I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
l'ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio Affari generali, convocato per il 22 giugno 2021, prevede un'audizione sulla situazione dello Stato di diritto in Polonia per sospetta violazione dell'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea;
il 27 gennaio 2021 è entrata in vigore in Polonia una nuova normativa in materia di interruzione di gravidanza, basata su una sentenza del tribunale costituzionale polacco del 22 ottobre 2020;
tale disciplina vieta l'interruzione volontaria di gravidanza, salvo in caso di incesto o stupro – accertato da un giudice – oppure in caso di pericolo per la vita della madre;
ne consegue che le cittadine polacche sono costrette a portare avanti forzatamente le gravidanze anche in presenza di feti con anomalie congenite e malformazioni gravissime, per questo esposti a una quasi certa mortalità post partum. Sono in corso di esame al Parlamento polacco proposte di legge che sanzionano penalmente l'educazione sessuale, per promuovere la fuoriuscita dalla Convenzione di Istanbul e per prevedere che le donne che abortiscono siano passibili di incriminazione per omicidio aggravato con una pena di 25 anni;
le donne e la società civile polacca hanno reagito organizzando imponenti e pacifiche manifestazioni di protesta, a cui le Autorità hanno risposto con una repressione attuata anche attraverso abusi da parte delle forze dell'ordine;
la mobilitazione si è presto estesa a livello continentale: le deputate ed eurodeputate aderenti all'Epf (European Parliamentary Forum for Sexual and Reproductive Rights) hanno redatto un manifesto di sostegno alle donne polacche;
il 26 novembre 2020, con riferimento alla situazione in Polonia, il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza una risoluzione nella quale si sottolinea che rendere illegale l'aborto nei casi di gravi e irreversibili difetti fetali mette a rischio la salute e la vita delle donne, poiché la maggior parte degli aborti legali nel Paese viene eseguita per tali motivi. Vietare tale opzione, che ha rappresentato il 96 per cento delle interruzioni legali di gravidanza in Polonia nel 2019 (1.074 su 1.110), comporterebbe un aumento degli aborti clandestini, pericolosi per la vita;
il Parlamento europeo ha anche chiesto alla Commissione europea di valutare la legittimità e l'imparzialità del Tribunale costituzionale polacco, composto da giudici selezionati dalla coalizione di governo guidata dal Partito Diritto e Giustizia; il Consiglio dell'Unione europea, da parte sua, dovrebbe affrontare questa e altre accuse di violazione dei diritti fondamentali in Polonia nel quadro del procedimento in corso ai sensi dell'articolo 7, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea;
con la risoluzione sulla situazione dello Stato di diritto nell'Unione europea e applicazione del regolamento (UE, Euratom) 2020/2092 relativo al regime di condizionalità, approvata il 10 giugno 2021, il Parlamento si è rammaricato dell'incapacità del Consiglio di compiere progressi significativi nel far rispettare i valori dell'Unione nelle procedure in corso ai sensi dell'articolo 7 in risposta alle minacce ai valori comuni europei in Polonia e Ungheria, con rischi per l'integrità dei valori comuni europei, la fiducia reciproca e la credibilità dell'Unione nel suo complesso. Il Parlamento europeo ha, in generale, deplorato che la Commissione non abbia attivato la procedura prevista dal regolamento sulla condizionalità dello Stato di diritto nei casi più evidenti di violazione dello Stato di diritto nell'Unione europea, incaricando il suo Presidente di invitare la Commissione, al più tardi entro due settimane dalla data di adozione della risoluzione, sulla base dell'articolo 265 TfUe, ad adempiere agli obblighi previsti datale regolamento e impegnandosi ad avviare immediatamente i necessari preparativi per un potenziale procedimento giudiziario ai sensi dell'articolo 265, TfUe nei confronti della Commissione;
la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo stabilisce che l'accesso tempestivo e senza ostacoli ai servizi di salute riproduttiva e il rispetto dell'autonomia riproduttiva e del processo decisionale delle donne sono fondamentali per proteggere i diritti umani delle donne e l'uguaglianza di genere e che gli Stati membri sono tenuti alla conformità degli ordinamenti nazionali con il diritto dell'Unione europea;
in Polonia, al contrario, i medici invocano sempre più spesso l'obiezione di coscienza, anche quando viene chiesto loro di prescrivere contraccettivi o di accedere allo screening prenatale; di conseguenza, migliaia di donne polacche sono costrette a ricorrere all'aborto clandestino o a recarsi all'estero per ricevere l'assistenza sanitaria di cui necessitano per procedere all'interruzione di gravidanza, mettendo ulteriormente a rischio la loro salute;
nell'audizione dell'associazione Pro-Choice-Rete Italiana Contraccezione Aborto, dello International Planned Parenthood Federation European Network (IppfEn) e del Comitato SeNonOraQuando? di Torino, con particolare riferimento ai diritti delle donne in Polonia, svolta il 14 giugno 2021 presso il Comitato permanente per i diritti umani nel mondo, istituito presso la III Commissione, sono state portate evidenze rispetto ad una tendenza diffusa in molti Paesi dell'Ue contro il principio della parità di genere, contro i diritti sessuali e riproduttivi dei cittadini e delle cittadine europee e per un sistematico smantellamento del diritto europeo e della Convenzione di Istanbul –:
quali iniziative intenda intraprendere per ottenere in sede europea una netta presa di posizione contro abusi e violazioni dei diritti umani e a sostegno dei diritti sessuali e riproduttivi dei cittadini e delle cittadine europee, del diritto delle donne all'autodeterminazione e all'aborto, del principio di parità di genere e a tutela degli standard di protezione dei diritti umani fondamentali richiesti dalla comune appartenenza all'Unione europea, in conformità con l'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea.
