28/10/2019
Chiara Gribaudo
Dori, Fregolent, Pastorino, Davide Aiello, Piera Aiello, Ascari, Barbuto, Bazoli, Carnevali, Cataldi, Conte, Cubeddu, D'Alessandro, D'Orso, Di Giorgi, Di Sarno, Di Stasio, Fiano, Fragomeli, Giuliano, Grimaldi, Lepri, Masi, Orfini, Palmisano, Perantoni, Pezzopane, Raciti, Rizzo Nervo, Rotta, Saitta, Salafia, Sarti, Scutellà, Segneri, Serracchiani, Siragusa, Sut, Tucci, Viscomi
1-00273

 La Camera,

   premesso che:

    il contributo dei professionisti al prodotto interno lordo italiano, secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, è del 12,4 per cento ed è cresciuto dai 188 miliardi di euro del 2011 ai 207 miliardi di euro del 2016;

    in base al Rapporto 2018 sulle libere professioni – curato dall'Osservatorio sulle libere professioni – queste coprono il 26 per cento del mercato del lavoro indipendente, occupando circa 900 mila dipendenti;

    l'Italia, anche per il 2017, si è attestata quale Paese europeo con il maggior numero di liberi professionisti: con oltre 1,4 milioni di unità, nel nostro Paese, si concentra, infatti, il 19 per cento dei professionisti censiti nei 28 Paesi dell'Unione europea;

    l'elevata specializzazione è uno degli elementi che maggiormente caratterizzano la libera professione, che abbraccia una realtà estremamente articolata: dalle discipline artistiche alla consulenza aziendale, dalle scienze umane alle professioni tecniche, dai servizi alla persona alle funzioni di supporto amministrativo; i professionisti italiani rappresentano l'architrave del mercato dei servizi che si rivolge ai cittadini privati come alle imprese, al settore primario come alla pubblica amministrazione;

    i professionisti dell'area legale, medica e amministrativa rappresentano lo «zoccolo duro» della libera professione in Italia, costituendo quasi un terzo dell'universo professionale. Il numero degli avvocati sfiora le 200 mila unità, i medici sono circa 139 mila, mentre i consulenti aziendali si attestano a 119 mila unità. Seguono architetti (95 mila), ingegneri (73 mila) e psicologi (55 mila). Agronomi e notai chiudono la classifica, rispettivamente, con 6 mila e 4 mila professionisti;

    se il fatturato complessivo dei liberi professionisti è cresciuto negli ultimi sei anni, anche i redditi medi delle professioni ordinistiche confermano una dinamica positiva, fortunatamente;

    secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, il volume di affari dei professionisti è passato dai 188 miliardi di euro del 2011 ai 207 miliardi di euro del 2016, segnando una leggera contrazione tra il 2015 e il 2016 che ha limato al 12,4 per cento (da 12,8 per cento) il contributo dei professionisti al prodotto interno lordo. Altro criterio è quello utilizzato dal Sose (riferito ai soggetti interessati dagli studi di settore) che al 2016 fissa il reddito medio dei professionisti sui 52 mila euro, in crescita del 12 per cento rispetto al 2015;

    tuttavia, il campo è connotato da alcune criticità: tra i rischi cui è esposta l'attività professionale nella percezione degli interessati si individuano, in particolare, quelli connessi al contesto politico normativo e al framework regolativo entro il quale agiscono le imprese, quelli connessi a fattori di mercato, con specifico riguardo alla concorrenza, da un lato, e alla domanda di servizi, dall'altro; come anche quelli connessi all'evoluzione tecnologica, fattore che in misura crescente interviene sul mercato, creando nuove opportunità e finanche nuove professioni, ma anche con effetti di spiazzamento;

