31/03/2021
Carmelo Miceli
Raciti, Rizzo Nervo, Nitti, Lattanzio, Viscomi, Siani, Gariglio, Benamati, Andrea Romano, Pizzetti, Cenni, Mauri, Sani, Buratti, De Filippo, Carnevali, Avossa, Di Giorgi, Verini, Sensi, Pezzopane, Enrico Borghi, Fiano, Gribaudo, Ubaldo Pagano, Fragomeli, Bordo, Boccia, Delrio, Navarra, Cappellani
2-01157

  I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   da notizie a mezzo stampa si è appreso che i carabinieri del Nas di Palermo e del comando provinciale di Trapani hanno dato esecuzione a un'ordinanza di misura cautelare che ha comportato gli arresti domiciliari nei confronti di appartenenti al dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico (Dasoe) dell'assessorato della salute della regione siciliana con l'accusa di aver diffuso dati falsi riguardanti la pandemia di COVID-19 al fine di evitare l'istituzione di zone «rosse» o «arancioni» sul territorio siciliano;

   secondo quanto riportato, agli arrestati sarebbero stati contestati i reati di falso materiale ed ideologico, poiché avrebbero modificato i dati relativi ai positivi, ai morti e ai risultati dei tamponi, alterando in particolare in difetto il numero dei decessi e dei contagiati e in eccesso il numero dei tamponi eseguiti, e così profondamente falsificando il quadro complessivo dei dati diretti all'istituto superiore di sanità, sulla base dei quali sarebbero stati poi adottati i provvedimenti per il contenimento della diffusione del virus;

   ancor più grave è la circostanza che, oltre agli arresti domiciliari disposti per una dirigente generale della regione e alcuni funzionari e collaboratori, risulterebbe indagato anche l'assessore regionale alla sanità Ruggero Razza rispetto al quale sarebbe emerso il parziale coinvolgimento nelle attività delittuose del dipartimento;

   particolarmente critica, poi, risulterebbe la situazione di Palermo, che avrebbe molto probabilmente dovuto essere dichiarata zona «rossa» e il cui sindaco ha già detto che costituirà il comune come parte civile nel procedimento giudiziario, avendo basato molte delle scelte e dei provvedimenti amministrativi di questi mesi proprio su quei dati;

   è evidente che qualora i fatti riportati venissero confermati, sarebbero di una gravità inaudita, in quanto l'alterazione dei numeri, compresi quelli sui decessi, avrebbe impedito l'adozione di misure di contenimento ben più severe ed efficaci contro la diffusione della pandemia nel territorio siciliano, mentre la contraffazione dei dati reali almeno fin dal novembre del 2020 avrebbe esposto la popolazione siciliana a rischi di contagio assai più elevati rispetto a quelli conseguenti ai dati ufficialmente dichiarati;

   tale quadro risulta aggravato dal fatto che nei mesi passati il presidente della regione siciliana, in qualità di commissario delegato per l'emergenza COVID-19 nella sua regione, si è ripetutamente scontrato pubblicamente con il Governo nazionale e con il Commissario nazionale per l'emergenza COVID-19 lamentando la natura schiettamente politica alla base dei provvedimenti restrittivi adottati a livello nazionale per il contenimento dell'epidemia; provvedimenti che secondo il presidente della regione siciliana venivano assunti in spregio e danno della popolazione siciliana proprio in virtù della difformità di quei dati provenienti dalla sua regione e che non erano atti a giustificare, a suo parere, provvedimenti così restrittivi, e dunque, da lui ritenuti assolutamente punitivi nei confronti dei cittadini siciliani;

   quello che sembra emergere dalle notizie riportate dagli organi di informazione è dunque un quadro sconcertante e sconfortante del modo in cui sono stati gestiti i dati pandemici regionali, in un contesto in cui, alla diffusa disorganizzazione ed alla lentezza da parte degli uffici periferici incaricati della raccolta dei dati, si sarebbe sommato il dolo di organi amministrativi e politici ai vertici dell'organizzazione regionale, nel tentativo di dare un'immagine di tenuta ed efficienza del servizio sanitario regionale, e della classe politica che la amministra, migliore di quella reale, con la conseguente esposizione della popolazione siciliana a rischi gravissimi per la salute pubblica;

   in attesa che le indagini della magistratura facciano il loro corso, e definiscano con certezza le responsabilità dei fatti riportati, appare opportuno ricordare che il Governo può sostituirsi a organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni nel caso di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono, in particolare, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali –:

