La Camera,
premesso che:
in occasione dell'audizione svolta in Parlamento nel dicembre 2022 sulle linee programmatiche del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, il Ministro Pichetto Fratin ha riferito che «l'Italia produce solo il 25 per cento dell'energia di cui necessita, il restante 75 per cento viene importato da Paesi esteri, sotto forma di gas, di prodotti petroliferi e di carbone. (...) Inoltre, il conflitto russo ucraino ha mostrato con brutale evidenza che, per quanto riguarda il gas, la scelta di dipendere prevalentemente da un unico Paese fornitore – nel corso del 2021 il 40 cento del nostro fabbisogno di gas è stato soddisfatto da import russo – espone il sistema a forti rischi per l'approvvigionamento, acuiti da dinamiche estremamente instabili dei prezzi non determinate esclusivamente da logiche di mercato e soggette a fenomeni speculativi. È evidente che per raggiungere elevati livelli di indipendenza energetica nazionale è necessario un percorso di crescita esponenziale delle fonti rinnovabili»;
accanto alle misure emergenziali per affrontare la crisi contingente occorre quindi, strategicamente, continuare a puntare sul phase out dalle fonti fossili attraverso un'accelerazione ancora più decisa dello sviluppo delle fonti rinnovabili che sia in grado di ridurre la domanda complessiva di gas;
l'Italia si è dotata di una Strategia energetica nazionale (Sen) prima, e di un Piano nazionale integrato energia e clima poi, che in sostanziale continuità di struttura vanno a definire i futuri scenari energetici nazionali sulla base delle scelte compiute nel passato, degli impegni europei – a partire dal pacchetto Fit for 55 e, da ultimo, il piano REPowerEU, con investimenti imponenti di oltre 300 miliardi – e di quelli mondiali assunti con gli accordi per il clima nelle diverse Climate Change Conference (Cop) dell'Onu;
in maniera schematica il processo verso la decarbonizzazione dell'economia e dei sistemi energetici si può suddividere in due parti. Una prima, intermedia e transitoria, che dura sino a circa il 2030, seguita poi da un secondo periodo di lavoro più incisivo che arriverà sino al 2050 per raggiungere «net zero» e decarbonizzazione totale di molti sistemi. In questo senso, nella fase intermedia è previsto che il nostro sistema energetico si regga sulle energie rinnovabili e sull'uso del gas, quali elementi di tenuta e bilanciamento della rete per la natura intermittente di quelle fonti. Ciò avendo anche previsto la fuoriuscita dal carbone in tempi ragionevolmente brevi;
questi obiettivi comportano un notevole apporto delle Fer nel mix energetico primario complessivo;
il phase out dalle fonti fossili potrà e dovrà subire un'accelerazione, sia per evidenti impatti sul clima, sia anche in considerazione della situazione di guerra in Ucraina, che rende sempre più necessaria ridurre la nostra dipendenza dall'estero. Occorre, infatti, puntare ancora più fermamente su misure di semplificazione nell'installazione e misure che portino alla diffusione dei contratti di fornitura a lungo termine, cosa che aiuterà nell'installazione di questi impianti e aiuterà nel contenimento dei costi per cittadini ed imprese;
la transizione verso un'economia sostenibile comporta anche la necessità di investimenti in ricerca e sviluppo per incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili attraverso lo sviluppo di tecnologie avanzate, favorendo quanto più possibile nuove forme di utilizzo (ad esempio aggregazioni/comunità energetiche);
in tale contesto riveste un ruolo di primaria importanza la destinazione di adeguate risorse al sistema della ricerca pubblica per sviluppare e diffondere tecnologie rinnovabili economicamente efficaci per la generazione di energia;
il 12 luglio 2022 è entrato in vigore il regolamento (UE) 2020/852 («regolamento sulla tassonomia») con l'obiettivo di informare gli investitori sul carattere ecosostenibile di un'attività economica, definendo criteri comuni a livello di Unione europea;
la tassonomia dell'Unione europea sulla sostenibilità di una serie di investimenti finanziari è concepito per contribuire al raggiungimento dei tre obiettivi del piano d'azione, che puntano a: a) riorientare i flussi di capitali verso investimenti sostenibili al fine di realizzare una crescita sostenibile e inclusiva; b) gestire i rischi finanziari derivanti da cambiamenti climatici, catastrofi naturali, degrado ambientale e questioni sociali; c) promuovere la trasparenza e la visione a lungo termine nelle attività finanziarie ed economiche. Il regolamento stabilisce poi i passi che un'attività economica deve compiere per dare un contributo sostanziale o per non danneggiare in modo significativo nessuno di questi obiettivi;
in particolare, l'atto delegato complementare «Clima» (regolamento delegato (UE) 2022/1214) modifica i regolamenti delegati (UE) 2021/2139 e (UE) 2021/2178, introducendo nella tassonomia dell'Unione europea altre attività economiche del settore energetico. Il testo stabilisce condizioni chiare e rigorose, a norma dell'articolo 10, paragrafo 2, del regolamento tassonomia, alle quali è possibile aggiungere, come attività transitorie, alcune attività nucleari e del gas a quelle già presenti nel primo atto delegato sulla mitigazione e sull'adattamento ai cambiamenti climatici, applicabile dal 1° gennaio 2023;
