La Camera,
premesso che:
la Programmazione strategica del ciclo 2021-2027 per le politiche di coesione economica, sociale e territoriale della UE ha formalizzato il «declassamento» delle Marche da regione «più sviluppata» a regione «in transizione». Un risultato negativo giustificato dall'impoverimento del «Pil pro capite», oggi attestantesi tra il 75 per cento ed il 100 per cento della media europea;
il «Pil pro capite», pur rappresentando un parametro oggettivo su cui si basa la collocazione di una regione rispetto alle categorie di classificazione individuate, non è tuttavia esaustivo della complessa serie di fattori che è alla base del regresso economico regionale;
le Marche, infatti, hanno visto erodere 24 punti percentuali di Pil pro capite in 20 anni segnando un -16 per cento di perdita di valore aggiunto dell'economia regionale;
dal Rapporto ISTAO «La Strategia di Specializzazione Intelligente 2021-2027» si evince che le Marche sono state fortemente colpite, come l'Italia in generale, dalla crisi finanziaria iniziata nel 2008, in termini di calo del PIL e di competitività internazionale. La reazione allo shock e l'adeguamento della struttura produttiva ai nuovi scenari sono risultati, però, lenti e affannosi rispetto a quelli osservati in altre regioni italiane. Le Marche hanno visto peggiorare la loro posizione e soprattutto la propria capacità di generare crescita e occupazione in modo stabile e continuativo;
la crisi di due dei settori portanti dell'economia regionale, gli elettrodomestici e il sistema moda (principalmente le calzature), ha portato ad una perdita rilevante di quote di mercato sull'export nazionale del sistema produttivo marchigiano. I livelli di esportazione precedenti alla crisi del 2008 e 2009 non sono stati più raggiunti e, a fronte della ripresa delle altre regioni italiane, il peso delle Marche è sceso dal 3,4 per cento a circa il 2,4 per cento. Queste due crisi industriali hanno determinato, peraltro, altrettante situazioni di crisi territoriali a livello sociale e occupazionale nelle rispettive aree geografiche;
l'Ufficio studi della CGIA di Mestre, nel mese di marzo 2023, ha poi tracciato un quadro estremamente allarmante in relazione al comparto artigiano. Le Marche, infatti, hanno subito la cessazione di 13.426 attività in un decennio, con un decremento del 18,6 per cento che rappresenta il terzo peggior dato nazionale dopo Abruzzo e Piemonte;
il Centro Studi Economia Reale (CSER) in collaborazione con l'ISTAO e l'Università Politecnica, il 15 Giugno 2023, ha presentato un previsionale basato sull'autorevole «modello Oxford Economics». I risultati di tale analisi delineano, per le Marche, una tendenza ulteriormente preoccupante in termini di Pil pro capite. Nel 2019, come già accennato, il livello regionale dell'indicatore era pari a 27.100 euro per abitante, inferiore di 1.900 euro alla media italiana: una forbice che, secondo le previsioni, è destinata ad accentuarsi entro il 2027, portandosi a 2.700 euro;
il medesimo Studio avverte che l'economia marchigiana è preda di «un fenomeno di lento bradisismo che fa perdere qualche punto all'anno alla Regione nel confronto con il resto del Paese. Come noto però il bradisismo non viene percepito pienamente nel breve periodo perché il terreno economico si abbassa di pochi centimetri all'anno». Tale dinamica si ripercuote anche sul piano sociale della distribuzione del reddito, con un progressivo e generalizzato impoverimento. Pertanto, avverte il CSER, occorre porre rimedi immediati in quanto il margine di manovra si riduce in maniera proporzionale al trascorrere del tempo;
l'indagine trimestrale congiunturale, a cura di Confindustria Marche, sottolinea come l'industria manifatturiera regionale chiuda il secondo trimestre 2023 con attività produttiva e commerciale in calo rispetto ai livelli rilevati nello stesso periodo del 2022. La produzione industriale ha infatti registrato una flessione del 2,7 per cento su base tendenziale il dato medio riflette dinamiche simili tra i diversi settori dell'economia, che hanno fronteggiato un quadro congiunturale in progressivo deterioramento. In questo scenario, resta ancora evidente il ruolo di freno del costo dei fattori, inclusa l'energia, associato alla dinamica sottotono dei prezzi generata dal rallentamento della domanda;
