05/04/2023
Chiara Braga
Vaccari, Simiani, Amendola, Curti, Di Sanzo, Forattini, Fossi, Lai, Marino, Andrea Rossi, Stumpo, Zingaretti, Ferrari, Ghio
2-00121

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica, il Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, il Ministro della salute – per sapere – premesso che:

   il lupo è una specie rigorosamente protetta dalla normativa internazionale (Direttiva «Habitat» CEE 1992/43, Convenzione di Berna) e nazionale (legge n. 157 del 1992, decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997);

   su incarico del Ministero dell'ambiente l'Ispra ha realizzato un progetto di monitoraggio del lupo su scala nazionale i cui dati pubblicati a maggio del 2022, hanno confermato che negli ultimi decenni la specie si è espansa naturalmente in gran parte dell'Italia;

   scopo del monitoraggio, svolto tra ottobre 2020 ed aprile 2021, era quello di fornire, attraverso i dati raccolti e la rete creata, un supporto a enti locali e parchi nazionali per una corretta conservazione del lupo e per mitigare i conflitti di questo predatore con le attività dell'uomo;

   nella campagna di campionamento, svolta da una rete di 3000 persone, opportunamente formate e appartenenti a 20 parchi nazionali e regionali, 19 regioni e provincie autonome, 10 università e musei, 5 associazioni nazionali (Aigae, Cai, Legambiente, Lipu, Wwf Italia), 34 associazioni locali, 504 reparti del Comando le unità forestali ambientali e agroalimentari dell'Arma dei carabinieri, sono stati raccolti 24.490 segni di presenza della specie;

   sulla base del monitoraggio Ispra è emerso che un numero stimato intorno ai 950 esemplari di lupi si muove nelle regioni alpine, mentre sono quasi 2400 quelli distribuiti lungo il resto della penisola. Complessivamente in Italia si stima la presenza di circa 3300 lupi;

   dalle analisi genetiche condotte sui campioni raccolti nell'area peninsulare sono stati identificati geneticamente 513 individui di lupo. Il 72,7 per cento non ha mostrato ai marcatori molecolari analizzati alcun segno genetico di ibridazione recente o antica con il cane domestico, l'11,7 per cento mostrava segni di ibridazione recente con il cane domestico, il 15,6 per cento hanno mostrato segni di più antica ibridazione;

   in Italia, inoltre, si stimano, fonte Ministero della salute, tra i 500-700 mila cani randagi. Un dato destinato a salire visto l'aumento esponenziale dei cani catturati e rinchiusi in strutture ad hoc;

   in Europa, la potenziale ibridazione con il cane (Canis lupus familiaris) rappresenta una tra le principali minacce per la conservazione del lupo. L'ibridazione lupo x cane determina l'introduzione di geni non adattativi nella popolazione selvatica e può modificare l'identità genetica e, conseguentemente, l'ecologia, la morfologia, il comportamento, gli adattamenti, mettendo in pericolo il patrimonio genetico evoluto nel corso dei millenni e che ha permesso al lupo di sopravvivere e di adattarsi al mutamento delle condizioni ambientali;

   la presenza di cani inselvatichiti e di ibridi in molte realtà rurali sta diventando insostenibile anche in virtù del fatto che l'eventuale predazione di bestiame non viene risarcita poiché non può essere accertato con sicurezza che sia avvenuto per responsabilità del lupo. Gli stessi veterinari che vengono interpellati in caso di danno non riescono a distinguere la causa della morte degli animali in quanto non si è in grado di distinguere se l'aggressione sia imputabile al lupo od al cane inselvatichito;

   in totale, in riferimento al periodo 2015-2019, secondo Ispra, sono stati raccolti dati relativi a 17.989 eventi di predazione accertati, per una media di circa 3.597 eventi ogni anno. L'andamento temporale degli eventi di predazione a livello nazionale ha mostrato una generale tendenza all'aumento con un numero di eventi di predazione accertati del +23,5 per cento;

   a seguito dei 17.989 eventi di predazione totali, sempre secondo Ispra, sono stati registrati come predati un totale di 43.714 capi di bestiame, per una media di circa 8.742 capi ogni anno;

   le somme concesse a titolo di indennizzo durante il periodo 2015-2019 sono risultate in totale pari a euro 9.006.997 per una media di euro 1.801.367 annui. Gli importi erogati a titolo di indennizzo si riferiscono al 77 per cento degli eventi di predazione, poiché nel restante 23 per cento nessun'informazione era disponibile riguardo ad eventuali compensazioni economiche del danno;