Seduta del 25 giugno 2021
Illustrazione e replica di Laura Boldrini, risposta del Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione Benedetto Della Vedova
LAURA BOLDRINI. Grazie, Presidente. Ci tenevo anch'io a essere qui con voi questa mattina, il tema merita molta attenzione. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, il 14 giugno scorso il Comitato permanente per i diritti umani nel mondo, che presiedo ed è istituito presso la III Commissione, ha svolto un'audizione dell'associazione Pro-choice-Rete italiana contraccezione aborto, dello International planned parenthood federation European network e del Comitato SeNonOraQuando di Torino, incentrata sui diritti delle donne in Polonia. Colgo l'occasione per ringraziare ancora una volta le rappresentanti di queste associazioni per il prezioso contributo di informazione e anche di analisi che hanno portato alla nostra discussione. Il quadro che è emerso, Presidente, da questa audizione è veramente allarmante, perché in un Paese membro dell'Unione Europea - tale è la Polonia - le autorità nazionali stanno attaccando i diritti alla salute riproduttiva, il diritto all'aborto delle donne polacche e la loro libertà di manifestare contro questa politica di pesante discriminazione.
Ripeto, stiamo parlando di un Paese dell'Unione Europea, non di un Paese lontano, che non ci riguarda. Ma che cosa sta accadendo in Polonia? È accaduto che il 27 gennaio scorso è entrata in vigore una nuova normativa sull'interruzione di gravidanza che fa seguito a una sentenza del Tribunale costituzionale polacco. Questa nuova normativa vieta l'interruzione volontaria di gravidanza, salvo i casi di incesto, di stupro e di pericolo di vita per la madre. La conseguenza di questa disciplina è che le donne polacche vengono costrette a portare avanti le gravidanze anche in presenza di feti con anomalie congenite o con malformazioni gravissime.
Ma non basta; in Parlamento si stanno discutendo proposte di legge, promosse o sostenute dal partito di Governo, volte a sanzionare penalmente l'educazione sessuale; a uscire, come ha già fatto la Turchia, dalla Convenzione di Istanbul; ad incriminare - sentite questa, che è gravissima - per omicidio aggravato, con pena fino a 25 anni, le donne che abortiscono! Tutto questo ha giustamente suscitato una reazione delle donne e della società civile polacca, che hanno dato vita a imponenti e pacifiche manifestazioni, ma queste manifestazioni - ripeto, pacifiche - sono state violentemente represse dalle Forze dell'ordine - e parliamo sempre di Unione europea - su indicazione del Governo, con brutalità e abusi ampiamente documentati dagli organi di stampa internazionale! In molte città europee, associazioni femministe e movimenti politici hanno organizzato in contemporanea, l'8 marzo scorso, manifestazioni e presidi davanti alle Ambasciate di Polonia per esprimere la loro solidarietà alle donne polacche. Anche qui a Roma, Presidente, quel giorno si è svolto un flash mob di fronte all'Ambasciata polacca, al quale abbiamo partecipato anche come dell'Intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunità, e diverse di noi erano presenti. Le parlamentari e le eurodeputate aderenti al EPF, ossia lo European Parliamentary Forum for Sexual & Reproductive Rights, hanno sottoscritto un manifesto a sostegno di queste donne polacche e alcune di noi lo hanno chiaramente firmato; lo stesso Parlamento europeo ha preso posizione contro la nuova legislazione di Varsavia sull'aborto.