    l'VIII Rapporto sulla previdenza privata elaborato dal Centro studi dell'Adepp (Associazione degli enti di previdenza privati) analizza i redditi dei professionisti iscritti alle casse di previdenza, tenendo conto delle dichiarazioni presentate nel corso degli anni; in esso emergono differenze notevoli sul piano reddituale in ragione del dato geografico; il report mostra in particolare disparità per i redditi nel Sud Italia; si evidenzia che qui il reddito dichiarato dai liberi professionisti è mediamente del 38 per cento inferiore al reddito dichiarato dai professionisti di altre parti del Paese, con punte estreme come quella dei professionisti della Calabria, che dichiarano un reddito del 60 per cento inferiore a quello dichiarato dei colleghi del Trentino-Alto Adige;

    la tassazione – avvertita come troppo elevata – rappresenta la principale minaccia cui, poi, è esposta l'attività professionale; sono stati cancellati nella XVII legislatura gli aumenti dell'aliquota previdenziale della «riforma Fornero», prevista sopra il 33 per cento per il 2018, tenuta ferma al 27 per cento per due anni e finalmente resa stabile al 25 per cento con la legge di bilancio per il 2017;

    è fondamentale potenziare il sostegno ai liberi professionisti, non solo quanto alla tassazione, ma anche offrendo servizi dedicati alla consulenza e orientamento su fisco e welfare, nonché tutele concrete nei contratti commerciali e nei casi di ritardati pagamenti;

    la giustizia europea ha recentemente riconosciuto il diritto dei lavoratori autonomi ad essere titolari di un assegno di disoccupazione, al pari dei lavoratori dipendenti;

    la legge 22 maggio 2017, n. 81, modifica la disciplina del congedo parentale per le lavoratrici e i lavoratori autonomi iscritti in via esclusiva alla gestione separata. Nello specifico, si prolunga il congedo parentale da 3 a 6 mesi, fruibile non più entro il primo, ma entro il terzo anno di vita del bambino, e si estende la possibilità di riceverlo in base ai contributi versati; si consente alle lavoratrici iscritte in via esclusiva alla gestione separata di fruire del trattamento di maternità a prescindere dall'effettiva astensione dall'attività lavorativa, quindi in maniera flessibile; si introducono ulteriori tutele per i lavoratori autonomi in caso di maternità, malattia o infortunio; si equiparano alla degenza ospedaliera i periodi di malattia certificata (come conseguente a trattamenti terapeutici di malattie oncologiche) e i periodi di gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti o che comunque comportino un'inabilità lavorativa temporanea del 100 per cento; in materia di formazione permanente, vengono stimolate e rese interamente deducibili a fini Irpef dal reddito da lavoro autonomo, nel limite di 10.000 euro all'anno, le spese sostenute per l'iscrizione a master e a corsi di formazione o di aggiornamento professionale, nonché le spese di iscrizione a convegni e congressi, comprese quelle di viaggio e soggiorno; si prevede l'integrale deducibilità (senza indicazione di limiti) degli oneri sostenuti per la garanzia contro il mancato pagamento delle prestazioni di lavoro autonomo fornita da forme assicurative o di solidarietà; si istituisce, nei centri per l'impiego e presso le agenzie per il lavoro, uno sportello dedicato al lavoro autonomo; viene favorita la partecipazione dei lavoratori autonomi agli appalti pubblici per la prestazione di servizi e ai bandi per l'assegnazione di incarichi; si consente ai soggetti che svolgono attività professionale di costituire reti, di partecipare a reti di imprese, sotto forma di reti miste, con accesso alle relative provvidenze, e di costituire consorzi stabili professionali; si istituisce, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo, al fine di coordinare e di monitorare gli interventi in materia di lavoro autonomo;

    è dunque necessaria la piena attuazione delle deleghe previste dalla legge suddetta, nonché la possibilità per le casse professionali di garantire prestazioni di welfare per i propri iscritti, che includano la possibilità di un sostegno al reddito, nei casi di calo del fatturato indipendente dalla volontà del professionista;

    non ultimo, andrebbe incentivata la presenza femminile negli ordini professionali, un mondo che continua a vedere fra le proprie fila ancora molti più uomini rispetto alle donne;