   non sempre tutti gli allevatori colpiti dal danno fanno richiesta di indennizzo. Ciò può essere dovuto al fatto che alcune regioni legano l'erogazione dell'indennizzo alla presenza di misure di prevenzione, ma anche ai lunghi tempi di attesa per l'erogazione degli indennizzi con grandi differenze tra le diverse regioni;

   i risultati, secondo Ispra, indicano però una chiara scala di priorità nel mettere in atto azioni necessarie a ridurre l'impatto del lupo sul comparto zootecnico soprattutto nelle aziende con danni ingenti e cronici, al fine di migliorare le condizioni di lavoro degli allevatori più a rischio, ridurre le spese per indennizzi a carico delle amministrazioni, e prevenire il conflitto tra le conservazione del lupo e la zootecnia;

   a preoccupare gli allevatori sarebbero proprio le conseguenze che le predazioni di lupi hanno sulla filiera casearia: gli animali aggrediti riducono la produzione di latte, che solitamente viene trasformato in formaggio, provocando grosse perdite economiche e mettendo a rischio le realtà occupazionali dell'area;

   l'incremento della frequenza di attacchi da parte di lupi e cani inselvatichiti agli allevamenti, in molte regioni del nostro Paese, sta causando un inasprimento della tensione sociale, soprattutto tra le imprese e gli addetti interessati. Tale fenomeno assume quindi i connotati di una vera e propria emergenza, che sollecita l'avvio urgente di iniziative da parte dello Stato e delle istituzioni pubbliche, volte a prevedere misure di prevenzione e di contrasto –:

   quali iniziative urgenti intendano intraprendere i Ministri interpellati, anche di concerto con gli enti locali e le regioni coinvolte, al fine di introdurre, sulla base del monitoraggio dell'Ispra, gli strumenti più idonei a garantire un giusto equilibrio tra la presenza del lupo e quella degli allevatori, per salvaguardare al tempo stesso le attività di reddito per le comunità locali e la conservazione e la valorizzazione delle peculiarità faunistiche ed ambientali del territorio;

   quali iniziative urgenti, sempre in relazione a quanto esposto in premessa, stiano promuovendo i Ministri interpellati per prevenire e contrastare il fenomeno dell'ibridazione lupo-cane, quali siano stati fino ad oggi i risultati ottenuti e quali misure si intenda adottare per arrivare all'eradicazione dei cani inselvatichiti.

Seduta del 14 aprile 2023

Illustrazione e replica di Stefano Vaccari, risposta della Sottosegretaria di Stato, Matilde Siracusano

STEFANO VACCARI. Grazie, Presidente. Onorevole Sottosegretaria, colleghe e colleghi, voglio iniziare questa mia illustrazione dell'interpellanza riprendendo le considerazioni che, nei giorni scorsi, Luca Santini, neo presidente nazionale di Federparchi, la federazione che riunisce tutti gli enti gestori dei parchi e delle aree protette nazionali e regionali, ha rivolto a tutti noi - politica, società, istituzioni, portatori di interesse - per riportare sui giusti binari il dibattito scatenatosi sull'aggressione di un orso, che è costata la vita ad Andrea Papi, sui sentieri del monte Peller, in Trentino. Alla famiglia di Andrea, ai suoi amici, alla comunità di Val di Sole, voglio subito esprimere la vicinanza ed il cordoglio, a nome del gruppo parlamentare del Partito Democratico.

L'autorevolezza del richiamo di Federparchi è data dalla sua storia, dalla capacità, come ente gestore, di aver consentito al nostro Paese, nel corso degli anni, di essere parte fondamentale dal punto di vista della tutela territoriale e ambientale, tanto che l'Italia è caratterizzata da un patrimonio di biodiversità tra i più significativi in ambito europeo, sia per numero totale di specie animali e vegetali, sia per l'alto tasso di endemismo. Basti pensare che circa un terzo delle specie animali europee è presente in Italia, il 20 per cento delle specie della fauna terrestre e di acqua dolce è, infatti, endemica o subendemica. La fauna offre, come tutti sanno, un importante contributo in termini di ricchezza e complessità alla biodiversità, senza contare che, su un piano economico, la bellezza dei territori, conseguenza di una buona gestione e di una buona tutela, produce la valorizzazione delle nostre eccellenze e dei nostri siti turistici.