Ho detto prima che questa nuova normativa è stata varata dal Parlamento polacco a seguito di una sentenza del Tribunale costituzionale, sentenza emessa il 22 ottobre del 2020: ma che cos'è il Tribunale costituzionale polacco? Qual è il suo grado di autonomia dal potere politico? Vi invito su questo a leggere – e, più in generale, sul pugno di ferro delle autorità politiche di Varsavia contro l'autonomia e l'indipendenza della magistratura - l'ultimo rapporto di Amnesty International, dettagliato e documentato come sono sempre i rapporti di Amnesty. D'altronde, proprio sulla minaccia all'indipendenza dei giudici la Commissione europea, come è noto, ha avviato una procedura di infrazione verso la Polonia (questo ai sensi dell'articolo 7 del Trattato che istituisce l'Unione europea), procedura ancora in corso. Io mi chiedo - e in tanti e tanti ci chiediamo e si chiedono -come sia possibile che, all'interno dell'Unione, ci siano Paesi nei quali vengono messi in atto norme e comportamenti che minacciano proprio quei diritti fondamentali dell'Unione e su cui l'Unione è nata: è accettabile tutto questo, Presidente? No, non lo è! Allora, il Consiglio europeo non può più tergiversare! Deve pronunciarsi in modo chiaro, come richiesto dal Parlamento europeo, che ha minacciato addirittura - e non credo che ci siano precedenti, signor sottosegretario - nel caso di ulteriori ritardi, un'azione legale.
Quindi, chiediamo, con questa interpellanza, come intende agire il Governo italiano per fare in modo che in sede europea ci sia una netta presa di posizione a sostegno dei diritti sessuali e riproduttivi dei cittadini e delle cittadine europee, del diritto delle donne all'autodeterminazione e all'aborto, del principio di parità di genere e a tutela degli standard di protezione dei diritti umani fondamentali richiesti dalla comune appartenenza all'Unione europea, in conformità, appunto, con l'articolo 2 del Trattato sull'Unione europea. Grazie, signor Presidente.
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BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Onorevole interpellante, mi consenta, in premessa, di esprimere una consonanza di fondo con le preoccupazioni che lei ha sollevato e di ricordare come, anche al margine dei lavori del Consiglio europeo di questa settimana, temi analoghi siano stati affrontati con determinazione politica.
Il Governo pone al centro della sua azione le questioni relative alla tutela e alla promozione dello Stato di diritto, tra le quali la parità di genere, e lo fa in un solco consolidato. L'Italia, non solo perché Paese fondatore dell'Unione europea, è da sempre impegnata a promuovere e rafforzare lo Stato di diritto, in Europa e nel mondo. Recentemente abbiamo sostenuto con forza il consolidamento di un meccanismo semestrale di verifica del rispetto dello Stato di diritto da parte degli Stati membri dell'Unione. Siamo in attesa dell'esito del primo rapporto annuale sullo Stato di diritto, la cui pubblicazione, da parte della Commissione europea, è in programma a luglio. La Farnesina segue, inoltre, con attenzione le procedure previste dall'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea, a cui lei faceva riferimento, volte a determinare la sussistenza di una violazione dello Stato di diritto da parte di uno Stato membro, procedura di cui è oggetto la Polonia. Le procedure previste dall'articolo 7 rappresentano uno strumento importante, ma ve ne sono altre che concorrono, nel loro insieme, a salvaguardare i diritti fondamentali; tra questi, è utile ricordare il proposto sistema di condizionalità tra l'erogazione dei fondi europei e il rispetto dello Stato di diritto, in relazione al quale attendiamo la pronuncia della Corte di giustizia europea sui ricorsi promossi proprio da Polonia e Ungheria.
La promozione della parità di genere e la tutela dei diritti delle donne e delle ragazze, aspetti imprescindibili dello Stato di diritto, rivestono un ruolo centrale nelle nostre attività in ambito Unione europea e Nazioni Unite. Il diritto alla salute sessuale e riproduttiva è, infatti, incluso tra i temi prioritari dal Piano d'azione dell'Unione europea per i diritti umani e la democrazia 2020- 2024.
