I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro per i rapporti con il Parlamento e per la democrazia diretta – per sapere – premesso che:
la questione Brexit è ancora senza via d'uscita. Il Governo e il Parlamento britannici stanno faticosamente cercando di risolvere una situazione d’impasse che potrebbe garantire una proroga da parte dei negoziatori rispetto all'uscita del Regno Unito dall'Unione europea al 22 maggio 2019. Se non vi saranno progressi si produrrà una situazione di stallo politico continentale senza precedenti;
in assenza di accordo è probabile che, per la prima volta nella storia del Parlamento europeo, il Regno Unito non parteciperà al voto continentale. La Gran Bretagna quindi, come d'altro canto già la Confederazione elvetica, diventerà «Paese terzo», pur insistendo nello spazio geografico europeo;
la legge n. 459 del 2001, sull'esercizio del diritto di voto all'estero, non si applica alle elezioni europee, che sono regolate dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni. Al suffragio europeo non si applica, pertanto, il sistema del voto per corrispondenza: gli elettori italiani aventi diritto e stabilmente residenti nei Paesi dell'Unione europea, possono infatti recarsi presso le apposite sezioni elettorali istituite in loco dalla rete diplomatico-consolare italiana;
si stima attualmente che siano più di 700 mila i connazionali che vivono nel Regno Unito. Se a questi si aggiungono i circa 300 mila italiani in Svizzera, sono più di un milione gli aventi diritto al voto italiani che risiedono nello spazio geografico europeo che non potranno votare il prossimo anno a meno di non intraprendere uno «scoraggiante» – in termini di propensione alla partecipazione al voto – viaggio nella Penisola per esercitare questa importantissima prerogativa;
è superfluo ribadire che l'impatto economico e socio-politico della «Brexit» sull'Italia e l'Europa è enorme. La debolezza e la percezione di debolezza dell'Unione contribuiscono anche ad una recente disaffezione dei cittadini verso le importanti istituzioni comunitarie che va combattuta anche con l'esercizio dei diritti fondamentali. L'Italia da Paese fondatore deve farsene carico –:
se i Ministri interpellati vista l'importanza della tornata elettorale continentale, non intendano adottare iniziative urgenti per permettere il voto presso le locali sedi consolari dei cittadini italiani aventi diritto e residenti in Gran Bretagna e in Svizzera in occasione delle elezioni del Parlamento europeo del 2019.
Seduta del 12 aprile 2019
Illustrazione e replica di Massimo Ungaro risposta del governo di Manlio Di Stefano, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale.
Illustrazione
Grazie, Presidente. Sì, è un tema molto simile a quello sollevato dal collega Fusacchia. Volevo rivolgermi al sottosegretario, che lo saprà molto bene, come è stato appena detto poc'anzi: voi sapete che il voto per gli italiani all'estero è disciplinato dalla legge n. 459 del 2001, che predispone il voto per corrispondenza, ma non si applica alle elezioni europee, il cui svolgimento è regolato dalla legge n. 18 del 1979. Gli italiani all'estero potranno votare alle europee nei consolati solo se risiedono nei Paesi membri dell'Unione europea, nei consolati o, comunque, nei seggi paraconsolari. E qui, ovviamente, sorge il tema e la questione del Regno Unito, per cui, come lei ben sa, c'è un'estensione fino al 31 ottobre, la questione della Brexit, però è un'estensione flessibile: se entro il 22 maggio la Camera dei comuni approvasse l'accordo di recesso, il Regno Unito non farà parte dell'Unione europea alla scadenza delle prossime elezioni europee.
