05/10/2023
Chiara Braga
Furfaro, Ciani, Girelli, Malavasi, Stumpo, Bonafè, Casu, De Luca, De Maria, Ferrari, Fornaro, Ghio, Morassut, Toni Ricciardi, Roggiani, Schlein
1-00191

La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 32 della nostra Costituzione definisce espressamente la «salute» come un diritto fondamentale dell'individuo che deve essere garantito a tutti indipendentemente dall'essere cittadini italiani o meno, dal possedere un reddito o dall'essere indigenti;

    sulla base di tale principio 45 anni fa la legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha istituito il Servizio sanitario nazionale (Ssn) con l'obbiettivo di garantire il diritto alla salute a tutti i cittadini, senza alcuna distinzione sociale, economica o territoriale, configurandosi come uno strumento di giustizia e di coesione sociale, secondo i principi di universalità ed eguaglianza;

    come recita l'articolo 1 della legge n. 833 del 1978: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il Servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana» mentre l'articolo 2, avendo ben presente le difformità territoriali presenti nell'accesso alle cure ed alla prevenzione incarica il Servizio sanitario nazionale nell'ambito delle sue competenze a perseguire il superamento degli squilibri territoriali;

    universalità, uguaglianza e equità sono stati, quindi, una tappa fondamentale per lo sviluppo della sanità pubblica italiana, che ancora oggi, nonostante la crisi che sta passando negli ultimi decenni, tende ad assicurare il diritto alla salute per tutti a prescindere da censo o provenienza geografica. Ogni persona ha il diritto a essere curata e ogni malato deve essere considerato un legittimo utente di un pubblico servizio, di cui ha pieno e incondizionato diritto;

    nonostante tali principi, tuttavia, un insieme di fattori politici, finanziari e organizzativi, a cui si è aggiunta infine la pandemia da Covid-19, hanno determinato l'aggravarsi di significative disparità sociali e difformità territoriali. Oggi ci si trova di fronte a poche realtà che sono in grado di assicurare servizi e prestazioni all'avanguardia e di eccellenza a cui se ne affiancano altre ove è difficoltoso, se non impossibile, garantire anche solo i livelli essenziali di assistenza, con la conseguenza che pochi riescono ad accedere alle cure di cui hanno bisogno nei territori in cui vivono;

    rispetto al 2019 nel triennio 2020-2022, a fronte dell'emergenza pandemica, sono stati stanziati 18 miliardi di euro aggiuntivi e il livello della spesa sanitaria ha superato il 7 per cento del prodotto interno lordo, mentre attualmente le stesse stime della Nadef 2023, con un rapporto spesa sanitaria/prodotto interno lordo in costante e rapida decrescita, spingono la sanità pubblica verso il collasso;

    al finanziamento ordinario del Servizio sanitario nazionale vanno aggiunte poi le risorse previste per la sanità dalla Missione 6 del Pnrr pari a 15,63 miliardi di euro (l'8,16 per cento di 191,5 miliardi di euro previsti dal Piano), divisi in due obiettivi principali: M6C1: reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza territoriale sanitaria (7 miliardi euro), allo scopo di riformare gli standard strutturali, organizzativi e tecnologici per l'assistenza entro il 2021 con l'approvazione di uno specifico decreto ministeriale e definire un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in linea con l'approccio «One-Health», mediante un apposito disegno di legge entro la metà del 2022; M6C2: innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale (8,63 miliardi di euro);

    la Missione 6 ha come obiettivo il diffondere di nuovi modelli per la tutela della salute attraverso lo sviluppo di diverse innovazioni organizzative tra cui l'istituzione e il potenziamento delle case della comunità, delle centrali operative e degli ospedali di comunità;

    in particolare, nel documento originario della Missione 6 si prevedeva la costituzione di 1350 case della comunità, 600 centrali operative territoriali e 400 ospedali di comunità, con un totale di personale pari a circa 18.350 infermieri, 10.250 unità di personale di supporto, 2.000 operatori sociosanitari e 1.350 assistenti sociali e degli ospedali; lo sviluppo di reti di prossimità, della telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale; una più efficace integrazione tra tutti i servizi sociosanitari; la promozione dell'innovazione, della ricerca e delle digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale;

