15/01/2019
Alessia Rotta
Zardini
2-00223

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:

   il 13 dicembre 2017, la Ministra della salute pro tempore ha risposto all'interrogazione n. 3-03430 in cui si chiedeva se esistessero specifiche linee guida circa l'efficacia della plasmaferesi sulla rimozione delle sostanze Pfas, nonché se vi fosse un protocollo scientifico clinicamente validato e un'autorizzazione di un comitato etico per l'adozione della plasmaferesi su larga scala con il coinvolgimento anche di minori di anni 14, così come avviene nella regione Veneto;

   la popolazione di tre province del Veneto (Vicenza, Verona e Padova) da alcuni anni convive con la preoccupazione di abitare in un territorio inquinato dalle sostanze perfluoroalchiliche, conosciute come Pfas;

   nel mese di giugno del 2017 la regione Veneto aveva dato avvio a una procedura su larga scala, appunto la plasmaferesi, con l'obiettivo di abbattere la quantità di Pfas riscontrata nel sangue della popolazione a seguito di un piano di biomonitoraggio avviato sempre dalla stessa regione;

   la Ministra pro tempore, rispondendo all'interrogazione, ha precisato che il dicastero della salute e l'istituto superiore di sanità non sono stati mai formalmente interessati dalla regione Veneto circa l'utilizzo di questa terapia e ha chiarito che non risultano evidenze scientifiche in ordine alla possibilità di rimuovere gli Pfas o gli Pfoa attraverso l'uso della plasmaferesi;

   la Ministra ha specificato ulteriormente che «le più recenti linee guida non includono detti contaminanti tra gli agenti inquinanti che possono essere rimossi con tale tecnica. Il ricorso alla plasmaferesi è fortemente sconsigliato proprio in quelle situazioni particolari e rare (ed è questo il caso dell'inquinamento da Pfas e Pfoa, presente nella sola regione Veneto) in cui si registra una specifica tipologia di inquinamento ambientale»;

   per tali ragioni, e in considerazione anche del fatto che la plasmaferesi è una terapia fortemente invasiva, la regione Veneto, prima di sottoporre le persone a tale trattamento, avrebbe dovuto procedere a una preventiva sperimentazione;

   la Ministra pro tempore ha concluso rassicurando di aver già chiesto alla regione Veneto maggiori e più dettagliate informazioni in merito, al fine di poter valutare l'adozione di un'iniziativa volta a tutelare la salute dei cittadini veneti;

   sebbene sia importante cercare soluzioni al problema Pfas nel sangue, è tuttavia doveroso farlo nel rispetto della scienza e a garanzia della salute. Non è di certo responsabile proporre un trattamento senza aver verificato se è utile, quali effetti produce e se davvero valga la pena di investire milioni di euro senza dati chiari e precisi;

   la regione Veneto sta continuando le operazioni di screening, ma, una volta consegnati i referti e in presenza di elevati valori di plasmaferesi, non offre alcuna soluzione concreta: a quanto consta agli interpellanti in alcune lettere inviate dall'azienda ospedaliera di Padova (Unità operativa immunotrasfusionale) si indicherebbe semplicemente un recapito telefonico da contattare dell'azienda ospedaliera e una nota informativa che descrive in cosa consiste la procedura;

   tuttavia, secondo quanto riferito agli interpellanti, contattando il numero di telefono indicato per fissare un appuntamento per eseguire i trattamenti, l'operatore dichiarerebbe che essi sono sospesi in seguito al blocco stabilito dal Ministero della salute;

   è del tutto evidente che fare lo screening, senza offrire soluzioni concrete ai cittadini, stia producendo tra la popolazione uno stato di grande agitazione;

   la regione Veneto ha ricevuto dal Ministero della salute una circolare recante «applicazione delle procedure di plasmocentesi» in cui si ribadisce la disponibilità del centro nazionale sangue e dell'istituto superiore di sanità a ogni forma di collaborazione tecnico-scientifica sul tema dell'impegno della plasmocentesi terapeutica in questa specifica situazione clinica per la quale è necessario procedere solide evidenze scientifiche –:

   quali iniziative intenda mettere in campo, per quanto di competenza, per garantire il diritto alla salute dei cittadini veneti che devono rimuovere le sostanze Pfas dal loro sangue. 

