I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, per sapere – premesso che:
l'Ufficio scolastico regionale della Calabria ha avviato un'ispezione nel liceo scientifico del polo scolastico «Valentini-Majorana» di Castrolibero (Cosenza) in relazione alla situazione che si sta registrando nell'istituto dopo che gli studenti, che stanno occupando la scuola, hanno riferito di presunte molestie sessuali ai danni di alcune studentesse da parte di un professore;
si apprende a mezzo stampa che una ragazza avrebbe presentato denuncia ai carabinieri raccontando di essere stata vittima di molestie a sfondo sessuale da parte di un insegnante quando era al primo anno di scuola;
al centro della vicenda ci sarebbero molteplici dichiarazioni che gli studenti avrebbero rilasciato pubblicamente, ed in particolare «attenzioni» e «richieste di foto particolari» da parte del docente alla ragazza, oggi maggiorenne, per ottenere la sufficienza nella propria materia;
come emerso dalle testimonianze di circa una decina di ragazze i docenti coinvolti sarebbero almeno tre, perciò pare che i contorni della vicenda siano più ampi;
sono state, inoltre, sottolineate presunte sottovalutazioni della suddetta vicenda, nonostante siano state manifestate proteste e disagi dalle ragazze e dai loro familiari;
come riportato anche da Repubblica, all'istituto sono attesi gli ispettori del Ministero dell'istruzione e che il Ministro Bianchi ha chiesto una relazione alla dirigente scolastica, Iolanda Maletta, sui fatti accaduti;
oltre allo sgomento, per i contorni di una storia di prevaricazioni e violenze, emerge la determinazione di questi giovani, che hanno ritrovato nel loro essere comunità, la forza e il coraggio di unirsi, denunciare ed alzare un prezioso cordone di protezione;
la storia ha scosso anche l'opinione pubblica, la Conferenza delle donne democratiche calabrese ha annunciato che farà tutto affinché nulla sia insabbiato e ognuno si assuma la propria responsabilità per restituire a questi studenti la serenità per rientrare in classe e vivere con libertà la loro giovinezza –:
quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere al fine di verificare quanto accaduto, così che le autorità competenti, a partire dall'Ufficio scolastico regionale, attivino tutti gli strumenti a loro disposizione, atti a porre fine ad una situazione che con il passare dei giorni sta diventando sempre più difficile e tale da mettere seriamente in discussione i diritti fondamentali di ragazze e ragazzi in un momento tanto delicato della loro formazione umana e civile;
quali iniziative il Governo intenda assumere affinché la scuola sia luogo di educazione al rispetto e presidio di prevenzione della violenza di genere.
Seduta dell'11 febbraio 2022
Illustrazione di Laura Boldrini, risposta sottosegretario di Stato per l'Istruzione, Rossano Sasso, replica di Cecilia D'Elia
LAURA BOLDRINI. Grazie Presidente, colleghe e colleghi, sottosegretario, quando nel 2017, con le accuse di violenza sessuale contro il produttore cinematografico Harvey Weinstein, si sviluppò a partire dagli Stati Uniti il movimento globale Me Too, in molti si chiesero - e anch'io tra questi - per quale ragione in Italia faticasse a svilupparsi un'analoga spinta, da parte delle donne, a denunciare violenze e molestie nei luoghi di lavoro. Basti ricordare cosa accadde quando la regista e attrice Asia Argento prese coraggio e rilasciò un'intervista al The New Yorker, raccontando di essere stata abusata pure lei da Harvey Weinstein, oppure quando la show girl, Miriana Trevisan, dichiarò che la televisione e il cinema italiani pullulano di maschi di potere che si sentono in diritto di molestare e abusare sessualmente.
Ebbene, da noi avvenne l'esatto inverso di quanto accaduto negli Stati Uniti e altrove: una buona parte dell'opinione pubblica, cioè, si schierò contro le abusate e non contro gli abusanti, le accusò di aver taciuto fino ad allora e di aver parlato solo in quel momento allo scopo di finire sotto i riflettori e ottenere un ritorno di immagine, le accusò di mentire, le accusò di avere accondisceso perché faceva loro comodo, le accusò di essere comunque complici del sistema deviato che denunciavano.