da un'elaborazione dei dati Inps a cura dell'Ires Cgil Marche, nel periodo gennaio-giugno 2023, sono state richieste e autorizzate complessivamente 6,8 milioni di ore di Cassa integrazione, Fis e altri fondi di solidarietà. Non è presente la causalità COVID-19, rimasta in vigore fino al 31 marzo 2022 (ultimo dato disponibile). In linea con gli anni precedenti, è l'industria che assorbe la maggior parte delle ore autorizzate (6.038.540). Le ore registrate nel terziario sono 148 mila. Desta preoccupazione il dato dell'edilizia: sono quasi 385 mila le ore autorizzate, unico ramo ad aver osservato un incremento rispetto allo stesso periodo del 2022 (+61,9 per cento pari a +147 mila ore) per effetto del blocco dei bonus e dei crediti incagliati che hanno generato timori diffusi. Si osservano incrementi significativi nella carta, stampa ed editoria (+683,6 per cento), nel legno (+166,2 per cento) e nella chimica-gomma-plastica (+146,7 per cento);
tutte le stime relative all'economia italiana, inoltre, non autorizzano previsioni ottimistiche in termini di ripresa nel breve e medio periodo. In particolare, l'Istat conferma «la flessione nel secondo trimestre dell'anno», risultata pari allo 0,4 per cento, «lievemente più accentuata rispetto alla stima preliminare», che aveva fornito una riduzione dello 0,3 per cento. In sostanza la crescita tendenziale del secondo trimestre si attesta allo 0,4 per cento, in flessione rispetto ai trimestri precedenti, con «una revisione anche in questo caso al ribasso rispetto alla stima preliminare, che aveva registrato una crescita dello 0,6 per cento»;
il sisma del 2016 ha causato la chiusura e la delocalizzazione di molte aziende del territorio marchigiano, già martoriato in precedenza dalla crisi del 2008, generando la perdita di una importante quota di posti di lavoro;
la pandemia da Coronavirus del 2020 ha provocato una gravissima emergenza sanitaria mondiale e ha determinato una profonda crisi economica anche nelle Marche, interessando sostanzialmente tutti i settori, peraltro in occasione di una congiuntura già estremamente complessa e caratterizzata da gravi criticità;
l'alluvione del 2022, che ha colpito il Nord della regione, ha provocato ulteriori ingenti danni ed ha aggravato la dinamica in essere;
il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, e successive modificazioni ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zone economiche speciali (Zes);
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 gennaio 2018 è stato adottato il regolamento recante l'istituzione di Zone economiche speciali (Zes);
le Zone economiche speciali (Zes) hanno come obiettivo l'attrazione degli investimenti, lo sviluppo delle infrastrutture, la creazione di nuovi posti di lavoro e la promozione della crescita delle esportazioni e delle attività industriali;
in particolare le misure di sostegno all'economia si sostanziano in crediti di imposta, detassazioni, riduzioni/esenzioni/differimenti dei dazi doganali, esenzioni Iva su alcune categorie di esportazioni, riduzioni dell'imposta sui redditi, aiuti per ricerca e sviluppo, aiuti per la formazione dei dipendenti, incentivi all'occupazione, procedure semplificate individuate mediante amministrazioni locali e statali, eccetera;
la regione Marche è in possesso dei requisiti richiesti per la creazione di una Zona economica speciale (Zes),
impegna il Governo
1) ad avviare con urgenza ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, utile alla costituzione di una nuova Zes per l'intero territorio della regione Marche, al fine di sostenerne il rilancio economico, tutelare i livelli occupazionali e contrastare le minacce attuali ed emergenti.