E quindi qui il tema è che non sappiamo se il Regno Unito sarà parte dell'Unione europea o meno, e quindi, a causa di questa incertezza, si pone il tema di come faranno quei 700 mila italiani residenti nel Regno Unito a esercitare il loro diritto di voto per le elezioni europee; un diritto che loro hanno esercitato fino adesso. Quindi, volevo chiedere al Governo e a lei, sottosegretario, se il Governo intenda predisporre il voto nei consolati o nei seggi paraconsolari per i nostri concittadini che ci sia Brexit o meno. Data l'incertezza, non vogliamo correre il rischio che poi non sarete in condizioni di organizzarlo in tempo; quindi, vorrei un attimo avere un impegno fermo del Governo su questo punto, anche perché il suo Governo ha più volte manifestato come priorità politica la tutela dei diritti acquisiti dei cittadini italiani residenti su quell'isola durante i negoziati con il Regno Unito anche in sede comunitaria. Sarebbe un po' paradossale che, da una parte, si predica il mantenimento dei diritti acquisiti e, dall'altra, sia proprio l'Italia a impedire il loro esercizio per i suoi cittadini che sono residenti in quell'isola. Dato che parliamo di diritti e di Regno Unito, mi chiedo anche se posso chiedere al sottosegretario un commento: sa che in queste ore è stato appena arrestato Julian Assange e ho sentito che certi esponenti del suo Governo hanno solidarizzato con Assange e anche richiesto, magari, l'asilo in Italia. Volevo chiedere qual è l'opinione del Governo in merito su questa questione, ma, soprattutto, ci tengo a usare il caso Brexit e l'emergenza dei concittadini italiani nel Regno Unito per sollevare una questione più importante, ovvero l'ingiustizia verso gli italiani residenti nei Paesi terzi, perché gli italiani che risiedono nei Paesi membri dell'Unione Europea possono votare nei consolati alle europee, gli italiani che risiedono nei Paesi terzi non possono votare, se non tornando in Italia. Ovviamente, è un grande ostacolo alla partecipazione democratica e al voto perché non tutti possono permettersi di tornare; si tratta di 3,4 milioni di italiani, ovviamente italiani che risiedono nelle Americhe, in Asia, in Africa, ma anche in tutti i Paesi europei che non fanno parte dell'Unione europea, la Svizzera, la Norvegia, l'Islanda, i Paesi dei Balcani come la Serbia, la Bosnia, Macedonia, Albania, Montenegro, Kosovo, e dell'Est come Russia, Ucraina, Bielorussia, Turchia.
Noi italiani siamo un popolo migrante, siamo andati ovunque, e non si vede perché non si voglia dare la possibilità anche a questi italiani di poter votare dove risiedono. Soprattutto, mentre nel Regno Unito si tratta di difendere un diritto acquisito, qui si tratta di rimuovere l'ostacolo all'esercizio di un diritto principe per la partecipazione alla vita democratica del Paese nell'Unione europea, soprattutto in considerazione che, a giugno dell'anno scorso, 2018, c'è stata una decisione del Consiglio UE che si raccomandava, nel merito della legge elettorale europea, agli Stati membri di permettere il diritto di voto alle europee a tutti i cittadini europei ovunque essi si trovino.
La Francia, per esempio, ha dato subito seguito a questa raccomandazione, e non vedo perché i francesi residenti all'estero, in tutto il mondo, possono votare per le europee e invece gli italiani non possono. E, quindi, chiedo al sottosegretario Manlio Di Stefano se il Governo vuole dare seguito alla decisione del Consiglio UE e permettere a tutti gli italiani residenti in Paesi terzi di poter votare alle elezioni europee. Si tratta di costi esigui, perché non si tratta di un voto postale; si tratta soltanto di aprire il consolato un giorno in più e di allestire i seggi elettorali, e veramente sarebbe auspicabile, perché il suo Governo è composto da forze politiche che spesso denunciano l'assenza di democraticità dell'Unione europea, di una distanza molto larga tra cittadini e Unione europea. Questa è un'occasione ghiotta e facile per porvi rimedio, per accostare, per avvicinare gli italiani, i cittadini italiani, alle istituzioni europee, permettendogli di partecipare al voto. Mi chiedo se il suo Governo voglia agire in questo senso. Sarebbe veramente un'azione giusta e, come dice la mia collega Angela Schirò, la cittadinanza italiana è una, non esistono cittadini di serie A, quelli che abitano in Italia, di serie B, quelli che abitano nei Paesi dell'Unione europea, e di serie C, quelli che abitano nei Paesi terzi. Tra l'altro, nei Paesi dell'Unione europea uno può optare se votare alle europee nei collegi italiani o nei collegi del Paese in cui si risiede e, quindi, si hanno due opzioni mentre i cittadini che abitano nei Paesi terzi hanno zero opzioni. Questo sarebbe un passo giusto verso l'idea di cittadinanza europea che può solo essere creata, appunto, se permettiamo ai nostri cittadini di esercitare il diritto di voto, quel diritto-dovere che li definisce.