   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare, per quanto di sua competenza, per assicurare la ricostituzione immediata di un sistema di trasmissione di tutti i dati correlati al rischio pandemico che sia efficace e reale, nonché quali iniziative urgenti intenda adottare per garantire il ripristino immediato delle condizioni di sicurezza per la salute pubblica di tutti i cittadini nella regione siciliana, anche valutando l'opportunità di riportare la gestione dell'emergenza epidemiologica in questa regione direttamente in capo al commissario straordinario per l'emergenza COVID-19 nominato a livello nazionale.

Seduta del 9 aprile 2021

Illustra Carmelo Miceli, risponde ill Sottosegretario di Stato per la Salute Andrea Costa, replica Fausto Raciti

CARMELO MICELI: Grazie, signor Presidente, la illustro. Onorevole Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, credo che se c'è una cosa che ci lascerà l'esperienza COVID, al di là dello stravolgimento delle nostre abitudini quotidiane, è l'esaltazione della funzione delle istituzioni, è l'esaltazione del senso delle istituzioni. Un evento come quello pandemico ha sicuramente messo in evidenza tutti i pregi e i difetti degli uomini chiamati a ricoprire le istituzioni. Esempio positivo, il nostro Presidente della Repubblica o il nostro Presidente del Consiglio dei Ministri, in fila ad attendere il loro turno per la somministrazione del vaccino; esempio negativo, ahinoi - ed entro subito nel vivo, perché ci saranno tante cose da dire, onorevole sottosegretario - è il presidente della regione siciliana, Nello Musumeci. Un uomo che ha approfittato della pandemia per una gestione mediatica del dramma e per provare a fare consenso su un dramma vissuto da tutti gli italiani ed anche e, soprattutto, dai cittadini siciliani.

Un uomo che ha operato e continua ad operare, nonostante tutto, non in forza della curva dei contagi, ma di quella dei sondaggi. E di quello che le dico e che dico in quest'Aula mi assumo chiaramente la responsabilità, forte anche di quelli che sono dei dati statistici che possono essere agevolmente presi dallo stesso sito della regione siciliana.

Inviterò il Governo a fare una verifica, se del caso, su questo, e il Governo avrà modo di riscontrare come l'atteggiamento del presidente della regione sia stato assolutamente ondivago, sia stato un atteggiamento assunto in forza degli umori della popolazione e sia stato alternato da una prima fase a un approccio muscolare, ad una fase poi demagogica e quasi negazionista, per poi tornare ad una fase nuovamente muscolare e poi ritornare, ancora una volta, dopo gli scandali degli ultimi giorni e quelli del recente passato di novembre, ad una fase muscolare.

Entro nel dettaglio, per offrire al Governo gli elementi di cui disponiamo e di cui agevolmente potrà disporre anche il Governo. Non è un mistero che nella prima fase della pandemia il governo siciliano, chiamato a collaborare nello spirito della doverosa collaborazione istituzionale che è dovuta tra istituzioni periferiche e centrali, senza ancora avere il ruolo di commissario straordinario per l'emergenza e per l'attuazione della strategia emergenziale in regione, abbia approcciato la pandemia con una strategia muscolare. Ricorderà, ricorderanno tutti come il nostro presidente della regione - sono siciliano, dico nostro per questo - ebbe a fare le scelte forse più dure in Italia, scelte che sembravano assolutamente precauzionali.

