18/06/2024
Elly Schlein
De Maria, Toni Ricciardi, Braga, De Luca, Merola, Malavasi, Vaccari, Curti, Fornaro, Forattini, Guerra, Manzi, D'Alfonso, Andrea Rossi, Marino, Porta, Serracchiani, Simiani, Girelli
2-00396

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle imprese e del made in Italy, per sapere – premesso che:

   l'industria Italiana Autobus rappresenta un presidio industriale di grande valore, in un settore strategico per il Paese, con gli stabilimenti di Bologna e Flumeri (AV);

   il Ministero delle imprese e del made in Italy ha deciso di autorizzare il socio pubblico Invitalia a sottoscrivere l'accordo che comporterà l'ingresso di Seri Industrial nel capitale di Industria Italiana Autobus;

   è stato inoltre comunicato l'interesse di fare un accordo con un grande gruppo cinese, che ha già visitato gli stabilimenti, in un momento in cui c'è peraltro una grande opportunità di mercato nel trasporto pubblico locale in Italia, grazie agli investimenti del PNRR e quindi l'evidente interesse nazionale ad avere in campo imprese italiane in questo settore;

   la regione Emilia-Romagna, la regione Campania e le Organizzazioni Sindacali, che non sono state chiamate a un incontro con i due Gruppi che hanno presentato delle proposte per discutere dei rispettivi piani industriali, hanno manifestato grande preoccupazione sulla efficacia e sulla credibilità delle decisioni assunte dal Ministero, legata anche alle effettive competenze nel settore dell'acquirente individuato –:

   se e quali ulteriori iniziative di competenza in merito il Ministro interrogato intenda assumere.

 

Seduta del 21 giugno 2024

Illustrazione di Andrea De Maria, risposta del Ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, replica di Toni Ricciardi

ANDREA DE MARIA. Grazie, Presidente. Presidente, Ministro, noi abbiamo presentato questa interpellanza, non a caso sottoscritta come prima firmataria direttamente dalla nostra segretaria nazionale Elly Schlein, perché vogliamo manifestare tutte le nostre preoccupazioni sulle prospettive di Industria Italiana Autobus, che è un presidio industriale di grandissimo rilievo nel Paese, che riguarda tantissime lavoratrici e lavoratori negli stabilimenti di Bologna e di Flumeri, in provincia di Avellino, e che è attiva in un settore davvero strategico per il Paese.

Quando abbiamo presentato l'interpellanza, abbiamo fatto riferimento alla scelta del Governo di autorizzare il socio pubblico a un accordo con il gruppo Seri per la cessione di quote della proprietà di Industria Italiana Autobus. Dal momento in cui abbiamo presentato l'interpellanza, a inizio settimana, a oggi abbiamo letto la notizia per cui questo accordo è stato già attuato e, peraltro, il socio pubblico, Invitalia, ormai detiene una quota o, comunque, deterrà una quota della società davvero puramente simbolica.

Le nostre preoccupazioni nascono da tre ragioni. La prima è il fatto che il gruppo Seri non ha esperienza nel settore in cui opera Industria Italiana Autobus, settore così strategico per il Paese. La seconda riguarda il fatto che è stato comunicato anche l'interesse di un grande gruppo cinese, che avrebbe già svolto anche un sopralluogo, per Industria Italiana Autobus, e noi riteniamo che questo presidio produttivo così importante debba restare in mani italiane per la sua strategicità, per la strategicità del settore in cui agisce e perché, peraltro, in quel settore sono in campo tante risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che è bene che siano impegnate prima di tutto da imprese italiane.