si ricorda che la classificazione della tassonomia non determina se una data tecnologia rientrerà o meno nel mix energetico degli Stati membri;
l'Italia si è già espressa due volte contro il nucleare a seguito dei referendum abrogativi, l'ultimo dei quali nel 2011;
sul nucleare, la ricerca studia da anni i reattori a fissione di IV generazione e i reattori a fusione. Entrambe queste tecnologie, seppur con diverso grado, hanno aspetti ambientali migliori rispetto alle tecnologie odierne eliminando, nel caso della fusione, o riducendolo, nel caso della IV generazione, il problema delle scorie radioattive;
si tratta di tecnologie assai diverse che operano sulla base di principi e processi differenti (l'obiettivo è lo stesso: produrre energia elettrica);
nel caso della «fusione nucleare» per studiare questo processo, la fisica dei plasmi, la loro stabilità e le tecnologie necessarie per lo sviluppo ed il mantenimento di plasmi stessi, è in corso di costruzione in Francia il reattore sperimentale Iter con il sostegno di un ampio consorzio internazionale (Cina, Unione europea, India, Giappone, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti);
in parallelo, negli Stati Uniti, presso il Massachusetts Institute of Technology, è in corso l'esperienza Sparc che coinvolge attivamente molte realtà italiane;
l'orizzonte temporale per il possibile utilizzo in rete, valutato sulla base dello sviluppo di Iter, può essere collocato, ad oggi, non prima del 2060;
la «fusione nucleare» mostra importanti particolarità dal punto di vista della sicurezza ed in ottica ambientale, se si considera l'aspetto delle scorie nucleari che sarebbero praticamente eliminate;
nel caso della «fissione» di IV generazione, si è invece in presenza di una evoluzione dei reattori ad oggi in operazione, da cui si distinguono per diversi fattori fra cui l'energia dei neutroni impiegati che può consentire un ciclo del combustibile molto differente dai reattori attuali;
l'orizzonte temporale per il possibile utilizzo della quarta generazione può essere, ad oggi, collocato attorno agli anni quaranta del secolo, ma con punti ancora non del tutto risolti sulla tecnologia da utilizzare, sulla effettiva economia dei reattori di quarta generazione, e sulla effettiva riduzione delle scorie radioattive;
la natura del ciclo del combustibile nei reattori di quarta generazione riduce drasticamente la quantità delle scorie prodotte e il problema dei tempi di confinamento delle scorie radioattive, pur tuttavia senza eliminarlo;
sempre sulla fissione nucleare è in fase di studio la possibilità dell'evoluzione della taglia del reattore andando verso unità di dimensioni più contenute (Small Modular Reactor) in modo da favorire la mitigazione del rischio, la standardizzazione della costruzione, a vantaggio dell'economia di sistema;
così pure il cosiddetto nucleare di terza generazione, attualmente disponibile, ha dimostrato di non essere competitivo a livello di costi con molte delle opzioni di energia rinnovabili, a causa dei crescenti costi di costruzione e sicurezza;
è bene ricordare, anche, che ad oggi, nella maggior parte dei paesi che usano energia nucleare, non vi è ancora una soluzione definitiva in funzione per lo stoccaggio geologico dei rifiuti ad alta radioattività sinora prodotti;
a tal proposito, occorre porre un'attenzione adeguata e accelerare il programma di definizione del sito unico per i rifiuti nucleari, sia per quel che riguarda il programma già avviato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica tramite Sogin per i rifiuti a bassa intensità, il cui percorso è in atto, sia per quel che riguarda la definizione del sito (geologico), anche di intesa con altri Paesi europei, per i rifiuti ad alta intensità, quelli delle centrali, per i quali lo Stato italiano ha versato nel tempo alla Francia ed alla Gran Bretagna importanti risorse per la loro gestione, non avendo ancora definito un sito di deposito; recentemente, inoltre, la Commissione europea ha deciso di inviare un parere motivato, il secondo passaggio della procedura d'infrazione, all'Italia, per l'adozione di programmi nazionali di gestione dei rifiuti radioattivi non interamente conformi alla direttiva sul combustibile esaurito e sui rifiuti radioattivi;
ulteriore attenzione va comunque posta alle possibili relazioni – dual use, militare e civile – tra lo sviluppo ulteriore della fissione nucleare con i programmi di proliferazione militare;
sulle nuove tecnologie collegate al nucleare del futuro l'Italia ha oggi un indiscusso ruolo di primo piano, lo ha per la fusione, con la partecipazione importante ad Iter e ad Euro Fusion, con la partecipazione del Dtt (Divertor Tokamak Test Facility) e con le grandi competenze nei sistemi di gestione del trizio e di asportazione del calore nei sistemi a piombo-litio maturate degli enti di ricerca e dell'industria nazionale;