    tutto questo è stato messo in discussione dall'attuale Governo che più volte ha ribadito la difficoltà di istituire le case e gli ospedali di comunità e nella sua bozza di riforma della Missione 6 uscita a fine luglio 2023 specifica che «il contesto attuale comporta difficoltà di attuazione non solo per le strutture sanitarie (Casa della Comunità, Ospedali della Comunità, Ospedali sicuri e sostenibili) ma anche per i progetti di transizione digitale (quali telemedicina, sostituzione delle grandi apparecchiature, digitalizzazione dei Dea di I e II livello) nella misura in cui richiedono lavori edili per la preparazione dei locali. Ulteriori criticità sono riconducibili a criticità nelle catene di nell'approvvigionamento delle materie prime, nella fornitura di attrezzature e nella logistica, riconducibili in parte alla mancanza di flessibilità degli strumenti contrattuali utilizzabili dai soggetti attuatori e in parte a strozzature dal lato dell'offerta (legate ad esempio alla concentrazione in capo a pochi operatori economici specializzati in ambito sanitario)»;

    in particolare, nella bozza del piano di revisione del Governo il target per le case della comunità scende da 1.350 a 936, gli ospedali di comunità passano da 400 a 304. Le centrali operative territoriali (Cot) scendono da 600 a 524; il fascicolo sanitario elettronico dovrebbe essere integrato solo con l'inserimento dei documenti dei nativi digitali, escludendo dal perimetro dell'intervento la migrazione/trasposizione ad hoc di documenti cartacei attuali o vecchi; i progetti di telemedicina sono posticipati;

    sempre nella bozza di revisione della Missione 6 si legge che allo stesso tempo il piano del Governo individua nuove «azioni tese ad affiancare e rafforzare le linee d'intervento preesistenti affinché si possano conseguire risultati sostenibili anche dal punto di vista organizzativo e gestionale. Per gli interventi parzialmente espunti dal Piano si propone, inoltre, la piena realizzazione attraverso risorse nazionali e secondo tempistiche che potranno essere successive a giugno 2026. Nel complesso, le modifiche proposte mirano a preservare l'ambizione della missione Salute e a realizzare appieno quanto previsto dal DM n. 77/22, rendendo le strutture territoriali pienamente funzionanti ed operative anche attraverso l'integrazione di figure professionali quali gli specialisti ambulatoriali interni e la dotazione di attrezzature e tecnologie innovative e sostenibili dal punto di vista energetico»;

    in merito al documento di modifica della Missione 6 del Pnrr, le regioni hanno lamentato un loro mancato coinvolgimento, nonostante ogni presidente di regione avesse sottoscritto il Cis (contratto istituzionale di servizio) insieme al Ministro della salute, nonché la preoccupazione che la sostituzione delle risorse dell'Unione europea con quelle del bilancio nazionale (utilizzazione delle risorse per l'edilizia sanitaria ex articolo 20) potrebbe rappresentare un'incognita con il rischio di bloccare i cantieri;

    il precedente Governo, nell'ambito delle riforme connesse al Pnrr, aveva adottato il decreto ministeriale n. 77 del 2022 «Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» definendo così i nuovi modelli e i nuovi standard per l'assistenza territoriale, in un'ottica di avvicinamento della sanità al domicilio dei cittadini con l'obiettivo di introdurre un modello organizzativo per la rete di assistenza primaria che comprendesse standard strutturali, tecnologici e organizzati che garantissero ai cittadini e operatori del Servizio sanitario nazionale il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea);

    il decreto n. 77 del 2022 mira, infatti, ad individuare le priorità d'intervento in un'ottica di prossimità e di integrazione tra le reti assistenziali territoriali, ospedaliere e specialistiche e alla continuità delle cure per coloro che vivono in condizioni di cronicità, fragilità o disabilità anche attraverso l'integrazione tra il servizio sociale e quello sanitario;

    in tale ottica le case della comunità, le centrali operative territoriali, l'infermiere di famiglia e di comunità, le unità di continuità assistenziale, l'assistenza domiciliare, gli ospedali di comunità sono tutti elementi fondamentali per la buona riuscita del modello delineato dal Pnrr e dal decreto n. 77 del 2022;