E ancora, Presidente, quando la giornalista Giulia Blasi lancio l'hashtag #quellavoltache, con l'intento di far sviluppare in Italia l'ondata di sdegno suscitata da quanto accaduto negli Stati Uniti, non arrivò il sostegno dei mezzi di informazione, che insistettero, invece, nel concentrarsi sulla morbosità e sul mettere le ragazze in difficoltà; quindi si concentrarono sulle singole storie di molestie, anziché inserirlo nel contesto più ampio della devianza sistemica di uomini di potere che si sentono in diritto - in diritto! - di abusare di giovani donne nella più totale impunità.
Nel nostro Paese sono ancora tanti gli uomini convinti che allungare le mani e pretendere sesso in cambio di favori siano forme accettabili di corteggiamento e di scambio, così di fatto nessuno degli uomini coinvolti nel Me Too di casa nostra ha subìto conseguenze di alcun tipo, né sul piano penale, né su quello sociale e lavorativo. Su nessuno di loro, sottosegretario, è rimasto lo stigma, su nessuno! Sulle donne che li hanno denunciati insieme allo stesso sistema, invece, sì, e questo è un tristissimo paradosso. Anche perché, qui da noi, quando una donna denuncia una molestia sessuale, il più delle volte non viene creduta o si pensa che esageri: “ma che vuoi che sia, stavo scherzando, fatti una risata”, come se noi donne non sapessimo distinguere tra un complimento e una pressione molesta. Oppure, ancora peggio - ancora peggio! - si pensa che, tutto sommato, sia convenuto a quelle donne ricevere la molestia.
Il risultato di questo stato di cose è troppo spesso il silenzio: il silenzio delle donne. Succede nelle aziende, negli enti pubblici, dove chi subisce violenza e molestia tace perché teme di vedersi ostacolata la vita lavorativa. Succede tra le precarie, sa, Presidente, quelle donne che non riescono nemmeno a immaginare di avere un lavoro stabile e sicuro, che tacciono e sopportano le molestie perché c'è l'affitto da pagare. Ma con il silenzio non avviene il riconoscimento di un fenomeno, perché ciò che non si nomina semplicemente non esiste. Il silenzio divide.
Qualcuno, però, in questi giorni, sta squarciano il velo di omertà e ipocrisia che copre le molestie sessuali. Sono le ragazze e i ragazzi - sottolineo: ragazze e ragazzi! - del liceo scientifico Valentini Majorana di Castrolibero, in provincia di Cosenza, che hanno iniziato una protesta fino a giungere all'occupazione pacifica dell'istituto, e lo fanno contro le ripetute molestie sessuali ai danni di alcune studentesse che hanno deciso di non tacere più, di uscire dal silenzio, di denunciare. Dobbiamo essere grati e grate al coraggio di queste ragazze e alla solidarietà nei loro confronti dei compagni maschi. Al coraggio delle ragazze, sì, perché di questo si tratta, perché quando si sono rivolte all'autorità scolastica e hanno iniziato a raccontare quelle storie vergognose, hanno incontrato scetticismo, riluttanza e il dubbio, il dubbio di chi ha subito pensato: “chissà se è vero, chissà”. Il solito dubbio, quello che esiste anche nelle aule dei tribunali. Ragazze che avevano bisogno, invece, di essere accompagnate in questo difficile e doloroso percorso di verità e alle quali sono state, invece, voltate le spalle, lasciandole sole. E dobbiamo gratitudine alla solidarietà dei ragazzi, perché vede, sottosegretario, la violenza e le molestie sessuali che le donne subiscono sono un problema degli uomini e non le supereremo fintanto che non saranno gli uomini, per primi, a ribellarsi contro un modello maschilista e patriarcale che li vuole, a prescindere dal loro volere, arroganti, che li vuole aggressivi, che li vuole possessivi fino alla violenza.