Risposta del governo
Grazie, Presidente. Non sfuggirà all'onorevole interrogante che la legge che regola l'elezione per le consultazioni europee e il diritto di voto dei cittadini che vivono sia in Europa sia fuori dall'Unione europea non è stata modificata da questo Governo e, quindi, il diritto e il rispetto dei diritti di questi cittadini avviene a norma della legge che ha regolato tutte le elezioni europee sostanzialmente da qualche decennio ad oggi. Di conseguenza, mi stupisce sinceramente sentire parlare di togliere o dare un diritto: si opera a norma di legge, lo hanno fatto tutti gli ultimi Governi ed è assolutamente ovvio che sia così e, di conseguenza, anche le prossime elezioni europee saranno gestite a norma di legge.
Cosa vuol dire questo nel caso specifico dell'interrogante, che affronta una questione ovviamente importantissima? Che dovremmo, secondo me, fare lo sforzo di uscire dal concetto di togliere o dare un diritto in questo caso, perché i cittadini italiani che vivono in Gran Bretagna avranno lo stesso diritto in base al fatto di essere dentro o fuori dall'Unione Europea. Quindi, si rispetterà la norma ma il loro status sarà determinato da quello che la Gran Bretagna farà in base all'accordo di recesso o meno. Ovviamente, dobbiamo porci - e credo che sia dovuto per il rispetto del nostro Paese - come un Paese che rispetta la norma, ma la norma in questo caso non dipende soltanto da noi ma dallo status del Paese dove si svolgeranno le elezioni. Come dicevo, l'attuale normativa, infatti, è la legge n. 18 del 1979, poi modificata più volte ovviamente, ma è quella in essere e prevede che i connazionali a vario titolo presenti - quindi, sia residenti sia temporanei - all'interno del territorio di altri Paesi dell'Unione Europea possono votare nei seggi esteri istituiti nei nostri uffici diplomatici e consolari. In questa disposizione non rientrano quindi - ed è quello che dicevo - i residenti in Paesi extraeuropei, i quali, a legge vigente, possono votare esclusivamente rientrando in Italia e presso i seggi istituiti nei comuni nelle cui liste elettorali risultano iscritti.
Per quanto concerne l'esercizio del voto nel Regno Unito, quindi, il passaggio importante è avvenuto ieri sostanzialmente, quando il Consiglio europeo, con la decisione n. 20013/19 ha accordato al Regno Unito la proroga flessibile, così definita dall'articolo 50 del Trattato dell'UE, definendo, quindi, che non oltre il 31 ottobre 2019 si debba risolvere la questione dell'accordo di recesso e prevedendo che se l'accordo di recesso verrà nel frattempo ratificato dalle due parti prima di quella data - e questo credo che sia il passaggio più importante - l'uscita avrà luogo il primo giorno del mese successivo. Le condizioni stabilite per la concessione della proroga, secondo la decisione del Consiglio europeo, prevedono l'obbligo per il Regno Unito di organizzare le prossime elezioni del Parlamento europeo del 23 e 26 maggio se il Paese sarà ancora membro dell'Unione e se entro il 22 maggio non avrà ratificato l'accordo di recesso.
Quindi, l'unione di queste due clausole sostanzialmente porta i nostri connazionali ad avere una certezza in realtà nel brevissimo periodo, perché se l'accordo non sarà firmato prima comunque scatterà il mese dopo e, quindi, si includerebbe il mese delle elezioni e la Gran Bretagna sarebbe obbligata a organizzarle sostanzialmente. Se, dunque, il Regno Unito sarà ancora uno Stato membro dell'Unione gli elettori italiani lì residenti potranno votare alle elezioni europee presso i seggi che verranno istituiti in loco, previa conclusione delle intese previste dalla normativa. La nostra ambasciata a Londra - ed è quello che dicevo anche nell'interpellanza precedente - comunque si è già attivata da tempo per formalizzare l'intesa già anticipataci dalle autorità locali e questo è frutto ovviamente anche del fatto che si è creata una cabina di regia proprio sulla Brexit già da giugno scorso che ha analizzato, tra le varie cose, i diritti, appunto, dei nostri connazionali lì residenti.
