07/07/2020
Rosa Maria Di Giorgi
3-01656

Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   da anni la città di Taranto è costretta a convivere con una gravissima emergenza sanitaria dovuta ad una produzione industriale i cui effetti, nonostante siano stati già oggetto di indagini epidemiologiche che ne hanno sottolineato la pericolosità e di pronunciamenti della magistratura, continuano a creare apprensione fra gli abitanti;

   l'ultimo episodio, ma solo in ordine di tempo, si è registrato nel pomeriggio del 4 luglio 2020, quando una violenta tromba d'aria si è abbattuta sul capoluogo ionico. L'evento atmosferico, di impressionante portata, non ha provocato solo danni ed allagamenti nelle zone interessate, ma ha pure provveduto a diffondere nell'aria enormi cumuli di polvere rossastra. Quella stessa polvere che sicuramente è stata respirata dall'intera cittadinanza, sempre più abbandonata a se stessa nella lotta contro un inquinamento che da decenni provoca lutti e malattie;

   inequivocabili riprese filmate, divenute ben presto virali sul web, hanno consentito di individuare con precisione il luogo di provenienza della sostanza trasportata dalla bufera: lo stabilimento ex Ilva, lo stesso che per alcuni, a breve, sarà trasformato in uno dei più moderni e performanti di Europa, anche se al momento nulla lascia credere che potrà diventarlo;

   l'inquietante episodio si è registrato a fronte della presenza, nell'area della fabbrica attualmente gestita dal gruppo franco-indiano «ArcelorMittal», di due mega strutture che, costate oltre 300 milioni di euro, sono state realizzate allo scopo di contenere le polveri di derivazione industriale accumulate in appositi siti ed impedirne la dispersione nell'aria;

   alla luce di quanto accaduto il 4 luglio 2020, i cittadini di Taranto devono prendere ancora una volta atto di come la questione inquinamento resti drammaticamente irrisolta a fronte di promesse alle quali non crede più nessuno. Del resto, dopo quello che è successo, ci si chiede come si possa ancora dare credito alla tesi secondo cui sarebbe bastato coprire i parchi in cui vengono stoccati i minerali dell'ex Ilva per scongiurare la diffusione delle polveri nel quartiere cittadino «Tamburi», lo stesso che si trova a ridosso del siderurgico ovvero come si possa sostenere che lo stabilimento dell'ex Ilva sia ancora un asset strategico per il Paese se ogni mese accumula perdite milionarie, se in molti reparti viene lamentata l'assenza di manutenzione degli impianti e se basta un evento atmosferico come quello del 4 luglio per mettere a nudo la sua inaffidabilità;

   è arrivato il momento di capire fino a quando il siderurgico di Taranto potrà continuare a garantire una produzione dell'acciaio degna di tal nome e soprattutto come gli attuali gestori intendono farlo. Va tenuto conto che i dati dello studio epidemiologico denominato «Sentieri», un cui aggiornamento è stato pubblicato dall'Istituto superiore di sanità nel giugno dell'anno 2018, hanno confermato le criticità del profilo sanitario della popolazione tarantina emerse in precedenti, analoghe indagini e che sono stati rilevati, con riguardo alla fascia d'età pediatrica, l'incremento di tumori di ogni tipo, l'allarmante eccesso di mortalità per tutte le cause e l'ospedalizzazione a seguito di malattie respiratorie acute –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere per scongiurare accadimenti simili a quello registratosi nel capoluogo ionico il 4 luglio del 2020 e per accertare quali conseguenze sulla salute della popolazione tarantina sono state prodotte dall'evento atmosferico in questione.