In terzo luogo, la regione Emilia-Romagna, la regione Campania e le organizzazioni sindacali hanno contestato, in modo molto netto, la scelta del Governo, anche perché il Governo non ha convocato questi 3 interlocutori a un tavolo per un confronto fra le 2 offerte che erano giunte da realtà private e da imprenditori - vi era anche una seconda offerta di una diversa cordata di imprenditori - per valutare, anche in rapporto l'una con l'altra, queste 2 offerte. Peraltro, seguo diverse di queste situazioni, anche di crisi aziendali, e questo tipo di confronto e questo tipo di coinvolgimento delle regioni, degli enti locali e delle organizzazioni sindacali di prassi viene sempre messo in atto, e questo rende, dal nostro punto di vista, ancora più grave e sbagliata la scelta del Governo di non muoversi in questa direzione.

Le due regioni e le organizzazioni sindacali hanno espresso preoccupazione e contrarietà alle scelte del Governo. Sono preoccupazioni e contrarietà che anche noi, come Partito Democratico, condividiamo, e oggi vogliamo sentire cosa dirà in merito il Ministro, che ringraziamo per essere presente direttamente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).

 

ADOLFO URSO, Ministro delle Imprese e del made in Italy. Ho inteso rispondere personalmente a questa interpellanza dell'intero gruppo del Partito Democratico, che reca come prima firma quella della segretaria del partito, leader dell'opposizione, nella prima occasione utile, cioè nella giornata di oggi, anche - e direi soprattutto - per rispetto ai lavoratori di Industria Italiana Autobus e consapevole della storia gloriosa delle due aziende da cui nasce Industria Italiana Autobus, aziende che allora hanno segnato la storia del made in Italy.

La vicenda riguardante Industria Italiana Autobus è emblematica di un uso distorto della cosa pubblica, che ha compromesso lo sviluppo dell'industria nazionale dei veicoli nel nostro Paese, in questo caso dei bus.

In estrema chiarezza in Parlamento e in quest'Aula, che ho frequentato dai banchi dell'opposizione, esprimo, come sempre, con estrema chiarezza cosa abbiamo trovato quando ci siamo insediati, poi cosa abbiamo fatto in questi venti mesi, infine quali siano le prospettive di crescita dello stabilimento.

Cosa abbiamo trovato? Un disastro. Cosa abbiamo fatto? Abbiamo risanato l'azienda. Cosa vogliamo fare? Ora possiamo finalmente accompagnarla nella crescita di mercato.

La vicenda ha ormai circa dieci anni e trae origine, lo dicevo in premessa, dalla dismissione delle società Irisbus, allora facente parte del gruppo FIAT Iveco, che preferì delocalizzare la produzione di autobus da Flumeri all'estero nella Repubblica Ceca - e quanti altri episodi simili si sono verificati in quei dieci anni -, e da BredaMenarinibus, storica azienda di Bologna, che era allora in una fase di crisi e in cui era presente una percentuale di minoranza del gruppo Finmeccanica, oggi gruppo Leonardo. Nel 2019, il Governo Conte decise di far scendere in campo Invitalia con una partecipazione societaria del 42,76 per cento, affiancandosi a Leonardo, erede Finmeccanica, in BredaMenarinibus e alla società turca Karsan la quale, prima da fornitore di componenti e poi da socio di controllo di tale Industria Autobus, aveva utilizzato gli stabilimenti italiani come mero assemblaggio della sua produzione in Turchia. Ripeto, assemblaggio della produzione in Turchia. È da quel momento, ossia dal 2019, questo era lo stato, che possiamo considerare pubblica la gestione della società.

Dopo poco, e nonostante un cofinanziamento del Ministero dello Sviluppo economico - come si chiamava allora il Ministero governato in quegli anni prima da Di Maio e poi da Patuanelli - nella forma dei contratti di sviluppo, si è aperta una profonda crisi, a causa di scelte manageriali a dir poco discutibili e di un insufficiente supporto finanziario da parte dei soci in un settore particolarmente capital intensive e con margini di profitto ridotti, come quello della produzione di autobus per il trasporto pubblico locale, margini estremamente esigui. Questo ha messo sì a grave rischio anche le commesse pubbliche di importanti comuni italiani con il rischio, sì, di compromettere il raggiungimento degli obiettivi del PNRR con le cui risorse quelle commesse erano state finanziate.