Per questo, anche a livello nazionale, continuiamo a lavorare affinché sia attribuita la giusta attenzione a questi temi in tutti i consessi multilaterali, a partire dalla Commissione delle Nazioni Unite sulla condizione femminile. Lo facciamo con un instancabile lavoro quotidiano, aderendo a dichiarazioni congiunte quali la dichiarazione ministeriale del 6 maggio 2020 in ambito Nazioni Unite e promossa dall'ufficio di coordinamento ONU per gli affari umanitari.
Questo testo sulla protezione dei diritti e della salute sessuale e riproduttiva, firmato dall'allora Vice Ministra Del Re, inquadra la promozione delle tematiche di genere nell'ambito della crisi causata dal COVID-19.
Sempre a testimonianza della nostra attenzione in generale ai temi dei diritti civili, proprio ieri il Presidente Draghi ha firmato una lettera indirizzata alle istituzioni europee, con altri 15 Capi di Stato e di Governo dell'Unione, contro odio e intolleranza, a sostegno di diversità e uguaglianza LGBT.
Questo, in linea generale, il nostro sforzo a tutte le promozioni dello Stato di diritto e della parità di genere.
Per quanto riguarda più nello specifico la questione della normativa entrata in vigore in Polonia in materia di interruzione di gravidanza, anche attraverso la nostra Ambasciata a Varsavia, monitoriamo ogni sviluppo da quando, nell'autunno scorso, alla sentenza del Tribunale costituzionale seguirono forti proteste, non solo in Polonia, ma anche in altri Paesi dell'Unione europea; dure proteste, oggetto di una precedente interpellanza, sempre dell'onorevole Boldrini, alla quale il Governo ha risposto con l'impegno a fermare ogni tentativo di ridimensionare i diritti delle donne.
A marzo, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha dichiarato contrarie al diritto europeo le recenti riforme adottate dalle autorità polacche sulla nomina del Consiglio nazionale della magistratura, cui lei faceva riferimento. A seguito di questa decisione, il Governo di Varsavia ha adito il Tribunale costituzionale, ora chiamato a decidere sul sensibile tema del primato del diritto dell'Unione europea su quello nazionale. Anche in relazione all'esito di questa pronuncia sarà possibile valutare in quale misura il sistema giurisdizionale della Polonia rispetti gli standard europei in materia di Stato di diritto. L'indipendenza del Tribunale costituzionale polacco è stata discussa anche durante l'audizione della Polonia nell'ambito della procedura prevista dall'articolo 7 del Trattato sull'Unione europea - recentissima - tenutasi il 22 giugno di questa settimana. In questa occasione l'argomento principale - il livello di indipendenza dell'alta magistratura polacca - si è confermato caratterizzato da numerose implicazioni, tra cui, pure indirettamente, anche la questione della normativa sull'aborto.
Sull'interruzione di gravidanza le posizioni degli Stati membri dell'Unione divergono e non esiste una specifica competenza dell'Unione europea, tuttavia, in caso vengano confermate incongruenze tra il principio di indipendenza della magistratura e l'organizzazione giudiziaria attualmente prevista in Polonia, le evidenti ricadute sulle pronunce da parte dei tribunali polacchi - tra cui quella del tribunale costituzionale del 22 ottobre 2020, in materia di interruzione di gravidanza - saranno oggetto di attento scrutinio a Bruxelles. Su questa procedura, nell'ambito dell'Unione europea, l'Italia vigilerà con attenzione, proseguendo nell'impegno a tutela dei diritti fondamentali dell'individuo e delle donne in particolare. Un impegno convinto che continuerà a svilupparsi anche sul canale bilaterale: già in passato abbiamo espresso alle autorità polacche preoccupazioni in merito all'effettiva tutela dei diritti civili, sottolineando l'importanza che attribuiamo al contrasto ad ogni forma di discriminazione. Abbiamo, allo stesso tempo, sempre proposto azioni positive per garantire un'effettiva parità di genere. A questo proposito, appare fondamentale continuare a sottolineare l'importanza della Convenzione di Istanbul, quale strumento più avanzato, a livello internazionale, in materia di contrasto alla violenza contro le donne. Nelle prossime occasioni di incontro con le autorità di Varsavia, a partire da lunedì prossimo, quando riceverò alla Farnesina il Vice Ministro degli Affari esteri, Marcin Przydacz, sensibilizzeremo nuovamente un Paese, che da sempre riteniamo amico e importante per l'Unione europea, sul rispetto dello Stato di diritto e della parità di genere, insistendo sulla necessità di dare effettiva applicazione ai principi che sono alla base delle nostre società e della stessa Unione europea.
