La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni, i Governi a guida del Partito Democratico hanno perseguito politiche di sviluppo improntate, congiuntamente, alla crescita e all'inclusione sociale, secondo un approccio sistemico e non meramente emergenziale, che ha segnato un cambiamento di paradigma nelle politiche sociali di contrasto alla povertà;
in particolare, con l'approvazione della legge 15 marzo 2017, n. 33 (legge delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali) e della sua disciplina attuativa (decreto legislativo 15 settembre 2017, n. 147, recante disposizioni per l'introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà), l'Italia si è dotata strutturalmente – per la prima volta nella sua storia – di una misura unica nazionale di contrasto alla povertà, intesa come impossibilità di disporre dell'insieme dei beni e dei servizi necessari a condurre un livello di vita dignitoso;
la nuova misura unica di contrasto alla povertà è il reddito di inclusione (ReI), individuato dalla nuova disciplina come livello essenziale delle prestazioni da garantire uniformemente su tutto il territorio nazionale: una misura che non è solo uno strumento di sostegno al reddito, ma un progetto per l'autonomia, dato che il nucleo familiare, affiancato dai servizi territoriali, è tenuto a condividere un percorso finalizzato all'inclusione sociale e lavorativa, che prevede non solo l'attivazione di specifici sostegni, sulla base dei bisogni manifestati complessivamente dalla famiglia, ma anche l'impegno a svolgere specifiche attività, alle quali è condizionata l'erogazione del beneficio;
il reddito di inclusione si articola in due componenti: un beneficio economico erogato mensilmente come da indirizzi europei e una componente di servizi alla persona, attivata sulla base di un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà;
i servizi sociali territoriali sono componente fondamentale della lotta alla povertà, in quanto portatori di competenza e conoscenza sulla tematica, di buone pratiche e servizi innovativi, ma storicamente scontavano gravi carenze in termini di numero di risorse umane ed economiche e la gradualità dell'estensione del ReI è derivata dalla necessità del loro rafforzamento, tramite l'utilizzo dei fondi del PON inclusione, dei Fondi sociali europei e una percentuale del Fondo nazionale per il contrasto alla povertà;
pienamente operativo dal 1° gennaio 2018, dopo appena tre mesi, il reddito di inclusione aveva già raggiunto oltre 110 mila famiglie (317 mila persone), cui si devono aggiungere le 119 mila famiglie ancora coperte dal Sia (la misura vigente fino al 2017, destinata ad essere progressivamente sostituita dal ReI): in totale – secondo i dati dell'Osservatorio statistico sul ReI (Inps e Ministero del lavoro e delle politiche sociali) pubblicati il 29 marzo 2018 – nel primo trimestre 2018 sono risultati coperti dalla misura unica nazionale contro la povertà oltre 230 mila nuclei familiari e circa 870 mila persone;
dal 1° luglio 2018, grazie alle risorse stanziate nella scorsa legislatura, il ReI diventerà una misura pienamente universale, raggiungendo la sua vocazione originaria e superando ogni limitazione categoriale del beneficio: in virtù di questo allargamento già previsto della platea, entro la fine del 2018, i nuclei familiari beneficiari del ReI arriveranno fino a 700 mila, corrispondenti a quasi 2,5 milioni di persone;
sul tema del contrasto alla povertà, il contratto (rectius programma) di governo dedica molto spazio al cosiddetto Reddito di cittadinanza, ovvero un sostegno al reddito per i cittadini italiani che versano in condizione di bisogno, per un ammontare fissato in 780 euro mensili per persona, attraverso meccanismi e coperture poche chiare tanto che in una prima bozza del documento programmatico se ne stimavano gli oneri in 17 miliardi di euro, importo poi scomparso nel testo definitivo. Tuttavia, secondo diversi osservatori ed esperti i costi ammonterebbero a circa 30 miliardi di euro;
per di più, l'ipotesi che tale istituto possa essere riservato esclusivamente ai «cittadini italiani», si scontrerebbe con l'obbligo di rispettare la normativa europea che obbliga alla parità di trattamento nella fruizione delle prestazioni sociali anche per i cittadini comunitari e quelli extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno di lunga durata;