    con specifico riguardo all'avvocatura, un grande limite è rappresentato dall'incompatibilità tra la subordinazione – o parasubordinazione – e la professione, una realtà amara che riguarda moltissimi professionisti i quali hanno un trattamento lavorativo equivalente o spesso peggiore di quello riservato ad un normale impiegato, ma hanno gli stessi oneri fiscali e previdenziali del loro datore di lavoro («dominus»); ben si potrebbe pensare ad eliminare tale incompatibilità nel caso di svolgimento di attività dipendente o parasubordinata in via esclusiva presso lo studio legale, un'associazione professionale, ovvero una società tra avvocati o multidisciplinare, purché la natura dell'attività svolta dall'avvocato riguardi esclusivamente quella riconducibile all'attività propria della professione forense;

    nel campo, tuttavia, non possono non essere segnalati due interventi legislativi di massima importanza per il settore delle libere professioni: le norme in materia di equo compenso dei liberi professionisti, introdotte nell'ultimo scorcio della XVII legislatura, e l'abolizione del meccanismo dello split payment Iva per i liberi professionisti, disposta dal cosiddetto «decreto dignità» del Governo Conte I;

    in relazione all'equo compenso, in fase di conversione del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, sono state introdotte con l'articolo 19-quaterdecies disposizioni per il rispetto di parametri di equo compenso definiti attraverso decreti ministeriali per la regolazione dei rapporti fra i professionisti, anche iscritti ad ordini e collegi, e tutte le pubbliche amministrazioni, le banche e le assicurazioni, le medie e le grandi imprese;

    si sono così ampliate le tutele per i professionisti: nella disciplina originaria; al fine della determinazione del compenso per la prestazione bisognava «tenere conto» dei parametri ministeriali, mentre, a seguito della novella, nelle convenzioni preordinate unilateralmente dai clienti cosiddetti «forti» (banche, assicurazioni ed altri), il compenso deve risultare «conforme» a detti parametri;

    la sanzione della nullità colpisce ogni patto che stabilisca un compenso «non equo» per i liberi professionisti e le stesse norme definiscono «equo» il corrispettivo determinato nelle pattuizioni coi clienti, intendendo per tali le categorie delimitate dalle norme stesse ed escludendo pertanto ogni rapporto coi clienti – persone fisiche e consumatori – quando risulti proporzionato alla quantità e alla qualità dell'opera svolta ed al contenuto e alle caratteristiche della prestazione, nonché conforme ai parametri previsti con decreto ministeriale, ma limitatamente alla professione forense;

    il 2 luglio 2019 il Ministro della giustizia Alfonso Bonafede ha firmato il protocollo d'intesa insieme al presidente del Consiglio nazionale forense per l'istituzione del nucleo centrale di monitoraggio della disciplina dell'equo compenso per la professione forense. Grazie all'accordo, viene istituito, presso il Ministero della giustizia, il nucleo centrale di monitoraggio della corretta applicazione della disciplina in materia di «equo compenso». Il monitoraggio avverrà grazie a una rete che opererà a livello locale, con la partecipazione dei nuclei locali disposti dai consigli dell'ordine degli avvocati;

    peraltro, la progressiva crescita del terziario di mercato e della domanda di servizi professionali ad alto contenuto cognitivo, sempre più espressione di professionalità e di autonomia, porta a parlare, nel pieno della quarta rivoluzione industriale, di professionisti 4.0.;

    il tema del lavoro autonomo, oggi, è cruciale. La quarta rivoluzione industriale sta progressivamente segnando la crisi del modello produttivo incentrato sulla contrapposizione tra lavoro dipendente (nelle fabbriche per un unico committente) e lavoro autonomo professionale (nel mercato e per una pluralità di committenti);

    la realtà è che tutto il lavoro sta cambiando e ci si trova dinnanzi all'urgenza di dare risposte a professionisti e imprese che puntano su valore e competenze, a prescindere dallo specifico rapporto giuridico instaurato;

    sono molteplici le sfaccettature del mondo in cui il professionista si esprime: è indubbio, infatti, che il lavoro autonomo costituisce un universo variegato, il che rende non agevole una definizione univoca di un paradigma condiviso;

