La Camera,
premesso che:
Il Pew Research Center di Washington ha girato una domanda a un campione di esperti sulle tecnologie dell'informazione e sulla possibilità che siano destinate a cancellare più posti di lavoro di quanti ne creeranno; secondo il 48 per cento degli interpellati, con la nuova ondata di innovazione le macchine sostituiranno anche parte dei lavoratori specializzati, mettendo a repentaglio l'ordine sociale. L'altra metà degli esperti è invece convinta del contrario: la tecnologia sarà in grado di creare più posti di lavoro rispetto a quelli che andranno perduti;
la ricerca Skills Revolution, condotta da Manpower Group tra 18.000 datori di lavoro in 43 Paesi del mondo e presentata al World Economic Forum 2017 di Davos, vede la percentuale di «ottimisti» salire addirittura all'83 per cento del totale. Secondo la ricerca l'automatizzazione e la digitalizzazione faranno crescere il lavoro, in particolare in Italia: tra i 43 Paesi oggetto dell'indagine è proprio nel nostro che si stima una creazione di nuovi posti tra il 31 per cento ed il 40 per cento del totale, al netto naturalmente dell’«upskilling», ossia aggiornamento delle competenze professionali;
la chiave del successo nel rapporto tra tecnologia e lavoro deve abbracciare la rivoluzione digitale, a partire dai banchi di scuola. Lo ha sottolineato anche Unctad, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, nel suo report Robot and Industrialization in Developing Countries: «(...) Bisogna ridisegnare i sistemi educativi – si legge nel documento – in modo da creare le competenze manageriali e professionali necessarie a lavorare con le nuove tecnologie (...)»;
per far fronte a quello che non è un cambiamento lineare ma una vera e propria «rottura» bisogna impegnarsi al fine di dotare le scuole di un supporto tecnologico adeguato;
il vero cambiamento mentale da sostenere è la possibilità di diventare protagonisti e creatori della tecnologia stessa già in tenerissima età, attraverso corsi che stanno accelerando il modo di «vivere digitale» dei giovanissimi e stanno dando una carta in più per un inserimento professionale sicuro nella società «iper tecnologica» di domani. Si tratta dei nuovi programmi formativi di coding (ovvero della programmazione);
il concetto di coding va ben oltre la sua traduzione letterale in «codifica o programmazione», ma indica «l'uso di strumenti e metodi intuitivi di programmazione per favorire lo sviluppo del pensiero computazionale»;
l'efficacia del coding nello sviluppo dei ragazzi è così rilevante che la Commissione europea dal 2013 ha lanciato una campagna di sensibilizzazione e alfabetizzazione funzionale denominata «Europe Code Week»;
molte esperienze stanno dando grandi risultati se si considera che le scuole italiane sono state protagoniste del 45 per cento delle attività organizzate durante l'ultima edizione di Europe Code Week;
sono decine di migliaia gli insegnanti che si sono formati nel nostro Paese, coinvolgendo oltre un milione di bambini;
il coding utilizzato nella pratica didattica è un metodo, uno strumento da applicare alla didattica per innescare nuove dinamiche all'interno della classe, favorire il lavoro in gruppo, fare squadra, coinvolgere tutti;
il progetto di digitalizzazione delle istituzioni scolastiche è stato uno dei pilastri fondamentali della «Buona scuola» (legge n. 107 del 2015) che ha posto al centro della didattica l'educazione digitale; la «Buona scuola» ha sancito la necessità di riportare al centro la didattica laboratoriale, come punto d'incontro essenziale tra sapere e saper fare;
gli studenti che oggi frequentano le scuole appartengono alla così detta generazione dei «centennials», di coloro che non ha mai vissuto senza connessione;
per questa nuova generazione il coding è un modo di comunicare, di imparare e sviluppare il proprio pensiero;
in molti Paesi europei la materia del coding è inserita tra le materie obbligatorie;
come emerge dalla osservazione dei mutamenti sociali ed economici a cui si assiste quotidianamente, è necessario tener conto di una nuova prospettiva di insegnamento,
impegna il Governo:
1) ad adottare iniziative per rafforzare – anche in considerazione degli investimenti già previsti dalla «Buona scuola» – un disegno organico di innovazione delle scuole italiane, con programmi e azioni coerenti che comprendano l'accesso, gli ambienti di apprendimento, i dispositivi, le piattaforme, l'amministrazione digitale, la ricerca, la formazione e ovviamente la didattica, la metodologia e le competenze;
2) ad avviare tutte le iniziative necessarie a considerare lo studio generalizzato del coding nelle scuole di ogni ordine e grado, quale metodo intuitivo di programmazione per favorire lo sviluppo del pensiero computazionale;
3) a valutare, di conseguenza, l'assunzione di iniziative per allineare tutti gli spazi della scuola a questa visione di cambiamento, a partire dagli interventi a favore dell'edilizia scolastica che includano una riconfigurazione funzionale degli ambienti per l'apprendimento, con l'obiettivo di renderli ambienti associati all'innovazione e alla creatività digitale;
4) ad adottare iniziative per rafforzare percorsi di formazione per il personale educativo e docente delle scuole di ogni ordine e grado, sostenendo il progetto – già avviato dal precedente Governo – della presenza nelle scuole degli «animatori digitali», docenti che, adeguatamente formati, hanno svolto negli ultimi anni un ruolo strategico nella diffusione dell'innovazione didattica nelle scuole, tenendo conto delle tecnologie digitali come sostegno per la realizzazione dei nuovi paradigmi educativi e la progettazione operativa di attività.
Seduta dell'11 marzo 2019
Seduta del 12 marzo 2019