È in questo momento che noi giungiamo al Governo, quando il disastro è ormai realizzato e le commesse a quel punto compromesse. Cosa abbiamo trovato a fine 2022? Abbiamo trovato una produzione annuale crollata ad appena 111 autobus, perdite per 48 milioni di euro e debiti complessivi già accumulati per 172 milioni. Sicuramente, lo comprendiamo, vi è stata una crisi di mezzi finanziari, causata dalla difficoltà di accesso al sistema bancario, ma ciò ha innescato una spirale negativa che ha comportato un'ulteriore crescita dell'indebitamento, determinando la completa, ripeto la completa, interruzione delle forniture. Nessuno faceva più fornitura e non accettazione quindi di ulteriori ordini da parte dei fornitori: la paralisi.

Era una situazione compromessa, frutto di scelte precedenti al nostro mandato e di strategie aziendali assolutamente errate. Di fatto, le due aziende, una volta gioielli dei bus italiani, erano diventate con la compagine pubblica dei carrozzoni di Stato, in cui collocare i manager trombati. Cosa abbiamo fatto? Abbiamo avviato la ripresa produttiva. Nel primo trimestre 2023, abbiamo elaborato un ambizioso piano industriale, con l'obiettivo di accelerare il percorso di transizione verde pur mantenendo inalterati i livelli occupazionali esistenti.

Inoltre per la prima volta questo Governo già nel primo semestre 2023 ha subordinato l'erogazione del sostegno finanziario al raggiungimento di obiettivi intermedi, funzionali alla realizzazione del nuovo piano industriale, fissati dal Ministero in ordine alla produttività, allo stato di avanzamento degli investimenti e all'efficientamento gestionale, con particolare riguardo al contenimento dei costi.

Abbiamo messo dei vincoli precisi, degli obiettivi scanditi, significativi, concordati, anche ascoltando i sindacati affinché emergessero le capacità gestionali. Il mancato raggiungimento degli obiettivi intermedi, sopra menzionati, nonostante l'ulteriore immissione di risorse, ha portato alla sostituzione del management, in piena condivisione con le parti sociali, che ci evidenziavano continuamente gli errori manageriali della precedente gestione, determinata dai precedenti Governi, a fine giugno 2023, dopo che avevamo conclamato che i piani e gli obiettivi intermedi non erano stati raggiunti.

A seguito dell'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione, è stato predisposto il “Piano di 2023-2026” che prevede l'autosufficienza entro il secondo semestre 2026, per consentire il necessario risanamento dell'azienda in vista del passaggio, assolutamente necessario, all'acquirente privato, e soprattutto accelerare la transizione alla produzione di veicoli elettrici, puntando ha una quota di mercato nazionale del 30-35 per cento.

Il Piano prevede, in una prospettiva non meramente emergenziale, importanti investimenti in nuovi prodotti e una serie di misure di ottimizzazione organizzativa e operativa che consentiranno il graduale aumento del tasso di produttività nonché un miglioramento sostanziale dei parametri del capitale circolante, della marginalità e del livello del servizio post-vendita.

Tale Piano ha già permesso la riattivazione della produzione tramite l'efficientamento della struttura produttiva e la rinegoziazione, con esiti positivi, dei termini di consegna con le stazioni appaltanti. Si registra un incremento del ritmo di smaltimento degli ordinativi, anche per effetto del rispetto delle consegne programmate, ivi inclusa quella dei primi 4 autobus BEV 12 m.

Al 31 dicembre 2023, dopo il cambio del management, l'azienda ha prodotto 183 autobus, 2 autobus in più rispetto all'obiettivo previsto dal piano industriale per l'anno 2023, e il 59 per cento in più rispetto all'anno precedente, il 2022. La maggiore produzione di bus si è riflessa sulla crescita del fatturato, pari a circa 55 milioni di euro, in aumento del 42 per cento rispetto al 2022. Il portafoglio ordini è stato ridotto da oltre 700 autobus a circa 500, evitando così gravose penali, e sono stati acquisiti 300 nuovi ordini.