Federparchi, giustamente, segnala che occorre tener conto della necessità di trovare sempre il giusto equilibrio fra le esigenze di conservazione della natura, di tutela della biodiversità, con quelle della sicurezza e dello sviluppo sostenibile delle comunità e dei territori, che racchiudono i nostri meravigliosi scrigni di capitale naturale. In ogni caso, la ricerca dell'equilibrio fra uomo e grandi carnivori va fatta mettendo insieme e confrontando esperienze e buone pratiche a livello europeo, al fine di migliorare e integrare le strategie di gestione. Va fatta anche attenzione a non limitarsi al mero spostamento del problema da un territorio ad altri, con il rischio di moltiplicare le criticità, anziché risolverle.

Quelle parole trovano riscontro scientifico e fattuale nel rapporto pubblicato lo scorso anno da ISPRA, concernente il primo monitoraggio del lupo coordinato a livello nazionale, che, su mandato del Ministero dell'Ambiente, ha consentito di fotografarne la distribuzione e la consistenza, contemporaneamente, dalle Alpi alla Calabria, utilizzando disegni di campionamento e protocollo standardizzati molto avanzati.

Il lavoro complesso e articolato è stato realizzato, tra il 2020 del 2021, da un gruppo di lavoro altamente specializzato, che ha visto partecipi zoologi e genetisti, 19 regioni, 20 parchi nazionali, 5 associazioni ambientaliste nazionali, 34 locali, 504 reparti di carabinieri forestali e ambientali, ricercatori universitari, 10 università, per un totale di 3.000 persone coinvolte. E cosa è emerso? Un numero stimato di lupi intorno ai 950 esemplari si muove nelle regioni alpine, mentre sono quasi 2.400 quelli distribuiti lungo il resto della Penisola. Complessivamente, in Italia, si stima la presenza di circa 3.300 lupi. Se si calcola l'estensione delle aree di presenza del lupo, si può affermare che la specie occupa la quasi totalità degli ambienti idonei dell'Italia peninsulare. Ovunque la popolazione di lupi è cresciuta e sulle Alpi si è registrato l'aumento più significativo.

Il monitoraggio è stato condotto suddividendo in celle di 10 per 10 chilometri il territorio nazionale e realizzando due analisi distinte per regioni e province autonome della zona Alpi e le regioni dell'Italia peninsulare. La presenza del lupo è stata documentata da 24.490 segni di presenza. Si può, dunque, dire che il lupo, da un periodo di forte declino in virtù di azioni dirette di tutela e di conservazione, è tornato ad abitare in maniera stabile gran parte della nostra Penisola. Questa presenza, in molte occasioni visibile, da una parte, rafforza il trend positivo in ordine alla biodiversità, d'altro canto, però, interviene sistematicamente in diverse aree del nostro Paese in relazione alle attività umane, creando disagi e contrastanti reazioni tra i cittadini. Anche in questo caso è la scienza, tramite l'ISPRA, ad offrire spunti di una riflessione che le istituzioni e la politica non possono non ascoltare per assumere conseguenti decisioni.

I dati raccolti e la rete creata possono fornire un supporto ad enti locali, parchi nazionali e regioni, per una corretta conservazione del lupo, per mitigare i conflitti di questo predatore con l'attività dell'uomo.

Intanto ISPRA segnala il primo dei problemi per lo stesso lupo: il rischio di un processo di ibridazione, che è già in corso tra lupo e cane, a causa della presenza di randagi e cani inselvatichiti sul territorio. L'ibridazione lupo-cane per ISPRA determina l'introduzione di geni non adattativi della popolazione selvatica e può modificare l'identità genetica e, conseguentemente, l'ecologia, la morfologia, il comportamento e gli adattamenti, mettendo in pericolo un patrimonio genetico evoluto nel corso dei millenni, che ha permesso al lupo di sopravvivere e di adattarsi al mutamento delle condizioni ambientali. Dalle analisi genetiche condotte sui campioni raccolti nell'area peninsulare sono stati identificati geneticamente 513 individui di lupo, di cui l'11,7 per cento mostrava segni di ibridazione recente con il cane domestico, mentre il 15,6 per cento ha mostrato segni di una più antica ibridazione. Un trend di ibridazione significativo, che può mettere a repentaglio il lavoro di conservazione fatto e il patrimonio genetico del lupo, oltre ad aumentare sul territorio una presenza di lupi ibridi e cani inselvatichiti, che mal si concilia con le attività di allevamento zootecnico e con la sicurezza dei cittadini.