    la figura del professionista degli anni a venire dovrà essere costruita sulla base di un approccio integrato;

    un ruolo fondamentale a questo proposito può e deve essere svolto dalle associazioni di rappresentanza, quali soggetti deputati a veicolare le istanze del professionista 4.0, un professionista consapevole del proprio valore, che accetta la concorrenza ed agisce nel mercato;

    le priorità dei liberi professionisti italiani si concentrano sulla necessità di attuare politiche convergenti in materia di sicurezza, di crescita economica, di armonizzazione fiscale e di tutela della salute e del territorio. Si tratta di temi ampi e complessi che si declinano in misure di sostegno alla crescita e all'occupazione, con una maggior apertura del mondo del lavoro verso i giovani e le donne, con il potenziamento delle politiche di welfare e di assistenza sanitaria, ma anche attraverso la regolamentazione di nuovi mercati e delle tecnologie digitali, al fine di evitare effetti di dumping anche nel mercato dei servizi professionali e, al contempo, per favorire una maggiore mobilità transfrontaliera;

    il libero professionista 4.0 deve, quindi, poter usufruire di strumenti e risorse che gli permettano di svolgere in maniera corretta e produttiva l'attività in un ambiente normativo di sana competitività, che garantisca i diritti e gli interessi di cittadini e imprese. Peraltro, la Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva, con l'ambizione di creare la più grande economia basata sulla conoscenza, riconosce ai servizi professionali una funzione di propulsione e potenziale occupabilità. E se oggi le libere professioni contribuiscono per circa il 13 per cento del prodotto interno lordo italiano e per il 10 per cento di quello europeo, una mirata politica di sviluppo, anche a livello nazionale, dei servizi professionali potrebbe senza dubbio far crescere ulteriormente un soggetto economico determinante per la competitività del sistema produttivo, ma anche per le tutele e le garanzie sociali di tutti i cittadini;

    l'equivalenza tra l'attività di un libero professionista e le piccole e medie imprese è ormai un concetto consolidato anche nell'ordinamento legislativo e giurisprudenziale, dopo che l'Unione europea ne ha sancito il concetto di pari dignità all'iniziativa economica: un riconoscimento che ha consentito ai professionisti di accedere alle opportunità di finanziamento e di aiuti riconosciuti in origine esclusivamente alle attività di impresa e, al contempo, di ottenere le stesse opportunità in termini di partecipazione a bandi e gare pubbliche;

    il continuo cambiamento del mondo delle professioni richiede una rivisitazione del loro inquadramento amministrativo, che deve esplicarsi attraverso una nuova serie di codici Ateco;

    è realtà per i liberi professionisti l'accesso ai fondi europei, ma anche al Fondo centrale di garanzia per le piccole e medie imprese, alla «Nuova Sabatini beni strumentali», nonché ai voucher camerali Impresa 4.0;

    nella legge di bilancio per il 2019 è stata, altresì, estesa ai liberi professionisti under 46 la misura «Resto al Sud»; inoltre, il regime forfettario con imposta sostitutiva unica al 15 per cento, introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 per i contribuenti che hanno conseguito nell'anno precedente ricavi, ovvero percepito compensi, fino a un massimo di 50.000 euro, è stato esteso fino ai 65.000 euro, semplificandone le condizioni di accesso;

    in un futuro non molto lontano saranno le tecnologie digitali a definire le competenze di un professionista, il quale dovrà orientare il suo lavoro su percorsi innovativi;

    appare necessario, altresì, un intervento sulle cosiddette «catene» dell'odontoiatria low cost, a garanzia dei cittadini e della salute pubblica, marginalizzando le multinazionali dell'odontoiatria che sviliscono e asserviscono gli odontoiatri sotto ricatto occupazionale da parte della multinazionale e contenendo cure non necessarie;

    attualmente è prevista una detrazione Irpef del 19 per cento delle spese veterinarie sostenute nell'anno, fino ad un importo massimo di 387,34 euro, per la parte che eccede la franchigia di 129,11 euro. Il limite di detraibilità è unico per tutte le spese veterinarie sostenute, indipendentemente dal numero di animali posseduti. La possibilità di portare in detrazione tali spese è limitata alle sole spese veterinarie sostenute per la cura di animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva;