il reddito di cittadinanza proposto prevede il solo obbligo di iscrizione ai centri per l'impiego – strutture per le quali si propone una significativa e propedeutica implementazione finanziaria ed organizzativa, spostando temporalmente in avanti la reale praticabilità del nuovo strumento di contrasto della povertà facendo così derivare la condizione di povertà esclusivamente dalla situazione lavorativa, a differenza di quanto invece prevede il reddito di inclusione, il quale appropriatamente considera come fattori determinanti anche la condizione di disagio sociale e la povertà educativa;
la forte aspettativa che si è diffusa, soprattutto in alcune aree del Paese, vista l'entità della misura economica proposta, potrebbe tradursi in una altrettanto forte frustrazione, stante i tanti profili problematici, soprattutto per quanto concerne la sua praticabilità finanziaria;
sembrerebbe molto più proficuo indirizzare le risorse per aumentare la platea e il beneficio economico previsto dal reddito di inclusione (ReI), un istituto appena partito, introdotto dal Governo pro tempore a guida PD e costruito con progettazione partecipata insieme alla Alleanza contro la povertà, di cui fanno parte realtà associative, rappresentanze dei comuni e delle regioni, enti di rappresentanza del terzo settore, sindacati;
in coerenza con tale impostazione e con le citate novità normative intervenute a decorrere dal 10 luglio, è stata depositata un'apposita proposta di legge finalizzata a:
a) incrementare l'ammontare del beneficio economico, prevedendo una serie di interventi il cui combinato disposto porterà l'importo massimo del beneficio per una famiglia di 5 componenti a un ammontare pari a 750 euro;
b) allargare la platea dei beneficiari al fine di portare il numero di famiglie beneficiarie a circa 1 milione e 400 mila, per poi arrivare a raggiungere tutte le famiglie che secondo le stime Istat si trovano in condizioni di povertà nel nostro Paese e rendendo il ReI compiutamente universale non solo nel disegno, ma anche nei suoi effetti generali;
c) favorire l'occupabilità dei beneficiari del ReI prevedendo che i suoi beneficiari possano accedere all'assegno di ricollocazione previsto dal «Jobs Act», anche in deroga alle condizionalità previste in via ordinaria per l'accesso a quell'istituto (permanenza in Naspi e stato di disoccupazione di durata non inferiore a quattro mesi): inoltre, a titolo di riconoscimento della peculiare condizione di svantaggio dei beneficiari del ReI, si dispone che in caso di successo occupazionale, l'importo dell'assegno di ricollocazione per questi soggetti sia riconosciuto in misura raddoppiata, a parità di altre condizioni;
d) innalzare la quota del Fondo povertà destinata al rafforzamento degli interventi e dei servizi sociali in ossequio al carattere peculiare del ReI: una misura che non è solo uno strumento di sostegno al reddito, ma un progetto per l'autonomia, dato che il nucleo familiare, affiancato dai servizi territoriali, è tenuto a condividere un percorso finalizzato all'inclusione sociale e lavorativa, che prevede non solo l'attivazione di specifici sostegni, sulla base dei bisogni manifestati complessivamente dalla famiglia, ma anche l'impegno a svolgere specifiche attività, alle quali è condizionata l'erogazione del beneficio,
impegna il Governo:
1) a dare continuità all'applicazione del reddito di inclusione, potenziandone anziché minandone l'architettura stante la sua immediata praticabilità ed efficacia, nonché la dichiarata volontà di tutte le forze politiche, di contrastare la povertà e l'esclusione sociale;
2) a non disperdere e a non vanificare i risultati richiamati in premessa, sopprimendo una misura che funziona e introducendone un'altra che non è definita nei tempi, nei modi, nei costi, né tantomeno nelle coperture finanziarie;
3) ad assumere le iniziative di competenza per non interrompere ed anzi rafforzare il potenziamento dei servizi sociali territoriali, assicurando stanziamenti adeguati e non sottraendo parte delle risorse ai fondi europei messi a disposizione per tale fine;
4) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per potenziare, anche a tali fini, i centri per l'impiego e la rete nazionale delle politiche attive del lavoro, incrementandone la presenza, l'efficienza e la qualità dei servizi su tutto il territorio nazionale.
Seduta del 16 luglio 2018
Seduta dell'11 settembre 2018