paura e il timore che non si usino sempre - non lo dico con riferimento a questo caso perché non ho gli elementi - gli stessi pesi e le stesse misure. Noi, purtroppo, molto spesso, quando il minore non vuole vedere il padre, assistiamo a situazioni in cui la madre viene accusata da CTU poco coerenti con il fatto che la PAS, la sindrome dell'alienazione parentale, sia stata definita non esistente, non scientificamente fondata; assistiamo, addirittura, a cose che io non vorrei neppure dire in questo caso, al fatto che il minore venga violentemente allontanato dalla madre, perché rinsavisca rispetto a questa sua difficoltà ad incontrare l'altro genitore e la madre venga accusata di tutte le tue turpitudini possibili. In questo caso, forse, ci si è andati in maniera un po' troppo poco zelante, non per forzare la volontà del minore, ma per capire da dove nasca questo tipo di disagio, che può essere, ripeto, chiaramente determinato, in un'età così giovane, anche dalla situazione di difficoltà di salute della madre.

Quindi, la preoccupazione rispetto al quadro che lei mi ha ricostruito, che ancora ho, che ancora le sottopongo, sollecitando, se possibile, un monitoraggio da parte vostra, riguarda l'ultima cosa a cui lei ha fatto riferimento, cioè la sollecitazione a un accordo fra le parti per una nuova temporizzazione degli incontri: se è una sollecitazione e se ci fosse mai un atteggiamento ostativo da parte di uno dei genitori, non potrebbe produrre nei tempi necessari un esito minimamente umano, che è umano non solo per la madre, ma, ripeto, anche per il figlio, perché, non voglio fare la psicologa, ma immagino che il figlio, diventato grande, quando capirà meglio queste cose, capirà di non avere avuto la possibilità di incontrare almeno un'ultima volta una madre che così tanto desidera almeno di poterlo salutare. È un caso su cui vi chiedo di continuare a tenere accesi i fari, perché credo che sia una cosa di utilità collettiva, al di là della specificità di questo caso.

Sulle questioni più generali, è molto importante la sottolineatura che lei, Sottosegretario, ha fatto dei provvedimenti normativi che sono stati presi, in particolare il recentissimo provvedimento n. 149 del 2022, che ha preso anche atto di un lavoro serissimo che è stato fatto dal Parlamento, in maniera trasversale, nella legislatura precedente. È importante sottolineare questo aspetto, su cui però, anche qui, è necessario - il fatto che lei abbia citato il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile nei confronti delle donne mi fa capire che un'intenzione c'è - monitorarne l'attuazione, perché è un punto di delicatezza estrema, non solo per la questione del figlio e del suo benessere, ma anche proprio per il tema generale della violenza contro le donne. È proprio questo, cioè l'incapacità, anche a fronte di dati conclamati, di referti, del civile di parlare con il penale. Quindi la donna, se donna vittima di violenza domestica, si trova quasi sempre, e quando ci sono dei figli, in un circuito vizioso drammatico, che, poi, sfocia in cose molto gravi che abbiamo visto e vediamo nella cronaca di tutti i giorni. Cioè, si trova in una situazione in cui non può muoversi, perché, se subisce la violenza, rischia la propria vita e, in termini di violenza assistita, la rovina della vita dei propri figli - violenza assistita, quando non agita -, se denuncia, però, corre un rischio enorme di vedere difficoltà quasi insormontabili nella determinazione dell'affidamento dei figli.

Purtroppo, abbiamo delle evidenze in merito, come, appunto, la raccolta di testimonianze dei casi che è stata fatta nella Commissione d'inchiesta sui femminicidi nella precedente legislatura; lo dimostrano anche testimonianze di gente che agisce nei tribunali; i centri antiviolenza che seguono questi casi ce lo rimandano, la cronaca di tutti i giorni ce lo rimanda. Si trova nella situazione in cui viene essa stessa accusata, appunto, di essere la causa della difficoltà del figlio a intrattenere rapporti con un padre violento. Quindi, l'accuratezza con cui lei ha esposto la situazione in essere mi conforta, la sollecitazione in più che mi sento di farle è che il Ministero metta a punto un monitoraggio veramente costante sull'attuazione di queste, che sono innovazioni normative volute a seguito di un'analisi precisa e di cui non abbiamo ancora avuto, per ovvie ragioni temporali, l'esito dell'applicazione.