    a differenza di molti altri Paesi europei, ove è prevista un'Iva agevolata, in Italia l'Iva sulle prestazioni veterinarie per gli animali non detenuti a scopo di lucro è al 22 per cento, la stessa aliquota Iva applicata ai beni di lusso; una sua rimodulazione, oltre a migliorare la cura e il benessere degli animali, senz'altro avrebbe ricadute positive sulla fiscalità generale;

    non appare più procrastinabile l'individuazione di misure di prevenzione e contrasto per gli atti di violenza a danno degli esercenti le professioni sanitarie, che ormai con frequenza costante mettono a serio pregiudizio l'incolumità fisica e professionale della menzionata categoria; il verificarsi di atti di violenza in ambito sanitario è un fenomeno ben noto, seppure manchino statistiche certe sulla sua diffusione; gli esercenti le professioni sanitarie nel corso della loro attività lavorativa possono subire atti di violenza, con una frequenza più elevata rispetto ad altri settori lavorativi;

    la sostenibilità dei costi e le risorse disponibili impongono l'assunzione di un modello sanitario e socio-sanitario che permetta la gestione territoriale del paziente e i sistemi sanitari devono, dunque, essere in grado di dare una risposta adeguata e prolungata nel tempo, trasferendo i trattamenti di prevenzione, cura e assistenza dall'ospedale a casa dell'assistito;

    si è ancora lontani dalla realizzazione di un effettivo mercato europeo delle professioni. Il processo di armonizzazione avviato dall'Unione europea con la direttiva 2005/36/CE (che permette il riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite in uno Stato dell'Unione europea ai fini di esercitare la professione corrispondente in un altro Stato dell'Unione europea) incontra ancora oggi parecchi ostacoli a livello dei Paesi membri e, in alcuni casi, delle stesse categorie professionali che troppo spesso si trovano di fronte al muro della burocrazia;

    nell'ambito delle iniziative volte a completare e rafforzare il mercato interno, la direttiva 2013/55/CE, di modifica della direttiva 2005/36/CE, ha introdotto numerose modifiche alla disciplina sul riconoscimento delle qualifiche professionali nell'Unione europea. Essa discende dalla necessità – emersa da valutazioni effettuate dalla Commissione europea sullo stato di attuazione della direttiva 2005/36/CE – di rimuovere i suddetti ostacoli ancora purtroppo esistenti in materia di riconoscimento delle qualifiche professionali, quali la complessità delle prassi e le irregolarità amministrative, i ritardi nelle procedure di riconoscimento e le resistenze corporative a livello nazionale,

impegna il Governo:

1) a favorire un totale riequilibrio di genere nel comparto delle libere professioni, in modo tale che la nuova generazione di professioniste si diriga anche verso quelle professioni che restano ancora stretto «appannaggio» maschile;

2) ad adottare le opportune iniziative finalizzate all'estensione anche ai liberi professionisti delle tutele di welfare previste per i lavoratori dipendenti;

3) ad assumere iniziative per consentire, in un quadro di compatibilità finanziaria, alle casse professionali la possibilità di erogare forme di welfare ai propri iscritti anche attraverso l'eliminazione della doppia imposizione sui rendimenti degli investimenti delle casse e una progressiva riduzione delle aliquote;

4) a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a prevedere, con particolare attenzione per i liberi professionisti del Sud, ulteriori misure di sostegno alle loro attività autonome con riguardo alla formazione e all'aggiornamento professionale, ai modelli fiscali, di welfare e previdenziali;

5) ad assumere iniziative per prevedere, per ogni nuova misura di welfare, e in particolare per quanto concerne il riordino e l'unificazione degli strumenti esistenti per la valorizzazione e il sostegno delle responsabilità familiari e genitoriali, che la loro validità sia prevista anche per i titolari di partita Iva e non solo per i lavoratori dipendenti;