L'attuale portafoglio ordini, anche in ragione di alcune gare per autobus elettrici che Italia Industria Autobus (IIA) si è aggiudicata recentemente, assicura la saturazione della capacità produttiva fino al primo semestre 2025.

Abbiamo messo l'azienda sulla strada giusta. Nel corso del 2024, il Piano di turnaround prevede: la produzione, più che raddoppiata rispetto al 2023, di circa 400 autobus - cioè, più che raddoppiata rispetto a un anno in cui, finalmente, era giunta a livelli significativi - e, a tal fine, presso lo stabilimento di Flumeri, il graduale incremento della forza lavoro e l'aumento del tasso produttivo, dall'attuale 1 bus/giorno a 2 bus/giorno da settembre, quindi il raddoppio della produzione. Sono inoltre previsti lo sviluppo della gamma di produzione elettrica con modelli a pantografo (diretto ed inverso) e modelli 10 metri e la progettazione di prototipi 8 e 9 metri elettrici. Tra le azioni previste rientrano anche il potenziamento delle attività after-sales e delle funzioni di ingegneria, ricerca e sviluppo presso lo stabilimento di Bologna.

Per garantire la continuità produttiva di IIA, il rispetto del piano di produzione e la consegna degli autobus alle stazioni appaltanti, nel corso del 2023, la parte pubblica ha immesso risorse per 83 milioni di euro per ripianare le perdite accumulate, ripristinare il capitale e soddisfare il fabbisogno finanziario necessario ad assicurare la produzione. È stata registrata, invece, un'assoluta indisponibilità a far fronte alle esigenze di sostegno finanziario di IIA da parte del socio turco Karsan che, non partecipando alle operazioni di ricapitalizzazione, ha conseguentemente visto gradualmente azzerarsi la propria partecipazione.

Anche nel 1° semestre 2024, come da previsione del piano industriale, la parte pubblica è intervenuta per ben due volte, immettendo nuova liquidità per circa 32 milioni di euro, al fine di garantire il rispetto dei target produttivi del secondo semestre 2024.

Ricostruita questa storia in tutti i suoi passaggi, sia in quello che è accaduto prima del 2019, sia in quello che è accaduto dal 2019 a quando abbiamo assunto la responsabilità e l'onere del Governo, vengo alle scelte più recenti.

Come detto, all'origine fu previsto, quando intervenne Invitalia nel 2019, un contratto di sviluppo nello stabilimento ex Irisbus di Flumeri, ad Avellino in Campania, relativo a un programma di sviluppo industriale con investimenti totali pari a circa 48 milioni di euro e con agevolazioni concesse pari a circa 18 milioni. Orbene, le agevolazioni concesse secondo la citata normativa, sono state accompagnate - come detto - dall'ingresso di Invitalia nel capitale sociale a norma dell'articolo 8-bis del decreto ministeriale 9 dicembre 2014, che ha previsto che la citata partecipazione non potesse - evidenzio questo passaggio ai colleghi parlamentari e a chi ci ascolta - essere detenuta per un arco temporale superiore a 5 anni. Conseguentemente, Invitalia è stata tenuta a dismettere tale partecipazione, considerato che l'autorizzazione all'ingresso nel capitale di Industria Italiana Autobus risale al 24 gennaio 2019, e sono passati i 5 anni.

A ciò si aggiunge il fatto che Leonardo, società quotata in borsa e - pertanto - soggetta a regole di mercato diverse e più orientate a logiche privatistiche, già alla fine del 2023 aveva deliberato di dismettere la sua partecipazione in IIA per orientare la propria attività su settori maggiormente attinenti al proprio core business.