Ebbe a chiudere la Sicilia, ebbe a chiedere la riduzione dei voli, ebbe a stimolare anche altre autorità amministrative locali, come il sindaco di Messina, a mettere in scena episodi altamente discutibili, come il bloccaggio dei cittadini siciliani di rientro per le festività pasquali sullo Stretto di Messina, in particolare prima dell'approdo a Messina stessa. Ebbe ad avere un atteggiamento muscolare che, comunque, appariva giustificato da un dato: i dati del contagio in Sicilia parevano dare ragione al presidente della regione perché comunque quello che si verificava era un'assenza di contagi rilevanti nella nostra isola. E quelli che soprattutto davano ragione al presidente della regione in quel momento erano i dati dei sondaggi, perché altissimo era il gradimento popolare del presidente della regione, che, proprio perché conscio di questo gradimento, non esitava a continuare ad adottare questa linea dura. Salvo poi scoprire, di lì a poco, che quella linea dura veniva giustificata in forza di dati che riportavano - udite, udite - anche un raddoppio dei casi dei contagi.

Non è un mistero, e il Governo immagino lo saprà bene, che sia emersa una enorme anomalia nei dati siciliani imputabile a un caricamento doppio, per un periodo anche lungo, dei dati dei contagiati, in forza del quale quello che risultava veramente incomprensibile era la permanenza alta del dato dei non guariti, quindi dei soggetti ancora affetti dall'infezione da virus. Ecco, questo primo allarme fu da noi comunque giustificato in forza di quella che era una fase iniziale, la comprensione dovuta a chi si trova a dover collaborare con le altre istituzioni in una fase iniziale, in una fase in cui tutto è nuovo, in una fase in cui c'è un nemico che non ha divisa, un nemico che non conosciamo, un nemico che non si può riconoscere, in cui siamo tutti in fase sperimentale. Quello che invece diviene grave, ed è diventato gravissimo e poi insostenibile, è che, al mutare del sentimento popolare rispetto al COVID e rispetto alle misure del COVID, immediatamente il presidente Musumeci ha mutato il suo atteggiamento.

Perché quello che è stato gravissimo è che, da quell'atteggiamento duro, signor sottosegretario, si è passati ad una fase nella quale, prima, quando via via la speranza che tutto sarebbe finito di lì a poco, e che quindi i danni anche all'economia siciliana non sarebbero stati gravissimi, lasciava il campo alla realtà, cioè a una pandemia che comunque perdurava nel tempo, ai danni economici che arrivavano, alla cassa integrazione che non arrivava, il presidente della regione siciliana decideva di fare un'operazione squisitamente mediatica: da un lato, si metteva a capo della protesta contro il Governo centrale, consapevole che fosse molto più semplice guidare la protesta che spiegare le ragioni reali del ritardo nella cassa integrazione, tutte esclusivamente imputabili al malfunzionamento del sistema regionale, chiedeva con insistenza che non vi fossero più chiusure, che vi fossero immediatamente laute ricompense e risarcimenti, dovuti, agli esercenti, salvo però mettere mano al portafoglio della regione, e quindi rendere attuali ed efficaci le misure che annunciava; dall'altro lato, una cosa assolutamente vergognosa, individuava anche il possibile potenziale veicolo del virus negli extracomunitari.

Non è un mistero che sia stata una vergogna per il nostro Paese, nei mesi estivi, l'azione attraverso la quale il presidente della regione siciliana abbia volutamente tentato di individuare nei migranti sbarcati il veicolo del virus, salvo poi noi siciliani riscontrare sulla nostra pelle che la realtà era esattamente quella che diceva il Governo, anche attraverso il sottosegretario Sileri, Vice Ministro Sileri allora, che contagiava molto di più un ritornato dalle vacanze che un extracomunitario sbarcato.

Anzi, paradossalmente talvolta si verificava anche il contrario: l'immigrato era contagiato dall'esterno, quindi da un ingresso del virus negli hotspot o nei centri di accoglienza. Ecco, questa fase vergognosa, che cominciava a mostrare tutti i limiti di una gestione, raggiunge il suo apice nella fase post-estiva, nella fase in cui, con senso di responsabilità e di condivisione della distribuzione delle responsabilità, lo Stato operava una scelta coraggiosa: quella di nominare i singoli presidenti della regione come commissari delegati all'emergenza COVID. Cioè, lo Stato, il Governo, pur essendo retto da una maggioranza politica, decideva di distribuire le sue responsabilità e chiamare al senso di responsabilità tutti, a prescindere dalle appartenenze politiche. È così che tutte le forze politiche che avevano avuto l'onore e che avevano l'onore di guidare una regione erano chiamate insieme al Governo centrale, alla struttura commissariale centrale, ad uno sforzo comune di contrasto del COVID e di realizzazione ed efficientamento delle reti sanitarie.