    è pur vero che la riorganizzazione della medicina territoriale si scontra con la carenza di medici di medicina generale e di pediatri di libera scelta;

    secondo l'ultimo rapporto Agenas sui medici di medicina generale emerge innanzitutto una progressiva diminuzione di quelli in attività: nel 2021 erano 40.250, ovvero 2.178 in meno rispetto al 2019 (-5,4 per cento) con notevoli variabilità regionali. A ciò si deve poi aggiungere il preoccupante quadro anagrafico che vede nel 2021 il 75,3 per cento dei medici di medicina generale in attività avere oltre 27 anni di anzianità di laurea, con quasi tutte le regioni del Centro-Sud sopra la media nazionale;

    secondo le rilevazioni della Struttura interregionale sanitari convenzionati (Sisac) al 1° gennaio 2022 c'erano 51,3 milioni di assistiti per 39.270 medici di medicina generale, con una media nazionale di 1.307 assistiti per medici di medicina generale. In realtà si va dai 1.073 della Sicilia ai 1.461 del Veneto, ai 1.466 della Lombardia, fino ai 1.545 della provincia autonoma di Bolzano. Tali numeri, al di là dei dati medi, fanno sì che per diverse migliaia di cittadini venga meno la possibilità di avere il medico di medicina generale, o di poterlo scegliere liberamente, non solo nelle zone con bassa densità abitativa, con condizioni geografiche disagiate o rurali ma anche nelle periferie delle grandi città;

    una risposta concreta, seppur non sufficiente a colmare tale carenza, sono state le 900 borse aggiuntive annuali fino al 2025 finanziate con i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che si aggiungono alle 1.879 finanziate con fondi ordinari, per un totale di 2.779 borse;

    l'incremento di borse di studio di medicina generale è parte di un aumento complessivo di 30.800 nuove borse di studio che negli ultimi due anni è andato nella direzione di un superamento dello storico problema dell'imbuto formativo che limita l'accesso alle scuole di specializzazione dei neolaureati in medicina;

    le difficoltà della medicina generale non scaturiscono solo dal numero insufficiente di medici di medicina generale, ma anche e soprattutto dalla debolezza di una rete che in tanti territori è costituita solo dallo studio del medico e dalla farmacia;

    la riforma della medicina generale attesa da anni diviene, quindi, ancora più urgente per connettere l'attività della medicina di base alle nuove strutture e servizi previsti dalla Missione 6 del Pnrr;

    nella riforma dell'assistenza territoriale è necessario prevedere la possibilità anche per le 96.000 persone senza dimora (secondo i dati Istat pubblicati a dicembre 2022), di cui il 62 per cento di nazionalità italiana di potersi iscriversi negli elenchi degli assistiti delle aziende sanitarie locali territoriali di riferimento allo scopo di effettuare la scelta del medico di medicina generale e accedere alle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza garantiti ai cittadini residenti in Italia;

    la riorganizzazione della rete territoriale incide anche sull'annosa questione degli accessi impropri al pronto soccorso e del recupero delle liste di attesa andatasi ad ingrossare durante il periodo pandemico nonostante gli interventi del legislatore e del Governo;

    i tempi di attesa per le prestazioni sanitarie costituiscono una delle principali criticità del Servizio sanitario nazionale con cui cittadini e pazienti si scontrano quotidianamente subendo gravi disagi (necessità di ricorrere alle strutture private, migrazione sanitaria, aumento della spesa out-of-pocket, impoverimento), sino alla rinuncia alle cure con pesanti conseguenze sulla salute;

    la riduzione in volume delle prestazioni sanitarie durante gli anni della pandemia è stata generalizzata in tutte le regioni italiane e non sono bastati gli interventi emergenziali, l'immissione di personale in tutte le forme contrattuali possibili e, come sottolineato dalla Corte dei conti nel 2022, nessuna regione ha raggiunto in tutte le aree obiettivo (ricoveri, screening e prestazioni ambulatoriali) le quote di recupero previste nei piani operativi;

    nell'ambito dell'organizzazione, a livello regionale, dell'offerta sanitaria, la gestione delle liste di attesa costituisce indubbiamente uno degli aspetti più critici di un sistema sanitario, quale quello italiano organizzato su base universalistica e istituzionalmente deputato a rispondere alla domanda di prestazioni mediche da parte dei cittadini in condizioni di parità di accesso e in tempi compatibili con le esigenze di cura richieste dalle specifiche condizioni di salute di ognuno di essi;