Il Ministro Bianchi ha inviato un'ispezione: bene. La magistratura è chiamata a intervenire: molto bene. Sta accertando le responsabilità per punire, secondo le leggi, chi dovrà essere punito. Con questa interpellanza, presentata e sottoscritta da tutte le deputate del gruppo del Partito Democratico, chiediamo al Governo di avere un comportamento rigoroso su questa vicenda. Ascolteremo con molta attenzione la sua risposta, sottosegretario, perché guai, guai, se queste ragazze e questi ragazzi si sentissero abbandonati dalle istituzioni! Sarebbe un segnale di incoraggiamento per i violenti e i molestatori!
Ma chiediamo ancora qualcosa di più, di assumere iniziative concrete, affinché nelle scuole sin dai primi anni si educhi al rispetto di genere, si educhi al rifiuto di ogni forma di prevaricazione. La violenza non è amore, sottosegretario, e questo va spiegato ai nostri bambini e alle nostre bambine in tenera età, nelle scuole! Quindi, non c'è altra strada, questa è la strada: l'educazione. Non c'è altra strada per abbattere i muri del silenzio.
ROSSANO SASSO, Sottosegretario di Stato per l'Istruzione. Grazie, Presidente. Onorevole Boldrini, ancor prima che da sottosegretario, condivido da insegnante ed educatore, da papà di due ragazze minorenni che vanno a scuola. Condivido pienamente con lei la delicatezza e l'estrema gravità della questione posta per il coinvolgimento dei nostri studenti, di minorenni, in fatti che potrebbero determinare forti ripercussioni e danni psicologici gravi. Ovviamente il principale e il più forte interesse del Ministero è quello di proteggere gli adolescenti da vicende che possono compromettere la loro serenità e la fiducia nelle istituzioni - come ha detto lei, si sono rivolti per primi ad un'autorità scolastica, alla loro dirigente scolastica, ad una donna - che dovrebbero costituire un punto di riferimento per la loro crescita.
Non appena si è diffusa la notizia dei gravi episodi denunciati, il competente Ufficio scolastico territoriale ha immediatamente inviato un proprio ispettore presso la citata istituzione scolastica ed ha preso contatti con la procura della Repubblica. Però, in ragione della rilevanza e della gravità dei fatti che si sospetta siano avvenuti, il Dipartimento competente, d'intesa con l'Ufficio scolastico regionale, ha inviato due ispettori dell'amministrazione centrale, da Roma, al fine di evitare che vi possa essere qualsiasi forma di condizionamento locale, che depotenzi l'ispezione. La dirigente scolastica dell'istituto ha nel frattempo inviato una relazione, la cui completezza è parte dell'ispezione che si sta svolgendo proprio ora in questi giorni e che verte principalmente sull'ascolto degli studenti dell'istituzione scolastica. Tale attività ispettiva è finalizzata all'individuazione di fatti da porre ad oggetto di uno o più procedimenti disciplinari, tesi ad individuare responsabilità e ad irrogare sanzioni adeguate alla gravità delle circostanze che saranno appurate. L'azione disciplinare dovrà rivolgersi, non soltanto nei confronti degli eventuali autori dei fatti denunciati, che stiamo verificando, ma anche di tutti coloro che, pur consapevoli di queste circostanze, non ne hanno impedito la loro prosecuzione. Onorevole Boldrini, nessuno penso che in quest'Aula, né tantomeno noi al Ministero possiamo ammettere l'omertà a scuola. L'omertà a scuola con noi non ci deve essere, non la giustificheremo, nessuno potrebbe mai giustificarla. E come potremmo mai? La comunità educante non può girare la faccia dall'altra parte, quando succedono queste cose. Nessuno! Non l'hanno fatto gli studenti; mi auguro che non l'abbiano fatto neanche i docenti e lo stiamo verificando in questo senso. Certo, non siamo qui per fare un processo, dobbiamo aspettare evidentemente il resoconto dei nostri ispettori.