Paradossalmente, quella che era stata una chiamata alla responsabilità, sovente sollecitata anche dal nostro Presidente della Repubblica, veniva utilizzata ancora una volta in maniera strumentale e demagogica da parte del presidente della regione siciliana, il quale, lungi dallo spiegare - nella fase di settembre-ottobre, i primi giorni di ottobre, quando il contagio cominciava a tornare ad essere una realtà, quando la curva tornava a salire - ai cittadini siciliani quale fosse la condizione reale delle strutture siciliane, quali fossero i tempi reali di realizzazione dei necessari e dovuti miglioramenti della struttura, quali fossero i tempi di elargizione della cassa integrazione e le possibili misure da adottare, preferiva usare una strategia quasi negazionista e mettersi a capo delle proteste degli esercenti commerciali.

I mesi di settembre ed ottobre sono contraddistinti da dichiarazioni del presidente della regione siciliana che, a capo delle proteste, anche giuste, degli esercenti commerciali, lungi dall'assumersi la sua responsabilità, lungi dall'ottemperare alle esigenze e alle richieste degli esercenti commerciali, ingaggiava uno scontro costante, continuo, mediatico con il Governo centrale, adducendo la responsabilità di ogni ritardo e di ogni inefficienza solo ed esclusivamente al Governo centrale, dimenticando e bypassando del tutto la realtà, ossia che lui era una parte integrante di quel sistema per la duplice responsabilità che gli gravava: da un lato, quella di presidente della regione, quindi la responsabilità politica ad essere istituzione al di là della provenienza, e, dall'altro, anche e soprattutto quella di commissario.

Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, noi nel mese di ottobre vivevamo sulla nostra pelle quella che era la realtà, vedevamo tornare il contagio, sentivamo nelle nostre famiglie la presenza del virus, perché ogni nostro amico cominciava ad avere in casa o in famiglia un contagiato; e, ciò nonostante, ci veniva negata la possibilità di avere i dati. I dati del DASOE venivano bloccati a maggio, mai più accessibili; i dati delle aziende sanitarie locali venivano vietati.

