16/05/2024
Chiara Braga
De Luca, Ubaldo Pagano, Guerra, Iacono, Lai, Madia, Mancini, Roggiani
1-00286

La Camera,

   premesso che:

    il 29 aprile 2024 con l'approvazione definitiva da parte del Consiglio del pacchetto legislativo delle norme che innovano il Patto di stabilità e crescita (PSC), si è concluso il negoziato sulla riforma della governance economica europea iniziato il 26 aprile 2023 con la presentazione da parte della Commissione europea di un pacchetto composto da tre atti legislativi: 1) una proposta di nuovo regolamento per la parte preventiva del PSC; 2) una proposta di modifiche a regolamento per la parte correttiva; 3) una proposta di modifiche alla direttiva sui quadri di bilancio;

    la riforma della Commissione si poneva l'obiettivo di eliminare i difetti delle vecchie regole, potenzialmente pro-cicliche, semplificare il sistema con l'abbandono di norme largamente basate su variabili non osservabili (prodotto potenziale e output gap) e rendere più sostenibile il consolidamento fiscale, evitando che si compromettesse la capacità degli Stati membri di effettuare investimenti;

    l'innovazione più significativa consisteva nel passaggio da una programmazione anno per anno a una negoziazione pluriennale con un unico vincolo, funzionale al perseguimento delle finalità di correzione e miglioramento della sostenibilità fiscale: l'aggregato di spesa netta. La Commissione si impegnava a predisporre per ciascun Paese una analisi di sostenibilità del debito su un orizzonte temporale piuttosto lungo (14 o 17 anni) da utilizzare per definire il piano di bilancio e gli eventuali aggiustamenti da effettuare; su questa base si produceva una traiettoria tecnica che costituiva il percorso ideale di risanamento per ciascuno Stato membro, senza vincoli particolari se non quello di portare ad una «riduzione soddisfacente» del debito il cui ritmo era sostanzialmente dato dalla condizione macroeconomica e dalla posizione fiscale del singolo Paese; a questo punto ogni Stato membro avrebbe dovuto presentare un piano quadriennale, in cui definire l'aggiustamento di bilancio, estendibile su un orizzonte di 7 anni, in base a specifiche condizioni, per renderlo più graduale;

    la proposta della Commissione aveva il vantaggio di assicurare un importante margine di flessibilità nella predisposizione dei piani tali da consentire la definizione di percorsi di aggiustamento specifici per Paese, differenziati sulla base delle necessità nazionali, consentendo altresì di mantenere uno sguardo d'insieme su tutta l'area euro;

    l'accordo raggiunto successivamente nel Consiglio europeo ha profondamente modificato questa impostazione, vanificandone in larga parte gli obiettivi e la portata innovativa attraverso l'introduzione di una serie di vincoli numerici alla definizione della traiettoria tecnica che, di fatto, riconducono le disposizioni alla logica del sistema precedente;

    nel dettaglio è stato stabilito che il debito debba ridursi mediamente di almeno l'1 per cento l'anno (vincolo quantitativo che non era contemplato nella formulazione originaria della Commissione, che prevedeva la riduzione del rapporto debito su Pil solo alla fine, e non necessariamente nel corso del percorso di aggiustamento) e che nel medio periodo il deficit converga all'1,5 per cento in termini strutturali attraverso un miglioramento del saldo primario strutturale dello 0,4 o 0,25 per cento del Pil all'anno a seconda che l'aggiustamento sia di 4 o di 7 anni, ma a prescindere dalle diverse posizioni fiscali di ogni Paese;

    nel trilogo il Parlamento è riuscito ad apportare qualche limitata modifica al testo del Consiglio: sarà possibile escludere dall'aggregato della spesa quella relativa al cofinanziamento nazionale di progetti europei e il quadro di convergenza sociale sarà integrato nella governance economica, ossia i piani nazionali di risanamento dovranno tenere conto dell'impatto sociale delle misure suggerite;

    il regolamento che definisce il nuovo braccio preventivo, pertanto, pur rappresentando un miglioramento rispetto alle regole attuali, è indubbiamente un passo indietro rispetto alla proposta originaria della Commissione e restituisce una governance dove continueranno a giocare un ruolo centrale le variabili non osservabili (Pil potenziale, deficit strutturale, disoccupazione naturale);

    tornano, inoltre, i vincoli numerici espliciti e uniformi tra Paesi, e viene parzialmente meno la possibilità di differenziare i percorsi di rientro dei vari Paesi;

    va ricordato, tuttavia, che operatività della clausola del braccio preventivo sulla riduzione del debito è esclusa per i Paesi soggetti al braccio correttivo fino all'anno per il quale è prevista la chiusura della procedura per disavanzo eccessivo (Edp);

    si tratta di un aspetto rilevante per il nostro Paese, perché la Commissione aprirà una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia (e di altri paesi) nell'anno in corso, come riconosciuto dallo stesso Ministro Giorgetti, e la disapplicazione della clausola di salvaguardia sul debito fino alla chiusura della procedura di disavanzo eccessivo comporterà un più agevole percorso di correzione nei primi esercizi del primo ciclo di programmazione;