Non esistono dati aggiornati sui cani randagi in Italia, ma, secondo l'ultima rilevazione del Ministero della Salute, in Italia si stimano tra i 500.000 e i 700.000 cani randagi, una valutazione numerica presentata nel 2012 al Parlamento dall'allora Sottosegretario di Stato per la Salute. I numeri non sono di certo migliorati, visto che, sempre secondo il sito del Ministero della Salute, al 31 dicembre 2021, risultano essere presenti nei canili sanitari oltre 72.000 cani, e oltre 29.000 nei canili rifugio, in un crescendo di annata in annata. Cani vaganti, in cerca di cibo, che, accoppiati con i lupi e inselvatichiti, si muovono a gruppi e spesso, come denunciano le cronache dei giornali, attaccano l'uomo. Spesso si tende a dare al lupo responsabilità che appartengono, invece, a ibridi e cani inselvatichiti.

Anche le statistiche, in questo caso, non fanno distinzioni: in totale, con riferimento al periodo 2015-2019, sono stati raccolti dati relativi a 17.989 eventi di predazione accertate, per una media di circa 3.597 eventi ogni anno. L'andamento temporale degli eventi di predazione a livello nazionale ha mostrato un generale tendenza all'aumento. Il numero di eventi di predazione ha avuto, infatti, un aumento del 23,5 per cento. A seguito di questi eventi di predazione totale, sono stati registrati come predati un totale di 43.714 capi di bestiame, per una media di circa 8.742 capi ogni anno. Le somme concesse a titolo di indennizzo durante quel periodo sono risultate in totale pari a poco più di 9 milioni, per una media di poco più di 1.800.000 euro annui. Va considerato che, però, gli importi erogati a titolo di indennizzo si riferiscono al 77 per cento degli eventi di predazione, poiché nel restante 23 per cento nessuna informazione era disponibile riguardo ad eventuali compensazioni economiche del danno o a casi non determinati.

Esiste, quindi, una lunga catena di eventi, che lega la predazione di un animale d'allevamento alla compensazione economica del danno, una catena che può interrompersi in diversi punti. Innanzitutto, non tutti gli animali predati sono rinvenuti dagli allevatori, soprattutto se la carcassa viene allontanata e portata dal lupo in ambienti di difficile accesso. Non sempre gli allevatori colpiti dal danno fanno richiesta d'indennizzo, e ciò può essere dovuto al fatto che alcune amministrazioni legano l'erogazione dell'indennizzo alla presenza di misure di prevenzione, ma anche ai lunghi tempi di attesa per l'erogazione degli indennizzi. Sempre nello stesso periodo, il tempo medio intercorso tra richiesta di indennizzo ed eventuale liquidazione è risultato pari a 201 giorni, ma con grandi differenze tra le diverse amministrazioni: il 17 per cento delle prestazioni è stato indennizzato entro 60 giorni. Infine, in alcuni casi non esistevano gli elementi materiali per accertare che la predazione fosse avvenuta ad opera del lupo. Tutto ciò conferma come il dato riportato nello studio rappresenti l'impatto minimo accertato, a cui si aggiunge una quota sommersa non facile da quantificare.

Ripeto, tutto questo lo scrive nel suo rapporto l'ISPRA ed il monitoraggio dell'impatto del lupo - ed aggiungo io, degli ibridi e dei cani inselvatichiti - sul comparto zootecnico è uno degli aspetti fondamentali per assicurare una corretta gestione della specie in presenza di attività antropiche, base essenziale sia per la conservazione del lupo, specie particolarmente protetta e di interesse comunitario, sia per tutelare le imprese agricole e zootecniche.

Le predazioni sono, già oggi, la principale causa della chiusura di molti allevamenti di piccole e medie dimensioni, con gravi ripercussioni sulla biodiversità, sull'occupazione e sulla manutenzione del territorio. Occorre ritrovare, quindi, un equilibrio sostenibile, che, da un lato, preservi la specie del lupo in purezza, e, dall'altro, agisca per ridurre l'impatto dei cani inselvatichiti, riducendo così una pesante criticità per la sopravvivenza degli allevamenti e delle aziende. Per questo serve con urgenza un piano di controllo e di progressiva eradicazione dei cani inselvatichiti, in modo da interrompere i processi di ibridazione e abbassare notevolmente gli attacchi agli allevamenti.

