La Camera,
premesso che:
la crisi economica e sociale e lo shock energetico conseguenti alla Guerra in Ucraina stanno impattando in maniera territorialmente asimmetrica sui bilanci delle famiglie a svantaggio delle regioni del Mezzogiorno, dove più diffusa è la presenza di nuclei familiari a basso reddito maggiormente gravate dai rincari di spesa incomprimibile per energia e beni alimentari;
il rischio di nuova povertà determinata dall'impatto dell'inflazione potrebbe interessare, secondo le stime della Svimez, 760.000 individui, di cui 500.000 nelle regioni del Mezzogiorno;
lo shock energetico sta esponendo a seri rischi di continuità operativa una parte rilevante delle imprese industriali del Sud, con conseguenti ricadute occupazionali, a causa di una struttura produttiva locale più frammentata di piccole imprese, gravata da minore efficienza energetica e da maggiori costi di trasporto derivanti dai deficit infrastrutturali;
nel 2023 il Pil del Mezzogiorno sulla base delle previsioni del Rapporto Svimez 2022 si potrebbe contrarre fino a -0,4 per cento, mentre il dato medio italiano dovrebbe attestarsi intorno a +0,5 per cento, riaprendo così, dopo la partecipazione del Sud alla ripresa del 2021, il divario fra il Nord e il Sud del Paese;
emerge, dal citato rapporto, una preoccupazione per il «divario di cittadinanza», per il mancato miglioramento del livello dei servizi pubblici essenziali concernenti i diritti civili e sociali, e in particolare quelli sanitari e socio-educativi nelle periferie e nelle aree interne, caratterizzati dall'estrema frammentarietà dell'offerta e da profondi divari territoriali nella dotazione di strutture e nella spesa pubblica corrente;
si aggrava la dinamica demografica nelle regioni meridionali, per il combinato di bassa fecondità e nuova emigrazione, non compensata dai flussi migratori dall'esterno: secondo le previsioni sulla base dei dati Istat, la popolazione italiana dovrebbe diminuire di quasi tre milioni di abitanti di cui due al Sud;
il territorio delle regioni meridionali risulta più esposto alle conseguenze della crisi climatica, con un maggiore rischio di dissesto idrogeologico;
il disegno di legge di bilancio 2023 non prevede nessuna misura di sostegno al lavoro e di accompagnamento agli investimenti produttivi nelle regioni del Mezzogiorno, di fatto smantellando un sistema di politica industriale territoriale avviato con il Piano Sud 2030 – Sviluppo e Coesione per l'Italia presentato il 14 febbraio 2020 e parzialmente attuato dalle leggi di bilancio per il 2020 e per il 2021;
il definanziamento del reddito di cittadinanza previsto dal Governo, attraverso il restringimento della platea dei beneficiari, in una fase di persistente crisi economica, rischia di aggravare ulteriormente la coesione sociale in particolare nelle regioni meridionali;
il quadro temporaneo degli aiuti di Stato è stato esteso a tutto il 2023, ampliando gli spazi dell'azione pubblica a sostegno di famiglie, lavoratori e imprese;
a diversi anni dalla sua prima introduzione, la clausola del 34 per cento della spesa ordinaria in conto capitale delle amministrazioni centrali da destinare alle regioni meridionali, poi estesa a Rfi e Anas, rafforzata con la legge di bilancio per il 2020, non ha ancora trovato piena attuazione;
dalle due relazioni di monitoraggio sul rispetto della «quota Sud» del 40 per cento delle risorse con destinazione territoriale del Pnrr e del Fondo complementare, presentate dal Dipartimento per le politiche di coesione, risulta che i due ambiti maggiormente interessati dai rischi di tenuta della quota sono gli investimenti che vedono come responsabili degli interventi gli enti territoriali e gli strumenti orizzontali di incentivo alle imprese;
esaurita la fase ascendente del Pnrr, relativa alle procedure di allocazione delle risorse da parte delle amministrazioni centrali, entra nel vivo la fase attuativa a carico degli enti locali senza che ne siano stati rafforzati adeguatamente gli organici, e in assenza di adeguate misure di accompagnamento alla fase di progettazione esecutiva;
i dati di proiezione basati sull'assorbimento storico dei crediti di imposta «Transizione 4.0» finanziati dal Pnrr e dal Fondo complementare mostrano che le imprese del Mezzogiorno beneficeranno solo del 20 per cento delle risorse;
a seguito della ricognizione dei fabbisogni di investimento completata dal Ministero per la mobilità e le infrastrutture sostenibili, della quale si dà conto nel Def 2022, non sono ancora state individuate le priorità degli interventi che dovrebbero guidare l'allocazione territoriale dei 4,6 miliardi del fondo di perequazione infrastrutturale finanziato dalla legge di bilancio 2021;
