La Camera,
premesso che:
il tumore alla prostata, come riferisce il rapporto della Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) 2024 è la neoplasia più frequentemente diagnosticata tra gli uomini nel nostro Paese;
si stima, infatti, che nel 2024 si siano registrati 40.190 casi. Negli ultimi dieci anni il tumore alla prostata è divenuto una delle neoplasie più frequentemente diagnosticate tra gli uomini nei Paesi occidentali;
questi dati sono dovuti in larga parte alla diffusione dei metodi di diagnosi precoce, piuttosto che dall'aumento di fattori di rischio;
il citato rapporto Aiom, inoltre, rileva che nel 2022 in Italia si siano registrati 8200 decessi per questo tipo di tumore, ma anche che il tasso di sopravvivenza netta a 5 anni sia pari al 91 per cento, con una possibilità di ulteriore sopravvivenza di altri 4 anni dopo la prima diagnosi che sarebbe pari al 94 per cento;
la diagnosi precoce è evidentemente lo strumento più importante per avere esisti positivi per le cure contro il tumore alla prostata;
le nuove tecnologie consentono oggi certamente di cambiare il destino di moltissimi uomini colpiti dalla malattia;
oltre a queste nuove tecnologie, però, sono necessarie tre azioni urgenti: diagnosi precoce, sorveglianza attiva e Prostate cancer unit, in italiano «Unità multidisciplinare del tumore della prostata», è il più efficace modello di cura e assistenza del paziente con neoplasia prostatica, basato sull'integrazione ed armonizzazione dell'operato di diverse figure professionali, specializzate in questa patologia, che accompagnano il paziente in tutto il percorso, dalla diagnosi al follow-up, secondo protocolli e linee guida internazionali;
come detto, la diagnosi precoce migliora significativamente gli esiti del tumore alla prostata. Nel novembre 2024 la Lombardia ha lanciato il primo programma regionale di screening per il tumore alla prostata basato sul test Psa, rivolto inizialmente agli uomini di oltre 50 anni, con un'estensione progressiva sino al 69° anno di età;
l'iniziativa si allinea alle raccomandazioni dell'Unione europea ed è certamente un passo importante, ma le disparità regionali che permangono e che tendono ad accentuarsi, evidenziano la necessità di uno screening a livello nazionale che garantisca l'accesso equo alle diagnosi precoci per tutti gli uomini, a prescindere dalla collocazione geografica o sociale delle persone;
infatti, al momento le diseguaglianze geografiche e sociali aggravano il problema della diagnosi spesso tardiva che ha gravi conseguenze sulle possibilità di sopravvivenza della persona colpita dalla neoplasia, oltre che sulla qualità della vita e sulla possibilità di mantenere ruoli personali e professionali;
secondo dati Istat le regioni del Nord dispongono di infrastrutture avanzate e diffuse, e di una maggiore concentrazione di specialisti e di centri diagnostici. Al contrario le regioni dei Sud come la Calabria e la Sicilia affrontano gravissime carenze. Solo per citare un esempio, in Calabria si hanno 0,8 urologi ogni 100 mila abitanti, rispetto ai 2,1 della Lombardia;
inoltre, esistono, come sopra accennato, differenze inaccettabili dal punto di vista economico e sociale. Le persone con redditi più elevati, infatti, sono più propense a sottoporsi a screening regolari, mentre coloro che hanno difficoltà economiche sono costretti a rinunciare, come rileva uno studio della Fondazione Gimbe che evidenzia che il 30 per cento degli uomini con status socio-economico più bassi ritardano o rinunciano agli screening e alle richieste di cure mediche;
esistono, inoltre, ancora oggi barriere culturali e mancanza di consapevolezza che ostacolano le diagnosi precoci. Si evita di farsi visitare per paura e per stigma sociale, in particolare per quel che riguarda gli effetti collaterali del trattamento. È, dunque, necessario rafforzare la campagna di informazione sul tumore alla prostata, incoraggiando gli uomini a prendersi cura della propria salute;
è anche importante la formazione sia per la prevenzione ma anche quando la malattia si sia manifestata, coinvolgendo in questo caso anche quello che viene definito «paziente esperto», e che può fornire informazioni essenziali divenendo parte integrante del percorso di cura,
impegna il Governo:
1) a garantire per quanto di competenza un accesso equo ai programmi di screening, alle tecnologie terapeutiche innovative e a contesti di cura adeguati e di supporto;
2) ad adottare iniziative di competenza volte a ridurre le disparità geografiche e le barriere economiche e sociali esistenti, sfruttando anche le reti sanitarie esistenti per favorire la creazione di unità mobili di screening nelle aree meno servite;
3) ad assumere iniziative volte all'inserimento dello screening per il tumore alla prostata tra quelli inclusi nei livelli essenziali di assistenza, come previsto anche dal cancer plan europeo;
4) a rafforzare la consapevolezza e l'educazione delle persone nell'ottica della prevenzione, con campagne di informazione che consentano di superare paure e incertezze, nell'ottica dell'articolo 32 della Costituzione che prevede la tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività;
5) ad assumere iniziative di competenza volte a promuovere campagne di informazione specificatamente dedicate ai pazienti, in collaborazione con le regioni per migliorare la cultura sanitaria e favorire decisioni informate;
6) a favorire l'utilizzazione delle nuove tecnologie, della telemedicina e degli strumenti di salute digitale per migliorare l'accesso alle cure, in particolare nelle aree più svantaggiate, come quelle interne e montane.