Lei avrà modo e avrete modo di accedere, a mezzo stampa, nelle notizie di stampa, come allora la stessa stampa ebbe a manifestare un enorme dissenso nei confronti del presidente della regione e del suo factotum, l'assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, i quali ebbero addirittura a negare, a vietare la pubblicazione dei dati all'azienda sanitaria locale. E in tutto questo, non solo si negava l'evidenza e il diritto all'informazione ai cittadini, il diritto alla trasparenza ai cittadini, ma si attuavano anche delle scelte pericolosissime. Signor sottosegretario, chieda, indaghi, verifichi con il Governo se è vero o meno che per un lunghissimo periodo il presidente della regione, nella qualità di commissario regionale, ha voluto sistematicamente non riunire il CTS, il Comitato tecnico-scientifico. Abbiamo avuto lunghi giorni di mancata riunione del Comitato tecnico-scientifico, lunghi giorni nei quali venivamo presi per pazzi quando parlavamo del ritorno del contagio, lunghi giorni nei quali, addirittura, il Comitato tecnico-scientifico, per poter essere riunito, dovette far circolare una lettera pubblica, una lettera inviata direttamente al presidente, dove veniva invitato, il presidente della regione siciliana, a convocare immediatamente il CTS, per adottare immediatamente dei provvedimenti confacenti alla realtà: questo dice la lettera del CTS. E non è normale che un commissario straordinario non tenesse in continuazione quei dati. Ma c'è di più: il governo regionale, evidentemente, in forza dei dati che le ASL comunicavano direttamente - ed entreremo sulla discrasia dei dati comunicati dalla ASL alla ragione per cui vi è lo scandalo di questi ultimi giorni -, in quei dati, il governo, che adottava provvedimenti restrittivi, anziché trovare l'appoggio e la sponda nel presidente della regione siciliana, il quale, da commissario attuatore di quei provvedimenti, da soggetto che aveva contribuito, nella doppia veste di commissario e di presidente, alla creazione dei parametri che avevano consentito l'individuazione dei criteri per addivenire alla classificazione di una determinata zona, di una determinata regione, contestava quei provvedimenti, emanava negli stessi giorni, addirittura il 18 ottobre vi è un'ordinanza emanata in assoluta antitesi rispetto ai suoi contenuti restrittivi. In quei giorni - e concludo, signor Presidente - quello che si verificava era che il presidente metteva in assoluta evidenza un dato: la volontà di ingaggiare mediaticamente. Quei dati non solo venivano contestati, veniva adottato un disegno di legge per la specialità, approvato dalla Giunta, affinché la Sicilia potesse autodeterminarsi, in Giunta, di essere la tipologia di zona da essere. Veniva, per di più, negata l'esistenza di uno scandalo: il 4 novembre scoppiava uno scandalo, per cui cominciava a circolare un audio-messaggio di un dirigente generale - e chiudo - che intimava ai responsabili delle ASL territoriali di caricare sul Servizio sanitario nazionale dati diversi dalla realtà, falsificati, ossia caricare i dati dei realizzandi posti letto in terapia intensiva e subintensiva, in luogo di quelli che si sarebbero dovuti realizzare, fino ad arrivare allo scandalo di questi giorni - e chiudo davvero -, che è quello dei dati falsificati, ovverosia dati raccolti a mezzo telefono da un dirigente generale, che si è permesso e concesso il lusso di spalmare i morti, contrarre il numero dei contagiati, aumentare il numero dei tamponi eseguiti, fino ad arrivare ad oggi ed è questa l'emergenza per cui che vi chiediamo di intervenire oggi. La regione comunica solo 240 dati ogni 100 mila abitanti sulla città di Palermo e nella città di Palermo l'Ufficio statistico regionale, invece, comunica ben 300 (290, per l'esattezza) contagiati a settimana. Ecco, tutte queste ragioni ci portano a dire una cosa - ed ho chiuso davvero, e chiedo perdono per avere trasbordato abbondantemente ai miei tempi, ma capirà il trasporto, anche da siciliano -: l'articolo 97 impone alla pubblica amministrazione di essere imparziale e di garantire il buon andamento. Io non chiedo di certificare le responsabilità politiche del presidente della regione siciliana, Nello Musumeci, quello lo chiederemo ai siciliani. uello che chiedo a questo Governo, invece, è di garantire a noi siciliani che un suo delegato, nella veste di commissario, garantisca a noi cittadini il diritto alla salute. Questo chiediamo ed è per questo che vi invitiamo a verificare l'opportunità della permanenza di Nello Musumeci nella funzione di commissario straordinario.

ANDREA COSTA, Sottosegretario di Stato per la Salute: Grazie Presidente. Gentili onorevoli, come è noto, le regioni e le province autonome, sulla base della modifica del Titolo V della parte seconda della Costituzione, a seguito della legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, hanno autonomia organizzativa e finanziaria in materia dei servizi sanitari e dei servizi sociali, nell'ambito territoriale di loro competenza.

La fase iniziale della sorveglianza dell'evento pandemico da COVID-19 da parte del Ministero della Salute risale alla circolare ministeriale n. 1997 del 22 gennaio 2020 “Polmonite da nuovo Coronavirus (2019-nCoV) in Cina”, che conteneva i primi criteri e le modalità di segnalazione dei casi di infezione da SARS-CoV-2, condivisi con il dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità.

Successivamente, con l'evolversi della situazione epidemiologica, questo Ministero ha provveduto a diramare numerose circolari ministeriali contenenti integrazioni e aggiornamenti.

Il 27 febbraio 2020, il dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, attraverso l'ordinanza n. 640, ha affidato la sorveglianza epidemiologica e microbiologica per COVID-19 all'Istituto superiore di sanità.

Si tratta di uno strumento di osservazione necessario e utile, sia per informare i cittadini sull'impatto e sull'evoluzione dell'epidemia, sia per offrire supporto decisionale per le risposte di sanità pubbliche delle autorità sanitarie.

Il sistema di sorveglianza è in grado di “catturare” casi individuali di infezione confermata da virus, a prescindere dalla presentazione clinica, ed è coordinato dall'Istituto superiore della sanità, con una produzione giornaliera di dati nella forma di “dashboard” ed “open data” e con produzione di approfondimenti settimanali.