l'attuazione del Pnrr incrocia la coda attuativa del ciclo di programmazione della coesione nazionale e europea 2014-2020 e l'avvio del nuovo ciclo 2021-2027 per il quale si registrano notevoli ritardi per la definizione dei programmi di spesa;
la proposta di autonomia differenziata avanzata dal Governo, secondo le bozze diffuse nel confronto con i Presidenti delle regioni, divide il Paese aggravando i divari territoriali e introducendo surrettiziamente i «residui fiscali», con un'ulteriore penalizzazione delle regioni meridionali nell'allocazione delle risorse pubbliche,
impegna il Governo:
1) ad assumere iniziative per rafforzare le misure contro il «caro energia» per famiglie, lavoratori e imprese, salvaguardando le finalità di promozione dello sviluppo dei fondi della coesione nazionale ed europea non spesi del ciclo 2014-2020, nel rigoroso rispetto dei vincoli di destinazione territoriale;
2) ad assumere iniziative per rilanciare il negoziato in sede europea per l'estensione della fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, la cosiddetta «decontribuzione Sud», informando costantemente il Parlamento degli sviluppi della trattativa;
3) a rilanciare le misure di politica industriale regionale sistematizzate nel 2020 e nel 2021, in particolare adottando iniziative per prorogare il credito di imposta a favore delle imprese che acquistano nuovi beni strumentali destinati a strutture produttive localizzate nelle regioni svantaggiate, attualmente non finanziato nel disegno di legge di bilancio per il 2023, e confermando le misure di incentivo fiscale delle aree Zes;
4) ad adottare iniziative per rafforzare le risorse destinate agli interventi contro il dissesto idrogeologico, e più in generale ad accelerare i processi di transizione ecologica e gli investimenti «green» nelle regioni meridionali, velocizzando i processi di bonifica in atto nelle aree industriali meridionali e coinvolgendo le aziende a partecipazione pubblica;
5) ad adottare iniziative volte a reintegrare le disponibilità del Fondo sviluppo e coesione della programmazione 2014-2020 utilizzate a copertura degli oneri finanziari del decreto-legge n. 50 del 2022 (cosiddetto decreto aiuti), recante misure in materia di politiche energetiche nazionali, produttività delle imprese, nonché in materia di politiche sociali e di crisi ucraina per l'importo complessivo di 6 miliardi, di cui: 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2024 e 3 miliardi di euro per l'anno 2025 (articolo 58, comma 4, lettera f));
6) a sbloccare l'erogazione dei 22 miliardi di euro del Fondo sviluppo e coesione (Fsc), per la programmazione 2021-2027, già ripartiti a giugno e ancora fermi per mancanza di un'ultima delibera del Cipess, risorse di cui il Mezzogiorno ha assoluto bisogno per investimenti fondamentali nelle infrastrutture materiali e immateriali, sociali e ambientali;
7) ad adottare iniziative volte a garantire il pieno rispetto della quota Sud del 40 per cento nell'ambito delle misure di incentivo alle imprese finanziate dal Pnrr e dal Fondo complementare, con particolare riferimento alle misure di responsabilità del Ministero delle imprese e del made in Italy e del Ministero del turismo che prevedono di destinare alle imprese del Mezzogiorno, rispettivamente, solo il 24,5 per cento e il 28,6 per cento delle risorse;
8) ad adottare tutte le iniziative di competenza per supportare gli enti territoriali, in particolare nelle regioni meridionali, per la realizzazione delle opere pubbliche finanziate dal Pnrr;
9) a fornire un quadro completo al Parlamento sull'effettivo rispetto della clausola del 34 per cento della spesa ordinaria in conto capitale da destinare alle regioni meridionali, al fine di rendere davvero aggiuntivi e complementari gli investimenti pubblici finanziati dal Pnrr, dal Fondo complementare e dai fondi della politica europea e nazionale di coesione;
10) a fornire chiarimenti al Parlamento sulle modalità di coordinamento tra la governance della politica di coesione e la governance del Pnrr, per valorizzare le complementarietà strategiche e finanziarie delle due programmazioni ed evitare sovrapposizioni e inefficienze che potrebbero pregiudicarne le finalità di riequilibrio territoriale;
11) a dare piena attuazione all'allocazione dei fondi perequativi previsti dall'articolo 119 della Costituzione e alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) concernenti i diritti civili e sociali, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell'articolo 117, lettera m), della Costituzione, a prescindere dalla realizzazione dell'autonomia differenziata, assicurando, per quanto di competenza, il pieno coinvolgimento del Parlamento e la previsione delle risorse necessarie a colmare i divari di cittadinanza che dividono il Paese, tra Nord e Sud, tra centri e periferie, tra aree urbane e aree interne.