    oltre al grave problema delle liste di attesa permane il fatto che nonostante i Livelli essenziali di assistenza siano stati modificati nel 2017 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017), ad oggi non sono ancora totalmente operativi, poiché pur essendo stato approvato il cosiddetto decreto tariffe (decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e della finanza, del 23 giugno 2023), con il consenso delle regioni, avendo avuto queste la promessa dal Governo che i maggiori costi stimati in 400 milioni di euro sarebbero stati assicurati mediante l'incremento del Fondo sanitario nazionale, questo entrerà in vigore il 1° gennaio 2024 per le tariffe dell'assistenza specialistica ambulatoriale e il 1° aprile 2024 per le tariffe dell'assistenza protesica, sempre che non subentrino ulteriori problemi di copertura e di gestione;

    in un quadro già segnato da notevoli divari territoriali in materia di salute è irricevibile la proposta di autonomia differenziata che cancellerebbe il nostro il Servizio sanitario nazionale (Ssn), tradendone i principi di universalità, equità e solidarietà, per cui tutti i cittadini, indipendentemente da origini, residenza e censo devono essere curati allo stesso modo con oneri a carico dello Stato, mediante prelievo fiscale su base proporzionale come del resto affermato in occasione del discorso di fine anno 2022 dal Presidente della Repubblica Mattarella: «operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive»;

    la pandemia da Covid-19 ha evidenziato la gravissima carenza di personale sanitario nel nostro Sistema con un crescendo di difficoltà a reperire sul mercato del lavoro personale dirigente medico ed infermieristico a seguito non solo del blocco del turn-over ma anche delle misure di contenimento delle assunzioni facendo sì che negli ultimi anni il personale a tempo indeterminato del Sistema sanitario nazionale sia fortemente diminuito;

    secondo l'ultimo rapporto Agenas del novembre 2022 la criticità vera ed immediata riguarda il personale infermieristico poiché l'Italia ha un numero di infermieri inferiore rispetto a quello della media europea a cui segue una carenza di medici e di personale tecnico;

    secondo i dati Oecd del 2020 nel sistema sanitario italiano operano 6,2 infermieri ogni 1.000 abitanti, rispetto a una media europea di 8,8 e a punte di 18 per la Svizzera e la Norvegia, 13 per la Germania, 11 per la Francia e 8,2 per il Regno Unito;

    secondo il diciottesimo rapporto sanità del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (Crea) dell'Università di Roma Tor Vergata, la spesa sanitaria privata è arrivata a oltre 1.700 euro a famiglia, tanto che il 5,2 per cento dei nuclei familiari versa in disagio economico per le spese sanitarie; 378.627 nuclei (l'1,5 per cento) si impoveriscono per le spese sanitarie e 610.048 (il 2,3 per cento) sostengono spese sanitarie cosiddette «catastrofiche»;

    sempre più cittadini rinunciano a prestazioni sanitarie nel pubblico a favore di strutture private che sono in grado di offrire prestazioni a tariffe concorrenziali (a volte anche inferiori) e soprattutto in tempi più rapidi rispetto alle lunghe liste di attesa della sanità pubblica; ma la «sanità privata accreditata» non ha l'obbligo dei Lea, può selezionare i pazienti, non si occupa di prevenzione, non deve svolgere attività di emergenza e urgenza;

    secondo l'ultimo rapporto dell'Agenas l'intramoenia passa dall'8 per cento per le visite oncologiche e fisiatriche al 42 per cento per ecografie ginecologiche. In particolare, in 13 regioni su 20 il rapporto tra attività in Alpi (attività libero-professionale intramuraria) e in regime istituzionale risulta superiore al 100 per cento per alcune prestazioni, soprattutto in ambito ginecologico ed è ormai praticamente azzerata l'intramoenia «fuori le mura» poiché il 99 per cento dell'attività si svolge all'interno dell'azienda o in strutture in rete con prenotazioni centralizzate nella maggior parte delle regioni;

    in questi anni di emergenza pandemica si è rafforzata nel Paese la consapevolezza che una rete integrata di servizi territoriali di base è indispensabile per assicurare capillarmente la presa in carico delle persone e delle comunità, garantendo l'accessibilità e la continuità delle cure anche alle fasce di popolazione socialmente più svantaggiate e più difficili da raggiungere;

