04/07/2018
Gianluca Benamati
De Maria, Carla Cantone, Critelli, Rizzo Nervo
2-00023

sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

secondo alcune stime riportate dai principali organi di stampa nelle scorse settimane, in Italia più di 4,1 milioni di persone utilizzano spesso i servizi offerti dalle piattaforme online di consegna di cibo a domicilio e 8 milioni li utilizzano saltuariamente;

i fattorini che consegnano cibo ordinato attraverso le piattaforme online, i cosiddetti «rider» sarebbero circa 6 mila, hanno una paga oraria tra i 4 e i sette euro e lavorano in media dieci ore settimanali;

secondo il presidente dell'Istat Alleva, i lavoratori a bassa qualifica professionale occupati complessivamente nei vari settori della cosiddetta «Gig economy» (che è parte della economia della condivisione dove non sono previste prestazioni lavorative continuative ma solo «on demand», cioè solo quando arriva la richiesta per servizi, prodotti o competenze), sono oltre 550 mila, rappresentando il 2,5 per cento degli occupati in Italia;

questi lavoratori, il cui numero aumenta continuamente con la crescita dell'economia digitale, non hanno un inquadramento chiaro e adeguato alla tipologia di mansioni eseguite, apparendo sostanzialmente subordinati ma giuridicamente autonomi;

nel mese di aprile 2018 il tribunale del lavoro di Torino ha emesso la prima sentenza in Italia relativa al settore della gig economy respingendo il ricorso di sei fattorini che avevano impugnato il licenziamento avvenuto dopo gli scioperi del 2016, e che avevano chiesto che fosse loro riconosciuta la qualifica di lavoratori subordinati;

l'intervento della magistratura, che ha stabilito che questo tipo di lavoratori sono da considerarsi a tutti gli effetti lavoratori autonomi, non ha risolto però la necessità di dotare di un minimo di tutele assicurative, previdenziali e salariali una platea di lavoratori destinata a salire sensibilmente nel numero entro pochi anni;

una settimana fa a Bologna è stata siglata con il comune di Bologna, Riders Union, le piattaforme di Sgnam e MyMenu e le organizzazioni sindacali di Cgil, Cisl e Uil il primo accordo europeo sulla gig economy con applicazione sperimentale sul settore del delivery food. La «Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale nel contesto urbano» nasce da una proposta del comune di Bologna ed una negoziazione con tutte le parti firmatarie e, pur non incidendo nella qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, individua standard minimi di tutela per i lavoratori, tra cui diritti di informazione, un compenso equo e dignitoso con una paga minima fissa, l'obbligo di coperture assicurative per i rider e per i terzi, l'indennità per condizioni meteorologiche avverse, la sospensione del servizio per condizioni meteorologiche straordinarie che mettono a repentaglio la sicurezza dei lavoratori, il rispetto della privacy, il divieto di controllo a distanza da parte degli algoritmi fuori dalle prestazioni, la tutela del trattamento dei dati personali e la trasparenza nei contratti;

anche la regione Lazio si starebbe attivando per definire un analogo provvedimento legislativo finalizzato, tra l'altro, al miglioramento delle tutele assicurative, previdenziali, sanitarie e di sicurezza;

appare evidente la necessità di regolamentare presto e uniformemente questo settore lavorativo innovativo;

sono in gestazione disegni di legge ad iniziativa parlamentare per affrontare la questione –:

quali siano gli intendimenti del Governo e le iniziative che si intendono porre in essere per affrontare le problematiche esposte in premessa.