LAURA BOLDRINI. Grazie, Presidente. Acquisisco con piacere la consonanza politica del sottosegretario, di cui peraltro non avevo dubbi, e tuttavia vorrei replicare facendo una considerazione generale, perché ritengo che siamo proprio arrivati a un bivio, signor sottosegretario, a un bivio che riguarda il futuro e la credibilità stessa dell'Unione europea. Provo a spiegarmi. Concludendo la mia illustrazione, ho citato l'articolo 2 del Trattato che istituisce l'Unione europea. Ma cosa dice questo articolo 2? Ricordiamocelo, perché così ci rendiamo conto meglio che abbiamo superato di gran lunga l'articolo 2: “L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri” - a tutti gli Stati membri – “in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”. Allora, se si va a incidere sull'autodeterminazione delle donne, quella libertà non è più rispettata, quindi siamo oltre. Ecco, se un Paese candidato vuole entrare nell'Unione europea, deve dimostrare, mediante una procedura molto scrupolosa, che la sua organizzazione dei poteri, il sistema giudiziario e la sua legislazione corrispondano esattamente ai valori indicati dall'articolo 2. Certamente, al momento del loro ingresso, Paesi come la Polonia, o come l'Ungheria, hanno dovuto e potuto dimostrare la loro concreta adesione a quei valori, altrimenti non sarebbero entrati. Poi accade che, una volta dentro l'Unione europea, si deraglia, si prende un'altra strada. Mi si dirà - come lei mi ha detto - che c'è l'articolo 7 del Trattato, che certo - lo sappiamo - prevede la possibilità di sospendere i diritti di adesione dell'Unione europea, in caso di violazione grave e persistente, da parte di uno Stato membro, dei principi sui quali appunto si si poggia l'Unione, quelli che elencavo prima. Infatti è così, ha ragione, signor sottosegretario, ma - come sappiamo - la procedura è assai farraginosa e quanto mai lenta, molto lenta. Allora, è come se oggi noi avessimo due Unioni europee, con valori e linguaggi opposti: una è l'Unione di Bruxelles, di Berlino, di Roma, di Madrid e di Parigi e poi abbiamo l'Unione europea di Budapest e di Varsavia, l'Unione della Polonia, con la sua legge sull'aborto e con le sue zone LGBT free, signor Presidente, le persone omosessuali o lesbiche non possono accedere a zone di territorio in un Paese dell'Unione europea. Siamo, o no, andati oltre? E poi c'è l'Unione del Parlamento europeo, che le boccia e le condanna. C'è l'Unione di Orbán, con la sua legge omofoba, e quella di Ursula von der Leyen, che giustamente la definisce vergognosa. C'è l'Unione Europea degli stadi di calcio e degli edifici pubblici tedeschi, illuminati con i colori dell'arcobaleno - perché un segnale bisognerà pur darlo -, colori che campeggiano anche al Parlamento europeo e vorrei, signor Presidente, che campeggiassero anche davanti a Montecitorio (mi auguro che avvenga quanto prima). C'è l'Unione che vuole la redistribuzione e l'integrazione dei migranti e quella che invece costruisce muri fisici e muri normativi. Allora, la convivenza di valori e principi opposti danneggia l'immagine dell'Unione. Dico queste cose perché temo una perdita totale di credibilità dell'Unione sulla scena internazionale. L'Unione europea, nella sua azione esterna, è impegnata perché in tutto il mondo siano rispettati i diritti umani e politici. A Minsk – l'abbiamo visto - siamo stati orgogliosi di essere europei, ad Hong Kong, a Yangon, nello Xinjiang, a Mosca e anche ad Ankara, ad Ankara magari ci vorrebbe un po' più di convinzione. E la mia domanda è: con quale credibilità, con quale autorevolezza possiamo continuare a pretendere il rispetto nel mondo di quei diritti di libertà (articolo 2), se poi consentiamo al nostro interno che permangono Paesi che violano quei diritti continuamente e con sfrontatezza? Allora, penso che i nodi siano venuti al pettine e, visto che tra quei princìpi fondamentali dell'Unione che citavo, c'è anche la parità tra donne e uomini, il caso polacco - che con questa interpellanza io e le colleghe Quartapelle Procopio e Serracchiani abbiamo inteso richiamare - è uno snodo fondamentale per il futuro dell'Unione europea.