La compilazione dei casi da riportare alla sorveglianza epidemiologica del COVID-19 avviene attraverso la “Piattaforma web della sorveglianza integrata dei casi di COVID-19”, che, nel sito web dedicato presenta un “Manuale utente della piattaforma web della sorveglianza integrata dei casi di COVID-19”, in cui sono dettagliate le indicazioni sulla compilazione dei dati di sorveglianza.

A livello locale, ogni regione e provincia autonoma ha identificato uno o più referenti.

Il dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità processa e analizza i dati della piattaforma e li rende disponibili per consentire l'analisi dell'epidemia in tutto il nostro Paese.

Si sottolinea che la situazione pandemica in atto appare mutevole, sia dal punto di vista epidemiologico/sanitario, che da quello legislativo, e pertanto può richiedere che la sorveglianza integrata COVID-19 subisca modifiche e/o adeguamenti.

Un'ulteriore fonte di informazioni sull'epidemia da COVID-19 è rappresentata dal flusso relativo ai dati aggregati (Ministero della Salute/Protezione civile), che raccoglie quotidianamente informazioni sul numero di test diagnostici, decessi, ricoveri in ospedale e ricoveri in terapia intensiva, in ogni provincia d'Italia.

I dati aggregati hanno il vantaggio di essere più rapidi e facili da raccogliere, mentre i dati individuali richiedono più tempo, ma permettono un'analisi più dettagliata, puntuale e accurata.

Sono stati, inoltre, definiti percorsi di monitoraggio della circolazione del SARS-COV-2, di implementazione e rafforzamento del sistema di accertamento diagnostico, per intercettare tempestivamente eventuali focolai di trasmissione del virus e per ridurne progressivamente l'impatto sui servizi sanitari, economici e sociali.

In data 26 aprile 2020, nell'allegato 10 al DPCM n. 108, veniva riportato un dettagliato algoritmo decisionale dedicato alle modalità di passaggio di fase, dalla fase 1 (“lockdown”) alla fase 2A (“iniziale transizione”), finalizzato a modulare gli interventi in un'ottica di miglioramento ovvero di peggioramento epidemico.

Tale strumento ha trovato la sua applicazione concreta nel sistema di monitoraggio di fase 2, formalizzato con il decreto del Ministero della Salute del 30 aprile 2020.

Con tale decreto, infatti, è stato istituito il sistema di monitoraggio del rischio di un'epidemia non controllata e non gestibile a livello regionale in Italia.

Più in particolare, ricordo che per l'elaborazione del calcolo del rischio, sono stati definiti 21 indicatori, di cui 16 obbligatori e 5 opzionali, che permettono di valutare tre aspetti di interesse per la valutazione del rischio: probabilità di diffusione dell'epidemia, impatto sui sistemi sanitari e resilienza territoriale.

Il loro elenco completo è riportato nel decreto del 30 aprile 2020.

Tra gli indicatori di processo sulla capacità di accertamento diagnostico, di indagine e di gestione dei contatti è presente la percentuale di tamponi positivi, escludendo per quanto possibile tutte le attività di screening e il “re-testing” degli stessi soggetti, complessivamente e per macro-setting per mese.

Si è scelto di utilizzare più indicatori da più flussi informativi perché, soprattutto nelle emergenze, è più alto il rischio che i dati risentano del sovraccarico dei sistemi sanitari e abbiano, quindi, una completezza e tempestività non ottimale. Nell'ambito dell'epidemiologia, si considera maggiore la solidità di un'analisi quando più fonti di informazione confermano una stessa tendenza. I dati vengono inviati dagli enti territoriali delle regioni, che a loro volta li trasmettono al Ministero della Salute e all'Istituto superiore di sanità. Sulla base di questi dati vengono applicati degli algoritmi che, combinati, permettono di valutare settimanalmente il rischio per ogni regione. Il sistema di monitoraggio prevede meccanismi di consultazione regolare con i referenti tecnici dei sistemi sanitari regionali e con un comitato di coordinamento nazionale istituito ai sensi dello stesso decreto 30 aprile 2020, denominato “Cabina di regia”. I report relativi alla classificazione del rischio vengono pubblicati settimanalmente nel sito istituzionale del Ministero della Salute e sono consultabili online. A ciascun livello di rischio corrisponde un'indicazione di risposta sul territorio regolata dal documento “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”, diramato con la circolare del Ministero della Salute del 12 ottobre 2020, n. 32732, condiviso con la Conferenza Stato-regioni e province autonome, disponibile anch'esso online.