 

Seduta del 1 marzo 2019

Illustrazione e replica di Alessia Rotta, rispota del Sottosegretario di Stato per la salute Armando Bartolazzi

ALESSIA ROTTA: Grazie, Presidente. Al Governo e a tutto il Paese oramai è nota tristemente la vicenda che riguarda oltre 500 mila persone residenti nel territorio veneto, tra Vicenza, Verona e Padova, interessate dai pericolosi inquinanti del terreno Pfas e Pfoa, che stanno gravemente minando la loro salute. Ebbene, è noto al Governo e anche in precedenza, nella scorsa legislatura, avevamo posto il problema, e anche una parziale soluzione, in particolare con lo stanziamento dato alla regione Veneto e con l'istituzionalizzazione di un commissario speciale, che, attraverso lo stanziamento di 80 milioni, costruisse condotte alternative per l'approvvigionamento idrico in queste zone in cui le falde sono inquinate, e pertanto l'acqua che bevono e utilizzano queste persone, questi 500 mila cittadini, è inquinata.

Però oggi quello che vogliamo porre all'attenzione del Governo con questa interpellanza io e il collega Zardini è la questione che ci preme di più, quella della salute dei cittadini che sono stati colpiti e che già hanno nel sangue queste sostanze, migliaia di cittadini adulti e bambini, sui quali chiediamo conto al Governo di che cosa intenda fare. Per questo vogliamo ricapitolare in breve quanto è accaduto fin qui, in particolare dicendo che la regione Veneto, a partire dal mese di giugno 2017, aveva dato avvio ad una procedura, quella della cosiddetta plasmaferesi, cioè, in seguito al monitoraggio fatto rispetto alla popolazione, di una sostanziale trasfusione di sangue.

Ebbene, nella precedente legislatura avevamo interrogato il Ministro della salute pro tempore chiedendo se questo tipo di terapia fosse stato non solo concordato con il Governo, ma avesse un'evidenza scientifica rispetto alla soluzione del problema, e voglio leggere al Governo oggi quello che ci è stato risposto: in particolare, la plasmaferesi è fortemente sconsigliata proprio in quelle situazioni particolari e rare - questo è il caso - in cui si registra una specifica tipologia di inquinamento ambientale. Per tali ragioni - così ci rispose il Governo -, in considerazione del fatto che la plasmaferesi è una terapia fortemente invasiva, la regione Veneto, prima di sottoporre le persone a tale trattamento, avrebbe dovuto procedere ad una preventiva sperimentazione, nonché all'informazione, magari, dell'Istituto superiore di sanità e del Governo, ovvero il Ministero stesso. Così non avvenne.

Ma noi non siamo qui per far polemica, ma per chiedere oggi che cosa è possibile fare, anche alla luce degli scambi poi che ci sono stati tra la regione Veneto e il Governo, avendo dato il Governo, e in particolare il Ministero della salute e l'Istituto superiore di sanità, piena disponibilità per trovare altre soluzioni terapeutiche alternative, per dare una risposta e perché noi ci rendiamo conto che ormai si tratta di un vero e proprio allarme sociosanitario, specialmente per quelle persone di cui comprendiamo, evidentemente, l'allarme per la propria salute e la salute dei propri figli.

È di questi giorni, inoltre, sottosegretario, la notizia di un ulteriore studio scientifico, di cui nei prossimi giorni verranno dati ulteriori particolari, del professore endocrinologo Foresta, che avrebbe detto che queste sostanze nel sangue in particolare avrebbero o inibirebbero le funzioni riproduttive per quanto riguarda le donne; quindi, questo ci fa dire che si necessiti davvero di risposte urgenti. Quello che ancora diciamo è che nel frattempo lo screening sulla popolazione interessata è continuato da parte della regione Veneto, e questo, se da un lato è sicuramente positivo, dall'altro lato non fa che ingenerare, in assenza di risposte, un ulteriore allarme sociale, perché successivamente allo screening vengono date delle risposte, così ci viene trasmesso, per un appuntamento in un ufficio della sanità della regione Veneto per continuare con la terapia della plasmaferesi.

Quando poi si chiama al numero che viene indicato, viene detto che è stato il Ministero ad interrompere questo tipo di terapia, come è noto, da come ci è stato trasferito dal Ministero nella scorsa legislatura, per evidenze scientifiche mancanti rispetto all'efficacia, evidentemente, della terapia, e non per motivi ideologici o chissà cosa. E, quindi, siamo a chiedere davvero al Governo che cosa intenda fare, se abbia convocato la regione Veneto, se siano già intercorse non solo interlocuzioni, ma in che stato di avanzamento sia una soluzione alternativa per dare davvero una risposta di cui credo abbiano diritto soprattutto la popolazione interessata e tutti i cittadini, le cittadine e i ragazzi.