lo ha anche, però, nella IV generazione a fissione nella versione refrigerata piombo, dove l'industria nazionale è leader indiscussa a livello europeo nella progettazione e sviluppo tecnologico di questi reattori;
sviluppo che già oggi vede aziende pubbliche e private lavorare in diversi Paesi europei (ad esempio, Romania e Regno Unito) per dimostrare la fattibilità tecnica di questi reattori;
tuttavia, l'Italia sta perdendo competenze fondamentali nell'ambito nucleare, anche a causa della carenza di docenti e dell'insegnamento di programmi di ingegneria nucleare nelle università. In particolare, i corsi di ingegneria nucleare sono ad oggi attivi in pochissimi atenei e gli studenti interessati alla materia sono costretti a dirigersi verso un'offerta formativa all'estero;
in particolare, anche a prescindere dallo sviluppo del nuovo nucleare a fusione o di quarta generazione, occorrerà coltivare competenze nucleari nell'ambito della radioprotezione per continuare l'azione dell'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin) e per continuare l'azione di decommissioning della Sogin;
si ricorda inoltre che, a nove mesi dal commissariamento di Sogin, di giugno 2022, si registrano una serie di inadempimenti e di ritardi sulle attività di decommissioning, sulla gestione dei grandi appalti e sulla realizzazione del deposito nazionale. Non si registrano attività rilevanti in alcun sito, l'organico è in costante riduzione, tanto da mettere in criticità la stessa gestione ordinaria e la messa in sicurezza degli impianti;
la rilevanza dell'impegno nazionale, pubblico e privato, e le consistenti capacità scientifiche e tecnologiche in questi settori, evidenziate da questi sviluppi, costituiscono importanti opportunità industriali per il futuro del Paese;
come già indicato è bene ricordare che la Sen ed il Pniec poi, hanno confermato una struttura del sistema energetico nazionale basata su Fer e gas – quale elemento di transizione – unitamente a significative azioni di risparmio energetico;
in tale contesto, investitori privati e pubblici stanno mettendo in campo uno sforzo significativo in termini di nuovi impianti (solo per la Fer più di 70 gigawatt prima del 2030 con una produzione di più di 100 TWh), di ristrutturazione delle reti elettrica e del gas, di azioni di risparmio energetico, con investimenti facilmente quantificabili per più di 120-130 miliardi di euro, che saranno utilizzabili per i prossimi 20-30 anni e costituiranno l'ossatura del nostro sistema energetico nel processo di decarbonizzazione,
impegna il Governo:
1) a confermare e sostenere a livello europeo e nazionale ogni sforzo necessario a realizzare gli obiettivi di decarbonizzazione e progressiva uscita dalla dipendenza dalle fonti fossili, provvedendo ad inviare alla Commissione europea l'aggiornamento del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (Pniec) entro giugno 2023;
2) ad adottare programmi di ricerca e sviluppo dei sistemi a fusione e a fissione, del tipo quarta generazione, per consentire al Paese di mantenere le posizioni avanzate e di leadership conquistate nel settore, tenendo conto dell'esigenza di assicurare un impegno prioritario a sostenere lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie di fonti rinnovabili, l'efficienza energetica e la diversificazione delle fonti gas attualmente in uso, nell'ottica dell'autonomia energetica del Paese e per il raggiungimento dei target di neutralità climatica nei tempi stabiliti al 2030 e al 2050, concordati a livello europeo;
3) a concludere entro il 2023 il programma, già avviato, per l'individuazione di un sito unico per i rifiuti nucleari sia di intensità bassa e media sia, in fase intermedia, per gli stessi rifiuti ad alta intensità, al fine di favorire la messa in sicurezza dei territori e di ottemperare alle direttive europee, interrompendo la procedura d'infrazione attualmente in atto, con i relativi costi, aggravati dagli oneri versati ad altri Paesi che attendono di poter restituire il materiale riprocessato delle nostre centrali dismesse;
4) a garantire la piena operatività gestionale ed occupazionale di Sogin, al momento fortemente compromessa, e un suo rilancio industriale, scongiurando che si possa disperdere il suo patrimonio di competenze e professionalità e che possano venire meno le condizioni di sicurezza degli impianti, tenuto conto della strategicità delle sue attività di decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi;
5) a valutare, nel corso dei programmi di ricerca e sviluppo in particolare sulla fissione di IV generazione, i rischi legati al possibile «dual use» militare e civile, dello sviluppo ulteriore della fissione e della compatibilità con i trattati di non proliferazione;
6) a prevedere la formazione di competenze, tramite il potenziamento dei corsi e dell'offerta di formazione universitaria nell'ambito nucleare, anche attraverso l'eventuale reclutamento di docenti e ricercatori formatisi all'estero.
Seduta del 17 aprile 2023
Illustrazione di Christian Diego Di Sanzo
Seduta del 9 maggio 2023