    la potenziale previsione di una popolazione ultra-65enne pari al 35 per cento del totale nel 2050 (23,5 per cento nel 2021), impone già oggi due azioni contemporanee: aumentare il più possibile gli anni di vita in salute e approntare prima possibile un sistema di cure di lungo periodo in grado di reggere in modo appropriato e consistente quel tipo di carico assistenziale;

    dal punto di vista specifico dell'organizzazione dei sistemi di cura, i bisogni portati dalla condizione di non autosufficienza costringono a pensare l'assistenza primariamente in modo estensivo e di lungo termine, mentre al momento i nostri sistemi sono costruiti per lavorare soprattutto su bisogni acuti e intensivi;

    da questo punto di vista, quindi, la riforma della non autosufficienza recata dalla Missione M5C2 del Pnrr deve essere direttamente collegata al decreto ministeriale n. 77 del 2022: «Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» che a sua volta è collegato alla Missione M6C1 del Pnrr; questo perché, se da un lato viene affermata la specificità della materia e del suo «statuto assistenziale», dall'altro lato deve essere chiaro come lo sviluppo dei servizi dedicati alla non autosufficienza debbano essere inseriti nella più ampia trasformazione dei sistemi territoriali sanitari e sociali;

    inoltre, è importante ridare slancio ai consultori istituti con la legge n. 405 del 1975 quali servizi sociosanitari integrati di base, con competenze multidisciplinari per attuare gli interventi previsti a tutela della salute della donna, delle persone in età evolutiva e in adolescenza, delle coppie e delle famiglie inserendoli a pieno titolo nella riorganizzazione territoriale prevista dal Pnrr e dagli atti attuativi;

    un sistema sanitario vicino a tutte le donne deve garantire, in tutte le regioni, il diritto all'interruzione di gravidanza come sancito dalla legge n. 194 del 1978, risolvendo definitivamente il grave contrasto tra il diritto all'obiezione di coscienza del personale sanitario e il diritto della donna di abortire in una struttura pubblica, in sicurezza e nei tempi previsti;

    tra le tante conseguenze negative della pandemia Covid-19 c'è stato anche un notevole aumento del disagio psicologico nelle persone più fragili e tra i giovani, un problema urgente di cui solo un Sistema sanitario nazionale rafforzato con risorse e professionalità adeguate può farsi adeguatamente carico;

    il benessere psicologico deve diventare un obiettivo fondamentale per il nostro Sistema sanitario nazionale, perché è un requisito fondamentale per la qualità della vita individuale, sociale e per la salute; a questo scopo vanno adottati programmi centrati sulla scuola come luogo dello sviluppo della persona e sui servizi sociali come strumenti di un welfare inclusivo;

    i cittadini italiani, sia minorenni sia adulti, in base ai Livelli essenziali di assistenza vigenti hanno diritto al sostegno psicologico e alla psicoterapia e per garantire tale diritto occorre dotare il Paese di una rete di prevenzione e promozione psicologica pubblica, inserendo la figura dello psicologo di base all'interno del sistema sanitario territoriale come primo e più immediato presidio per le azioni di prevenzione e promozione della salute e per quelle di cura e assistenza;

    l'obiettivo della psicologia delle cure primarie deve essere quello di garantire il benessere psicologico di qualità nella medicina di base, sul territorio, vicino alla realtà di vita dei pazienti, delle loro famiglie e delle loro comunità;

    l'attenzione alla componente psicologica della salute è fondamentale e non si tratta solo di offrire cure al disturbo psicologico o di trattare il problema individuale ma si tratta di occuparsi del benessere e della salute psicofisica dei cittadini di un territorio, dei membri di una comunità, in modo equo e accessibile;

    in tema di prevenzione l'istituzione della rete denominata Sistema nazionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici (Snps) sottolinea l'urgente necessità di un approccio «one health» nella tutela della salute pubblica;

    tenendo conto di tale approccio nel settembre 2018 il Parlamento europeo ha adottato un piano d'azione europeo «one health» contro la resistenza antimicrobica (2017/2254 (INI)), rilevando che l'abuso di antibiotici compromette la loro efficacia, determina la diffusione di microbi estremamente resistenti, che mostrano una particolare resistenza agli antibiotici di ultima linea;

    per dare seguito a tale piano è necessario sviluppare e consolidare la fondamentale collaborazione a livello dell'Unione europea in tema di antimicrobico-resistenza nonché mantenere aggiornato costantemente il prontuario farmaceutico nazionale, con particolare riguardo alle indicazioni d'uso degli antimicrobici a tutela dell'appropriatezza prescrittiva e a contrastare la vendita illegale di prodotti antimicrobici ovvero la loro vendita senza prescrizione medica o veterinaria;

    sul piano strategico è assolutamente necessario un incremento del Fondo sanitario nazionale di almeno 4 miliardi l'anno per il prossimo quinquennio e il superamento del tetto di spesa per il personale,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a definire adeguate misure per ridurre le disparità territoriali in materia di sanità, rispettando i principi di universalità, uguaglianza e solidarietà che ispirano la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, rinunciando al progetto di autonomia differenziata;