    in sostanza, l'Italia, secondo una logica di cortissimo respiro, ha ceduto ai diktat del cosiddetti «paesi frugali», barattando ampi margini per il prossimo triennio, il periodo in cui dovrebbe concludersi l'attuale legislatura, con l'irrigidimento delle regole in futuro e l'inserimento di criteri fissi e uniformi per tutti i Paesi, ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo questa scellerata logica di breve periodo, rivendicata dall'Esecutivo è l'esempio più evidente del dilettantismo e dell'ambiguità del Governo e della sua maggioranza;

    per mesi la Presidente del Consiglio e il Ministro dell'economia e delle finanze avevano lasciato intendere la possibilità di uno scambio tra la ratifica del trattato sul Meccanismo europeo di stabilità (MES) e un accordo vantaggioso sulle nuove regole europee di finanza pubblica: l'esito di questo pasticcio è stato disastroso, con il trattato MES e la credibilità del nostro Paese affossati in Parlamento, e un Governo italiano, che non si era speso in alcun modo a sostegno della proposta iniziale del commissario Gentiloni, costretto ad accettare supinamente l'accordo raggiunto tra la Germania e la Francia solo in virtù della consapevolezza dell'apertura della procedura di infrazione;

    con ogni probabilità, anche la misura nota come «decontribuzione Sud», che dalla sua introduzione nel 2020 ha agevolato più di 3 milioni di rapporti di lavoro nel Mezzogiorno, è stata oggetto di una negoziazione fallimentare, considerato che il Governo ha già annunciato di non voler richiedere proroghe alla Commissione, lasciando scadere la misura il 30 giugno 2024, penalizzando ancora una volta l'economia meridionale;

    l'astensione nel voto finale del Parlamento europeo dei rappresentanti dei partiti di maggioranza costituisce una clamorosa smentita della «soddisfazione» espressa dalla Presidente del Consiglio sull'accordo, certifica l'esito fallimentare del negoziato condotto dal Governo italiano in Europa e delegittima il Ministro dell'economia e delle finanze;

    all'opposto, il voto di astensione da parte del Partito democratico mira a sottolineare il fatto che il testo del Psc ha perso, nel corso della trattativa intergovernativa, gli elementi più innovativi e qualificanti della proposta della Commissione nell'ottica del superamento delle vecchie regole,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte a promuovere l'avvio, nel corso detta prossima legislatura europea, di una riflessione volta a migliorare il nuovo quadro di regole della governance economica europea, secondo una visione che coniughi gli obiettivi di stabilità economica e finanziaria dell'Unione, intesa nel suo complesso, con quelli di crescita e di benessere dei suoi cittadini, assicurando un ulteriore rafforzamento del processo di integrazione europea, anziché un arretramento i cui costi sono ben più significativi;

2) ad adottare iniziative di competenza volte a promuovere la costituzione di una capacità fiscale comune e nuovi strumenti di imposizione fiscale propri, in modo da consentire rapidi ed efficaci interventi anticiclici e da dotare di risorse adeguate le politiche europee, in particolare finalizzate a promuovere gli investimenti sostanziali a sostegno della crescita e della coesione territoriale, in settori strategici come la duplice transizione verde e digitale, portando avanti le ambiziose sfide che l'Unione europea si è posta senza che i costi degli interventi ricadano sulle famiglie, soprattutto sulle fasce economicamente più deboli, e sulle imprese, e senza ricorrere ad allentamenti al regime sugli aiuti di stato che determinano effetti asimmetrici sulle economie dei Paesi membri;

3) a continuare a sostenere nelle sedi europee la necessità di rendere strutturali dei programmi comuni introdotti come risposta alla pandemia, in particolare sulle transizioni ecologica e digitale, sulle sfide sanitarie, sociali ed occupazionali, e sui beni pubblici europei, ritrovando l'ambizione che ha dato vita al Next Generation EU;

4) ad adottare iniziative di competenza volte a rafforzare lo strumento dell'European Peace Facility e a favorire, gli impegni per una difesa comune che razionalizzi e renda più efficienti gli attuali investimenti nazionali, nonché a promuovere sempre più appalti congiunti, politiche industriali integrate e programmi di investimento comuni, che permettano anche di riorientare ed internalizzare le catene di approvvigionamento, come risposta strutturale a medio termine alle esigenze di sicurezza ed autonomia strategica, in particolare in relazione alle materie prime e alle fonti energetiche;

5) ad assicurare che in occasione della predisposizione del prossimo piano strutturale di bilancio, il Parlamento possa pienamente esercitare la sua funzione di indirizzo sugli obiettivi e sulle strategie di politica economica, che ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo non ha potuto esercitare in occasione dell'esame del Documento di economia e finanza 2024;

6) a coinvolgere gli enti territoriali nella definizione delle modalità di applicazione delle nuove regole anche al fine di assicurare che queste non si traducano in una riduzione della spesa per investimenti del comparto e di quella per il finanziamento delle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni.

 

Seduta del 20 maggio 2024

Intervento in discussione generale di Maria Anna Madia

Seduta del 29 maggio 2024

Dichiarazione di voto di Piero De Luca