6) ad assumere iniziative per potenziare il sostegno ai liberi professionisti in difficoltà, offrire loro servizi dedicati alla consulenza e all'orientamento su fisco e welfare, nonché per tutelare gli stessi nei contratti commerciali e nei ritardati pagamenti e, in riferimento specifico all'avvocatura, per prevedere deroghe quanto all'incompatibilità tra la subordinazione – o parasubordinazione – e la professione;

7) a promuovere la corretta applicazione della normativa sull'equo compenso, con il coinvolgimento di tutti gli ordini professionali;

8) ad assumere ogni iniziativa utile per istituire quanto prima un comitato permanente all'interno del tavolo tecnico già previsto dall'articolo 17 della legge n. 81 del 2017, favorendo la più ampia partecipazione di tutte le associazioni ed organizzazioni di lavoratori autonomi e dei professionisti e le altre forme aggregative iscritte nell'elenco del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi della legge n. 4 del 2013;

9) nelle more dell'emanazione dei decreti ministeriali contenenti i parametri dell'equo compenso, a convocare, in ogni caso, il tavolo tecnico di confronto permanente sul lavoro autonomo di cui all'articolo 17 della legge 22 maggio 2017, n. 81, in particolare per la definizione dei parametri per i professionisti non iscritti ad ordini o non inclusi nelle tabelle di cui ai decreti ministeriali di cui all'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1;

10) ad assumere ogni iniziativa di tipo normativo finalizzata a favorire la formazione tra i professionisti, quale strumento efficace di autoimprenditorialità e di occupabilità, anche tramite misure di agevolazione fiscale e tributaria;

11) ad adottare ogni iniziativa, anche di tipo normativo, volta a semplificare il regime tributario e fiscale dei professionisti, ivi incluso il sistema degli indici sintetici di affidabilità, anche valutando la possibilità di una progressiva eliminazione dell'obbligo di trasmissione delle liquidazioni trimestrali dell'Iva;

12) ad assumere iniziative normative finalizzate a rendere effettiva e compiuta la competitività dei liberi professionisti sul mercato;

13) a rivedere la struttura dei codici Ateco, consentendo un miglior inquadramento delle professioni nate e sviluppatesi nella rivoluzione tecnologica;

14) a sostenere, anche sotto il profilo normativo, la digitalizzazione delle libere professioni;

15) a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a introdurre misure che consentano l'esercizio dell'attività odontoiatrica a soggetti abilitati ovvero a società che assumano la connotazione di società tra professionisti, vincolando l'incarico di direttore sanitario responsabile per i servizi odontoiatrici ai professionisti iscritti all'albo degli odontoiatri dell'ordine territoriale ove ha sede operativa la struttura nella quale esercita;

16) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per riordinare il sistema delle detrazioni fiscali per le spese veterinarie, aumentando la cifra massima detraibile e tenendo conto del numero di animali posseduti, e per rimodulare l'Iva sulle prestazioni veterinarie;

17) a valutare l'opportunità di assumere iniziative per estendere istituti giuridici rafforzati, anche di natura penale, atti a contrastare gli atti di violenza in ambito sanitario, che ormai con frequenza costante mettono a serio rischio l'incolumità fisica e professionale degli esercenti le professioni sanitarie;

18) a considerare l'opportunità di disciplinare la figura dell'infermiere di famiglia o di comunità, anche al fine di contenere il ricorso improprio al pronto soccorso e l'eccesso di ospedalizzazioni qualora non necessarie, valorizzando il ruolo della professione infermieristica in riferimento alla necessità di una riorganizzazione del sistema sanitario centrato sul territorio, anche nell'ambito di un riordino e di una collaborazione con l'attività del medico di medicina generale, in un'ottica di studio multiprofessionale integrato;

19) più in generale, a sostenere la realizzazione di un effettivo mercato europeo delle professioni, in linea con quanto previsto dalla direttiva 2013/55/UE del Parlamento europeo, recante modifica della direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali e del regolamento UE n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno («regolamento IMI»).

Seduta del 29 ottobre 2019