10/03/2022
Gianluca Benamati
Bonomo, D'Elia, Gavino Manca, Nardi, Soverini, Zardini, De Luca, Fiano, Lotti, Ciampi, Berlinghieri
1-00604

La Camera,

   premesso che:

    il settore manifatturiero del tessile, moda e accessorio, comprensivo dei settori calzature, concia, occhialeria, oreficeria-argenteria-gioielleria, pelletteria, pellicceria e tessile-abbigliamento, costituisce, storicamente, uno degli assi portanti, uno dei motori dell'industria italiana e dell'economia del Paese, ha una rilevanza primaria nel sistema economico italiano e rappresenta, allo stesso tempo, uno degli assi portanti dell'industria del «made in Italy» nel mondo;

    il settore si è affacciato ai numeri record del 2019 reduce da profonde trasformazioni e da una dura battaglia a livello internazionale per quelli che sono stati i processi che sono chiamati, con un termine che comprende molte cose, di globalizzazione, ovverosia un settore che ha sofferto, e spesso anche ha pagato, l'affacciarsi di nuovi Paesi produttori che, prima di diventare i mercati di assorbimento dei nostri prodotti, sono stati competitori: i Paesi del lontano e dell'Estremo Oriente, primi fra tutti, in questo processo di crescita e di affacciarsi sulla scena dei Paesi produttori, hanno puntato molto sul tessile, anche perché è un settore industriale che non richiede investimenti per unità di prodotto elevatissime e ha competenze e capacità di risorse umane molto, molto diffuse. L'Italia ha sofferto, i nostri produttori hanno combattuto, c'è stata una modifica anche di quello che è il tessuto e la qualità della produzione nazionale, sia nel campo dei tessuti quanto nel campo dei capi confezionati;

    al di là della rilevantissima importanza della grande moda, del grande fashion italiano, il tessile è sempre stato costituito da produzioni di tessuti di qualità e produzioni, di capi di buongusto e qualità anch'essi. In questo settore molto è stato fatto, soprattutto dal punto di vista dell'innovazione nella produzione e della qualità dei tessuti;

    per quanto riguarda la produzione di tessuti, molti sono stati i problemi che hanno caratterizzato il tessile italiano, soprattutto la competitività di questi Paesi esteri, che, spesso, hanno anche tecniche di lavoro e rispetto dei parametri ambientali e della tutela del mondo del lavoro molto diversi dai nostri. A fianco della produzione, c'è il tema della realizzazione e della vendita di capi confezionati che ha spinto il comparto italiano verso la qualità, la qualità alta;

    il bilancio settoriale del 2020 si è chiuso con perdite gravi e ben peggiori rispetto a quelle dell'ultima crisi economica del 2008-2009. Gli effetti della crisi pandemica da COVID-19 non hanno risparmiato il comparto, che, anzi, risulta tra le industrie manifatturiere più colpite nel nostro Paese. Le misure di contenimento del contagio adottate sia a livello nazionale sia a livello internazionale hanno influito pesantemente sul settore in termini diretti e indiretti. Gli effetti pandemici sono stati accentuati proprio perché l'industria italiana manifatturiera dei menzionati settori occupa un ruolo di primaria importanza nelle filiere internazionali, partecipando attivamente (e con posizioni di leadership) ai diversi passaggi produttivi e fornendo le catene di approvvigionamento internazionale;

    secondo le stime elaborate dal Centro studi di Confindustria Moda il fatturato annuo del 2020 è stato stimato in calo nell'ordine del –26 per cento. Considerando che nel 2019 il fatturato del comparto aveva raggiunto i 97,9 miliardi di euro, tale variazione si sarebbe tradotta in una perdita di 25,4 miliardi di euro. Sulla base dei dati preconsuntivi, esaminati da Confindustria Moda, il tessile, moda e accessorio chiude il 2021 con un fatturato di 91,7 miliardi di euro, registrando una crescita oltre le attese del settore del 22 per cento rispetto al 2020, ma con un –6,4 per cento ancora da colmare rispetto al 2019, quando le vendite avevano superato i 98 miliardi di euro;