ARMANDO BARTOLAZZI, Sottosegretario di Stato per la Salute. Presidente, stimati onorevoli interpellanti, come è noto all'onorevole interpellante la plasmaferesi terapeutica è una procedura che si esegue in circolazione extracorporea allo scopo di rimuovere molecole e sostanze patogene dal circolo sanguigno di soggetti affetti da differenti patologie attraverso la rimozione del plasma. Trattasi di una sorta di lavaggio della componente liquida del sangue non corpuscolata che viene poi reinfusa nel paziente.

Bisogna premettere subito che le peculiari circostanze che hanno caratterizzato la contaminazione da Pfas sono questi composti perfluoroalchilici in alcuni e ben definiti territori della regione Veneto, che non sono riscontrabili in altre esperienze e non trovano nella letteratura scientifica internazionale precedenti paragonabili e, dunque, utilizzabili nel caso di specie.

Per questo motivo quando la regione Veneto ha proposto, con delibera della giunta regionale, un proprio protocollo d'impiego della plasmaferesi, il Ministero della salute, sulla base degli elementi forniti dal Centro nazionale sangue nella sua qualità di organo tecnico-scientifico competente in materia di medicina trasfusionale, ha dovuto avvertire, anche nelle sedi parlamentari, circa la non appropriatezza della procedura terapeutica proposta dal protocollo della regione Veneto per i soggetti con più bassi livelli di Pfas e per i soggetti minorenni, sottolineandone il rischio di scarsa o assente efficacia a fronte dell'esposizione dei soggetti a ripetute procedure con un certo grado di invasività e non completamente prive di rischio di potenziali eventi avversi locali e sistemici.

Il Centro nazionale sangue, infatti, riferisce che tuttora le più recenti linee guida dell'American Society for Apheresis sull'impiego dell'aferesi terapeutica nella pratica clinica non riportano tra le potenziali indicazioni cliniche della procedura di aferesi terapeutica, per quanto con differenti gradi di evidenza scientifica e forza di raccomandazione, la rimozione degli Pfas. In particolare, per quanto riguarda l'utilizzo di protocolli di scambio plasmatico terapeutico in caso di avvelenamento da sostanze chimiche o da intossicazioni acute da farmaci, l'ASFA, nelle sue linee guida più recenti, ha inserito detta procedura tra le pratiche la cui efficacia non è sostenuta da consolidate evidenze scientifiche, valutazione, quest'ultima, peraltro correttamente richiamata anche nella citata delibera della giunta regionale del Veneto.

In assenza di univoche indicazioni in tal senso, la regione Veneto ha ritenuto dunque necessario sospendere l'offerta di plasmaferesi e i trattamenti in atto, ivi compresi quelli per i soggetti già convocati e in attesa. È questo il motivo per cui, come riferito nell'interpellanza, all'azienda ospedaliera di Padova è stata data indicazione di una sospensione temporanea del trattamento nelle more dei necessari accertamenti a livello scientifico. Peraltro, in questo lasso di tempo la regione Veneto ha proseguito ad approfondire la validità del proprio protocollo, da un lato, elaborando la relazione sui primi risultati aggiornati al 14 dicembre 2017 relativi all'applicazione del secondo livello previsto dal protocollo di screening della popolazione esposta a Pfas a seguito dell'utilizzo della plasmaferesi per i soggetti con alte concentrazioni da Pfas e, dall'altro, acquisendo altri pareri da ulteriori centri di ricerca.

Alla luce di quanto sopra pertanto, in una prospettiva di collaborazione e confronto scientifico, i risultati dell'adozione dei protocolli di scambio plasmatico attuati dalla regione Veneto nei soggetti con elevati livelli di Pfas potranno, laddove supportati dal necessario livello di qualità scientifica e sempre che sia confermata la loro piena rispondenza ai criteri previsti dalla legge, alimentare la letteratura in materia anche mediante pubblicazione su riviste scientifiche.