Ma la risposta che complessivamente ha fornito il Ministero dell'Istruzione, sia nell'articolazione locale che in quella centrale, dimostra il fatto che non vi è alcuna sottovalutazione dell'episodio - mi creda - rispetto al quale vi è invece il massimo interesse a fare chiarezza e ad esercitare, laddove se ne accertassero le condizioni, il più appropriato potere sanzionatorio e disciplinare.
Per quanto riguarda il contrasto alla violenza di genere - per rispondere ad una parte della vostra interpellanza - per sensibilizzare i giovani in età scolare sul principio di pari dignità tra uomo e donna, nel rispetto degli articoli 3 e 51 della nostra Costituzione, il Ministero dell'Istruzione ha adottato diverse iniziative, come le linee guida nazionali “Educare al rispetto; per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione”, che hanno le finalità di assicurare l'attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, in linea con quanto ribadito dal nostro articolo 3, dall'articolo 3 della Costituzione italiana, dall'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, dall'articolo 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, dalle indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione. Poi vi è la campagna di comunicazione “Rispetta le differenze”, che vuole contrastare con forza ogni forma di violenza e discriminazione superando qualsiasi forma di pregiudizio e diseguaglianza. Ogni anno, inoltre, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 54/134 del 17 dicembre 1999, il Ministero emana una nota, invitando le scuole di ogni ordine e grado, nell'ambito della propria autonomia didattica e organizzativa, a effettuare un approfondimento sui temi correlati all'eliminazione della violenza contro le donne, al fine di sensibilizzare, prevenire e contrastare ogni forma di violenza e discriminazione. Il legislatore ha introdotto nel primo e nel secondo ciclo di istruzione l'insegnamento scolastico dell'educazione civica, che mira a sviluppare le competenze di cittadinanza responsabile e a promuovere iniziative di sensibilizzazione sui principi della legalità, del rispetto delle persone e della sostenibilità ambientale.
Onorevole, a scuola, come ho già detto prima, non deve esserci assolutamente spazio per nessuna forma di discriminazione e per la violenza, alle quali tutti noi dobbiamo rispondere, sì, con la solidarietà e con l'educazione - che evidentemente è la chiave a nostra disposizione per produrre un cambiamento culturale verso una comunità sempre più di pari opportunità e rispetto -, ma, francamente, oltre a questo, dobbiamo anche fare in modo che chi ha sbagliato paghi. Chi ha sbagliato deve pagare. Se davvero c'è qualcuno, come temo ci sia - ma aspettiamo l'esito delle ispezioni - che ha usato violenze fisiche o verbali nei confronti degli studenti, le assicuro che faremo in modo che venga cacciato per sempre dalle nostre scuole.
CECILIA D'ELIA. Grazie Presidente. Onorevole sottosegretario, prendo atto della sua risposta. È molto importante che il Ministero abbia inviato tre ispettori, per capire cosa è successo nella scuola “Valentini-Majorana” di Castrolibero e, rispetto alle segnalazioni degli abusi e degli episodi di bullismo, come questa scuola abbia risposto alle segnalazioni arrivate in questi anni.
In relazione alla vicenda credo vadano sottolineati due aspetti, che anche lei ha sottolineato nel suo intervento, come la mia collega Boldrini. Al di là del merito dei fatti specifici emersi in questi giorni, sui quali indaga anche l'autorità giudiziaria, da un lato, vi è la gravità della realtà e delle ipotesi di violenze che sembrano esserci state, perché avvengono all'interno di un rapporto asimmetrico, come quello tra professori e studenti, ma dall'altro, soprattutto, il clima di connivenza e di omertà che potrebbe aver accompagnato questi comportamenti molesti e violenti. Questa è storia antica, come diceva anche prima la collega Boldrini. Sappiamo che troppo spesso la violenza contro le donne viene banalizzata e che tanto deve cambiare nella cultura per sconfiggerla.
La scrittrice Rebecca Solnit dice: la credibilità della parola femminile è la prima forma di resistenza. Credibilità non significa che poi non si debba verificare e anche in sede giudiziaria vale sempre la presunzione di innocenza; il punto non è questo, significa che va presa sul serio, ascoltata la parola femminile quando denuncia, altrimenti scatta quella cosa, che scatta spessissimo in questo Paese, che si chiama vittimizzazione secondaria, che scoraggia le donne a denunciare, che scoraggia le ragazze a parlare.