Per le sopraesposte ragioni, i due soci - supportati da un advisor internazionale come KPMG - hanno avviato un processo di individuazione di un partner industriale al quale affidare la guida di Industria Italiana Autobus, seguendo le linee guida fornite dal Ministero, mirate al rafforzamento della solidità patrimoniale e della capacità industriale dell'azienda. Trattasi, dunque, di un atto dovuto e necessario, conseguente alla determinazione assunta, in via autonoma, dai soci di Industria Italiana Autobus e, al contempo, indirizzato dal Governo alla tutela dell'interesse pubblico e dei livelli occupazionali.

All'esito del citato processo, sono state presentate 23 manifestazioni di interesse, delle quali solo una si è concretizzata in vera e propria offerta vincolante e non sottoposta a condizioni, che non la qualificassero come tale. Solo una sulle 23 manifestazione d'interesse. Su questa base, in data 10 maggio scorso, il consiglio di amministrazione di Invitalia ha approvato la proposta di accordo di cessione della partecipazione detenuta nel capitale di Industria Italiana Autobus a favore di Seri Industrial Spa, richiedendo consequenzialmente la prescritta autorizzazione del Ministro delle Imprese e del made in Italy. Questo, il 10 maggio.

In esito al tavolo plenario, che abbiamo convocato il 22 maggio - subito dopo questa richiesta - in accoglimento, tra l'altro, delle istanze formulate dalle parti sociali - con cui tante volte ci siamo confrontati - e dalle regioni - le due regioni, Calabria ed Emilia-Romagna - e per garantire in ogni modo la solidalità dell'offerta, abbiamo avviato un percorso condiviso di approfondimento di eventuali proposte integrative di quella di Seri Industrial.

Cioè, dopo l'approvazione da parte del consiglio di amministrazione Invitalia dell'accordo di cessione con l'unica azienda che avesse manifestato manifestazioni di interesse, trasformandole in una vera e propria offerta vincolante, ci siamo responsabilmente attivati per convocare il tavolo con tutte le parti sociali, i sindacati e le due regioni, per garantire in ogni modo la solidità dell'offerta e per avviare un percorso condiviso di approfondimento di eventuali proposte integrative di quelle di Seri, seppure in un quadro temporale caratterizzato da scadenze molto ravvicinate, tra cui il termine per la ricostituzione del capitale sociale di Industria Italiana Autobus - eroso da perdite per 63 milioni - e quello relativo alla validità dell'offerta vincolante presentata da Seri Industrial.

A valle di tale riunione, pertanto, si sono tenuti diversi tavoli tecnici, che hanno visto la partecipazione dei rappresentanti della regione Campania e della regione Emilia Romagna. In particolare, a seguito dell'incontro del 28 maggio con imprenditori che si erano mostrati interessati - e che sono stati evidenziati e citati anche dai parlamentari interroganti - il 4 giugno è stata presentata un'offerta non integrativa - come invece richiesto, visto la scadenza dei termini - bensì alternativa e, purtroppo, deteriore rispetto a quella di Seri Industrial, soprattutto sotto il profilo industriale, in quanto non corredata da piano di sviluppo, né provvista delle garanzie in ordine ai livelli occupazionali, agli asset e alla continuità aziendale.

Tale proposta avrebbe, inoltre, comportato il rischio di un considerevole aggravio - ulteriore aggravio - per le finanze pubbliche, prevedendo da parte di Invitalia, il rilascio, in maniera esclusiva rispetto ai soci privati, delle garanzie finanziarie, fino al raggiungimento di un ipotetico break-even, senza limiti temporali e quantitativi certi. Senza limiti.

Nelle more di tale processo di approfondimento delle proposte presentate, segnalo che si è resa necessaria la tempestiva erogazione di ulteriori risorse necessarie alla prosecuzione delle attività produttive, per un importo pari a 12 milioni di euro.

Successivamente, al tavolo del 4 giugno con i vertici di un gruppo cinese che aveva mostrato interesse in precedenza, insieme a rappresentanti delle regioni, abbiamo riscontrato una disponibilità a realizzare investimenti in natura negli stabilimenti di Industria Italiana Autobus, con apporto di tecnologie innovative, ma, almeno in questa fase, non di apporto finanziario.