Giova ricordare, a questo proposito, come l'Istituto superiore di sanità abbia a più riprese elaborato, sin dal primo manifestarsi dell'emergenza, opinioni tecnico-scientifiche di supporto alla gestione dei rischi e attività sperimentali di caratterizzazione dell'esposizione, anche in collaborazione con le autorità regionali preposte alla tutela della salute e dell'ambiente. Tali attività sono state poi utilizzate dai soggetti competenti per la definizione di azioni di prevenzione e risposta ai fenomeni di contaminazione da Pfas delle acque destinate al consumo umano, delle matrici ambientali e degli alimenti nonché all'esposizione umana associata. La collaborazione, dunque, è stata già proficuamente esercitata per l'attività di contrasto al rischio ambientale che, difatti, risulta costantemente monitorato.

Nel solco di queste azioni, poste a presidio della tutela ambientale e nelle quali si è riscontrata una positiva collaborazione tra le autorità sanitarie statali e le istituzioni regionali, si ritiene che si possa proseguire fino a giungere alla decisione di assumere eventuali interventi terapeutici che possano, qualora ritenuti appropriati, ricomprendere anche protocolli di plasmaferesi. Per tali ragioni sono state programmate, di concerto con la regione Veneto, iniziative finalizzate ad acquisire nuove e ulteriori evidenze nel campo dell'epidemiologia, della valutazione dell'esposizione e delle implicazioni in termini di salute nonché a definire l'insieme degli strumenti da utilizzare nella prevenzione e nel controllo del fenomeno.

Il Ministro della salute, in conclusione, si impegna a propiziare una continua collaborazione con gli enti territoriali finalizzata a garantire i metodi e gli strumenti più aggiornati e appropriati per affrontare efficacemente il problema. Voglio concludere anche sottolineando il fatto che proprio uno degli scienziati italiani più esperti in questo settore, che è il professor Carlo Foresta che lei ha citato, è stato inserito a pieno titolo nel Consiglio superiore di sanità recentemente composto e, quindi, a ulteriore garanzia che ci saranno delle azioni sicuramente messe in atto per la risoluzione spero in tempi brevi del problema.

 

ALESSIA ROTTA: Sottosegretario, potremo forse dichiararci soddisfatti, non noi interpellanti, evidentemente, che siamo solo il tramite per le persone, quando penso - e potremo dichiararci soddisfatti reciprocamente - che avremo, appunto nell'attesa delle evidenze scientifiche, portato a compimento la soluzione di questo problema, perché è evidente che quello che lei ci ha illustrato ci fa piacere nel termine della collaborazione tra regione Veneto, Istituto superiore di sanità e Ministero della salute, evidentemente.

Sappiamo - e ne sono tutti ben consci - che per fortuna o per sfortuna, direi, non ci sono precedenti in questo settore e, quindi, che le evidenze scientifiche, la letteratura, la scienza e anche la salute porteranno i loro progressi su questi casi. Dunque, io mi sento solo di spingere, diciamo, il Ministero ad avere un'attenzione particolare che credo vada destinata a queste persone, perché, appunto, si tratta non solo di un'ingente quota della popolazione veneta - e noi, naturalmente, speriamo che sia possibile scongiurare il problema anche per altre aree - ma che a questo problema venga dedicata un'attenzione particolare. Io non so in quali forme e in quali modi, se con un comitato o con una commissione speciale e questo lo vedrete, però è necessario per trovare una soluzione non solo circa la plasmaferesi ma anche sulle altre opzioni terapeutiche che, evidentemente, siano invasive il giusto ma, soprattutto, che portino a soluzioni e, quindi, anche in questo campo mettere in campo quante più iniziative possibili in termini di ricerca e di risorse per trovare davvero delle soluzioni che non siano, appunto, procedere a tentoni sulla pelle di queste persone che vivono tutti i giorni questa preoccupazione.

E così, come ricordava anche lei, sottosegretario, anche il tema delle sostanze alimentari inquinanti a dire il vero non ha trovato ancora una piena soluzione. Quella che per fortuna a oggi è una risposta chiara per le persone che vivono questa triste condizione è che sanno che nel prossimo futuro, grazie appunto agli stanziamenti effettuati, l'acqua che berranno nel prossimo futuro speriamo che non sarà più inquinata. Però, io mi sento di sollecitare, a nome loro, il Governo e, in particolare, il Ministero della salute a un'attenzione più che particolare e di intensificare non solo i rapporti con la regione Veneto ma, appunto, a mettere in campo quante più iniziative possibili sotto il profilo della ricerca e sotto il profilo delle risorse, che sono da mettere in campo per questa che per noi è davvero un emergenza di un'intera regione.