Serve uno studio più approfondito sulle presenze abnormi del lupo in alcuni areali, affidando alla scienza le eventuali strategie di controllo. Serve, poi, rivedere il sistema di accertamento e risarcimento dei danni, affinché, oltre a garantire un completo reintegro della perdita di reddito per l'agricoltore, siano coperti non solo i danni causati dal lupo, ma anche quelli causati dai cani inselvatichiti. Il risarcimento deve coprire non solo i costi di perdita del capo animale, ma anche la mancata produzione di latte o di carne. In particolare, il risarcimento deve essere calcolato sulla base di princìpi equitativi, assumendo come valore di riferimento l'entità del danno accertato dai tecnici incaricati. Ancora, va previsto un sistema di misure di prevenzione dei danni, incentivando finanziariamente le imprese agricole con un adeguato regime di sostegno, nonché sistemi assicurativi contro i danni, i cui costi devono essere a carico al 100 per cento degli enti pubblici competenti a gestire la fauna selvatica. Ma va anche risolto il problema dello smaltimento delle carcasse degli animali da allevamento, con oneri a carico della pubblica amministrazione.

Per tutte queste ragioni anche nei giorni scorsi non siamo saliti, per quanto riguarda l'andamento delle curve, tra i protezionisti di ‘tutto così com'è' in termini assoluti, o, dall'altra parte, chi ritiene che serva agire in maniera indistinta per eliminare drasticamente il problema. Serve una strategia equilibrata: questo Governo è in grado di farla? Ecco perché abbiamo fatto questa interpellanza: non serve più navigare a vista, agitando bandierine propagandistiche quando serve. Le decisioni vanno prese con immediatezza. Lo chiediamo attraverso questa nostra interpellanza, in attesa di un piano complessivo anche della gestione della fauna selvatica, strombazzato in sede di legge di bilancio ed ancora non arrivato, così come la costituzione del Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, che potrebbe dare un contributo importante in termini tecnici e scientifici. Nel frattempo, anche i cinghiali ringraziano, e gli allevatori e gli agricoltori molto meno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

 

MATILDE SIRACUSANO, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli interpellanti. Con riferimento alle questioni poste in questa interpellanza, rappresento quanto segue.

Il lupo è incluso tra le specie “particolarmente protette” dalla legge n. 157 del 1992 nonché tra le “specie sottoposte a tutela rigorosa” secondo la direttiva Habitat . La normativa vigente impone, pertanto, il divieto di cattura, uccisione e disturbo per questa specie animale.

Tuttavia, dati i rilevanti impatti che produce, specialmente in ambito zootecnico, la sua conservazione dipende dalla capacità di mitigarne gli impatti e di gestirne la convivenza.

Ai fini della gestione della convivenza uomo-lupo, la normativa prevede che, in presenza di motivazioni valide e per le quali siano state prioritariamente attuate misure preventive, e queste non siano risultate efficaci o lo siano state solo in parte, quindi come ultimo strumento a cui ricorrere, si possa derogare ai divieti imposti dalla direttiva, ai sensi dell'articolo 16 e, segnatamente, per prevenire comprovati gravi danni alle attività produttive o nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica.

La stessa Commissione europea, nel 2021, nella pubblicazione del “Documento di orientamento sulla rigorosa tutela delle specie animali di interesse comunitario ai sensi della direttiva Habitat”, mette in rilievo il carattere di eccezionalità che deve avere la concessione delle deroghe, ai sensi del suddetto articolo 16, e viene evidenziato come le deroghe al regime di tutela debbano inserirsi in un sistema scrupolosamente controllato, che impone il rispetto di specifiche condizioni. Si sottolinea che prelievi operati senza una rigorosa verifica del rispetto di tali condizioni possono comportare rischi di procedure di infrazione da parte degli organi comunitari.

Per quanto concerne gli impatti causati dal lupo sulle attività umane, in particolare nel settore zootecnico, il quadro normativo impone che tali problematiche vengano affrontate prioritariamente tramite l'attivazione e la promozione di metodi preventivi, nella direzione di modalità di gestione degli allevamenti attraverso l'utilizzo di più strumenti contemporaneamente, quali ad esempio il rafforzamento della guardiania, anche incoraggiando l'uso di cani specificamente addestrati, la stabulazione notturna degli animali, l'installazione di recinzioni per il contenimento delle greggi, prevedendo altresì l'attivazione di misure di accertamento e di indennizzo dei danni.

