Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
si apprende a mezzo stampa di uno spiacevole episodio occorso nel pomeriggio del 27 giugno nella città di Trieste, mentre si svolgevano le attività del «G7 Istruzione». Proprio a causa di questa circostanza alcuni studenti facenti parte dell'associazione Rete degli Studenti Medi hanno organizzato una manifestazione pacifica, assieme al sindacato dei lavoratori CGIL;
al termine del presidio, alcuni manifestanti sono stati fermati da agenti di polizia in borghese e invitati a lasciare la città, senza addurre alcuna motivazione valida: agli studenti non è stato consentito nemmeno il permanere negli spazi di esercizi commerciali privati, al fine di consumare un pasto, perché la richiesta di allontanamento si è fatta insistente, tanto da provocare l'effettivo allontanamento dalla città, scortati dagli agenti fino all'ingresso dell'autostrada;
la risposta della questura riportata sulla stampa, e da essa sollecitata, non solo non sembra soddisfacente, ma non si confà ad un'istituzione di un Paese democratico, dal momento che si è difesa sostenendo di aver avuto un atteggiamento costruttivo poiché i manifestanti non sono stati portati in questura: il tratto inquietante è che non è chiara la ragione per cui avrebbero dovuto essere condotti in questura;
a giudizio degli interroganti è evidente vi sia stato un abuso da parte delle forze dell'ordine, che non avevano alcuna facoltà né alcun diritto di allontanare i manifestanti, tra cui alcuni risulterebbero minorenni, dall'intera città di Trieste: essi avevano manifestato pacificamente e non erano stati causa di alcun disordine, il che rende ancora più spregiudicata e immotivata l'azione degli agenti –:
se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto successo e se sia intenzionato a svolgere degli accertamenti sull'operato ad avviso degli interroganti opaco della questura, che mai in un Paese democratico dovrebbe avere l'autorità di allontanare dall'intero territorio cittadino degli studenti che manifestano pacificamente il proprio dissenso, essendo un'azione inammissibile e incompatibile con i principi sanciti dalla Costituzione italiana.