2) a dare piena e completa attuazione al decreto ministeriale n. 77 del 2022, anche attraverso l'utilizzo di tutte le risorse previste dalla Missione 6 del Pnrr volte a realizzare, in ogni distretto sanitario, le centrali operative territoriali, le case della comunità dove i cittadini possano trovare assistenza ventiquattr'ore su ventiquattro ogni giorno della settimana e gli ospedali di comunità per la presa in carico dei pazienti nelle fasi post ricovero ospedaliero o in tutti quei casi dove c'è bisogno di una particolare assistenza vicino al domicilio del paziente;

3) a potenziare, sempre in relazione all'attuazione del decreto ministeriale n. 77 del 2022, il lavoro dei medici di medicina generale rendendoli pienamente protagonisti e connessi con la nuova rete territoriale, promuovendone la gestione associata ed accordi per la loro presenza all'interno delle case della comunità e prevedendo iniziative volte a incentivare i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e il personale infermieristico a svolgere la propria attività professionale in ambiti territoriali disagiati, al fine di assicurare anche in queste zone un'adeguata assistenza primaria;

4) a promuovere una forte integrazione tra attività territoriale e ospedaliera liberando così gli ospedali, e in particolare i pronto soccorso, dagli accessi impropri;

5) ad adottare un approccio preventivo e multidimensionale che non lasci indietro nessuno con una forte integrazione tra ospedale e territorio, tra cura ed assistenza che porti ad una reale integrazione dei servizi sociosanitari al fine di presidiare efficacemente le situazioni legate ad aree di fragilità sempre più complesse come la famiglia, i minori, l'età evolutiva, la salute mentale, la disabilità, la non autosufficienza, le dipendenze patologiche e le cure palliative anche attraverso équipe multidisciplinari e multiprofessionali che permettano una presa in carico della cronicità e delle diverse condizioni di fragilità in modo globale e sempre in ottica di integrazione dei servizi sociosanitari ad introdurre lo strumento del budget di salute volto a contrastare e a prevenire la cronicizzazione istituzionale o familiare, l'isolamento e lo stigma delle persone fragili, nonché favorire il loro inserimento socio-lavorativo;

6) a potenziare i servizi per la salute mentale destinando ad essi il 5 per cento del Fondo sanitario nazionale, dando anche seguito all'intesa Stato-regioni del 21 dicembre 2022 sulla «nuova metodologia per il calcolo dei fabbisogni di personale del SSN» nonché ad aggiornare, anche al fine di garantire l'effettiva tutela della salute mentale quale componente essenziale del diritto alla salute, i livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, 12 gennaio 2017, privilegiando percorsi di cura individuali in una prospettiva di presa in carico della persona nel complesso dei suoi bisogni, per una piena inclusione sociale secondo i principi della «recovery» e sulla base di un processo partecipato;

7) ad istituire, al fine di assicurare il benessere e la salute psicofisica delle persone promuovendo consapevolezza, promozione di salute e adozione di comportamenti positivi, la figura dello psicologo delle cure primarie, quale primo livello di servizi di cure psicologiche di qualità, accessibile, efficace, cost effective ed integrato con gli altri servizi sanitari per una presa in carico rapida del paziente ed a servizio di tutti e non solo per una particolare categoria di persone;

8) ad operare attivamente, al fine di evitare e ridurre i rischi e i danni alla salute correlati all'uso ed abuso di sostanze stupefacenti, sia promuovendo interventi di prevenzione con piani di azione integrati tra i dipartimenti e le varie realtà presenti sul territorio compreso il terzo settore e le associazioni di volontariato, sia rilanciando una rete di servizi mirati alla «riduzione del danno», una strategia che, distinguendo tra uso, abuso e dipendenza, introduca modelli di contrasto aderenti alla situazione in atto garantendo modelli di presa in carico differenziati con programmi terapeutici individualizzati e integrati con interventi di natura sociale per i minori.

