La Camera,
premesso che:
il conflitto in Yemen ha avuto inizio nel 2015, quando i ribelli Houthi, sostenuti dall'Iran, hanno deposto il presidente del Paese riconosciuto a livello internazionale, il quale ha successivamente fatto intervenire una coalizione multinazionale, guidata dall'Arabia Saudita, per combattere i ribelli e le truppe ad essi alleate;
il conflitto in atto nello Yemen è giunto al quarto anno e ha causato ormai decine di migliaia di morti; più di 22 milioni di persone (circa l'80 per cento della popolazione yemenita) necessitano di sostegno umanitario; le persone in condizioni di insicurezza alimentare sono più di 17 milioni e oltre otto milioni rischiano di morire di fame; 2.500 bambini sono stati uccisi nel conflitto, mentre, secondo l'organizzazione non governativa Save the Children, nel solo 2017 più di 50 mila bambini sono morti per malnutrizione o per problemi igienico-sanitari;
dal mese di giugno 2018 la coalizione guidata dall'Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti è impegnata in un'offensiva per prendere la città di Hodeidah – il porto più importante dello Yemen – che compromette il transito del cibo e degli aiuti umanitari nel Paese; parlando al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il coordinatore delle Nazioni Unite per gli affari umanitari Mark Lowcock ha annunciato il pericolo di una imminente carestia in Yemen;
alcune organizzazioni non governative hanno iniziato a documentare violazioni del diritto internazionale avvenute nel conflitto già a partire dal 2016. Queste violazioni sono state riconosciute internazionalmente da una organizzazione sovranazionale per la prima volta il 28 agosto 2018, nelle conclusioni del gruppo di eminenti esperti indipendenti internazionali istituito dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, secondo cui detti interventi possono costituire crimini di guerra;
a questo rapporto ha fatto seguito nel settembre 2018 la relazione dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani che ha concluso, per la prima volta, che vi sono ragionevoli motivi per ritenere che tutte le parti implicate nel conflitto nello Yemen abbiano commesso crimini di guerra;
è in vigore un embargo internazionale sulle armi nei confronti dei ribelli Houthi sostenuti dall'Iran;
il 25 ottobre 2018 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (ultima di una lunga serie con le medesime richieste) che «invita il Consiglio a raggiungere una posizione comune per imporre, a livello dell'UE, un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita e a rispettare la posizione comune 2008/944/PESC; chiede un embargo sull'esportazione di sistemi di sorveglianza e di altri prodotti a duplice uso suscettibili di essere utilizzati in Arabia Saudita a fini repressivi»;
in una successiva risoluzione datata 14 novembre 2018 relativa all'implementazione della posizione comune dell'Unione europea sull’export di armamenti lo stesso Parlamento europeo ha chiesto al Consiglio d'Europa e all'Alto Rappresentante per la politica estera di «estendere tale embargo anche a tutti gli altri membri della coalizione a guida saudita nello Yemen»;
nella seduta del 19 settembre 2017 è stata votata dal Parlamento una mozione che impegnava il Governo italiano, tra l'altro, «a favorire, nell'ambito delle regolari consultazioni dell'Unione europea a Bruxelles, una linea di azione condivisa in materia di esportazioni di materiali di armamento dando sostegno concreto alle iniziative internazionali per la cessazione delle ostilità e adeguandosi immediatamente alle prescrizioni o ai divieti che fossero adottati nell'ambito delle Nazioni Unite o dell'Unione europea»;
sia le Nazioni Unite che l'Unione europea hanno preso posizioni sulla sospensione della vendita di armi utilizzabili nel conflitto in Yemen all'Arabia Saudita, visto il riconoscimento a livello internazionale delle violazioni del diritto internazionale umanitario da parte della Arabia Saudita in Yemen a seguito del conflitto in corso;
Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svizzera, Belgio, Austria e Olanda hanno recentemente annunciato la sospensione delle forniture militari che possono venire utilizzate nel conflitto in Yemen oltre che all'Arabia Saudita anche agli Emirati Arabi Uniti, anche a seguito dell'assassinio del giornalista Jamal Khashoggi, oltre che in seguito ai pronunciamenti del 28 agosto 2018 del panel di eminenti esperti indipendenti internazionali istituito dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite e del settembre 2018 dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati;
una risoluzione in materia di sospensione della vendita di armi è stata avviata in Commissione affari esteri della Camera dei deputati già dal mese di ottobre 2018, ma il Governo non ha comunque preso posizione;