In linea generale, si ritiene opportuno evidenziare che la normativa vigente affida alle regioni e agli enti parco il compito di erogare contributi a titolo di indennizzo e prevenzione dei danni causati dalla fauna selvatica. Inoltre, si sottolinea che, dal 2018, la normativa europea consente agli allevatori che hanno subito danni da lupo di poter essere indennizzati al di fuori del regime de minimis, previa approvazione del regime di aiuto locale da parte della Commissione stessa.

Per quanto riguarda la questione legata alla presenza di individui ibridi, la Commissione europea ha approvato la raccomandazione nella Convenzione di Berna n. 173 del 2014, nella quale vengono esortati gli Stati membri ad implementare delle misure, volte sia a monitorare e a prevenire l'ibridazione sia a gestire il fenomeno facendo ricorso alla rimozione degli individui ibridi lupo-cane dal contesto naturale. Si raccomanda, inoltre, che la rimozione sia condotta dallo Stato e che sia lo Stato a confermare, sulla base di caratteristiche morfologiche e-o genetiche, la natura ibrida dell'individui, garantendo che non sia compromesso lo stato di conservazione del lupo. Su tale tema, in diverse occasioni, amministrazioni locali hanno autorizzato, sulla base di un parere ISPRA, interventi di cattura, sterilizzazione e rilascio di animali risultati ibridi. A tale proposito lo stesso Istituto ha proposto un protocollo per l'identificazione degli esemplari ibridi ed introgressi, ponendo all'attenzione come le analisi genetiche non invasive rappresentano senz'altro uno strumento essenziale per il monitoraggio della specie.

Le politiche nazionali di gestione del lupo sono definite dal Piano d'azione per la conservazione. Il Ministero dell'Ambiente e della sicurezza energetica ha promosso l'aggiornamento del Piano nazionale di conservazione e gestione del lupo in Italia, basandosi sulle migliori conoscenze scientifiche, in quanto redatto da oltre 70 esperti e condiviso con ISPRA e su ampia e solida letteratura scientifica. L'aggiornamento del Piano d'azione del lupo è stato più volte portato in discussione presso la Conferenza Stato-regioni e il processo di adozione del Piano si è contraddistinto per un lungo iter, con il susseguirsi di modifiche e integrazioni richieste dalle regioni, dalle province autonome, in particolare sulla disciplina delle deroghe, ai sensi della direttiva Habitat. Segnatamente, in alcuni casi, è stata richiesta una più rapida applicazione della deroga a catturare o ad abbattere lupi particolarmente pericolosi o dannosi; in altri, invece, è stata espressa l'assoluta contrarietà ad ogni ammissione di deroga rispetto al generale divieto di rimozione. In sostanza, alcune regioni o province autonome spingono per rendere più facile la possibilità di catturare o uccidere i lupi particolarmente pericolosi o dannosi, altre amministrazioni si dichiarano contrarie ad ogni autorizzazione di deroghe rispetto al generale divieto di rimozione. Nel rispetto della normativa, l'obiettivo imprescindibile rimane quello di migliorare lo stato di conservazione del lupo, attesa una scrupolosa gestione delle situazioni di conflitto con le attività umane, soprattutto attraverso uno strumento condiviso, che consenta di migliorare la convivenza fra lupi e attività antropiche, inclusa, in situazioni eccezionali, la possibilità di rimuovere singoli esemplari di lupo, oltre a rimuovere gli ibridi, come già si sta operando in talune realtà.

A seguito del notevole miglioramento dello stato di conservazione della specie su tutto il territorio nazionale e in base allo studio recentemente condotto da ISPRA - su incarico di questo Ministero richiamato dall'interrogante -, che ha permesso di ottenere una stima della distribuzione dell'abbondanza della specie nel nostro Paese, nonché di ulteriori emendamenti delle amministrazioni regionali, è stata elaborata una versione aggiornata del Piano d'azione lupo. La nuova versione, nel quadro complessivo delle azioni di conservazione, fornirebbe una base per possibili aperture a prelievi in modo strettamente controllato. Il Piano, qualora approvato, permetterà di agire in maniera più incisiva anche nei confronti di altre problematiche inerenti al lupo, in particolare circa il problema dei lupi confidenti e degli ibridi lupo per cane.