Le interlocuzioni - tuttora in corso anche ai più alti livelli istituzionali – sono, in questa fase, preliminari a un eventuale ingresso nel capitale di Industria Italiana Autobus che comunque noi auspichiamo e che potrà avvenire soltanto in una fase più avanzata del percorso di risanamento e rilancio dell'azienda.

Le risultanze dell'interlocuzione con tutti gli operatori economici potenzialmente interessati in Industria Italiana Autobus sono state compiutamente illustrate alle regioni in data 11 giugno scorso.

Da ultimo, in data 13 giugno ho incontrato le organizzazioni sindacali nazionali per offrire una dettagliata rappresentazione della situazione aziendale e delle interlocuzioni poc'anzi riportate. Tuttavia, le stesse organizzazioni sindacali hanno ritenuto di non prendere parte alla successiva riunione, convocata sempre in data 13 giugno, nell'ambito della quale i vertici di Seri Industrial hanno illustrato il piano industriale proposto per il rilancio dell'azienda alla presenza - perché loro erano presenti - delle regioni Campania ed Emilia-Romagna.

Al termine, quindi, del lungo e approfondito processo di privatizzazioni di Industria Italiana Autobus appena descritto, preso atto che non sono pervenute offerte né migliorative né integrative di quella presentata da Seri Industrial, e nelle more che si concretizzi l'interessamento per il momento solo segnalato dagli investitori contattati dall'Unità per l'attrazione degli investimenti esteri del Ministero, abbiamo autorizzato il socio pubblico Invitalia a concludere la cessione della partecipazione detenuta in Industria Italiana Autobus a favore di Seri Industrial.

Tale gruppo industriale, che produce batterie, ossia la componente che rappresenta circa un terzo del costo di produzione dei veicoli elettrici, si impegna alla realizzazione di un piano industriale, imperniato sulla creazione di sinergie e sull'innovazione, tale da assicurare la competitività dell'azienda anche all'estero. Si impegna, inoltre, a garantire i livelli occupazionali degli stabilimenti di Flumeri e di Bologna e a consentire, nell'interesse dell'azienda, l'eventuale ingresso di un altro partner industriale. Non ci siamo limitati a questo: abbiamo posto due condizioni che riteniamo potranno essere di garanzia per evitare possibili impasse produttive ed occupazionali. La prima condizione: Invitalia rimarrà nel capitale con una partecipazione del 2 per cento che, in virtù dei patti parasociali di durata quinquennale, sottoscritti contestualmente all'accordo di cessione, consente al socio pubblico di opporsi a qualsiasi delibera contraria all'accordo, all'oggetto sociale o all'interesse sociale di Industria Italiana Autobus. È stata prevista, inoltre, una clausola di “diritto di trascinamento”, che consenta al socio pubblico di disporre delle quote del socio di maggioranza qualora questo non dia seguito al piano industriale e non garantista la continuità aziendale.

La seconda condizione che abbiamo chiesto e ottenuto: la seconda clausola prevede l'obbligo per l'acquirente di alienare la parte non edificata dello stabilimento di Flumeri ove giungessero offerte di soggetti interessati a sviluppare un piano di crescita in settori non concorrenziali con quello della produzione di bus, con un focus specifico - e non lo cito a caso - per il comparto dell'automotive, secondo una congruità di valore, fissata oggettivamente.

Poi vorremmo fare di più per quell'area industriale, noi sappiamo che possiamo fare di più. Con questi interventi riteniamo si possa segnare una nuova pagina della storia di Industria Italiana Autobus, che la faccia uscire da dieci anni di scelte discutibili e risorse mal utilizzate, dotando l'Italia di un operatore solido in un campo strategico come il trasporto pubblico locale sostenibile.