Con il DPCM 3 novembre 2020 sono state introdotte ulteriori misure per fronteggiare l'emergenza da COVID. Tale DPCM definisce, infatti, tre aree, “gialla”, “arancione” e “rossa”, corrispondenti a differenti livelli di criticità nelle regioni e nelle province autonome del nostro Paese, per le quali sono previste misure specifiche. La distinzione viene effettuata sulla base della classificazione in rischio alto/molto alto ai sensi del decreto 30 aprile 2020 e verbalizzazione della Cabina di regia, nonché sulla base della stima della trasmissibilità (Rt) per data inizio dei sintomi, calcolata sui casi di infezione confermata da SARS-CoV-2 riportati ogni giorno dalle regioni e dalle province autonome al sistema di sorveglianza integrato. In particolare, vengono definiti quattro scenari di trasmissibilità sulla base del valore più basso della stima puntuale di Rt. Tale distinzione è tratta dal documento citato “Prevenzione e risposta a COVID-19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-inverno”. La classificazione del rischio realizzata ai sensi del decreto 30 aprile 2020, la definizione di misure di contenimento/mitigazione in base al livello di rischio e allo scenario di trasmissione e la distinzione in zone ai sensi del DPCM 3 novembre 2020 sono state definite previa relazione con il territorio. Infatti, queste procedure sono state definite in collaborazione con le regioni in piena condivisione e i dati elaborati in base a tali procedure si aggiornano settimanalmente tramite un continuo scambio con i referenti degli stessi enti territoriali. In effetti, sono state realizzate norme che identificano misure di risposta sempre più modulari all'epidemia in atto, basate sull'evidenza e che hanno dimostrato una chiara efficacia, pur essendo, al contempo, soggette a continua revisione in base alle nuove evidenze scientifiche e all'evoluzione dell'epidemia.

Per la parte di diretta competenza, l'assessorato per la salute della regione Sicilia ha precisato che il competente Dipartimento regionale “ha proceduto ad una immediata attivazione di tutti gli idonei procedimenti amministrativi tesi sia alla verifica della puntuale trasmissione dei dati che dei processi di acquisizione degli stessi da parte delle strutture periferiche”. Inoltre, proprio “al fine di accertare la correttezza dell'attività fino ad ora posta in essere dal Dipartimento attività sanitarie e osservatorio epidemiologico, nonché all'operato di tutti gli attori del sistema a vario titolo coinvolti” il presidente della regione, che ha assunto ad interim l'ufficio di vertice dell'assessorato per la salute, “ha chiesto l'istituzione di un'apposita commissione d'indagine sui dati comunicati al Ministero della Salute, per il tramite del portale dell'Istituto superiore di sanità”.

Concludo rappresentando, inoltre, che, sui fatti in esame, sono in corso accertamenti da parte dell'autorità giudiziaria, nei confronti della quale rinnovo la mia totale fiducia e concludo con una riflessione. È chiaro che raccolgo le sollecitazioni dell'onorevole, sulle quali credo sia opportuno e doveroso procedere con ulteriori approfondimenti. Quindi, da parte mia la massima disponibilità ovviamente a verificare e ad approfondire ulteriormente.