Per quanto riguarda la richiesta relativa all'eradicazione dei cani inselvatichiti, la normativa vigente sul randagismo canino e animali d'affezione esclude il ricorso ad azioni cruente nei confronti dei cani. Infine, si rappresenta che il Ministero della Salute ripartisce annualmente alle regioni, laddove sia disponibile in bilancio, il fondo previsto dalla legge n. 281 del 1991 (legge quadro in maniera di animali d'affezione e prevenzione del randagismo) e le stesse regioni adottano autonomamente un programma di prevenzione del randagismo, come previsto dalla medesima legge, e mettono in atto tutte le misure e gli interventi necessari a combattere e prevenire il fenomeno.

 

STEFANO VACCARI. Grazie, Presidente. Ringrazio la Sottosegretaria, che, però, ci ha raccontato quanto sapevamo già e, quindi, non possiamo ritenerci soddisfatti nel senso che la raccomandazione dell'Unione europea del 2014, di adottare misure preventive e anche di rimozione dei capi ibridati della specie lupo, è uno di quegli indirizzi - e andremo a leggere la nuova versione del Piano nazionale di conservazione del lupo - dal quale ci aspettavamo misure un po' più concrete, considerati le motivazioni, che abbiamo provato a portare, e il pericolo che la specie lupo sta correndo in tema di sua ibridazione.

Come dimostrano anche i dati, stiamo parlando di una diffusione molto estesa di cani inselvatichiti, che rischiano di pregiudicare lo sforzo che gli enti parco e il Ministero dell'Ambiente hanno fatto in tutti questi anni per riuscire a tutelare e conservare, oltre che allargare, la presenza della specie lupo nel nostro Paese. Ci aspettavamo una risposta più concreta, perché quando andiamo a vedere i dati, che molto concretamente abbiamo portato a motivazione della nostra interpellanza, riguardo i danni provocati da questi animali sulle attività zootecniche o agricole, ci accorgiamo che la parte di indennizzo dei danni esiste, purtroppo a macchia di leopardo in tutto il Paese, che quantitativamente è insufficiente e che riguarda due terzi, fra l'altro, dei soli danni accertati, perché c'è una parte che non possono essere accertati, proprio perché, giustamente, i tecnici incaricati non possono certificare - perché la riconduzione è alla specie lupo - se quello che è accaduto è stato proprio a causa di quegli animali. È chiaro che tutti i metodi preventivi, che lei ha citato, Sottosegretaria, come la guardiania, i cani, le recinzioni e quant'altro, comportano investimenti da parte delle imprese zootecniche e delle imprese agricole. Allora, siccome dobbiamo contemperare il diritto di queste imprese di continuare a svolgere la propria attività con le norme della direttiva Habitat e, quindi, con i piani nazionali di conservazione e tutela della specie lupo, dobbiamo provare a trovare delle soluzioni che facciano fare dei passi in avanti al sistema e non limitarci a richiamare norme che conosciamo bene, che anche le imprese agricole e zootecniche conoscono bene, ma che non sono attualmente sufficienti a dare risposte alle esigenze che si stanno ponendo. Soprattutto, stiamo parlando di una condizione di allarme, in alcuni casi anche sociale, che la diffusione dei cani inselvatichiti, associati erroneamente alla specie lupo, sta producendo in tante parti del nostro Paese, da Nord a Sud, generando anche reazioni, come quelle da lei citate, che possono produrre dei danni alla specie lupo, che invece va conservata. Diverso, invece, è affrontare in modo più serio e concreto il tema dei cani inselvatichiti e della parte di lupi ibridata oramai in percentuale significativa.

Quindi, anche i ragionamenti e le scelte fatte, come Governo, sulla legge n. 157, durante la legge di bilancio, devono essere assunte con meno accentuazioni propagandistiche, ma con molta più attenzione alla scientificità che quelle scelte devono avere. Stiamo infatti parlando di impatto sulla biodiversità, stiamo parlando di impatto sulle attività umane e stiamo parlando poi, concretamente, di quello che possono fare le regioni, perché il piano del controllo della fauna selvatica è ancora di là da venire, così come quello che avete previsto per l'istituzione del Comitato tecnico faunistico nazionale non è ancora stato realizzato.

Quello potrebbe essere il luogo dentro il quale avviare un confronto serio e molto più avanzato con tutte le parti in causa in grado di produrre anche risposte molto più avanzate di quelle che lei oggi ci è venuta a raccontare a nome del Governo.