In conclusione, ribadisco che questo Governo, sin dall'inizio, ha operato nell'esclusivo interesse dell'azienda e dei lavoratori di Industria Italiana Autobus e che, alla prova dei fatti, in ragione dell'obbligo giuridico di Invitalia a dismettere la propria partecipazione di maggioranza e alle autonome scelte imprenditoriali di Leonardo S.p.A. di focalizzare la propria attenzione sui propri settori core business, non esistono scenari alternativi alla privatizzazione di Industria Italiana Autobus, se non quello della liquidazione della società stessa. Né tantomeno esistono al momento, dopo un processo di ricerca guidato da un advisor internazionale, durato più di due anni, offerte di potenziali acquirenti che possono essere ritenute migliori per i soci, i contribuenti pubblici e i lavoratori stessi di Industria Italia Autobus, rispetto a quella autorizzata dal Ministero.

 

TONI RICCIARDI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, purtroppo, Presidente, ci dichiariamo insoddisfatti e cercherò anche di argomentare il perché di questa nostra posizione. Intanto, Ministro, noi la ringraziamo per esserci questa mattina. È indubbio, Ministro, il suo attaccamento al made in Italy, per la sua biografia personale e per la sua biografia politica e, quindi, dico questo in premessa. Tuttavia, Ministro, io conosco operai dello stabilimento di Flumeri - assunti vent'anni fa - che, per metà del loro tempo (11 anni), hanno lottato per il mantenimento in vita di questo stabilimento e per il mantenimento in vita di una produzione italiana che, tecnicamente - so che non lo si può scrivere -, ma tecnicamente agisce in regime di monopolio. Lei, Ministro, ci ha fatto l'elenco di cifre, ogni intervento della portata dai 10 ai 12, ai 15, ai 20, ai 48 milioni di euro. Io ero presente in quell'assemblea presso il suo Ministero e sono uscito, siamo usciti pubblicamente, riconoscendole e ringraziandola per le tre settimane di tempo, ma non solo noi: le organizzazioni sindacali, gli operai. Infatti, vedevamo, in quella decisione e in quella scelta, la consapevolezza della difficoltà del momento e la consapevolezza dell'uomo, prima che del Ministro, attaccato, legato al Mezzogiorno e non solo al Mezzogiorno, attaccato alla realtà industriale di questo Paese, che mette insieme, Ministro, due realtà che sembrano agli antipodi: Bologna e Flumeri, un territorio dove Cristo non era mai arrivato. Eppure, improvvisamente, quel barlume di speranza che ella ha dato a tutti, Ministro, perché è stata una sua scelta, improvvisamente è sparito.

Anche in quella sede le fu segnalato, c'era fisicamente presente - lo ricordo ancora - il presidente della regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, che fece un'osservazione di merito, ma chiarificante, ovvero che nessuno mette in discussione l'onorabilità e la qualità di potenziali investitori privati, ma lì fu messa in discussione esattamente la capacità, non la volontà.

Quando poc'anzi le ho detto: lei ci ha citato tutta una serie di interventi, e chi ci ha ascoltato? Una volta 20, una volta 30, una volta 48 milioni, e così via. Allora, la domanda che è sorta spontanea a tutte e tutti è “ma come fa, oggettivamente, un gruppo che fattura 300 milioni - fattura, e non che produce una tale cifra di utili - come fa a gestire una operazione di tale portata e di tale complessità?”

Noi non mettiamo in dubbio l'onorabilità e la qualità del gruppo al quale ella, Ministro, ha voluto affidare questa scelta. Lei ci ha risposto che era obbligato; l'ha detto al Ministero; ce l'ha detto questa mattina; ha detto che, dinanzi alla liquidazione, ha assunto la responsabilità; però, Ministro, sa che cosa manca in tutta questa narrazione? C'è stata una ulteriore offerta - che lei ci ha spiegato essere non vincolante, che non rispettava i parametri - i cui offerenti hanno pubblicamente fatto delle dichiarazioni. Noi questa mattina ci saremmo aspettati - ed è della ragione dell'insoddisfazione, Ministro - ad onor di trasparenza e chiarezza - e lei è una persona franca da sempre - di conoscere i parametri, le cifre e il perché, fattuale e contenutistico, del fatto che, alla fine, questa - mi sia consentito, Ministro - ci è sempre apparsa una storia già scritta.