Invece, è molto diverso, visto che c'era anche questa parte dell'interrogazione, il caso della Svizzera, per cui il legislatore non ha mai previsto deroghe o regimi di voto assimilabili a quelli dell'area UE. Di conseguenza, in mancanza di modifiche di rango legislativo ad hoc, gli elettori italiani residenti in Svizzera avranno la possibilità di esprimere il loro voto per il Parlamento europeo rientrando in Italia, come del resto è sempre avvenuto per loro, al pari di tutti i connazionali residenti in Paesi extra UE, dall'entrata in vigore della legge n. 18 del 1979 a oggi.
Quindi, ribadisco, in conclusione, che la norma è invariata e il rispetto della norma chiaramente è invariato. Si sta predisponendo, anzi, uno sforzo enorme in più anche con l'ultimo “decreto Brexit” con cui si assumono, sostanzialmente, 50 unità di contrattisti in più proprio per gestire la cosa, ma purtroppo - e questo è naturale, essendo un caso più unico che raro per l'Unione europea - dobbiamo fare i conti con le determinazioni della Gran Bretagna e, quindi, non soltanto con la nostra azione di governo.
Replica
Presidente, io ringrazio per la cortesia il sottosegretario ma mi dichiaro insoddisfatto. Sono insoddisfatto perché non credo che abbiamo ottenuto una risposta. Io conosco le leggi, però per quanto mi riguarda il Parlamento è il posto dove si cambiano le leggi e il Governo fa le leggi. Non c'è bisogno che lei mi dica quali sono le leggi, perché so anch'io quali sono le leggi e so leggere anch'io. Ma io sono venuto qui perché, per quanto mi risulta, è qui che si cambiano le leggi. Io chiedo un indirizzo politico e non chiedevo che mi si dicesse com'è la normativa attuale, che conosco benissimo.
Quindi, sono insoddisfatto in primo luogo perché, come lei ha detto, non è certo che il Regno Unito sarà parte dell'Unione europea il 26 e il 27 maggio. Io chiedevo una rassicurazione che, per quanto, appunto, non sia sicura la sua permanenza, noi potremo votare in quel Paese, i nostri concittadini potranno votare in quel Paese, e lei non me l'ha data.
In secondo luogo, volevo sollevare il tema politico dei Paesi terzi. È ovvio che la normativa adesso impedisce agli italiani che sono nei Paesi terzi di votare, però è arrivata questa raccomandazione del Consiglio UE che considera il contrario e non è pervenuta una risposta politica del suo Governo su questa questione che è una questione, insomma, importante.
Quindi, io non rilevo una risposta in merito rispetto a quello che lei mi ha detto. Inoltre, lei ha citato i consolati italiani all'estero e la pubblicità sul nostro diritto di voto per i temporaneamente all'estero. Lei saprà che i cittadini italiani che sono all'estero temporaneamente per studio, per lavoro o per curarsi hanno il diritto di votare se si registrano. Anche lì, in realtà, non c'è stata una grande pubblicità di questa possibilità e, quindi, io noto un'essenziale indifferenza di questo Governo per le questioni di noi italiani all'estero, che vanno dalla scarsa pubblicità del voto, all'indifferenza rispetto a queste questioni che ho sollevato oggi, al ridurre i fondi per la cultura italiana nel mondo, i fondi per la nostra rappresentanza a Comites e CGIE, fino alla riduzione degli eletti italiani all'estero.
Quindi, si conferma un Governo che non è dalla parte degli italiani all'estero e non vorrei ovviamente pensare che ci sia dietro un'intenzione, appunto, di indebolire la partecipazione del voto alle europee, il che sarebbe in linea con le componenti sovraniste del suo Governo.