9) a dare piena attuazione alla legge 23 marzo 2023 n. 33, in materia di non autosufficienza, adottando quanto prima i decreti legislativi sulla base di un confronto con il mondo associativo, le regioni e i comuni e prevedendo risorse economiche adeguate volte a rafforzare la prevenzione, la cura a domicilio e la riqualificazione delle strutture residenziali e semi residenziali al fine di assicurare cure e prestazioni più estese e di qualità.

10) ad adottare iniziative per sviluppare e potenziare la rete dei consultori familiari (Cf) quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico alla salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, delle coppie e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute, punto di raccordo tra le varie professionalità che aiutano le donne e le loro le famiglie anche alla luce delle nuove problematiche e dei nuovi scenari quali aumento della povertà e delle diseguaglianze, fenomeni di violenza e abuso, soprattutto di genere, solitudine, fragilità e disagi emotivi, precarietà, immigrazione, nuove forme familiari, con aumento di quelle mononucleari, senza legami stabili;

11) a presentare quanto prima la relazione annuale sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 già prevista per il mese di febbraio 2023, nonché ad adottare iniziative, per quanto di competenza, sui sistemi sanitari regionali affinché in ogni regione, nonostante il ricorso all'obiezione di coscienza del personale medico e sanitario, sia garantito in ogni struttura, nei tempi previsti dalla legge, l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza;

12) a predisporre linee guida nazionali volte a rendere omogeneo su tutto il territorio italiano l'utilizzo di mifepristone e prostaglandine (cosiddetto aborto farmacologico), nonché a predisporre, quanto prima, tutte le misure necessarie affinché la decisione assunta il 21 aprile 2023 dal Comitato prezzi e rimborso dell'Agenzia italiana del farmaco di rendere gratuita la contraccezione ormonale per tutte le donne sia resa finalmente operativa;

13) ad istituire la figura dell'ostetrica di comunità quale soggetto fondamentale anche al fine di accompagnare e sostenere al domicilio le mamme e entrambi i genitori nella fase post-parto, valorizzando tutte le professionalità sanitarie e sociali già esistenti piuttosto che istituendo una non meglio definita nuova figura di «assistente materna»;

14) ad attribuire ad Agenas, quale ente del Servizio sanitario nazione di supporto tecnico scientifico del Ministero della Salute, nell'ambito del Piano nazionale di governo delle liste di attesa, le funzioni di monitoraggio, verifica e controllo dei tempi medi di accesso alle prestazioni sanitarie ambulatoriali ed ospedaliere delle regioni, anche attraverso l'accesso diretto alle banche dati contenenti i flussi sanitari e l'invio di una relazione semestrale al Ministro della salute che a sua volta riferisce alle Camere;

15) a promuovere un approccio «one health» del Servizio sanitario nazionale mirante a riconoscere che la salute dell'uomo, degli animali domestici e selvatici, delle piante e dell'ambiente in generale sono strettamente collegati e interdipendenti, riconoscendo che vi è la necessità comune di acqua pulita, energia e aria, alimenti sicuri e nutrienti nonché la necessità di contrastare il cambiamento climatico in quanto la qualità ambientale e il benessere animale sono elementi fondamentali nella tutela della salute pubblica;

16) a mettere in atto azioni per contrastare l'attuale ridimensionamento dei dipartimenti di prevenzione collettiva e salute pubblica verificando la piena operatività in tutte le sette aree previste dai Lea, implementando le risorse umane, strumentali e finanziarie anche a garanzia della promozione dei corretti stili di vita, l'esecuzione dei programmi di screening, oltre alla sorveglianza e prevenzione delle malattie croniche e della tutela e sicurezza sui luoghi di lavoro;

17) a dare seguito alla promessa rilasciata in sede di approvazione del «decreto tariffe» prevedendo, fin dal primo provvedimento utile, lo stanziamento di ulteriori 400 milioni di euro volti a coprire i maggiori costi derivanti dal decreto stesso.
 (Nuova formulazione)

Seduta del 9 ottobre 2023

Intervento in discussione generale di Nico Stumpo

Seduta del 17 ottobre 2023

Dichiarazione di voto di Ilenia Malavasi