Sono uscite cifre, sono uscite notizie. Perché - guarda caso - un'altra offerta, fatta da persone molto più contigue e prossime alla modalità industriale e al progetto industriale, ella, Ministro, poteva tranquillamente dirci dove era manchevole e avremmo risolto i problemi. Ministro, guardi, è incomprensibile, mi sia consentito.

Leonardo, Invitalia e - mi passi il termine - lo Stato, immette 180 milioni di euro e rinuncia ai crediti esigibili su una industria che ha commesse per mille pullman (un pullman full electric esce a 500.000 euro e uno tradizionale a 250.000 euro e invito tutte e tutti a prendere la calcolatrice e a fare i calcoli).

Secondo, Ministro: pullman finanziati con fondi PNRR, fondi dello Stato.

Allora, Ministro, noi ci saremmo aspettati che questa mattina lei ci dicesse, al netto della vicenda di Invitalia, perché lo Stato esce da un'operazione win-win, con una partita di giro di proprie risorse del PNRR, che debbono arrivare a scadenza certa perché c'è una rendicontazione di spesa certa che bisogna produrre; ci saremmo aspettati che lei ci dicesse perché esce da un'operazione del genere.

Ministro, lei lo sa meglio di me: una cosa del genere, in Francia o in Germania non sarebbe mai accaduta.

Allora, Ministro, io non metto in dubbio la sua buona fede, però abbiamo la sensazione che questa storia sia stata, appunto - come dicevo prima - già scritta. Lei, Ministro, ha fatto alla fine un passaggio che probabilmente è l'elemento nodale di quel territorio (mi riferisco, nello specifico, allo stabilimento di Flumeri).

Quella è un'area interessata da oltre 30 anni di dibattito, dove vedrà finalmente luce la stazione Irpinia dell'alta velocità-alta capacità, doveva sorgere la piattaforma logistica e improvvisamente c'è stato un blocco sulla realizzazione della piattaforma logistica, erano terreni ZES e rimangono terreni ZES unici, dopo la modifica di questo Governo, e, guarda caso, l'interesse che si è scatenato su quell'area, rispetto ai terreni e ai possibili capannoni, credo che sia quasi senza precedenti, in un lembo di territorio baricentrico tra la Campania e la Puglia, con quello che è accaduto negli ultimi anni, e questo, Ministro, mi sia consentito, con tutto il rispetto che le porto, mai sottolineato. Noi stiamo parlando di un territorio contiguo alla provincia di Foggia, dove sono state fatte delle scelte e degli investimenti rispettabilissimi, che, guarda caso, in alcuni casi, sono concorrenziali con Flumeri ed esattamente con quel territorio. E pare che nessuno abbia mai affrontato tutta questa vicenda.

Allora, Ministro, lei è un Ministro potente e autorevole di questo Governo: ringraziandola per essere venuto di persona questa mattina, e glielo dico con il massimo rispetto e onestà, quindi non sono parole al vento, noi le confermiamo solo un dato: ci auguriamo - io me lo auguro per i tanti operai di quella fabbrica, che conosco e che ho visto lottare, come dicevo in premessa, per 11 anni di seguito - che lei abbia ragione, Ministro. Ma sappia una cosa, Ministro: per quanto ci riguarda, come partito, come persone legate e preoccupate per la politica industriale di questo Paese, non abbasseremo il livello d'attenzione mai. Io non so che cosa potrà accadere nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Sappia, Ministro, che sicuramente non saremo quelli che aizzeranno le folle e le preoccupazioni, ma cercheremo sempre il dialogo e l'attenzione. Tuttavia, Ministro, sappia che il Partito Democratico sarà sempre a difesa delle operaie e degli operai degli stabilimenti di Flumeri e di Bologna.