 

FAUSTO RACITI: Grazie, Presidente, e grazie gentile sottosegretario. Io sono parzialmente soddisfatto della risposta che è stata data alla nostra interpellanza, nutrendo la speranza che gli approfondimenti, a cui ha fatto riferimento il sottosegretario nella parte finale del suo intervento, possano vedere impegnato direttamente il Ministero e non una commissione d'inchiesta dell'assemblea regionale siciliana, perché la materia di cui stiamo parlando investe il diritto costituzionale alla salute dei siciliani, che deve essere garantito dallo Stato e non esclusivamente dalla regione siciliana. Il sottosegretario ci ha esposto il meccanismo di funzionamento del dispositivo di sorveglianza che determina la zonazione e la determinazione delle fasce di rischio di ciascuna regione. Non abbiamo sollevato un dubbio sull'hardware che è stato predisposto; abbiamo sollevato un dubbio sulla qualità e l'attendibilità dei dati che sono stati inseriti in quell'hardware, non con riferimento esclusivamente ad una vicenda giudiziaria, che farà il suo corso, e non è questa la sede nella quale occuparsene, ma con riferimento ad una gestione dell'emergenza pandemica, da parte della regione siciliana e del commissario all'emergenza COVID, presidente Nello Musumeci, che è stata marcatamente politica, dichiaratamente politica e temiamo abbia potuto implicare - e su questo invitiamo il Ministero ad un di più di sorveglianza e di attenzione - un certo grado di approssimazione nella gestione del flusso dei dati che non è possibile dentro ad un'emergenza con queste caratteristiche.

Noi abbiamo imparato il significato delle parole “crescita esponenziale”: tale espressione significa che la crescita del contagio, della curva di contagio, non segue una logica di somma, ma segue una logica di moltiplicazione. Questo implica che ciascun giorno perso nella gestione dell'approntamento di misure di sicurezza e di eventuali restrizioni implica una moltiplicazione per un fattore che può essere 1, 1,1, 1,3, 1,8 - a seconda delle fasi - del numero dei contagiati. Se questo sistema non funziona e non è chiara la qualità dei dati, l'affidabilità e l'attendibilità dei dati che sono messi a disposizione di questo sistema, il prezzo che si paga si misura in termini di contagiati e probabilmente, temo, anche in termini di vite umane. Non dico al sottosegretario nulla di nuovo, ma il tema che noi poniamo è il seguente: il diritto alla salute dei siciliani è un bene che il Governo ha il dovere di garantire. Noi temiamo che il rapporto tra Stato e regione siciliana dentro questa vicenda sia stato ulteriormente compromesso. Non è un tema che ci preoccupa in virtù del colore politico dell'amministrazione regionale e del Governo nazionale, ma è un tema che noi avremo probabilmente posto comunque. Ora è arrivato il momento, dopo una serie di fatti che hanno sollevato più di un punto interrogativo, tra cui un'ispezione ministeriale seguita al famoso audiomessaggio del direttore generale dell'assessorato alla salute, dottor Mario La Rocca, ai dirigenti delle aziende sanitarie locali, in cui invitava a caricare i dati di posti letto in terapia intensiva e non abbiamo mai capito se fossero effettivamente disponibili oppure no, approntati oppure no.

Dopo quell'ispezione ministeriale non abbiamo ancora avuto un esito. Siamo qui di nuovo, diciamo, di fronte a una vicenda che richiama quanto meno una approssimazione grave da parte degli uffici regionali e vedremo, sarà la magistratura a chiarirlo, anche se questo implica, ha implicato una responsabilità politica oppure no. Siamo di fronte ad un'inefficienza di sistema rispetto alla quale noi ci chiediamo e continuiamo a chiedere al Governo di intervenire, sollevando il presidente della regione siciliana dalla funzione di commissario COVID. Funzione che evidentemente, lo dicono i numeri, fino a questo momento, non è stato in condizione di svolgere adeguatamente e che, in secondo luogo, se non svolta bene, rischia di compromettere quella campagna vaccinale, su cui ieri il Presidente del Consiglio, nella sua conferenza stampa, ha insistito con moltissima forza, come la carta fondamentale per uscire da questo clima di emergenza permanente, che si è fatto oggettivamente insostenibile per tutti noi. Arrivare a quel passaggio in questa condizione, io penso che, noi pensiamo che rischi di compromettere l'esito di una campagna a cui molto è stato affidato dal Presidente del Consiglio, per cui invitiamo il Governo a dare esito alle ispezioni, dare risultati, offrirci le risultanze delle ispezioni che si sono svolte fino a questo momento e aumentare l'intensità dell'attenzione su una regione che, per quanto a statuto speciale, vede i propri cittadini essere prima cittadini italiani, che cittadini della regione siciliana.