    dai risultati dell'ottava indagine dell'associazione di categoria, relativa all'impatto del Covid-19 sulle imprese del comparto, emerge inoltre che i ricavi nel primo trimestre del 2022 stanno realizzando un trend di crescita del 14 per cento rispetto allo stesso periodo del 2021. Nei primi mesi di del 2021 è diminuito il ricorso delle imprese alla cassa integrazione guadagni e quasi un quarto del campione pensa di incrementare il proprio organico nei 12 mesi (il 62 per cento intende mantenerlo invariato). Tuttavia, per oltre sette aziende su 10 l'aumento dei costi delle materie prime e dell'energia minaccia la ripresa: le nostre imprese si avvicinano ai livelli del 2019 e tornano a creare posti di lavoro nel Paese, ma il balzo dei costi rischia di essere una grave minaccia, specialmente per le aziende più energivore a monte della filiera;

    le previsioni fatte fino a pochi giorni fa indicavano il 2022 all'insegna della ripresa economica, con la fascia di lusso che aveva già raggiunto i livelli pre Covid-19 alla fine del 2021 e i segmenti premium e mass che dovrebbero tagliare il traguardo in corso d'anno: il ritorno alla vita sociale, infatti, dovrebbe spingere le persone ad acquistare capi e accessori per rinnovare il proprio guardaroba. A scoraggiare i clienti, però, potrebbero essere i prezzi in aumento, spinti dall'incremento dei costi delle materie prime, dell'energia e della logistica, aumenti che purtroppo, a causa della crisi internazionale conseguente alla situazione di guerra tra Russia e Ucraina, si verificano in presenza di un quadro di ulteriore destabilizzazione in Europa e in Italia, dopo due anni di pandemia. Con la nuova incognita sull'export e sull'incoming turistico russo e ucraino, soprattutto per i mesi estivi;

    anche l'impatto in termini di occupazione e di perdita di competenze, ai diversi livelli, è stato cruciale proprio per la contrazione delle produzioni. Il settore è fortemente impegnato sul lato della sostenibilità, di prodotto quanto di processo produttivo, con un filo conduttore tra tecnologie abilitanti e sostenibilità ecologica e sociale, per attuare processi di transizione ecologica piena e in linea con le sfide poste dalla Commissione europea. Caratteristica che, a causa delle negatività economiche e sociali dovute alla pandemia, non ha potuto esprimersi a pieno, limitando gli investimenti e l'offerta complessiva del comparto in tal senso;

    la crisi del settore della moda ha colpito gravemente anche il commercio al dettaglio con rilevanti perdite economiche per i negozi di moda: i consumi di prodotti del settore hanno registrato una diminuzione di circa 20 miliardi di euro a seguito delle restrizioni varate per contrastare la pandemia, che hanno imposto anche 140 giorni di chiusura dei negozi di moda in zona rossa;

    secondo alcuni studi di settore, a causa degli effetti del COVID-19 (tra cui crollo dello shopping tourism, minor reddito disponibile per le famiglie e aumento della propensione al risparmio) si rischia la chiusura di 20 mila negozi di moda su 115 mila punti vendita con una ricaduta sull'occupazione che potrebbe interessare oltre 50 mila addetti. Va inoltre ricordato come in tale settore sia determinante la stagionalità del prodotto venduto: i beni variano e si differenziano a seconda del periodo di vendita e se non venduti nella stagione sono suscettibili di notevole deprezzamento;

    la crisi causata dal COVID-19 ha comportato una drammatica flessione delle vendite a causa delle restrizioni alla circolazione, pertanto l'intero comparto tessile e della moda, del calzaturiero e della pelletteria ha accumulato stock di merce stagionale invenduta. E questo potrebbe accadere di nuovo alla luce dei pesanti effetti generati dalla crisi Russo-Ucraina;