nell'aprile 2019 la Camera dei rappresentanti statunitense ha adottato una risoluzione per porre fine a qualsiasi forma di assistenza militare degli Usa all'intervento saudita in Yemen; la stessa risoluzione era stata votata dal Senato statunitense nel mese di marzo;
da quando il re saudita Salman bin Abdul Aziz Al Saud ha nominato suo figlio, Mohammed bin Salman, come principe ereditario nel giugno 2017, le Nazioni Unite e numerose organizzazioni internazionali non governative, quali Amnesty International, hanno denunciato sempre più gravi violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali in Arabia Saudita, con frequenti detenzioni arbitrarie di attivisti, ecclesiastici di alto profilo, dirigenti d'azienda, giornalisti e commentatori dei social media;
queste gravi violazioni, sono sfociate, in ultimo, nell'uccisione, il 2 ottobre 2018, del giornalista dissidente, Jamal Khashoggi, all'interno del Consolato saudita di Istanbul e poi cremato in un forno presente nella residenza del console;
il rapporto indipendente delle Nazioni Unite redatto dalla relatrice speciale sulle esecuzioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, Agnes Callamard, reso noto il 19 giugno 2019, parla di una «esecuzione deliberata e premeditata» che richiede «ulteriori indagini sulle responsabilità individuali di funzionari sauditi di alto livello, compreso il principe ereditario» Mohammad bin Salman. Si legge anche che ci sono «prove credibili che richiedono ulteriori indagini sulle responsabilità individuali di funzionari sauditi di alto livello, compreso il principe ereditario» – pur specificando comunque che «non ci sono conclusioni sui colpevoli» – ma che è necessario, avviare «un'inchiesta penale internazionale»;
nel mese di maggio 2019, e anche in questi giorni, a Genova e poi a Cagliari, è approdata una nave della compagnia Bahri, la più grande flotta della monarchia saudita composta da sei navi-cargo per un carico di armamenti. A Genova, grazie alle proteste e alla mobilitazione delle associazioni e dei camalli, il carico incriminato è rimasto a terra, mentre a Cagliari, sono stati caricati 44 container;
un plauso va a questa categoria di lavoratori che si è opposta al carico, ma certamente, non si può caricare sulle scelte etiche dei lavoratori portuali, decisioni che deve invece prendere il Governo, scegliendo una posizione da tenere in merito;
il Presidente del Consiglio Conte nella Conferenza stampa del 28 dicembre 2018 ha affermato: «il Governo italiano è contrario alla vendita di armi all'Arabia Saudita e si tratta solamente di formalizzare questa posizione»,
impegna il Governo:
1) ad adottare gli atti necessari a sospendere tutte le forniture di armi e materiali d'armamento, utilizzabili per il conflitto, ai Paesi coinvolti direttamente nella guerra in Yemen, come già deciso da Regno Unito, Germania, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svizzera, Belgio, Austria e Olanda e come in discussione in altri Parlamenti di Stati membri dell'Unione;
2) ad operare uno sforzo politico e diplomatico in sede multilaterale per il riconoscimento dello stato di conflitto armato in Yemen ai fini del diritto internazionale umanitario e dell'applicazione rigorosa delle disposizioni della legge 9 luglio 1990, n. 185, della posizione comune 2008/944/PESC e del Trattato internazionale sul commercio delle armi, già ratificato dall'Italia;
3) a farsi promotore a livello di Consiglio dell'Unione europea di una forte iniziativa politica che porti all'embargo di materiale militare di tutta l'Unione europea verso i Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen, come ripetutamente richiesto dal Parlamento europeo;
4) a sostenere gli sforzi profusi dall'inviato speciale per lo Yemen del segretario generale delle Nazioni Unite volti a rilanciare il processo politico e a raggiungere una soluzione negoziata e inclusiva della crisi, nonché ad assicurare ogni intervento utile per consentire un immediato e completo accesso umanitario alle zone colpite dalle ostilità in Yemen, al fine di assistere efficacemente la popolazione in stato di bisogno attraverso prioritari programmi di cooperazione internazionale, anche con l'implementazione degli stessi da parte della cooperazione italiana;
5) a sostenere, anche nel ruolo di membro eletto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, la prosecuzione di indagini efficaci e indipendenti sulle violazioni e sui crimini commessi in Yemen dalle parti in conflitto e a promuovere l'istituzione di un tribunale internazionale indipendente per accertarne e condannarne le responsabilità.
Seduta del 24 giugno 2019
Seduta del 26 giugno 2019