La seconda cosa che è successa ed è egualmente importante e secondo me è una leva per questo Parlamento è che quella parola che non è stata ascoltata ha trovato comunque il modo di dirsi, in una pagina Instagram che una ragazza ha postato. Ognuno di noi sa che anche dopo molto tempo che magari i fatti sono successi è importante dire anche a se stessi che cosa si è attraversato, nominare le cose con il loro nome, soprattutto in casi di violenza e abusi, anche per liberarsi del senso di colpa a cui noi donne siamo stati educate. Ci chiediamo sempre: sono stata io a provocare? Non ce lo dice solo la società; c'è un retaggio con cui siamo state educate. In poche ore sono arrivate le altre testimonianze, è scattato in qualche modo un piccolo Me Too, come ha ricordato anche la mia collega, ma quella parola, ed è questo molto importante, ha trovato accoglienza da parte degli studenti, ragazze e ragazzi; questo, persino al di là dei fatti specifici, è il fatto importante e uno straordinario segno di un mutamento culturale che io credo il Ministero debba assumere fino in fondo.
Ci abbiamo messo tanto per cambiare le leggi, siamo dovuti arrivare agli anni Novanta e, poi, ancora precisare, ancora in questa legislatura con il Codice rosso siamo intervenuti sulle norme, ma il problema non sono tanto le norme quanto la cultura, lo ha detto in quest'Aula solennemente il Presidente Mattarella declinando la dignità: “Dignità è impedire la violenza sulle donne, profonda, inaccettabile piaga che deve essere contrastata con vigore e sanata con la forza della cultura, dell'educazione e dell'esempio”. Cultura, educazione, esempio, penso sia quello che stanno facendo gli studenti, come giustamente hanno detto anche i loro professori, che hanno scritto una lettera di scuse, che hanno parlato del loro mancato impegno a contrastare, a superare fino in fondo una cultura sessista e del possesso, una concezione predatoria delle relazioni tra i sessi, su cui, nonostante la modernità che pervade le nostre vite, non si riflette mai abbastanza, una cultura che non può essere banalizzata solo come espressione di atavici pregiudizi e di comportamenti scorretti e che, invece, è qualcosa di molto più pervasivo e radicato per poter essere sconfitto solo con le denunce e le iniziative giudiziarie che sono giuste, ma non bastano. È un qualcosa che sta dentro di noi e di cui troppo spesso siamo inconsapevoli e che emerge in forme troppo spesso superficialmente sottovalutate, ma che feriscono, lacerano nel profondo, distruggono coscienze.
Su un tema così drammatico è tempo di un salto di qualità. Questa esperienza che stiamo facendo, quello che è successo a Cosenza, in questa scuola, può essere anche un monito per un'azione delle istituzioni più forte, per prevenire, proteggere, prendersi cura delle vittime e, poi, sul piano della battaglia civile e culturale, per estirpare le radici della violenza. È un fenomeno che tiene in sé il carattere della durata e del mutamento e che ha a che fare con i rapporti di potere tra i sessi, come ci dice la Convenzione di Istanbul. Siamo dentro un mutamento antropologico, non bastano solo dei progetti, è la cultura complessiva che deve cambiare. Nominare già quello che succede come violenza è stata una grande ricchezza; abbiamo cambiato tanto nelle teste delle donne e nei rapporti tra gli uomini e le donne nel rispetto reciproco e nella reciproca libertà. Non è un battito di ciglia quello che è successo, ci vogliono risorse simboliche che accompagnino questo mutamento. I ragazzi sembrano pronti e noi dobbiamo fare di più, la scuola della nostra Repubblica deve esserlo di più; non solo con alcuni progetti o col piano anti-violenza, ma riguardando i testi, dando credibilità e autorevolezza alla parola femminile. Penso che la scuola debba essere in prima fila in questo lavoro.