    gli effetti negativi sulle rimanenze finali di magazzino sono stati dunque notevoli, a partire dal cambio di stagione che è stato penalizzato dal lockdown, all'assenza dei ricavi, sino ad arrivare all'obsolescenza della merce stagionale. Sarebbe inoltre opportuno, come azione di politica industriale, dare ulteriore seguito a quanto già è stato fatto dal legislatore sia per quanto riguarda il credito di imposta (pari al 30 per cento del valore delle rimanenze finali di magazzino) di cui alla legge 17 luglio 2020, n. 77, sia per l'attività di studio, ideazione e realizzazione delle collezioni da parte delle imprese del settore, attività che con il bonus campionari, attivato nel 2011, è stata definita come un'attività di ricerca industriale e sviluppo pre-competitivo (la funzione di ricerca e sviluppo svolta dalle imprese di abbigliamento si concretizza nell'attività di ricerca e ideazione stilistica dei prodotti e nella realizzazione dei prototipi che ad ogni stagione vede impegnate le risorse creative in tecniche interne alle imprese finali e le risorse esterne, rappresentate dagli stilisti che operano in qualità di consulenti e dalle imprese di subfornitura che collaborano attivamente allo studio e realizzazione dei prototipi): realizzando prodotti legati all'evoluzione della moda, le imprese finali propongono, ad ogni stagione, nuovi modelli. L'attività di ricerca e sviluppo richiede, di conseguenza, notevoli risorse e assume una valenza strategica nel determinare il successo dell'impresa. Attività che andrebbe rafforzata anche attraverso l'utilizzo di programmi di studio e formazione, coordinati a livello nazionale, che favoriscano una migliore partecipazione delle imprese del comparto all'interno di tali programmi, in sinergia con la proposta formativa già sviluppata dagli Its e dai diversi istituti di formazione tecnica superiore e rafforzata, predisponendo gli opportuni strumenti agevolativi per favorire l'acquisizione di tecnologie, macchinari ed equipaggiamenti, provenienti dalle imprese italiane, con caratteristiche di innovazione (tecnologie 4.0 e sostenibilità) presso tali istituti formativi, per garantire un potenziamento e un upgrade della formazione tecnico-pratica, allineando l'insegnamento alle necessità delle imprese del settore manifatturiero del tessile, moda e accessorio,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere strumenti agevolativi per chi investe in tecnologie innovative e ambientalmente sostenibili per il comparto del tessile, della calzatura, della conceria e della pelletteria, al fine di garantire ulteriormente il processo di tracciabilità, trasparenza e transizione ecologica del comparto;

2) ad adottare iniziative per prevedere ulteriori agevolazioni per la sostituzione del parco macchine produttivo, a favore di tecnologie e macchinari capaci di garantire un corretto riciclo delle diverse componenti a fine vita, agevolandone la sostituzione in funzione di una migliore produttività, sicurezza per i lavoratori e miglioramento delle performance ambientali;

3) ad adottare iniziative per istituire appositi programmi di studio e formazione, coordinati a livello nazionale, favorendo una migliore partecipazione delle imprese del comparto all'interno di tali programmi, in sinergia con la proposta formativa già sviluppata dagli Its e dai diversi istituti di formazione tecnica superiore, favorendo, altresì, con strumenti agevolativi, l'acquisizione di tecnologie, macchinari ed equipaggiamenti, con caratteristiche di innovazione (tecnologie 4.0 e sostenibilità) presso tali istituti formativi, garantendo un potenziamento e un upgrade della formazione tecnico-pratica ed allineando l'insegnamento alle necessità delle imprese del settore manifatturiero del tessile, moda e accessorio;

4) ad adottare iniziative per prorogare, per tutto il 2022, il credito di imposta di cui alla legge 17 luglio 2020, n. 77, estendendolo a tutti i soggetti operanti nel settore tessile e della moda, del calzaturiero e della pelletteria;

5) ad adottare iniziative per dare il sostegno finanziario necessario a compensare l'aumento dei costi energetici e delle materie prime sopportati dalla filiera della moda, predisponendo altresì un sistema che consenta di proseguire il prolungamento delle scadenze dei debiti contratti durante la fase di pandemia e garantisca la liquidità necessaria al settore, anche in un arco temporale di medio periodo.